CARLOTTA AGLAE d'Orléans, duchessa di Modena e Reggio
Nata a Parigi il 22 ott. 1700 da Filippo, duca d'Orléans, e da Maria Francesca di Borbone, che era figlia legittimata di Luigi XIV e della Montespan, fu inviata nel 1710 nel monastero di Chelles per esservi educata. Nell'ottobre del 1715 suo padre divenne reggente di Francia e ben presto cominciò per la giovane principessa, uscita di convento, una vita di feste e di svaghi, sia nel palazzo reale, sia a St.-Cloud, dove risiedeva la nonna, la principessa palatina Elisabetta Carlotta. Fin d'allora cominciò a manifestarsi la sua indole vivace, capricciosa eostinata. Il reggente e la sua famiglia avevano fama di grande sregolatezza e libertà di costumi: se ne occuparono largamente le cronache scandalistiche del tempo. C., che era piuttosto bella, non fece eccezione: nel 1718-19 suscitò infinite ciarle la sua relazione intima col duca di Richelieu. Proprio in quel tempo il duca di Modena, Rinaldo, aveva deciso di dar moglie al suo primogenito, Francesco, e risolvette di chiedere per lui la mano di una delle figlie del reggente di Francia. Era soprattutto una scelta politica: il duca credeva utile controbilanciare i suoi legami con l'Impero imparentando il figlio con la casa di Francia.
D'altra parte il reggente, vista la vivacità e il carattere spesso intrattabile di C. e temendo che le voci correnti sulla sua condotta potessero creare difficoltà al matrimonio di un'altra sua figlia con Luigi, principe ereditario di Spagna, era quanto mai desideroso che essa si maritasse e andasse lontano dalla Francia. Sicché fu ben propenso a darla in sposa a Francesco d'Este.
Le trattative, condotte a Parigi dal conte Benedetto Selvatico, ebbero rapida conclusione. C. cercò di resistere: lasciare la corte di Francia per la piccola provinciale corte di Modena era (anche a non tener conto dell'amore per Richelieu) una cosa ben triste. Ma finì per sottomettersi e il 12 febbr. 1720 furono celebrate le nozze, essendo procuratore di Francesco il fratello della sposa, duca di Chartres. La principessa, però, non aveva nessuna fretta di raggiungere Modena. Solo l'11 marzo lasciò Parigi con un seguito di oltre duecentocinquanta persone. Facendo moltissime soste e tappe arrivò il 12 maggio a Marsiglia, il 3 giugno sbarcò a Genova e finalmente il 20 giugno avvenne nei pressi di Reggio il suo incontro col duca e i principi estensi. Le grandi feste che si fecero nel ducato la distrassero per un poco; ma ben presto la vita a Modena le parve insopportabile.
Francesco era brutto, di carattere chiuso, scontroso e al tempo stesso anche molto timido. Il duca era uomo metodico, piuttosto pedante e soprattutto autoritario; nella severità dei costumi aveva conservato qualche cosa del suo precedente stato di austero uomo di chiesa e imponeva alla corte un tenor di vita rigidamente regolato. C. respingeva l'intimità del marito, il quale, d'altra parte, pur essendo innamorato e di temperamento sensuale (aveva avuto ed ebbe in seguito amanti e molti figli naturali), restava di fronte a lei intimidito e come bloccato. Essa cercava di distrarsi: dava feste cavalcava, passava quasi tutta la notte al tavolo da gioco. Da ciò freddezze, malumori, contrasti col suocero e col marito, che da tempo era anche in rotta col padre, sia perché si sentiva da lui tiranneggiato, sia per la palese, anzi ostentata, preferenza del duca per il secondogenito Gianfederico.
La situazione era divenuta tale che C. pensò di poter far sciogliere il matrimonio allegando l'impotenza del marito. Ma il reggente le fece sapere che non lo avrebbe tollerato e che le avrebbe assolutamente vietato di tornare in Francia. C. dovette rassegnarsi. Cercò pretesti per stare il più possibile lontano da Modena. Nel 1722, col pretesto della divozione, si fece accompagnare dal marito a Loreto, ma poi di là a Verona e a Venezia; con la scusa della salute volle poi recarsi ai Bagni di Lucca e di là a Firenze e a Roma, dove frequentò soprattutto il palazzo del cardinale di Rohan (si ciarlò anche, probabilmente a torto, di una sua relazione col porporato). Ci furono trattative con Rinaldo per mezzo di inviati del reggente e fu deciso che i principi si sarebbero stabiliti a Reggio, nella cittadella, con un discreto appannaggio. A Reggio, dove risiedettero, salvo brevi viaggi e soggiorni altrove, per una decina d'anni, i rapporti tra gli sposi parvero da principio migliorare: il 12 novembre 1723 nacque il loro primogenito, Alfonso. La gioia del duca fu grande; tanto che concedette fondi per costruire nella tenuta di Rivalta, a 5 km da Reggio, un grande palazzo, di cui C. voleva fare la sua Versailles.
La costruzione durò molti anni e il palazzo riuscì veramente grandioso; ma ebbe un brutto destino: alla fine del secolo andò quasi completamente distrutto.
I dissensi a corte tuttavia non cessavano: durante tutta la vita di Rinaldo fu un alternarsi di contrasti più o meno violenti e di fugaci e superficiali rappacificazioni tra padre e figlio, tra suocero e nuora, tra marito e moglie. Più volte C. tentò di tornare a Parigi, ma la madre (il reggente era morto il 2 dic. 1723) e il fratello, nuovo duca d'Orléans, glielo vietarono. Non raramente, dopo avere per parecchio tempo cercato di divertirsi con feste, teatri e gioco, si ritirava nel monastero delle Scalze in religiosa solitudine. Durante la guerra di successione polacca il ducato venne occupato (1734) dalle truppe franco-sarde; il duca pregò la nuora di andare a perorare la sua causa a Parigi. Essa partì e, senza attendere il consenso del re, sbarcò a Marsiglia. La raggiunse un ordine reale che le vietava di proseguire oltre Lione. Il principe Francesco, che l'aveva preceduta, le ottenne il permesso reale di recarsi a Parigi, dove giunse il 12 marzo 1735 dopo quindici anni d'assenza. Fu poco ben accolta; ma ebbe udienza dal re, che le permise di restare anche dopo la partenza del marito, a dispetto della madre e del fratello, al quale essa intentò lite per l'eredità del padre e di una sorella. Era ancora a Parigi, quando, il 26 ott. 1737, morì il duca Rinaldo. Francesco, che si trovava in Ungheria al comando di truppe imperiali, corse a Modena per raccogliere la successione; ma C. vi tornò solo nel giugno 1739, dopo avere, con l'approvazione del re, concordato col marito un patto che le garantiva condizioni degne di una "fille de France".
Del resto da allora in poi i due sposi non passarono molto tempo insieme. Il duca, quand'era a Modena, si dedicava soprattutto all'amore di una damigella di corte dalla quale ebbe tre figli naturali. Pare che non si curasse neppur più di allontanare (come prima avevano sempre fatto lui e il duca Rinaldo) dalla corte di C. quei giovani gentiluomini per i quali essa mostrasse troppa simpatia. Il presidente de Brosses, che visitò C. a Modena nel carnevale del 1740, scrive che essa, dopo il teatro o il ballo, giocava a biribisso tutta la notte, cenava alle 6 del mattino, si coricava alle 8 e si alzava alle 17.
Con la guerra di successione austriaca gli Stati estensi furono occupati (giugno 1742) dalle truppe sarde e la famiglia ducale si ritirò a Venezia. Francesco, nominato capitano generale delle truppe spagnole in Lombardia, partì per l'esercito e C. riuscì, per i buoni uffici di Madame de Chateauroux, ad avere il permesso di tornare a Parigi, dove fu meglio accolta e si rappacificò con la madre. Vi restò anche dopo la pace di Aquisgrana (18 sett. 1748) preoccupandosi, oltreché di divertirsi, di trovare buoni partiti per le figlie: Maria Teresa sposò il duca di Penthièvre e Fortunata il principe di Borbone-Conti. Restò in Francia fino al 1759, poi rientrò a Modena, ma non vi restò che pochi mesi. Tornata nella sua cara Parigi, C. morì il 16 genn. 1761. Negli ultimi anni, malata e depressa, si era data tutta alle pratiche religiose e frequentava spesso il monastero di Val-de-Grâce. Fu sepolta a Parigi, ma, come essa aveva disposto, i suoi precordi furono portati a Reggio e sepolti nella chiesa del convento delle Scalze.
Aveva avuto otto figli. Della sua estrosa personalità e delle sue vicende scrissero quasi tutti i memorialisti francesi dell'epoca: da Saint-Simon a Barbier, a D'Argenson, a Bésenval, a Buvat, a Soulavie.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Modena, Arch. Estense, Casa e Stato, bb. 268, 269, 280, 351, 367, 368; Componim. poetici per le nozze del Ser.mo Principe Francesco d'Este con C. A. d'Orléans, Modena 1720; M. De Laverdy, Mémoire pour mad. C.A. d'Orléans… contre Mons. le duc d'Orléans, Paris 1737; M. Normant, Mémoire pour Mons. le Duc d'Orléans contro Mad. la Princesse de Modène, Paris 1737; Seconde mémoire pour Mad. la Princesse de Modène contre Mons. le Duc d'Orléans, Paris 1737; Relaz. dei solenni funerali… alla Ser.ma Duchessa C. A., Modena 1761 (in App. l'orazione funebre di G. Granelli); E. Barthélemy, Lesfilles du Régent, Paris 1874, passim;T.Mantovani, IlPresidente de Brosses in Italia, s.l. né d., pp. 204 s.; B. Brunelli, Capricci e scandali alla corte di Modena, Milano 1935; R. D'Arcori, Principesse avventurose: C. A., in Cultura moderna, 1940, pp. 354-358; L. Di Vistarino Giacobazzi, Passioni, scandali e intrighi nel primo Settecento romano e alla corte estense, Milano 1959, pp. 53-131; L. Amorth, Ilpalazzo ducale di Rivalta, e C. Roli Guidetti, Ilpalazzo di Rivalta e il casino della Vasca, in Residenze Estensi, Modena 1973, pp. 71-77 e 147-163.