URBINO, Carlo
– Dell’artista non si conoscono né la data né il luogo di nascita. La famiglia si trasferì a Crema dalle Marche seguendo l’attività militare del padre, il cui cognome Zanotti fu modificato in Urbino per omaggiare la terra di origine una volta raggiunti i domini della Serenissima (Gatti, 1977, p. 107; Cirillo, 2005, pp. 9 s.).
Il primo documento riconducibile a Carlo Urbino è una raccolta di fogli dei Musei civici di Pavia (D.-Mal.-390/443), datata 1553. Si tratta di un prontuario figurativo, utilizzato dall’artista per studiare la figura umana, e restituito a Urbino da Adriano Peroni: a esso appartengono anche alcune carte passate sul mercato antiquario londinese (Cirillo, 2005, p. 20). In questo periodo si collocano anche i disegni per le incisioni del Trattato di scientia d’arme con un dialogo di Filosofia di Camillo Agrippa e l’affresco perduto con la Battaglia di Renzo da Ceri, eseguito a Crema nella sala delle Udienze del palazzo pretorio (Gatti, 1977, pp. 103-106; Cirillo, 2005, pp. 28-31). Gli interventi antecedenti al 1553, come l’esecuzione dei disegni per gli apparati effimeri che dovevano accompagnare l’entrata di Filippo II a Milano nel 1548 (ibid., pp. 13-16), restano ipotesi non suffragate da una documentazione attendibile.
La produzione artistica successiva consente di inquadrare la formazione di Urbino tra le realtà di Crema, Cremona, Lodi e Milano. L’artista assimilò la ricerca espressiva di Vincenzo Civerchio, di Benedetto Diana, documentato a Crema nell’Assunzione della Vergine del santuario di S. Maria della Croce, le delicate cromie di Callisto Piazza e la sintesi delle sollecitazioni culturali emiliane, venete e mantovane operata dai Campi intorno alla metà del Cinquecento. Dal dicembre del 1556 fino all’agosto del 1566 fu impegnato nella chiesa di S. Maria dei Miracoli presso S. Celso a Milano (Riegel, 1998). In tale contesto intervenne tra il 1556 e il 1557 nella cappella dell’Assunzione affiancando Callisto Piazza nelle scene con Mosè e un profeta e Due Sibille e angioletti, mentre dipinse in autonomia la Circoncisione di Ismaele e Abramo alle querce di Mamre. Supportato dal fratello Zaccaria, affrescò la campata successiva raffigurando il Sogno di Abimelech, Abimelech restituisce Sara ad Abramo, la Cacciata di Agar e Ismaele e Ismaele salvato nel deserto. Seguono le Allegorie dell’Eternità e della Speranza e la Benedizione di Isacco nella cappella di S. Agostino e gli Angeli con i simboli della Passione, il Serpente di bronzo, le Acque di Meriba e due Sibille nella cappella di S. Francesco, ultimata nel 1558. Tra il 1558 e il 1561 Urbino terminò gli affreschi degli arconi che delimitano i tiburi (a destra gli Antenati di Cristo, la Creazione di Adamo, di Eva, degli astri e degli animali e un Angelo con cartiglio, a sinistra gli Antenati di Cristo, Adamo ed Eva con Caino e Abele, Caino uccide Abele e un Angelo con cartiglio) e il ‘tiburietto’ fiancheggiante la sagrestia, dove si ritrovano altri episodi veterotestamentari (Giuditta, Eliseo e Susanna nella lunetta, Sansone scardina le porte di Gaza, Sansone e Dalila, Sansone e i Filistei sul lato sinistro della volta, Elia rapito in cielo nel riquadro centrale, Giuseppe venduto dai fratelli, Giuseppe e la moglie di Putifarre e Giuseppe interpreta i sogni sul lato destro della volta). Con ogni probabilità fu anche l’autore dei rilievi in stucco nelle campate in cui è documentata la sua presenza, a eccezione della cappella di S. Gregorio Magno, mentre gli altri stucchi si devono ad Andrea de Conti (Giani, 2014-15, pp. 447-449). Oltre agli affreschi, cui si riferiscono numerosi studi preparatori suddivisi tra la Biblioteca Ambrosiana di Milano e il Museo di Castelvecchio a Verona (Bora, 1977a, pp. 80-82 e 1977b, p. 70; Marinelli, 1999), Urbino eseguì tre pale d’altare con l’Assunzione della Vergine, S. Renato vescovo di Angers e il Congedo di Cristo dalla madre. Le prime due opere, pagate entro l’aprile del 1557, furono richieste da Isabella Borromeo, vedova di Renato Trivulzio, per le due cappelle – dedicate all’Assunzione e a S. Renato – il cui patronato era stato acquisito dal defunto marito, come si legge nel testamento del 1545 (Bonci, 2017b). Il Congedo di Cristo dalla madre fu dipinto nel 1566 per Cristoforo Appiani, e a esso appartengono tre studi preparatori suddivisi tra l’Ashmolean Museum di Oxford (inv. n. WA-1935.63), la Christ Church di Oxford (inv. n. 1880) e la collezione Goldman dell’Art Institute di Chicago (Bonci, 2017a, pp. 242-244). Tra il 1559 e il 1562 Urbino fu impegnato anche nella decorazione della cappella di Francesco Taverna in S. Maria della Passione a Milano (Gatti, 1977, pp. 99 s., 106 s.). La decorazione si origina dall’arco di accesso, dove si trovano la Resurrezione di Lazzaro, la Cacciata dei mercanti dal Tempio, Gesù cacciato da Nazareth e la Cena in casa del Fariseo. Seguono i riquadri della volta con gli Angeli con i simboli della Passione, vicini a quelli della cappella di S. Francesco in S. Celso, alternati agli episodi con Cristo nell’orto degli Ulivi, la Cattura di Cristo, Cristo davanti a Pilato e Cristo caduto sotto la croce. Nella ghiera che precede l’altare la Carità e le coppie di putti sono affiancate dalle scene con Cristo e la Samaritana al pozzo, Cristo che guarisce il cieco nato, Cristo e l’adultera e Cristo tentato dal demonio. Nella tazza absidale si riconoscono l’Incontro tra Cristo e la Maddalena e le Tre Marie al sepolcro. Anche per questo intervento sono stati individuati alcuni studi preparatori come i fogli degli Uffizi (inv. nn. 2130.F e 10955.F) per la Cena in casa del Fariseo e la Resurrezione di Lazzaro (Bora, 1977a, p. 82; Disegni cremonesi..., 1999). Urbino proseguì l’attività in S. Maria della Passione dipingendo le ante dell’organo di destra con l’Ecce Homo, la Flagellazione e, a monocromo, l’Incoronazione di spine (Bora, 1998, pp. 58, 267, 270).
Intorno al 1560 fu attivo in S. Lorenzo Maggiore, dove dipinse la tavola con l’Incredulità di s. Tommaso per la cappella di S. Tommaso, poi trasformata in sagrestia (Bora, 1977a, p. 71; Bonci, 2017a, pp. 247 s.). Contemporaneamente alla progettazione del nuovo gonfalone di S. Ambrogio e della trentunesima vetrata del transetto sinistro del duomo di Milano (Cirillo, 2005), l’evento di maggior rilievo della metà degli anni Sessanta del Cinquecento fu la collaborazione con Bernardino Campi, documentata dalla Trasfigurazione di Cristo con i ss. Caterina d’Alessandria, Antonio Abate, Giulio e Girolamo in S. Fedele e dal Battesimo di Cristo in S. Lorenzo. Nella Trasfigurazione, firmata da Bernardino nel 1565, la mano di Urbino si riconosce nel registro superiore del dipinto (Bora, 1977a, p. 51), mentre gli studi preparatori del Teylers Museum di Haarlem (inv. n. K.II.46) e dell’École des beaux-arts di Parigi (inv. n. 141) appartengono a Campi (Bonci, 2017a, pp. 249 s.). Il Battesimo di Cristo fu collocato nella cappella di S. Giovanni Battista in S. Lorenzo entro il 1576. In questo caso l’intervento di Urbino si coglie nel gruppo centrale e nello sfondo paesaggistico (Mojana - Frangi, 1985). Da ascrivere integralmente a Campi, invece, sono la Madonna con il Bambino tra i ss. Paolo, Barbara e Giovannino in S. Antonio Abate e il suo studio preparatorio nelle Gallerie dell’Accademia di Venezia (inv. n. 203r), precedentemente assegnato a Urbino da Mario Di Giampaolo (1974; Bonci, 2017a, p. 249). Durante questi anni non mancarono brevi ritorni a Crema, dove l’artista realizzò tre tele con i Miracoli di s. Pantaleone per il duomo della città, e un’intensa produzione grafica, tra cui si annovera il celebre Codice Huygens alla Pierpont Morgan Library di New York, restituito a Urbino da Sergio Marinelli (1981).
Tra il 1568 e il 1577 Urbino è documentato in S. Eustorgio, dove affrescò la cappella Juara e la cappellina degli Angeli per Gaspare Bugatti, e nella chiesa dei Ss. Paolo e Barnaba, dove dipinse il S. Gerolamo (Bonci, 2017a, pp. 253 s.). Negli stessi anni, e precisamente tra il 1575 e il 1578, fu coinvolto nella decorazione della chiesa della Madonna di Campagna a Pallanza, affiancando in un primo momento Aurelio Luini. La presenza dei due artisti, suggerita da Giulio Bora (1979), trova conferma nella documentazione d’archivio rinvenuta da Stefano Martinella (2017). L’artista eseguì la decorazione del tiburio, dell’abside centrale e della cappella di S. Lorenzo, cui si riferiscono numerosi studi preparatori conservati principalmente nella Biblioteca Ambrosiana di Milano (Cirillo, 2005, pp. 150-157). Nel 1579, una volta rientrato a Milano, Urbino subentrò a Bernardino Campi nel Primo discorso di Pietro ai Giudei affrescato nella volta della cappella Speciano in S. Marco, cui si avvicina una raccolta di disegni della rocca di Soragna pubblicata da Giuseppe Cirillo (2005, pp. 117-121, 144 s.). Appartiene a questo periodo la monumentale Presentazione al Tempio, oggi in collezione privata, restituita a Urbino insieme a uno studio preparatorio già nella galleria Rossella Gilli di Milano (ibid., pp. 115 s.; Bonci, 2016).
La fine dell’ottavo decennio del Cinquecento coincise con il rientro di Urbino a Crema e con l’esecuzione degli affreschi e della pala d’altare con l’Andata al Calvario nell’omonima cappella in S. Maria della Croce. Intorno al 1580 si collocano il dipinto con S. Giacomo consegna il bastone a Ermogene per la chiesa di S. Giacomo Maggiore (Bombelli, 1957; Cirillo, 2005, p. 100), gli affreschi nella parrocchiale di Quintano (Alpini, 1992), la tela con Dio Padre che offre il Figlio nella chiesa dei Ss. Andrea e Benedetto (Marubbi, 1998, pp. 89 s.), in cui è evidente la rielaborazione della Trinità di Lorenzo Lotto del Museo Adriano Bernareggi di Bergamo, e la Deposizione di Cristo dei Musei civici di Crema (inv. n. B0344; Alpini, 2013, pp. 338-340), insieme alla Sacra Famiglia, unica opera firmata, e datata 1582 (inv. n. B0002). In questi anni l’artista fu supportato dal nipote Vittoriano, come si coglie nella Deposizione con s. Pietro Martire della parrocchiale di Castelleone (Alpini, 1991, p. 112; Marubbi, 1997). Quest’ultimo dipinto è ripreso nel Compianto su Cristo morto realizzato a olio su ardesia, oggi in collezione privata, e assegnato recentemente a Urbino (Bonci, 2016, pp. 295-297). Derivato da un’incisione di Cornelis Cort, esso si distingue per l’elevata qualità della stesura pittorica, la rarità del supporto e l’eccellente stato conservativo.
Oltre a quanto già riportato, altri studi preparatori sono stati segnalati da Cirillo (2005), ma la loro eterogeneità stilistica impedisce di includerli con certezza nel corpus autografo dell’artista. Lo stesso dicasi per l’attività nel Palazzo del Giardino a Sabbioneta, vicina al 1584 ma priva di documentazione attendibile (Sartori, 2005).
La morte di Urbino si colloca dopo il 20 marzo 1585, anno del suo testamento, reso noto da Sergio Gatti (1977).
Fonti e Bibl.: A. Bombelli, I pittori cremaschi dal 1400 ad oggi, Milano 1957, pp. 65 s.; M. Di Giampaolo, Aspetti della grafica cremonese per S. Sigismondo: da Camillo Boccaccino a Bernardino Campi, in Antichità viva, XIII (1974), 6, pp. 19-31; Id., Bernardino Campi a Sabbioneta e un’ipotesi per C. U., ibid., XIV (1975), 3, pp. 30-38; G. Bora, La cultura figurativa a Milano, 1535-1565, in Omaggio a Tiziano. La cultura artistica milanese nell’età di Carlo V (catal.), a cura di M. Garberi, Milano 1977a, pp. 45-54, 71-75, 80-86; Id., Note cremonesi, II: l’eredità di Camillo e i Campi, in Paragone, XXV (1977b), 327, pp. 54-88; S. Gatti, Due contributi allo studio del pittore C. U., in Arte lombarda, n.s., XLVII-XLVIII (1977), pp. 99-107; U. Ruggeri, C. U. e il Codice Huygens, in Critica d’arte, s. 3, XXV (1978), 157-159, pp. 167-176; G. Bora, Un ciclo di affreschi, due artisti e una bottega a S. Maria di Campagna a Pallanza, in Arte lombarda, n.s., LII (1979), pp. 90-106; Id., I disegni lombardi e genovesi del Cinquecento, Treviso 1980, pp. 55-59; S. Marinelli, The author of the Codex Huygens, in Journal of the Warburg and Courtauld Institutes, XLIV (1981), pp. 214-220; G. Bora, La pittura: dalla fine del Quattrocento all’Ottocento, in La basilica di Sant’Eustorgio in Milano, a cura di G.A. Dell’Acqua, Milano 1984, pp. 182-185; Id., Disegni, in I Campi e la cultura artistica cremonese del Cinquecento (catal., Cremona), a cura di M. Gregori, Milano 1985, pp. 298-301; M. Mojana - F. Frangi, La decorazione murale e la pittura, in La basilica di San Lorenzo a Milano, a cura di G.A. Dell’Acqua, Milano 1985, pp. 190 s.; C. Alpini, Dipinti cremaschi nella parrocchiale di Castelleone, in Insula Fulcheria, XXI (1991), pp. 97-114; Id., Un ciclo di affreschi di C. U. nella chiesa parrocchiale di Quintano, Crema 1992; M. Marubbi, Vittoriano e C. U., in Dipinti restaurati a Castelleone (catal.), a cura di M. Marubbi, Castelleone 1997, pp. 52 s.; G. Bora, Fra tradizione, maniera e classicismo riformato..., in Pittura a Milano. Rinascimento e manierismo, a cura di M. Gregori, Milano 1998, pp. 52-66, 267, 270; M. Marubbi, La decorazione delle cappelle e i pittori cremaschi, in La chiesa di San Benedetto in Crema, a cura di M.L. Gatti Perer - M. Marubbi, Crema 1998, pp. 89-117; N. Riegel, Santa Maria presso San Celso in Mailand, Worms 1998, pp. 424-427; S. Marinelli, C. U., in Museo di Castelvecchio. Disegni, (catal.), Milano 1999, pp. 40-51; Disegni cremonesi del Cinquecento, a cura di M. Tanzi, Firenze 1999, pp. 115-118; G. Cirillo, C. U. da Crema. Disegni e dipinti, Parma 2005 (alle pp. 187-205 è raccolta tutta la bibliografia relativa a Urbino fino al 2005); G. Sartori, Sabbioneta illustrissima, Viadana 2005, pp. 26 s.; C. Alpini, Dipinti per la chiesa degli eremitani di Sant’Agostino a Crema, in Insula Fulcheria, XLIII (2013), pp. 327-344; F. Giani, Il cantiere decorativo del deambulatorio del santuario di Santa Maria dei Miracoli presso San Celso, tesi di dottorato, Università degli studi di Milano, a.a. 2014-15, pp. 119-171, 441-542; A. Bonci, Due novità per C. U., in Insula Fulcheria, XLVI (2016), pp. 293-302; Id., L’attività milanese di C. U. da Crema, ibid., XLVII (2017a), pp. 239-264 (dove è documentata la bibliografia principale a partire dal 2005); Id., C. U. e il testamento di Renato Trivulzio, in Un seminario sul manierismo in Lombardia..., a cura di G. Agosti - R. Sacchi - J. Stoppa, Milano 2017b, pp. 139-143; S. Martinella, C. U. e Aurelio Luini alla Madonna di Campagna a Verbania, ibid., pp. 125-138.