PIAGGIA, Carlo Valeriano
PIAGGIA, Carlo Valeriano. – Nacque nel 1827 a Badia di Cantignano, nel Comune di Capannori (Lucca), da Pietro, un mugnaio, e da Jacopa Marraccini. Era il terzogenito di otto fratelli e due sorelle (in ordine di nascita: Giovanni Antonio, Alba Stella, Giovan Domenico Ferdinando, Paolo Raffaele, Giuseppa Assunta, Giovanni Salvatore, Alessandro, Giovan Francesco ed Eugenio).
Un’epidemia di tifo che decimò la sua famiglia e le sopraggiunte difficoltà economiche lo costrinsero, nel 1849, a lasciare il suo paese. Nel maggio 1851 giunse a Tunisi, dove lavorò per cinque mesi come giardiniere del bey, prima di trasferirsi, nell’ottobre dello stesso anno, ad Alessandria d’Egitto, dove soggiornò per cinque anni svolgendo svariati lavori: dal rilegatore di libri al cappellaio, dal tappezziere al verniciatore di carrozze, al fattore di campagna, imparando al tempo stesso il francese e l’arabo e apprendendo l’arte di imbalsamare gli uccelli.
Essendo riuscito con il suo lavoro a risparmiare una discreta somma di denaro, partì alla volta di Khartoum in compagnia del bolognese Luigi Brunetti e del tedesco Theodor von Heuglin, giungendo a destinazione verso la fine del 1856. Già nel mese di dicembre cominciò a risalire il Nilo, raggiungendo le due stazioni allora più avanzate della penetrazione missionaria nel cuore dell’Africa, Santa Croce e Gondokoro, e spingendosi anche fino a Regiaf, a sud dell’odierna città di Juba. Fino al luglio 1857 Piaggia esplorò la regione a est di Santa Croce e giunse ad attraversare il fiume Bahr el-Zeraf, ma non riuscì a fare la stessa cosa con il Sobat, che comunque raggiunse.
A luglio tornò a Khartoum, soggiornando presso il commerciante Delfino Barthélemy ed esercitando il mestiere di armaiolo. L’esploratore savoiardo Antonio Brun Rollet gli presentò lo schiavista Alphonse de Malzac, che lo assunse come guida per gli elefanti, senza però rivelargli la sua attività: Piaggia partì nell’ottobre 1857 alla volta prima dello stabilimento fortificato del suo datore di lavoro, situato a Gaba Sciambil sul Nilo, tra le popolazioni Kic e Giak, e poi a quello di Rumbek, nella tribù dei Ruor, sul fiume Rohl, che esplorò dall’aprile all’agosto del 1858. Scaduto il contratto, si diresse al Cairo e poi in Italia, giungendo a Livorno il 19 febbraio 1859 con una ricca collezione di armi e di utensili costruiti dalle popolazioni che aveva frequentato. Ne fece dono al Museo di storia naturale di Firenze, che nel 1870 li trasferì al Museo di antropologia, dove tuttora si trovano.
Il 22 gennaio 1860 lasciò Livorno per tornare ad Alessandria d’Egitto e quindi a Khartoum, che raggiunse passando per Suakin nel Mar Rosso. A ottobre vi incontrò il marchese Orazio Antinori, assieme al quale partì poco dopo alla volta del Nilo Bianco e del Bahr el-Ghazal: un viaggio molto faticoso attraverso la regione del Giur, nel corso del quale i due esploratori persero, a causa delle febbri, il compagno Alessandro Vayssière, che si era unito alla spedizione. Costretti a far ritorno a Khartoum, Piaggia ne ripartì però ben presto in direzione del Sennar in compagnia del naturalista toscano Leopoldo Ori, per cacciare uccelli e imbalsamarli per la collezione del sultano di Costantinopoli.
Nel novembre 1863, dopo aver viaggiato al seguito di una carovana del mercante Ghattàs, Piaggia riuscì finalmente a realizzare il desiderio di esplorare il territorio, al confine tra Sudan e Congo-Zaire, dei Niam-Niam (gli Azande), che le leggende descrivevano come uomini dotati di una rudimentale coda nella parte addominale. Manlevando per iscritto i suoi accompagnatori e liberandoli da ogni responsabilità per la sua sicurezza, si accinse a realizzare l’impresa più importante della sua vita e mai osata prima da nessun altro esploratore: la permanenza per circa un anno e mezzo presso la tribù che aveva, fra le altre caratteristiche, la fama di praticare il cannibalismo.
In quel periodo riuscì a imparare la loro lingua e seppe osservare con attenzione e simpatia i loro originali usi e costumi, interagendo in maniera amichevole con il loro capo, il re Tombo, che lo aveva accolto donandogli denti d’elefante, donne e perfino figli in segno di amicizia. Compì anche diversi viaggi di esplorazione nel territorio che lo ospitava, i cui percorsi sono ricostruibili attraverso le carte realizzate da Antinori e da August Petermann, e fece diverse visite ai capi della regione, osservando con attenzione la flora e la fauna e i principali aspetti di quella regione, anche se commise l’errore di segnalare l’esistenza di un grande lago a sud del Kipa – riportato per un certo periodo sulle carte geografiche sotto il nome di lago Piaggia –, che sarebbe così risultato essere il quarto grande lago equatoriale in un momento in cui si era sviluppato un acceso dibattito fra gli esploratori impegnati nella ricerca delle sorgenti del Nilo. Ma quando la carovana di mercanti arabi che praticavano la tratta e che periodicamente giungevano al villaggio di Tombo, per non avere testimoni della loro attività, gli negarono le merci di scambio a lui necessarie per proseguire la permanenza presso gli Azande o addentrarsi ancora di più nel cuore dell’Africa, nel maggio 1865, accompagnato per alcuni giorni dai figli di Tombo e da altri indigeni, dovette aggregarsi a questa carovana diretta prima a Meshra er-Rek e poi a Khartoum, dove arrivò a settembre.
Rientrato nuovamente in patria all’inizio del 1866, nel 1871 era ancora in Africa, a Massaua, dopo essere stato sollecitato dal marchese Giacomo Doria a raggiungere a Cheren Antinori che stava raccogliendo reperti naturalistici nel paese dei Bogos. Tornato però ben presto Antinori in Italia, Piaggia, che si era insediato prima nella piana valliva di Gher e poi nella località di Ailet (da dove nell’ottobre 1872 compì una breve esplorazione nella massiccia penisola di Buri), dovette mantenersi lavorando come manovale alla realizzazione di un pontile situato presso la città di Zula in Eritrea.
Nell’aprile 1873 fu inviato dal governatore Johann Albert Werner Munzinger a compiere un’escursione sull’altopiano di Asmara e nella zona attorno a Saganèiti per cercare la località di Acrùr, dove si pensava che si trovasse una miniera di rame. Successivamente accettò l’incarico di accompagnare in Abissinia, al cospetto dell’imperatore Giovanni, il viceconsole francese di Massaua, Gustav de Sarzac. Le tensioni scoppiate tra i due fecero sì che il re decretasse la loro espulsione; grazie però all’aiuto di Giacomo Naretti, maestro segreto di camera e architetto reale, Piaggia ottenne di poter soggiornare nel villaggio di Quorata presso il lago Tana, dove era giunto alla fine del 1873. Dopo essere stato chiamato, nella primavera del 1874, a Beghemedèr per verificare se in quella zona si potesse trovare l’oro (presente solo in modesta quantità), tornato a Quorata realizzò con una tanqua (una barca fatta da lunghi steli di papiro) la prima completa circumnavigazione del lago Tana.
Dopo il suo rientro a Khartoum, all’inizio del 1875, il colonello Charles George Gordon, l’allora governatore del Sudan che lo aveva già incaricato di compiere osservazioni nella valle del Nilo sotto l’uscita del fiume dal lago Vittoria, gli chiese di accompagnare Romolo Gessi nella programmata spedizione di esplorazione ai laghi Alberto e Vittoria. Partirono il 7 marzo 1876, ma tra i due viaggiatori sorsero ben presto contrasti sull’atteggiamento da tenere nei confronti delle popolazioni indigene. Mentre Gessi proseguì con la maggior parte di uomini e mezzi la circumnavigazione del lago Alberto, Piaggia, accompagnato da appena tre uomini e con in dotazione solo una piccola barca smontabile, risalì il Nilo Vittoria fino alle cateratte Murchison, dopodiché fu costretto a proseguire a piedi. Solamente a sud di Foviera poté riprendere la navigazione, entrare nell’attuale lago Kioga (da lui denominato Capecchi) e circumnavigarlo, credendolo ancora sconosciuto (in realtà era già stato scoperto dal colonnello americano Charles Chaillé-Long).
A causa delle febbri dovette tornare ben presto a Khartoum e successivamente al Cairo, dove fu inaspettatamente accolto in trionfo e chiamato a tenere un intervento (cfr. Nella terra dei Niam Niam, pp. LIX-LXIV) di fronte ai membri della Società geografica khediviale del Cairo nel novembre del 1876. Anche dopo il ritorno in patria, nella primavera del 1877, ricevette a Lucca molti onori, il più importante dei quali fu la nomina a membro corrispondente della Reale Accademia di scienze, lettere e arti. Ricevette inoltre dal re Umberto I la nomina a cavaliere della Corona d’Italia e la medaglia d’oro dalla Società geografica italiana
Nel giugno 1878, dopo essere stato ricevuto in udienza privata dal re Umberto, si imbarcò di nuovo per l’Egitto. A Khartoum, Gordon lo incaricò di stabilire regolari comunicazioni commerciali tra il Nilo Bianco, il Cordofàn e l’Uadai. Nel marzo 1879, dopo due soli mesi di riposo, ripartì alla volta di Famaka, nel Sudan Orientale, trattenendosi tra le tribù dei Bertat e rientrando nella capitale a febbraio del 1880. Rifiutate le offerte di preparare relazioni informative di carattere commerciale per la Società di esplorazione commerciale in Africa o di assumere incarichi ufficiali nell’amministrazione egiziana, accettò invece la richiesta della Società geografica italiana di recarsi alla ricerca degli esploratori Giovanni Chiarini e Antonio Cecchi, dei quali mancavano notizie da due anni. Su indicazione della stessa Società, abbandonò però la ricerca quando venne a sapere che Chiarini era morto e che Cecchi era prigioniero. A quel punto accettò l’invito dell’olandese Jean Marie Schuver a unirsi a una spedizione diretta al fiume Sobat.
Partì in barca da Khartoum il 24 dicembre alla volta di Carcoggi, dove morì consumato dalle febbri il 17 gennaio 1882. I suoi servitori lo seppellirono sotto un grande baobab, vicino al quale, nel 1933, il capitano Alberto Pollera, un ufficiale coloniale, riuscì a individuare la sua tomba.
Due busti di Piaggia si conservano a Lucca nella loggia del Podestà in piazza S. Michele e nel Comune di Capannori.
La testimonianza più esauriente e significativa della complessa vicenda africana di Piaggia viene dalle Memorie che lui stesso redasse, con una calligrafia incerta, nel corso dei suoi viaggi e che a lungo tentò invano di pubblicare, rivolgendosi a questo scopo anche a Edmondo De Amicis, che declinò la richiesta, anche se successivamente dedicò a Piaggia un ritratto, la cui prima stesura apparve sull’Almanacco del Fanfulla del 1878 (pp. 55-90). Nel primo capitolo della sua pionieristica ricostruzione della prima fase della storia coloniale italiana, Roberto Battaglia avrebbe fatto notare come fra le «disgrazie che gli toccarono in sorte vi fu quella di diventare, dopo la morte, un eroe del De Amicis che, senza comprendere l’intimo significato della sua esperienza, ne fece uno dei suoi troppo edificanti eroi […] e ne dissolse la straordinaria vicenda in uno sfarfallio di aneddoti…» (1958, p. 28).
Queste Memorie furono edite, sulla scorta delle varie redazioni conservate a Lucca presso l’Archivio di Stato e la Biblioteca comunale, da Giovanni Alfonso Pellegrinetti solo nel 1941. Si tratta di un documento – nella sua stesura originale – decisamente insolito nel vastissimo panorama della memorialistica italiana sull’Africa. Ricco di inflessioni dialettali, di involuzioni, di costruzioni sintattiche faticose e scorrette, di argomenti interrotti e poi ripresi, di nomi di persone, luoghi e cose storpiati senza punteggiatura e mancante di un chiaro filo conduttore, ha però permesso agli studiosi di riconoscere a Piaggia, oltre alle sue indubbie capacità di esploratore attento e curioso, anche i suoi meriti culturali. Egli infatti seppe inserirsi nel mondo africano, soprattutto in occasione del suo soggiorno fra gli Azande, con serenità e con un atteggiamento alieno da ogni paternalismo e da ogni forma di mitizzazione, fino a diventarne parte integrante. Con una sorta di approccio antropologico spontaneo e istintivo, molto diverso da quello dei suoi contemporanei, si dimostrò in grado di affrontare istintivamente, sulla base del buon senso fornitogli dalla sua cultura contadina, il modo in cui porgere la nostra civiltà senza che ciò si trasformasse in violenza e distruzione.
Opere. Lettere e resoconti di Piaggia furono pubblicati dal Bollettino della Società geografica italiana dal 1875 al 1881; da L’Esploratore dal 1879 al 1882 e dagli Atti della R. Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti nel 1883. Si vedano inoltre: Dall’arrivo fra i Niam-Niam alle sponde del Lago Tana, Lucca 1877; Le esplorazioni africane, Lucca 1882; A. Pollera, C. P., in Atti della R. Accademia lucchese di scienze, lettere ed arti, 1932, pp. 141-161; Viaggio in Etiopia, in Annuario del R. Istituto tecnico commerciale Carlo Piaggia di Viareggio, 1937, pp. 213-284; G.A. Pellegrinetti, Memorie di C. P., Firenze 1942 (edizione molto discutibile dal punto di vista critico e storico); E. Bassani, Nella terra dei Niam-Niam (1863-1865), da i ‘Viaggi di C. P. nell’Africa Centrale’, Lucca 1978 (con una ricca bibliografia sia sugli scritti di Piaggia che sugli studi su di lui, alla quale si rinvia per le indicazioni antecedenti il 1930); C. P.: i miei viaggi nell’Africa centrale dal 1851 al 1866. Niam-Niam, Milano 1982 (contiene il testo originale della storia dei primi due viaggi); A. Romiti, Il Viaggio in Abissinia di C. P. (1871-1875), Capannori 1998.
Fonti e Bibl.: Manoscritti di Piaggia e documenti relativi a lui e ai suoi viaggi (fotografie, ritagli di giornale, carte geografiche, disegni e schizzi) si trovano a Lucca, nell’Archivio di Stato e nella Biblioteca comunale, come pure nell’Archivio amministrativo della Società geografica italiana e nel Museo africano di Roma (C. Filesi, L’Archivio del Museo africano in Roma. Presentazione e inventario dei documenti, Roma 2001, ad indicem).
O. Antinori, Viaggi di O. Antinori e C. P. in Africa Orientale, in Bollettino della Società geografica Italiana, I (1868), pp. 91-165; E. De Amicis, Coraggio e costanza: il viaggiatore C. P., Torino 1895; R. Almagià, Il primo viaggio africano di C. P., in Bollettino storico lucchese, IV (1932), pp. 32-60; A. Carlini Venturino, C. P. e i suoi viaggi nell’Africa orientale ed equatoriale, Torino 1951; R. Battaglia, La prima guerra d’Africa, Torino 1958, passim (in particolare pp. 15-28); G. Dainelli, Gli esploratori italiani in Africa, Torino 1960, passim; C. Zaghi, L’Europa davanti all’Africa. La via del Nilo, Napoli 1971, passim; A. Milanini Kemény, La Società d’esplorazione commerciale in Africa e la politica coloniale (1879-1914), Firenze 1973, ad ind.; A. Del Boca, Gli Italiani in Africa Orientale. Dall’Unità alla marcia su Roma, Roma-Bari 1976, passim; C. P. e l’Africa (catal., Nairobi), Lucca 1979; Omaggio a C. P., Lucca 1980; C. Zaghi, Edmondo De Amicis e C. P., in Id., Mal d’Africa. Studi e ricerche, Napoli 1980, pp. 299-311; G. Tori, I manoscritti di C. P. perduti nell’incendio dell’Archivio di Stato di Napoli, in Rivista di archeologia, storia e costume, X (1982), 2, pp. 15-16; A. Romiti, La spedizione nel territorio dei Niam-Niam sulle orme di C. P. (14 febbraio - 4 marzo 1982). Note e considerazioni, in Rivista di archeologia, storia e costume, X (1982), 2, pp. 25-50; E. Bassani, Le collezioni Antinori e P. nel Museo di Perugia, in Orazio Antinori in Africa centrale, 1859-1861 (catal.), a cura di E. Castelli, Perugia 1984, passim; A. Romiti, Piaggia’s sojourn around Lake Tana, in Journal of Ethiopian studies, XIX (1986), pp. 113-139; Le memorie di C. P.: nuovi contributi alla conoscenza dell’esploratore di Badia di Cantignano, a cura di A. Romiti, Lucca 1998 (contiene anche l’edizione della parte delle Memorie relativa al viaggio in Abissinia, pp. 83-153); C. P. e il suo viaggio tra gli Azande. Popolazioni dell’Africa centro-orientale visitate dall’esploratore italiano nella seconda metà dell’800 (catal.), Capannori 1998; C. P. e il suo viaggio tra gli Azande (Niam-Niam). Contributi in onore di un esploratore italiano del secolo XIX, a cura di T. Fratini, Lucca 2000; C. Mezzetti, C. P. L’Africa nel cuore, Viareggio 2005; N. Fusco - C. Cerreti, Il silenzio degli indecenti. Viaggi e racconti rimossi di pecore nere, in Alla fine del viaggio, a cura di L. Rossi - D. Papotti, Reggio Emilia 2006, pp. 99-114, 118-121; S. Puccini, A casa e fuori: antropologi, etnologi, viaggiatori, in Storia d’Italia, Annali, XXVI, Scienze e culture dell’Italia unita, a cura di F. Cassata - C. Pogliano, Torino 2011, pp. 551-554; F. Surdich, Ritratti di esploratori: Giacomo Bove e C. P., in Edmondo De Amicis scrittore d’Italia. Atti del convegno internazionale… 2008, Imperia 2012, a cura di A. Aveto - F. Daneri, pp. 71-80; Il Museo di Storia naturale dell’Università di Firenze, V, Le collezioni antropologiche ed etnologiche, a cura di J. Moggi Cecchi - R. Stanyon, Firenze 2014, ad indicem.