VALLINI, Carlo
– Nacque a Milano il 18 luglio 1885 da Tito, ispettore delle ferrovie, e da Maria Zanoni. Ebbe una sorella, Enrica.
Trascorse a Genova l’infanzia, dove frequentò il ginnasio Cristoforo Colombo, per poi trasferirsi con la famiglia a Torino e proseguire gli studi presso il liceo Vittorio Alfieri. Insofferente a ogni forma di disciplina, a causa della cattiva condotta scolastica fu costretto dal padre a imbarcarsi come mozzo sul veliero Adelaide, salpato da Genova il 22 novembre 1902 per la Giamaica. Il viaggio, durato sei mesi, permise a Vallini di scrivere un diario, nel quale raccontò giorno per giorno la difficile vita di bordo (pubblicato in parte postumo: Calcaterra, 1941).
Se il 1902 segnò la sua prima esperienza di scrittura in prosa, quello stesso anno fu fondamentale anche per il suo esordio in versi; infatti su I diritti della scuola apparvero il 29 novembre i primi due componimenti valliniani dati alle stampe, Burrasca vicina e Meriggio campestre, che facevano parte di un ciclo di cinque sonetti intitolato Acquerelli scoloriti, frutto di un apprendistato poetico nato sotto il segno di Giovanni Pascoli e soprattutto di Gabriele D’Annunzio.
Conseguita la licenza liceale, nel 1905 Vallini si iscrisse alla facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Torino, dove sostenne otto esami, tra i quali quello di letteratura italiana con Arturo Graf, di cui seguiva le lezioni nella famosa ‘aula VII’, insieme a Guido Gozzano, con il quale strinse uno stretto rapporto di amicizia e di fratellanza poetica.
Ne sono testimonianza le lettere di Gozzano all’amico dal 1907 al 1914, tra battute ironiche, consigli, scambi di versi, commissioni da svolgere, e, soprattutto, un’estrema attenzione alla diffusione delle loro opere nell’ambiente torinese e genovese.
Oltre il normale corso accademico gli studenti si incontravano con il professore il sabato pomeriggio alle cosiddette sabatine, durante le quali si discuteva soprattutto di letteratura contemporanea. Proprio nel corso di uno di questi incontri, il 13 gennaio 1906, Vallini lesse pubblicamente un suo scritto su La satira politica di Giuseppe Giusti.
Dalle lezioni universitarie si passava alla Società di cultura in via delle Finanze, dove avvenne insieme la presentazione della raccolta La via del rifugio di Gozzano e di Un giorno di Vallini, entrambe uscite presso l’editore Streglio nel 1907 (Torino-Genova). Ma per la stessa casa editrice Vallini aveva pubblicato mesi prima la sua prima raccolta poetica: La rinunzia (Torino-Genova-Milano 1907).
Con La rinunzia, una raccolta di sonetti e canzoni, intrisa di atmosfere dannunziane, egli approdò anche a tematiche proprie della poetica crepuscolare come nei Sonetti della casa, composti insieme ad altri a Montecavolo in provincia di Reggio nell’Emilia, dove si trovava la casa del nonno materno.
L’opera riscosse giudizi positivi da parte di amici quali Giuseppe De Paoli, Mario Vugliano, che la recensirono rispettivamente sulla genovese Rassegna latina e sulla Gazzetta di Torino, Amalia Guglielminetti.
Maggiori difficoltà si incontrarono invece con la seconda opera, Un giorno: il poemetto, in ottonari e novenari liberamente rimati, è diviso in dodici capitoli nei quali il poeta, supino sopra uno scoglio di fronte al mare ligure, lascia andare liberi i suoi pensieri durante un’intera giornata.
Vallini indaga, riflette sulla realtà, sulla vita e il suo senso attraverso una meditazione esistenziale-marina, al tempo stesso ripone nella distanza ironica la coscienza della sua poetica, sentendo di partecipare a quella ‘scuola dell’ironia’ torinese nella quale Gozzano ricopre un ruolo di primo piano. Non a caso proprio il poeta dichiara come per lui «la scuola migliore / è la scuola dell’ironia. / È più saggia, se tu sapessi, / della saggezza tua calva: / è quella che ancora ci salva / dal ridicolo verso noi stessi». E chiama direttamente in causa l’amico: «Amico pensoso e lontano, / ben io nei miei soliloqui / ancor mi rammento i colloqui / tenuti con guidogozzano!» (Un giorno e altre poesie, a cura di E. Sanguineti, 1967, pp. 71, 79). Dalla poesia della raccolta La rinunzia a quella di Un giorno il passaggio fu radicale: Vallini riuscì ad «attraversare D’Annunzio», per utilizzare un’espressione montaliana a proposito di Gozzano.
Il poemetto, concepito durante una visita a Gozzano presso San Francesco d’Albaro, località dei suoi soggiorni liguri, suscitò stupore negli amici più stretti e perplessità anche tra chi si sentiva fraterno al poeta. Gozzano, che si adoperò per la promozione dell’opera, alla fine scrisse egli stesso una recensione, apparsa però a firma di De Paoli, nel Corriere di Genova del 1°-2 gennaio 1908 con il titolo Poesia che diverte..., nella quale rimproverò all’amico il ricorso a un’ironia non sapientemente temperata che invece andrebbe professata con una specie di delicato pudore. E proprio a causa della stretta fratellanza poetica con il poeta della raccolta La via del rifugio, quello di Un giorno venne spesso accusato di essere un gozzaniano, accusa per esempio mossa dalla stessa Guglielminetti. Dopo le esortazioni dell’amico, Vallini sembrò ravvedersi sul tipo d’ironia da utilizzare come mostra la successiva poesia edita, Dopo il teatro, uscita in Pagine libere il 31 gennaio 1908.
Lasciata l’Università di Torino, si laureò il 10 novembre 1909 presso quella di Bologna, dove intanto si era trasferito, discutendo una tesi dal titolo La conoscenza e l’ideale estetico in Leonardo. Dopo la laurea iniziò l’attività di insegnamento presso licei e istituti superiori del Nord e del Centro Italia, tra i quali l’istituto tecnico E. Manfredi di Bologna.
Vallini si dedicò anche al teatro. Tra il 1910 e il 1911 scrisse, sul modello della tragedia dannunziana, il poema fantastico Ecce homo (Firenze 2016), mentre pubblicò nel 1912 Radda. Dramma lirico in un atto (Milano): musicato da Giacomo Orefice, fu messo in scena al Lirico di Milano il 25 ottobre dello stesso anno. Sempre nel 1912 scrisse La taglia, dramma borghese in tre atti rimasto inedito, e poi nel 1914 Le Prince de la Mer. Fable mimée pour musique, en trois actes et neuf tableaux (Reggio Emilia). Intanto nel 1913 aveva pubblicato un Dizionario della mitologia classica, a carattere scolastico (Rocca San Casciano). In quegli anni suoi articoli erano apparsi sulla Gazzetta del popolo della domenica, sulla Rivista ligure di scienze, lettere ed arti e su La Nova Italia.
Insegnante presso le scuole tecniche di Cividale del Friuli, allo scoppio della prima guerra mondiale Vallini fu chiamato alle armi, dapprima nel 35° fanteria sul Podgora, successivamente nel 6° alpini, 108ª compagnia, come sottotenente in trincea in Trentino. Nel 1916 si distinse prima per aver recuperato la salma di un ufficiale caduto sotto la trincea nemica, poi per la presa del Forte Matassone, per la quale fu insignito della medaglia al valore: all’impresa dedicò l’ode Per una altezza, composta al fronte e pubblicata nello stesso anno (Pavia 1916).
Rientrato dalla guerra, riprese il progetto – avviato nel 1914 – di scrivere un poema lirico in tre libri dal titolo I regni perduti, che tuttavia non portò mai a termine. Compose solo i tre cicli di sonetti Aegyptia, Assyria e Persica (di cui alcuni apparvero in rivista: Horo, Lo scriba, Nel màstaba, in Andromeda, I (1918), 2, pp. 16 s.; poi questi stessi testi, insieme con L’offerta del Re, in Ardita, III (1921), 1, pp. 44 s.), in controtendenza rispetto al genere di poesia cui era approdato con Un giorno e facendo ritorno alle atmosfere dannunziane delle prove giovanili.
Nell’inverno dal 1919 al 1920, ritiratosi a Marina di Massa, ritornò alla scrittura di favole con il ciclo Nove favole per un amore, delle quali riuscì a pubblicare solo I presagi (in Novella, II (1920), 20, pp. 955-958), mentre uscì postuma L’isola del sogno (in Convivium, XXVII (1959), pp. 598-607). La sua scrittura si indirizzò anche verso il cinema: La donna che offese l’amore. Favola cinematografica, Sogno di Gogò. Commedia cinematografica in 4 parti, entrambi progetti rifiutati, e La lettera chiusa. Dramma cinematografico in 4 parti, scritta con Guglielmo Zorzi, direttore della Olympus Film di Roma che acquistò l’opera, passata in pellicola nel 1920 per la regia dello stesso Zorzi. Il film ottenne il visto della censura il 1° marzo 1920, per essere proiettato a Roma il 14 febbraio dell’anno successivo. Nel 1920 Vallini pubblicò una traduzione del poema La ballata del carcere di Reading di Oscar Wilde (Milano).
Morì a Milano l’11 dicembre 1920.
Scrittore poliedrico come mostrano le sue opere, molte delle quali rimaste inedite, che spaziano dalla poesia al teatro, dalla favola al cinema, Vallini fu uno dei principali protagonisti, insieme a Gozzano, di quella ‘scuola dell’ironia’ tutta torinese che contribuì a dare avvio e rinnovare la poesia del XX secolo. Alla ricerca di un nuovo percorso poetico novecentesco in grado di attraversare in primis l’opera dannunziana, il poeta con i suoi versi, quelli del poemetto Un giorno, si spinse oltre lo stesso Gozzano. La sua poesia dell’indagine, la sua meditazione esistenziale immersa nel paesaggio ligure, non rimasero indifferenti a poeti destinati a segnare la poesia del Novecento come Eugenio Montale.
Opere. Edizioni moderne: Un giorno e altre poesie, a cura di E. Sanguineti, Torino 1967; Un giorno e La rinunzia, prefaz. di M. Bevilacqua, Genova 2010; O. Wilde, The ballad of Reading gaol, trad. it. di C. Vallini, illustrazioni di L.J. Wilson, Venezia 2012; Ecce homo, a cura di W. Boggione, Firenze 2016.
Fonti e Bibl.: Il Fondo Carlo Vallini è conservato a Torino, presso il Centro interuniversitario per gli studi di letteratura italiana in Piemonte Guido Gozzano - Cesare Pavese.
C. Calcaterra, Da mozzo a poeta. Storia vera di C. V., “poeta per un’altezza”, in Id., Scuola nostra. Antologia per la scuola media, Torino 1941, pp. 615-642; Id., V., l’amico di Gozzano, in Id., Con Guido Gozzano e altri poeti, Bologna 1944, pp. 111-125; G. Gozzano, Lettere a C. V. con altri inediti, a cura di G. De Rienzo, Torino 1971; M. Guglielminetti, C. V., in Id., La «scuola dell’ironia». Gozzano e i viciniori, Firenze 1984, pp. 33-60; G. Farinelli, “Perché tu mi dici poeta?”. Storia e poesia del movimento crepuscolare, Roma 2005, pp. 539-559; E. Cardinale, La poesia di C. V. tra “divina ironia” e “vano indagare”, in Levia gravia, IX (2007), pp. 189-206; Ead., Tra le carte di C. V.: due sonetti inediti, in Sincronie, XI (2007), 21-22, pp. 13-34; F. Uliana, Non solo versi. Tra le carte di C. V., in Levia gravia, X (2008), pp. 235-255; E. Cardinale, Una linea poetica piemontese-ligure. Gozzano, V., Sbarbaro, Montale, Roma 2013.