TAVERNA, Carlo.
– Nacque a Milano il 1° aprile 1817, quarto figlio di Giacomo (1771-1840) e Anna Vitali (1779-1831).
Il fratello Antonio era affetto da alienazione mentale sin dall’infanzia, mentre le sorelle Costanza e Paola (Paolina) si imparentarono per via di matrimonio rispettivamente con i casati nobiliari Isimbardi e Sala.
La famiglia Taverna, risalente al XII secolo, era tra le più antiche e prestigiose di Milano e si era molto ramificata nei secoli. Carlo ereditò dal padre il titolo di conte di Landriano, del quale si fregiavano però anche i maschi di altri rami della famiglia, diversi dei quali erano coinvolti nella vita economica, politica e culturale di Milano e frequentemente confusi tra loro nelle cronache. In quegli stessi anni egualmente noti come conti di Landriano a Milano erano i fratelli Lorenzo (1799-1869) e Filippo Taverna (1803-1864), cugini primi di Carlo in quanto figli dello zio Giuseppe; Paolo Taverna (1804-1878), che era deputato nobile della Congregazione provinciale, era un altro cugino primo, figlio dello zio Francesco; apparteneva poi a una generazione successiva Rinaldo (1839-1913), militare, che sarebbe divenuto senatore nel 1890, figlio di Lodovico, altro fratello di Lorenzo e Filippo.
Anche i beni patrimoniali dei vari rami familiari non sempre erano nettamente distinguibili. Tutti partecipavano, per esempio, della comproprietà del castello di Landriano, che sorge su un’isoletta nel fiume Lambro nel Pavese e le cui prime fondamenta risalgono all’XI secolo; mentre non risulta che Carlo fosse partecipe delle iniziative industriali nel settore laniero che altri membri della famiglia svilupparono in quelle zone.
Carlo ereditò dal padre un cospicuo patrimonio e proprietà terriere in Brianza e Lomellina, e immobili a Milano e Parma, beni che gli consentirono un’esistenza agiata e uno stile di vita da aristocratico; fu allevato e istruito da precettori e non condusse studi universitari, non avviò iniziative imprenditoriali, non partecipò significativamente all’amministrazione della città, diversamente dai suoi cugini e, prima di loro, dal padre e da alcuni zii durante le amministrazioni asburgica e napoleonica.
Si dedicò al collezionismo: fu bibliofilo e soprattutto numismatico, raddoppiando in dimensioni e valore la già cospicua raccolta di monete e medaglie dello zio Costanzo Taverna (1748-1819), antico governatore del Banco di Sant’Ambrogio prima dell’arrivo di Napoleone a Milano.
Come molti aristocratici milanesi trascorreva il suo tempo al circolo dell’Unione, di cui era membro permanente dalla fondazione nel 1841, frequentava i salotti milanesi e spesso con gli amici era al caffè della Cecchina, di fronte al teatro alla Scala, dove si radunava la gioventù aristocratica di orientamento liberale moderato, tra cui Carlo e Giovanni D’Adda, Alessandro Porro, Rinaldo e Cesare Giulini della Porta.
Allo scoppio delle Cinque giornate, precisamente nella notte fra il 18 e il 19 marzo 1848, la sua porzione del palazzo di famiglia in via Bigli, a Milano, fu scelta come rifugio dai membri della Congregazione municipale che erano sfuggiti all’arresto da parte degli austriaci, cioè Gabrio Casati e Antonio Beretta, accompagnati da Enrico Cernuschi, Paolo Bassi, Enrico Guicciardi, Vitaliano Borromeo e altri, che portarono con loro in ostaggio anche il vicegovernatore austriaco Heinrich O’Donell. Nel quartier generale di casa Taverna, il 20 marzo si costituì dunque il governo provvisorio dell’insurrezione milanese, che lì ricevette i consoli europei per concordare un armistizio in città. Carlo, presente alle riunioni e agli incontri, si occupò però principalmente dell’organizzazione logistica degli ospiti, che durante le notti erano diverse decine, e della preparazione della difesa del palazzo, dapprima con Cernuschi e poi con Augusto Anfossi.
Scacciati gli austriaci da Milano e cominciata la prima guerra d’indipendenza, mentre il cugino Paolo Taverna venne posto alla presidenza della ricostituita Congregazione provinciale, Carlo scelse piuttosto di essere inviato in missioni fuori città. Dal 2 al 7 giugno, per esempio, si recò dapprima dal granduca di Toscana per ringraziarlo per il soccorso in uomini e mezzi alla guerra contro l’Austria e nei giorni successivi visitò campi militari e ospedali a Cremona, Bozzolo, San Martino, per avere un ragguaglio sulla situazione dei feriti e farne rapporto alle autorità toscane e lombarde. Entrò quindi nell’esercito sabaudo e prestò servizio presso lo stato maggiore del generale Carlo Salasco, insieme ad altri nobili milanesi come Alberto Martini e Luigi Torelli. Dopo l’armistizio e il ritorno degli austriaci a Milano, fu con Antonio Citterio e Agostino Sopransi nella commissione inviata dalla Congregazione municipale al governatore Joseph Radetzky per pregarlo di recedere dal decreto dell’11 novembre 1848, che imponeva una onerosa tassa alle famiglie più coinvolte nella rivoluzione; non ottennero la clemenza richiesta e furono allontanati.
Alla ripresa del confitto, nel marzo del 1849, ritornò nell’esercito sabaudo e partecipò ai combattimenti della Sforzesca (Vigevano) e di Novara, meritandosi una medaglia al valor militare.
Rientrato definitivamente a Milano, si sposò il 12 maggio 1850 con Beatrice Trivulzio (1832-1853), imparentandosi dunque con un’altra eminentissima famiglia nobile milanese; la moglie morì però poco dopo e la coppia non ebbe figli.
Appena dopo l’annessione della Lombardia al Regno di Sardegna, il 29 febbraio 1860 venne nominato senatore nella 21ª categoria (in ragione dell’alto censo).
In Senato si schierò a destra, fu abbastanza assiduo e partecipò al lavoro degli Uffici, ma prese raramente la parola in aula, limitandosi a qualche intervento su questioni di imposte, sulle tariffe dei notai e intorno alla costituzione della Cassa depositi e prestiti (1863).
Vicino alla consorteria moderata milanese, non si impegnò mai direttamente nelle contese politiche di Milano e in città si occupò piuttosto della vita culturale e della ricostruzione della sociabilità aristocratica nel nuovo regime costituzionale. Nel 1859 era stato tra i rifondatori della Società dell’Unione, che gli austriaci avevano soppresso. Fu mecenate di diversi musicisti (tra i quali Giovanni Battista Croff, Serafino Amedeo De Ferrari, Angelo Panzini) che gli dedicarono loro composizioni; fu inoltre curatore (poi direttore) del Conservatorio di musica dal 1860 al 1871 e nel 1864 fu tra i fondatori e finanziatori della Società del Quartetto di Milano, per l’esecuzione di musica da camera. Sempre a Milano fu anche membro della Commissione per il riordinamento della Biblioteca comunale, della Società delle belle arti e vice direttore del ginnasio di Brera. Nel 1867 fu tra i primi soci della Società geografica italiana. Morì a Milano il 14 febbraio 1871.
Lasciò una ricca eredità di oltre 900.000 lire, perlopiù ai discendenti delle sorelle, a parte due legati di 25.000 lire per gli asili infantili di Milano e per il Pio Istituto sordomuti poveri di campagna, alla cui fondazione (1853) aveva presieduto il cugino Paolo, suo esecutore testamentario. Il testamento disponeva inoltre la donazione della sua raccolta numismatica e dei pezzi pregiati della sua biblioteca al Comune di Milano, che li conserva presso il Castello Sforzesco.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Milano, Archivio T., Parte moderna, non inventariato (soprattutto documenti patrimoniali relativi all’intera famiglia da metà XVIII secolo); Ufficio del registro, Dichiarazioni di successione, 1862-1900, b. 90, f. 27; Milano, Biblioteca d’arte - Biblioteca archeologica- Centro di altri studi sulle arti visive, Fondo Carlo Taverna: in settantacinque fascicoli ci sono appunti di studio di argomento numismatico (suoi e dello zio Costanzo), elenchi, note di acquisto e vendita relative alla collezione di monete, quarantasei lettere indirizzate da diversi mittenti a membri della famiglia, di cui sedici a Carlo (1845-65), anch’esse esclusivamente legate al collezionismo; Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Autografi, lettera di Tommaso Grossi del 27 maggio 1848 a Taverna (B.-XXXIII. 50), edita in T. Grossi, Epistolario, a cura di A. Sargenti, II, Milano 2005, p.1002; Fondo Manzoniano, lettera di Taverna ad Alessandro Manzoni del 16 marzo 1865 (B.XXVIII.10); Firenze, Biblioteca nazionale centrale, Carteggi L. Cambray-Digny, tre lettere di Taverna, 1862-64 (Cambray-Digny 53-68); Carteggi vari, una lettera ad Alessandro Carraresi, 1870 (Var. 112-178); Bergamo, Biblioteca civica Angelo Mai, Collezione G. Gamba sul Risorgimento, una lettera di Taverna del 29 agosto 1860 (n. 3853); necrologi, Corriere della città, in Il Secolo, 18 febbraio 1871; Appendice musicale. Il conte C. T., in La Perseveranza, 20 febbraio 1871.
L. Melzi, Cenni storici sul R. Conservatorio di musica in Milano, Milano 1873, ad ind.; F. Calvi, Storia e genealogia della famiglia Taverna, in Famiglie notabili milanesi. Cenni storici e genealogici, I, Bologna 1875, cc. non numerate; L. Torelli, Ricordi intorno alle Cinque giornate di Milano (11-18 marzo 1848), Milano 1883, pp. 59-62, 82-89, 93-100, 104, 112, 132, 203 s., 230 s.; A. Luzio, Le Cinque giornate di Milano nelle narrazioni di fonte austriaca, Roma 1899, pp. 81 s., 145 s.; G. Visconti Venosta, Ricordi di gioventù. Cose vedute o sapute 1847-1860, Milano 1904, pp. 61, 90, 130; I soci del Circolo dell’Unione durante i suoi primi cento anni di vita, 1841-1848, 1859-1953, Milano 1953, ad ind.; 1848. Il carteggio diplomatico del Governo provvisorio della Lombardia, Milano 1955, pp. 191-193; Storia di Milano, XIV, Sotto l’Austria 1815-1859, Milano 1960, pp. 327 s., 342 s., 356 s., 475-477; R. La Guardia, Il legato numismatico di C. T. al Comune di Milano. Inventario, in Rassegna di studi del Civico museo archeologico e del Gabinetto numismatico di Milano, 1984, voll. 33-34, pp. 105-119; Archivio storico del Senato, Banca dati multimediale I senatori d’Italia, I, Senatori del Regno di Sardegna, s.v., http://notes9.senato. it/web/senregno.nsf/ T_l?OpenPage.