SPINOLA, Carlo
SPINOLA, Carlo. – Sebbene non si conosca con esattezza la data di nascita di questo beato della Compagnia di Gesù dalle fonti si evince che nacque a Praga verso la fine del 1564, in seguito alla relazione di suo padre Ottavio, quintogenito di Agostino Spinola, conte di Tassarolo, e di Geronima Doria, con un’imprecisata «Donna libera di Praga» (Frison, 2014, pp. 124 s.).
Non si hanno indicazioni precise nemmeno sul come e dove trascorse la sua infanzia. Sappiamo che iniziò lo studio della grammatica in giovane età e che, in seguito, si spostò in Spagna, presumibilmente a causa degli obblighi di suo padre, cavallerizzo maggiore di Rodolfo II. In ogni caso, non trascorse molti anni in Spagna e già nella metà degli anni Settanta del Cinquecento si trovava in Italia, ospite di suo zio Filippo, cardinale e arcivescovo di Nola. Il primo documento autografo di Spinola pervenutoci è indirizzato proprio a Filippo ed è datato al 7 dicembre 1584. In tale lettera Carlo richiese a suo zio l’assenso alla sua decisione di entrare nella Compagnia di Gesù (Spinola, 1628, p. 10). Poco dopo entrò in noviziato a Nola, dove, però, rimase per poco più di un anno. Nel 1586, infatti, fu inviato prima al collegio di Lecce e poi a Napoli, dove conobbe Luigi Gonzaga, per proseguire i suoi studi di filosofia. Anche la permanenza partenopea fu di breve durata, dato che nello stesso anno si trovava a Roma, dove fu inviato per seguire i corsi avanzati di matematica presso l’accademia scientifica di Christoph Clavius (Frison, 2009, pp. 21 s.).
Lo status atipico dell’accademia di Clavius all’interno dell’organigramma della Compagnia di Gesù fa sì che le informazioni sui gesuiti che presero parte ai suoi corsi negli anni Ottanta del Cinquecento siano alquanto scarse. Sappiamo che in media gli studenti frequentavano l’accademia per un solo anno e Spinola probabilmente non fece eccezione (Spinola, 1628, p. 12; Charlevoix, 1715, p. 222).
Verso la fine dell’estate del 1587 Spinola lasciò Roma per Milano, precisamente per il collegio di Brera, dove completò gli studi di filosofia, scienze naturali e teologia. Insegnò poi grammatica per un anno (Roma, Archivum Romanum Societas Jesu [ARSI], Med., 47, c. 24r), ma nel 1591 grazie alla sua predisposizione per le scienze venne nominato magister di matematica (Baldini - Napolitani, Christoph Clavius..., 1992). Mantenne il ruolo fino alla fine del 1594, quando difese la tesi in teologia e fu ordinato sacerdote (ARSI, Med., 47, c. 69v). Il 16 settembre 1595, mentre era impegnato nelle attività del suo ministero a Cremona, dove tra l’altro finanziò personalmente la costruzione di un collegio, fu informato dal generale della Compagnia, Claudio Acquaviva, di far parte del gruppo di missionari che sarebbero partiti per il Giappone di lì a poco (ibid., 22 I, c. 8v). Ricevuta la tanto anelata notizia, si imbarcò da Genova il 5 gennaio 1596 sulle galee del viceré di Napoli, Juan de Zúñiga y Avellaneda (21 I, c. 13r), per quella che si sarebbe rivelata essere una vera e propria odissea.
Nelle condizioni migliori, infatti, tra il XVI e il XVII secolo il viaggio marittimo da Lisbona a Goa in India durava all’incirca sei mesi. Spinola, invece, salpò da Lisbona il 10 aprile 1596 e ventuno mesi dopo, il 18 gennaio 1598, si ritrovò al punto di partenza, dopo essere passato per Brasile e Portorico, a causa della rottura del timone, e essere stato in Inghilterra, ostaggio di pirati inglesi. Durante il secondo passaggio, nell’ottobre del 1598, fu ammesso alla professione del quarto voto di «specialem obedientiam summo Pontifici, circa missiones» (ARSI, Jap. Sin., 37, c. 13r), per poi imbarcarsi di nuovo per le Indie verso la fine di marzo dell’anno successivo. Già a dicembre si trovava in India e nell’agosto del 1600 raggiunse Macao, polo commerciale portoghese nel Sud-Est asiatico, nonché avamposto gesuitico per le missioni in Cina e Giappone (Frison, 2013). Poche settimane dopo il suo arrivo, il 27 novembre, la chiesa di Macao fu quasi completamente rasa al suolo da un incendio doloso e di tutta la struttura «não ficou em pê mais que as paredes e essas estaladas e abertas com a grande quentura do fogo por serem de taipa» (ARSI, Jap. Sin., 121, c. 2rv). La necessità di edificare in breve tempo una nuova chiesa fu soddisfatta e economicamente dalla carità dei cittadini di Macao e dalla presenza dello stesso Spinola. Dal 1573 in avanti, infatti, fu stabilito che la supervisione delle opere edilizie nelle missioni esterne della Compagnia spettasse esclusivamente al superiore della missione e a un architetto selezionato in loco (Diniz, 2007, pp. 29-31). Il missionario italiano, infatti, fu subito messo all’opera per la progettazione della pianta della nuova chiesa (Frison, 2017). Con ogni probabilità, il suo coinvolgimento nei lavori non andò oltre il disegno del progetto, dato che fu nominato procuratore del Giappone a Macao nella primavera del 1601, funzione che ricoprì fino al suo arrivo nell’arcipelago nipponico, nel luglio del 1602 (Lisbona, Bibliotéca da Ajuda, Jesuítas na Ásia, Cód. 49-V-3, c. 14r).
Il procuratore era uno dei ruoli più importanti all’interno della missione nipponica, dato che gestiva nella loro interezza gli aspetti economici e finanziari dell’attività evangelica. Generalmente due procuratori erano in carica allo stesso tempo, uno a Macao e l’altro a Nagasaki.
Al suo arrivo in Giappone, Spinola prese subito a studiare il giapponese nel collegio di Arima, territorio poco distante da Nagasaki, così da poter dare rapidamente il suo contributo alla conversione del Kyushu (ARSI, Jap. Sin., 34, c. 16). Rimase ad Arima per due anni e rivelò predisposizione verso l’idioma nipponico dato che già nel 1603 iniziò a predicare in giapponese in quella zona, concentrando la sua attività soprattutto su Arie e dintorni. Il suo rapido apprendimento della lingua, congiunto con il suo lignaggio nobile e la sua formazione scientifica, gli valsero, nel 1606, il trasferimento in una delle aree più delicate per la missione, Miyako (l’odierna Kyoto), come ‘ammonitore’ del rettore del collegio gesuitico, lo spagnolo padre Pedro Morejón. Differentemente dal Sud del Giappone, dove interessi evangelici e commerciali si sovrapponevano e supportavano vicendevolmente, nella metropoli dello Honshu i missionari si confrontavano con le élites religiose e culturali dell’arcipelago, rispetto alle quali le armi a disposizione dei missionari erano esclusivamente intellettuali. Spinola trascorse quasi sei anni a Miyako e fu impegnato in particolare nella conversione degli aristocratici, con i quali, venendo «molte volte mossi da curiosità a vedere, et udire le nostre cose, intrava con l’Astrologia, mostrandogli alcuni instromenti a proposito, delle quali cose non si può facilmente dire quanto sino curiosi, et quanto profitto ricevano per intendere che tutto ciò, che dicemo della nostra Santa Legge è vero, poiche del corso dei cieli, et cose metheorologiche, diciamo cose tutte conformi alla raggione, molto contrarie a i sogni, che loro insegnano i Bonzi suoi sacerdoti» (36, c. 156rv).
Tanto in Giappone quanto in Cina, i missionari della Compagnia di Gesù sperimentarono strategie peculiari di evangelizzazione e fecero ricorso anche alle loro conoscenze scientifiche per ottenere la conversione degli esponenti delle élites. Di questo approccio Spinola rappresentò uno degli esempi più eclatanti tra i gesuiti del Giappone, dato che solo pochi mesi dopo il suo arrivo a Miyako il suo nome già circolava nelle stanze del tenno Goyozei (1572-1617, reggenza 1586-1611) e dello shogun Tokugawa Hidetada (1579-1632, reggenza 1605-23), le più alte autorità nipponiche. Spinola aveva portato con sé dall’Europa numerosi volumi tra cui un manuale sull’astrolabio e testi di gnomonica, ma notando i vantaggi che la scienza poteva apportare alla missione, richiese l’invio di ulteriori materiali scientifici. Nello specifico richiese l’Epitome Arithmeticæ Practicæ e In Sphaeram Iohannis de Sacro Bosco Commentarius, due testi introduttivi rispettivamente alla matematica e all’astronomia occidentale scritti da Clavius. Richiese anche manuali di ingegneria, architettura, prospettiva e pittura, nonché le formule per produrre i colori a olio, sconosciuti in Giappone, e il vetro, e non esitò ad affermare che quel tipo di letteratura sarebbe stata molto più utile di qualsiasi trattato di teologia. La richiesta di testi di architettura fu probabilmente dovuta al fatto che, anche in Giappone, Spinola fu coinvolto nelle attività edilizie della Compagnia, partecipando alla progettazione e costruzione di un edificio in stile architettonico giapponese a Miyako e istruendo i suoi confratelli su come erigere edifici resistenti ai tifoni del Sud-Est asiatico (ARSI, Jap. Sin., 60, c. 226r; Frison, 2017, p. 14).
Nel 1611 Spinola fu richiamato a Nagasaki per assolvere nuovamente al ruolo di procuratore. L’8 novembre 1612, mentre era impegnato con gli aspetti finanziari ed economici della missione, partecipò all’osservazione congiunta di un’eclissi solare tra Macao e Nagasaki, un esperimento che consentì di calcolare per la prima volta in modo scientifico le coordinate geografiche di Nagasaki e, conseguentemente, del Giappone. L’osservazione fu fatta insieme al gesuita Giulio Alenis, il quale registrò a Macao l’inizio dell’eclissi alle ore 20:30 e la conclusione alle 23:45. Contemporaneamente, Spinola osservò la stessa eclissi da Nagasaki, dove il fenomeno iniziò a manifestarsi un’ora dopo, a causa della differenza di meridiano tra le due città (G.B. Ricciolo, Astronomiae..., 1665). Sebbene le conclusioni a cui i due gesuiti giunsero non fossero accuratissime, per la prima volta fu possibile posizionare il Giappone su una carta geografica secondo calcoli scientifici, che, seppur errati, furono ritenuti validi fino al XVIII secolo (Frison, 2009, pp. 50 s.).
Nello stesso anno, per via di un caso di corruzione all’interno dello shogunato che coinvolgeva alcuni nobili giapponesi convertiti al cristianesimo, i Tokugawa emisero un editto che proibiva la predicazione e diedero il via a un’aspra persecuzione contro fedeli e missionari. Due anni dopo, nel febbraio del 1614, lo shogunato ordinò a tutti i missionari di radunarsi a Nagasaki ed emise il mandato di espulsione contro gli appartenenti alla Compagnia di Gesù. Il 26 ottobre i missionari iniziarono i preparativi per lasciare il Giappone e, il 6 novembre, salparono per Macao (33 padri, 29 fratelli e 53 servitori) o per Manila (8 padri e 15 fratelli; ARSI, Jap. Sin., 16 I, c. 131r). Spinola, invece, rimase in Giappone insieme ad altri 26 confratelli per proseguire l’opera missionaria. L’anno successivo, precisamente il 18 marzo 1615, concluse la Relación del martyrio de 45 christianos (Jap. Sin., 39, cc. 60r-89r), una raccolta di testimonianze volta a stabilire l’autenticità del martirio di 45 cristiani uccisi nel territorio di Arima nel novembre del 1614.
Nonostante la persecuzione si facesse ogni anno più aspra, Spinola proseguì nella sua attività di procuratore, di cui lasciò diverse tracce documentarie. Tuttavia, nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1618, fu catturato nella casa di un mercante portoghese, Domingos Jorge, dalle autorità del governatore di Nagasaki, Hasegawa Gonroku, e condotto in prigione. Il giorno seguente fu interrogato informalmente dallo stesso governatore, che conosceva personalmente Spinola. Durante la prigionia, che durò quattro, anni il missionario disegnò una pianta della prigione che riuscì a far arrivare a Roma, dove fu utilizzata come appendice della sua biografia (Spinola, 1628).
Il 10 settembre 1622 fu arso vivo su un promontorio a Nagasaki, in quello che la storiografia giapponese ricorda come il Genna no Dai-Junkyo, il grande martirio dell’era Genna (1615-25), insieme ad altri 21 missionari tra gesuiti, domenicani e francescani, mentre altri 30 furono decapitati. Il 7 maggio 1867 fu beatificato da Papa Pio IX con altri 205 martiri giapponesi (ARSI, Archivio della Postulazione generale della Compagnia di Gesù (Santi e Beati): Beati Carlo Spinola e Soci).
Nella chiesa del Gesù a Roma è conservato un dipinto a olio realizzato da un anonimo pittore giapponese che ritrae la scena del martirio in modo talmente dettagliato da consentirci di identificare Spinola, che è il quinto a partire da sinistra tra i condannati legati ai pali e avvolti dalle fiamme.
Fonti e Bibl.: Lisbona, Bibliotéca da Ajuda, Jesuítas na Ásia, Cód. 49-V-3, c. 14r; Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu (ARSI), Archivio della Postulazione generale della Compagnia di Gesù (Santi e Beati): Beati Carlo Spinola e Soci; Provincia Iaponiae et Viceprovincia Sinensis (Jap. Sin.), 16 I, c. 131r, 34, c. 16r, 36, cc. 151v, 156rv, 37, c. 13r, 39, cc. 60r-89r, 60, c. 226r, 121, c. 2rv; Provincia Mediolanensis (Med.), 21 I, c. 13r, 22 I, c. 8v, 47, cc. 24r, 69v; G.B. Ricciolo, Astronomiæ reformatæ tomi duo, quorum prior obseruationes, hypotheses et fundamenta tabularum, posterior praecepta pro vsu tabularum astronomicarum, et ipsas tabulas astronomicas CII continet. Prioris tomi in decem libros diuisi, argumenta pagina sequenti exponitur, Bononiæ 1665, pp. 100-106; U. Baldini - P.D. Napolitani, Christoph Clavius: Corrispondenza, I, 2, Pisa 1992, pp. 91 s., III, 2, p. 8.
F.A. Spinola, Vita del P.C. S. della Compagnia di Giesu morto per la Santa Fede nel Giappone, Roma 1628; P.-F.-X. de Charlevoix, Histoire de l’établissement, des progrès, et de la décadence du Christianisme dans l’empire du Japon, III, Rouen 1715, p. 222; S. Diniz, A arquitectura da Companhia de Jesus no Japão. A criação de um espaço religioso cristão no Japão dos séculos XVI e XVII, tesi di laurea, Universidade Nova de Lisboa, 2007, pp. 29-31; D. Frison, Il contributo scientifico del gesuita C. S. nel Giappone del primo Tokugawa, in Il Giappone, 2009, vol. 49, pp. 21-56; Id., «La piu difficile, e la piu disastrosa via, che mai fino allora niunaltro». C. S. and his attempts to get to the Índias, in Revista de cultura, 2013, vol. 44, pp. 86-107; Id., The Nagasaki-Macao trade between 1612 and 1618: C. S. S.J. procurator of Japan, tesi di dottorato, Universidade Nova de Lisboa, 2014; Id., A face hidden behind the façade. New evidences about C. S.’s authorship of the project of São Paulo’s Church, in Revista de cultura, 2017, vol. 55, pp. 6-19.