Carlo Troya e Luigi Tosti
Da ricordare per il ruolo che sostenne durante il Risorgimento a Napoli, non tanto per l’attività politica, quanto per il suo impegno di fare storia, è Carlo Troya (Napoli 1784-ivi 1858), appartenente all’ordine ecclesiastico. Le simpatie mostrate per il costituzionalismo nel 1820-21, collaborando alla rivista liberale «Minerva napoletana», gli costarono l’esilio fino al 1826. Più tardi la moderazione politica e il prestigio di uomo di cultura lo portarono per brevissimo tempo (3 aprile-15 maggio 1848) a presiedere uno dei governi rappresentativi a Napoli.
Il centro dei suoi studi di storia medievale italiana fu la ricerca di conferme degli ideali nazionali. Seguace del metodo storico muratoriano, trovò nella Chiesa di Roma dell’alto Medioevo la connotazione identitaria che il Risorgimento cercava di affermare. Nelle sue ricerche, pur convinto della superiorità della fonte documentaria su quella narrativa, spesse volte preferì non approfondire, accreditando falsità.
L’opera più significativa di Troya rimane la Storia d’Italia nel Medioevo (5 voll., 1830-1855). Poiché lo stesso argomento era stato affrontato da Balbo nella sua Storia d’Italia sotto ai barbari (1830), nacque uno scambio epistolare tra i due per discutere il rapporto fra popolazioni latine e germaniche.
L’impegno politico caratterizzò anche la vita di Luigi Tosti (Napoli 1811-Montecassino 1897), appartenente a nobile famiglia napoletana, entrato nel 1832 nell’ordine benedettino nella Abbazia di Montecassino dove aveva compiuto gli studi. Interessato alla storia ecclesiastica, vi si dedicò ben seguendo l’indirizzo muratoriano. Fra le sue numerose opere, in gran parte composte a Montecassino, dove ricoprì per qualche tempo la carica di abate, vanno ricordate, anche per il manifestarsi dell’adesione di Tosti al clima patriottico e riformista, La storia di Bonifazio VIII e dei suoi tempi (1846) e La Storia della Lega Lombarda (1848). Nella prima sostiene la tesi secondo cui la rottura fra il papato e il re di Francia Filippo il Bello fu l’avvenimento che, precipitando nell’incertezza l’origine del potere temporale, ebbe gravissime conseguenze sulla civiltà occidentale. Nella seconda, alla minuziosa ricostruzione degli avvenimenti è sottesa l’idea che il medesimo appoggio dato ai comuni lombardi da Alessandro III contro l’imperatore debba essere ora rinnovato da Pio IX. La Lega, infatti, fu un’anticipazione dell’«aspirazione dell’individualità italiana» a trovare la patria: «La coscienza dell’individuo e la religione creano la patria». Aderì alla rivista «L’Ateneo italiano» con Balbo, Troya e Gioberti, dove sostenne il papato quale guida spirituale per la rinascita dell’Italia, mentre al contempo cercava di trovare l’appoggio diplomatico della Francia a questo scopo. Arrestato per tali tentativi, venne presto rilasciato grazie al prestigio suo e della famiglia. Nel 1848 aveva anche pubblicato su questa linea l’opuscolo Il veggente del secolo XIX. Deluso dai risultati politici, dagli anni Cinquanta si dedicò nuovamente alla storia ecclesiastica. La Storia del Concilio di Costanza (2 voll., 1853), pur giustificando le esigenze del popolo dei fedeli alla partecipazione degli affari ecclesiastici, condanna le tesi della supremazia del Concilio e definisce «il papato, formula sintetica della Chiesa […], principio di ogni conciliazione». Dopo il 1870 lavora a Roma come archivista della Biblioteca Vaticana, riceve l’incarico di sovrintendente dei monumenti sacri italiani e, vicino a Leone XIII, si impegna per un riavvicinamento fra Stato e Chiesa con la pubblicazione di un opuscolo, La Conciliazione (1887), frutto sembra di accordi riservati fra le parti. Ma, sconfessato lo scritto da Leone XIII e costretto a ritrattare, si ritira definitivamente a Montecassino e porta a termine la Storia della Badia di Montecassino.