TERZAGHI, Carlo
– Nacque il 18 aprile 1845 a Lodi da Pietro e da Teresa Doi, in una famiglia di modeste condizioni.
Le informazioni sui suoi primi venti anni di vita sono piuttosto incerte. Firmandosi o presentandosi come ex ufficiale egli fece talora riferimento a un suo passato da militare. Pur essendo da escludere trascorsi da graduato, la notizia di un non breve periodo speso nelle fila dell’esercito pare trovare conferma in documenti redatti sul suo conto a metà degli anni Settanta dalla questura di Torino, secondo cui era stato sergente per cinque anni nel 13° reggimento fanteria. Per ragioni di condotta era stato però retrocesso a semplice soldato e incorporato nel 41° reggimento per ultimare la ferma di ordinanza ed essere infine congedato in via definitiva nel maggio del 1870 a Piacenza.
Nel giugno del 1870 si era così stabilito a Torino, trovando occupazione in qualità di scrivano straordinario presso la direzione del Lotto. Nel periodo torinese risultava già coniugato con Rosalia Negro, con la quale ebbe tre figli.
Nel capoluogo piemontese, dove consolidò diverse amicizie nell’ambiente repubblicano e mazziniano, il suo nome emerse nell’estate del 1871 attorno all’esperienza del Proletario italiano, che sulla scia degli entusiasmi sprigionati in Italia dagli echi della Comune parigina si presentava quale giornale schiettamente operaio compilato da soli lavoratori. Il suo principale iniziatore fu infatti proprio Terzaghi che, raffigurandosi con i canoni biografici del vero rivoluzionario, si definiva un operaio e si glorificava di aver già subito incarcerazioni per motivi politici con grave pregiudizio della sua personale salute. Il giornale fu inizialmente assai ondivago, oscillante senza troppa cognizione di causa fra mazzinianesimo, ammirazione per Giuseppe Garibaldi e Karl Marx e aperture bakuniane. Sotto questi fluidi auspici fra settembre e ottobre, dopo aver scritto a Marx e aver preso contatti pure con Michail Bakunin, Terzaghi fu tra i fondatori, nonché segretario, della Federazione operaia torinese proclamatasi aderente all’Internazionale. In poche settimane lui e altri compagni, fra cui Giuseppe Abello, accentuarono il loro internazionalismo e i toni polemici verso Giuseppe Mazzini, tanto che in dicembre si resero protagonisti di una scissione entro la Federazione, dando vita con un gruppo di circa 270 operai a un’altra società, l’Emancipazione del proletario. Terzaghi, che in novembre aveva incontrato personalmente Bakunin a Locarno, ma che non aveva cessato di conservare rapporti epistolari con Friedrich Engels e il Consiglio generale londinese, schierò rapidamente la società sulle posizioni antiautoritarie della federazione del Giura e da gennaio assicurò loro un nuovo organo, Il Proletario, che sostituiva il precedente cessato da un mese.
Dal mese successivo, complici i suoi atteggiamenti ambigui, nell’ambiente del nascente movimento operaio torinese cominciarono tuttavia i primi problemi. Le voci e i sospetti sul suo conto si infittirono a seguito della sua espulsione dall’Emancipazione. Terzaghi la giustificò con ragioni politiche, ma fu dovuta in realtà a un’accusa di indebita sottrazione dei fondi sociali di missione. Il suo assillante bisogno di denaro colpì anche Vitale Regis, inviato a febbraio nella penisola per conto del Consiglio generale; in un suo incontro torinese con Terzaghi, questi gli fece espressamente intendere la disponibilità, in cambio di un appoggio finanziario, a fondare una nuova sezione internazionalista in grado di passare dalla parte di Londra. Questo spregiudicato doppiogiochismo rilevato dall’emissario, insieme ad altre voci circolanti in città sui rapporti di familiarità di Terzaghi con il questore, anch’egli lodigiano, riferite da Regis unitamente alle testimonianze raccolte fra diversi operai sui reali motivi della sua espulsione, spinsero Engels a troncare ogni rapporto con l’animatore del Proletario dopo altri pochi scambi epistolari.
I sospetti e la crescente ostilità del contesto torinese non risultarono tuttavia sufficienti alla sua messa all’indice dal movimento internazionalista italiano. Grazie alla fiducia di alcune sezioni, a marzo riuscì a presenziare a Bologna al congresso regionale romagnolo e in agosto come delegato (per Firenze) al primo congresso italiano dell’Internazionale svoltosi a Rimini, anche se il provvidenziale intervento di Celso Ceretti, fra i primi a sospettare di lui, riuscì a escluderlo da membro della delicata commissione corrispondenza. A fine settembre il caso Terzaghi fu affrontato anche negli ambienti libertari, ormai egemoni nell’Internazionale italiana; Carlo Cafiero fu espressamente incaricato di recarsi e soggiornare a Torino per svolgere un’accurata inchiesta sul conto del sospettato. La relazione stilata da Cafiero per la federazione italiana confermò in pieno i tanti aspetti di opacità del personaggio e le molte ambiguità dei suoi comportamenti. Il passo successivo fu la sua espulsione ufficiale dall’Associazione, decisa in un’apposita seduta del congresso di Bologna nel marzo del 1873. Neppure questo episodio e il suo maldestro e fallito tentativo di prendere la parola in settembre a Ginevra al congresso antiautoritario dell’Internazionale, come delegato di talune società misconosciute, valsero ancora a una sua completa emarginazione. Non si era infatti arreso e nel corso dell’anno aveva fondato in successione due periodici, La Discussione e poi, da ottobre, di nuovo Il Proletario, foraggiati dalla questura, attorno ai quali aveva cercato di dar vita a una propria corrente dissidente, ribattezzata «intransigente», per riaffermare una supposta purezza ideologica rispetto a tutte le altre tendenze. Alcuni militanti o singoli gruppi provinciali con i quali Terzaghi era da tempo in contatto, affascinati dal suo stile battagliero e da quello dei suoi giornali, nonché dai suoi schietti e rivendicati modi proletari, apparvero disponibili a un’apertura di credito nei suoi confronti e a lasciare cadere le crescenti accuse verso di lui di essere una spia. Fra questi erano soprattutto il nucleo internazionalista di Ferrara che faceva capo a Il Petrolio, ma anche ambienti internazionalisti di Firenze, Venezia, Padova, Palermo.
Grazie a una tempestiva soffiata della questura di Torino, nell’agosto del 1874 sfuggì a una retata di internazionalisti trasferendosi con l’intera famiglia a Ginevra. Mentre in Italia il caso Terzaghi continuava a scuotere e a lacerare circoli e stampa internazionalisti, nella sua nuova sede svizzera avviò la consuetudine di farsi chiamare con nomi diversi (fra cui Schippolino o Schippolini, o Negro, con il cognome della consorte) e si impiegò come tipografo, una professione che gli consentì di riprendere la pubblicazione del Proletario, proseguita fino al maggio del 1875. Nuove importanti prove circa il suo ruolo di confidente affiorarono nel lungo processo bolognese contro Andrea Costa e molti altri internazionalisti celebrato nel 1876, e in un processo a Torino da cui emersero i suoi legami di informatore a libro paga dell’ex questore della città.
Dall’inizio di quello stesso anno Terzaghi risultava del resto già stabilmente stipendiato con un mensile di 200 lire in oro (poi aumentato nel 1878 a 300) dal viceconsole italiano a Ginevra, Giuseppe Basso, che ne fece la figura di riferimento di un servizio di informazioni di polizia all’estero. Le informazioni riservate, raccolte direttamente o sfruttando quel che gli restava della sua rete di irriducibili corrispondenti italiani, vertevano su spostamenti di internazionalisti, luoghi da essi frequentati, progetti di riunioni e giornali. Con delazioni e soffiate, parallelamente vendute in segreto pure alla polizia di Ginevra, contribuì all’espulsione dalla Svizzera di diversi anarchici e socialisti e ad alcuni arresti, come quello avvenuto nel 1889 a Parigi dell’anarchico individualista Vittorio Pini. Nel frattempo, aveva ripreso anche l’attività giornalistica con l’esperienza intermittente della rivista bilingue Re Quan Quan e con la collaborazione sotto diversi pseudonimi al periodico napoletano Rabagas (1878-82), mentre, con il falso nome di Angelo Azzati, dal 1884 pubblicò in successione L’ere nouvelle e L’explosion. Con il consueto piglio dinamitardo e provocatorio accentuò in questi suoi giornali il ricorso alla più volgare calunnia, a diffamazioni e messaggi cifrati, a vere e proprie insinuazioni personali utili a seminare zizzania e divisioni nel campo internazionalista e a proseguire in altro modo la sua carriera di delatore.
Ormai sufficientemente screditato per risultare utilizzabile, soprattutto dopo l’efficace smascheramento del suo più recente pseudonimo operato nel 1889 a mezzo stampa da Errico Malatesta, dal 1893 fu congedato dal governo italiano che tagliò i fondi destinati a Basso e attraverso di lui a Terzaghi.
Morì a Ginevra l’11 dicembre 1897.
Fonti e Bibl.: Lodi, Archivio della Chiesa Cattedrale, Libro dei sacramenti, 1845.
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