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Troya, Carlo

di Aurelia Accame Bobbio - Enciclopedia Dantesca (1970)
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Troya, Carlo

Aurelia Accame Bobbio

Lo storico e scrittore napoletano (1784-1858) durante il periodo dell'esilio fu indotto dai viaggi eruditi per la Toscana, le Marche, la Romagna, e dall'amicizia contratta a Bologna col dantista G. Marchetti, a studiare la biografia di D. come fonte insostituibile di luce al senso generale riposto della Commedia, divenuta dopo l'esilio " il serbatoio di tutte le sue vendette politiche, di tutte le sue speranze per ritornare in patria, di tutte le lodi che egli doveva ai suoi ospiti e ai suoi amici " e, di riflesso, " una storia del tempo di Dante ". Questo modo d'interpretare il poema, animato dal gusto romantico di cercare nella poesia lo specchio della vita e nella vita la chiave della poesia, fu dal T. applicato con passione di ricerca documentaria e insieme d'ingegnosi e sottili collegamenti all'enigma del Veltro, che credette d'identificare con Uguccione della Faggiola, al quale, seguendo la biografia del Boccaccio e la presunta lettera del monaco Ilaro, riteneva fosse stato dedicato nel 1308 l'Inferno già compiuto. A lui soltanto, fra i personaggi storici da cui D. poté concretamente sperare il ritorno in Firenze, gli parve riferibile, con precisione geografica stabilita su personali ricerche d'archivio e diretta esplorazione dei luoghi, la nascita " tra Feltro e Feltro ", ossia nel castello della Faggiola sul Conca tra S. Leo di Montefeltro e Macerata Feltria, ovvero, come sostenne più tardi in senso più generico, nel territorio feltrio: nascita di famiglia e di regione " latina ", cioè, secondo un'idea d'italianità da lui attribuita a D., non soggetta mai al dominio longobardo. Tale interpretazione, illuminandogli altri luoghi oscuramente profetici o allegorici del poema, gli sembrò ne spiegasse il senso fondamentale.

Il suo primo scritto dantesco, Del Veltro allegorico di D. (Firenze 1826), è una storia di Uguccione narrata, come a lui piaceva, " alla maniera dei classici antichi o degli italiani ", in prosa sostenuta e sobria; storia che si allarga ad abbracciare le contemporanee vicende d'Italia ed è insieme un'illustrazione del poema in cui i fatti si vengono via via riflettendo quasi in un'appassionata cronaca. La disputa suscitata dal Veltro, in cui intervennero sulle pagine dell'Antologia, fra gli altri, il Tommaseo, Gabriele Pepe, Gino Capponi, Carlo Witte, quali favorevoli, quali, specie quest'ultimo, con riserve più o meno gravi, indusse il T. a ritornare sull'argomento col Veltro allegorico de' Ghibellini (nel " Progresso " di Napoli, 1832), impostando il discorso a dimostrare in Uguccione non tanto il Veltro di D. quanto il più valido sostenitore, che amplifica col titolo di " grande ", della Parte ghibellina in Toscana, e ammettendo che D. poté, secondo le circostanze, sperare anche in altri personaggi.

Il più illustre seguace del T. fu C. Balbo, che dichiarò la sua Vita di D. " rimasugli de' lavori di Carlo Troya raccolti dall'amico di lui ". Il De Sanctis, che ne segnalò la superiorità di storico sui letterati napoletani del tempo, lo congiunse agl'interpreti che nella Commedia avevano veduto l'altro mondo come allegoria di quello terreno (Foscolo, G. Marchetti, G. Rossetti) e, cercando la spiegazione della poesia nei fatti, avevano potuto restituire il senso di alcuni particolari, se non allusioni e sentimenti accessibili solo ai contemporanei.

Invero il T., a differenza di vari dantisti del tempo, non idealizzò la figura del poeta secondo le proprie convinzioni politiche o religiose, rifuggì in genere dall'attribuirgli idee moderne, ne rilevò i giudizi sovente passionali, distinse gli atteggiamenti del poeta e dell'uomo con avversione di storico agli schemi astratti e alle formulazioni apodittiche. Se oggi le sue tesi appaiono tutte molto discutibili, spesso fondate su arbitrari collegamenti tra fatti e pretese allusioni del poema, gli resta il merito di aver orientato gli studi danteschi verso una ricostruzione documentata della biografia del poeta come utile premessa all'intelligenza della poesia. E a divenire storico dell'Italia medievale pose il suo precipuo intento fin dal 1832, avvertendo che gli studi su D. gli erano stimolo e avvio a più ampia opera, nella quale, informandosi a una concezione neoguelfa, e pur nell'ambito di un antigermanesimo risorgimentale alquanto ombroso, che talora si proiettò anche nei riguardi del poeta, avrebbe conseguito i più notevoli risultati della sua vasta ricerca erudita.

Il Veltro allegorico de' ghibellini venne ripubblicato in appendice al Codice diplomatico longobardo (Napoli 1855), notevolmente accresciuto di risposte a obbiezioni e di documenti, con altri saggi a conforto della sua tesi: De' due Veltri di D.A. (il secondo, morto Uguccione nel 1319, sarebbe stato Castruccio Castracani); Dell'anno in cui pubblicossi la cantica dell'Inferno e della cronologia in generale della D.C.; Della lettera di frate Ilario del Corvo (di cui sostiene l'autenticità, o almeno la veridicità, già allora molto discussa); D'alcune pretensioni d'essere del sangue latino ricordate da D.; tutti ristampati l'anno dopo ancora a Napoli. Il Veltro allegorico di D. fu ripubblicato a c. di C. Panigada con altri saggi e lettere del T. e un'ampia nota storica e bibliografica sulla relativa disputa fino al Parodi e al Barbi (Bari 1932); e nuovamente a c. di A. Vallone, Torino 1967.

Bibl. - Sulla vita e gli studi del T. opera d'informazione ancora utile è quella di G. Del Giudice, C.T., vita pubblica e privata, studi, opere, con appendice di lettere inedite e altri documenti, Napoli 1899. Ricordò il merito di aver avviato la ricerca sistematica delle " orme " di D. e segnalò un probabile influsso sul Voyage dantesque di J. Jacques Ampère G. Mazzoni (C. T., Ampère e il Tommaseo, nel quotidiano " Il mattino " 22 maggio 1936). E. Savino, in Considerazioni sugli studi danteschi di C. T. intorno a D. e alla D.C. (Lecce 1940), tentò di ravvivare alcune tesi del T.; ma v. la recensione di F. Maggini, in " Studi d. " XXVI (1942) 208. Per una valutazione complessiva nel quadro del secolo, v. A. Vallone, La critica dantesca nell'Ottocento, Firenze 1958, partic. le pp. 144-146, e, per uno studio particolare, ID., C. Troya dantista, in Studi di storia dell'arte, di bibliologia ed erudizione in onore di Alfredo Petrucci (Milano-Roma 1969), 137-146.

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