SIMONETTA, Carlo
– Figlio di Giovanni Battista e di Maddalena Frigerio, non si conoscono né la data né il luogo della sua nascita.
Sebbene le notizie sui suoi esordi come scultore siano scarse, è noto che fu allievo di Dionigi Bussola, di cui sposò la figlia Emilia nel 1671. Alla morte del suocero, nel 1687, gli succedette come protostatuario del duomo di Milano e della certosa di Pavia (Bossaglia, 1968, p. 70) e come insegnante all’Accademia Ambrosiana (Nicodemi, 1958, p. 527).
La prima attestazione di Simonetta presso il duomo di Milano risale al 1660 (Annali..., 1883, p. 273), quando la Fabbrica deliberò che il rettore dovesse prendere informazioni sullo scultore per ammetterlo al cantiere, dove avrebbe poi lavorato, con poche interruzioni, sino alla morte. Il primo vero e proprio incarico data al 1662 (pp. 277 s.) quando gli furono commissionate tre statue da porre sulla seconda guglia della nave minore «verso la Corte Regia», insieme ai colleghi Andrea Prevosto e Gaspare Casella. Inoltre nello stesso anno presentò i modelli per due angeli e per le statue di S. Gioacchino e S. Domenico destinate alla cappella della Madonna dell’Albero e di S. Marco evangelista per il fianco meridionale (p. 281; Bossaglia, 1973, p. 168 n. 168); il modelletto del S. Marco è conservato presso il Museo del duomo (Bossaglia - Cinotti, 1978, tav. 244, p. 29; Milano. Museo e Tesoro del duomo, 2017, p. 309).
Al 1662 risale anche il primo documento relativo alla decorazione di S. Maria alla Porta, dove Simonetta ritoccò i cherubini della cantoria «in ceppo gentile» (Magni, 1978, p. 95). Nello stesso anno lavorò al fianco di Giuseppe Vismara alla realizzazione degli angeli tubicini della cupola, in stucco.
Nel 1666 un pagamento della Fabbrica del duomo di Milano per «trofei ed altro» attesta che Simonetta stava lavorando con Carlo Antonio Bono per la «porta trionfante», ovvero gli apparati effimeri allestiti per l’arrivo in città di Margherita Teresa di Spagna, sposa dell’imperatore Leopoldo I (Annali..., 1883, p. 287). L’anno successivo fu saldato per un Angelo che adora il Santo Chiodo destinato a uno dei capitelli del coro del duomo (p. 289). Sempre nel 1667 fu impegnato nella realizzazione della statua di S. Giobbe, il cui modello era stato precedentemente approvato (pp. 288, 290). La scultura fu ultimata entro il 1671 (p. 297; Bossaglia - Cinotti, 1978, tav. 248, p. 29). Mutilata dalle bombe del 1943, è oggi sostituita da una copia ed è conservata acefala in Museo (Milano. Museo e Tesoro del duomo, 2017, n. 251, pp. 310 s.). Nello stesso anno Simonetta concluse anche la S. Cristina (Annali..., 1883, p. 298).
Nel 1669 figura negli elenchi dei maestri ammessi all’Accademia Ambrosiana (Bora, 1992, p. 367). Il 1671 fu un anno significativo, in quanto segnò la sospensione fino a nuovo ordine delle opere di statuaria nel cantiere del duomo. Comunque Simonetta si impegnò nell’esecuzione di commissioni a lui già affidate; infatti tra il 1672 e il 1673 ricevette alcuni acconti per un angelo che stava scolpendo. Nel 1673 la Fabbrica deliberò che a lui e ad altri scultori come Bussola, Carlo Antonio Bono, Vismara, Antonio Albertini e Giovan Battista Maestri, detto il Volpino, fossero dati nuovi incarichi, per impedire che abbandonassero il cantiere del duomo alla ricerca di altre commissioni. Il numero degli scultori stipendiati in cantiere fu ridotto a otto; tra questi fu scelto anche Simonetta (Annali..., 1883, p. 302). Nel frattempo gli fu ordinato di concludere la statua di S. Giuseppe cominciata da Francesco Tamagno (p. 303), in contemporanea alla S. Beatrice (p. 304), di cui il Museo del duomo conserva il modello in terracotta (già erroneamente creduto della S. Cristina già citata: cfr. Milano. Museo e Tesoro del duomo, 2017, p. 312).
Presso S. Maria alla Porta lo scultore fu attivo di nuovo nel 1670, eseguendo il bassorilievo con l’Incoronazione della Vergine in marmo di Candoglia sopra la porta d’ingresso in facciata; il rilievo, pur danneggiato nei bombardamenti del 1943, si riconosce come una delle sue opere marmoree più felici, dove in parte viene meno la rigidità evidente nella sua produzione, con chiari riferimenti a Bussola, ma anche alla pittura contemporanea. In questa fase della sua vita, oltre una certa agiatezza, aveva raggiunto una fama che lo portò a realizzare diversi busti ritratti per molte personalità centrali nella vita politica milanese, come il conte Bartolomeo Arese, Juan Tomás Enríquez de Cabrera conte di Melgar, Diego Dávila Mesía y Guzmán marchese di Leganés e Claude Lamoral I principe di Ligne (Magni, 1978, p. 96). Ma di tale produzione ritrattistica rimane solo l’effigie di Carlo Brebbia per la sua sepoltura in S. Maria della Passione (Zanuso, 2002, p. 327).
Nel 1674 gli fu commissionata la statua di S. Matroniano eremita (Annali..., 1883, p. 307). Dal suo testamento si apprende che nel 1675 compì, come tradizione per i maestri lombardi, un viaggio di aggiornamento a Roma (Magni, 1978, p. 103). Tuttavia non dovette assentarsi molto dal cantiere del duomo, poiché gli fu dato, in quello stesso anno, un acconto per la S. Beatrice (Annali..., 1883, p. 311), mentre nel 1676 fu approvato il modello per la statua di S. Matroniano (p. 314), e l’artista fu anche saldato per la S. Beatrice (p. 315). Dalla sequenza delle date si desume che il viaggio durasse al massimo pochi mesi.
Ai tardi anni Sessanta e agli anni Settanta risalgono le commissioni borromaiche, che videro impegnato Simonetta nei giardini dell’Isola Bella, a partire dal 1667, per circa un decennio. In tale lasso di tempo egli scolpì un cospicuo numero di opere, all’incirca una cinquantina, perlopiù statue colossali che seguivano un preciso programma iconografico del giardino, in modo particolare del teatro Massimo, basato sulla ricorrenza dei motivi araldici come la grande figura del Liocorno, le allegorie dell’Arte e della Natura, del Lago Maggiore, del Ticino, del Po e del Toce, le Quattro stagioni, gli Elementi, Diana e le Ninfe, i tre cerchi intrecciati e la scritta Humilitas. Anche per il teatro d’Ercole (1671-77) Simonetta modellò un Ercole ispirato a quello Farnese e altre sei figure di forte ascendenza classicheggiante (Natale, 2000).
A partire dal 1680 e sino al 1684 Simonetta fu impegnato nuovamente in duomo nell’esecuzione della statua di S. Ambrogio martire (Annali..., 1883, p. 324). Nel 1681 concluse il Profeta Samuele iniziato dal Volpino (Annali..., 1885, p. 1). Nel 1682 si dedicò a un S. Carlo di tela e stucco (pp. 4 s.), ciò che permette di affermare che egli era maestro capace di trattare diversi materiali, e quindi abile nel lavorare stucco e legno, come è ben evidente anche nel notevole Crocifisso ligneo messo in opera nel 1680 per la chiesa di S. Maria Nuova ad Abbiategrasso (Pertusi, 1990, p. 197).
Nel 1684 acquistò egli stesso i marmi di Carrara per le statue della cappella del Crocifisso di S. Maria alla Porta, recandosi a Genova per scegliere i blocchi e sbozzarli in loco allo scopo di ridurre le spese di trasporto. A lui si devono ancora i rilievi dell’altare della stessa cappella, i quali presentano tuttavia una certa discontinuità stilistica. Infatti Simonetta vi mostra di non aver trattenuto la lezione appresa durante il suo soggiorno a Roma, come è ben evidente nelle due figure di angeli accanto alla cornice, prive di leggerezza, che semmai si rifanno all’interpretazione del barocco romano messa a punto da Bussola in Lombardia.
Nel 1684 Simonetta subentrò al Volpino, suo zio, nella bottega in Camposanto (Casati, 2017, p. 636 nota). Nel 1685, su incarico della Fabbrica del duomo, iniziò a scolpire una Sibilla Delfica (Annali..., 1885, pp. 20 s.), e nel 1686 gli fu commissionata la Carità per la decorazione del battistero. Nel 1688 (p. 28) furono ridotti a tre gli scultori stabili della Fabbrica del duomo, ovvero Simonetta, Giuseppe Bono e Giuseppe Rusnati. Proprio in quell’anno, dopo la morte di Bussola, Simonetta fu nominato protostatuario. Inoltre succedette al suocero anche presso la certosa di Pavia (Bossaglia, 1968, p. 70). Nel breve periodo che si trovò a operare in questo cantiere portò a compimento la statua della Fede nel presbiterio, che andava ad affiancare la Carità di Bussola, e realizzò anche il S. Marco che si univa alla serie dei colossi posti nella navata. Inoltre gli sono attribuiti i puttini della parte sinistra della balaustra dell’altare maggiore (ibid.).
Di nuovo nella chiesa di S. Maria alla Porta collaborò alla cappella della Vergine, opera di Giovanni Ruggeri, distrutta durante il 1943; fu infatti saldato nel 1690 per opere a stucco, ovvero la gloria di putti nella volta e i cherubini e putti per le finestre, mentre i quattro cherubini in marmo per le porticine della cappella furono pagati tra il 1691 e il 1692 (Magni, 1978, p. 97). Nella stessa chiesa, nella cappella della Maddalena, realizzò inoltre il paliotto con la Maddalena nel deserto per l’omonimo altare, in collaborazione con Stefano Sanpietro, opera tuttora esistente (p. 100).
A partire dal 1690 e sino alla sua morte, Simonetta portò avanti i lavori per il bassorilievo con la Nascita di s. Giovanni Bono da collocare nella cappella omonima del duomo di Milano (ne rimane anche il bozzetto al Museo del duomo, cfr. Bossaglia - Cinotti, 1978, p. 30; Milano. Museo e Tesoro del duomo, 2017, pp. 321 s.). Alla sua morte l’opera fu posta in situ dopo essere stata rifinita nelle parti decorative da Sanpietro (Annali..., 1885, p. 32).
Morì a Milano il 10 giugno 1693 «ex febre maligna» (Magni, 1978, p. 95).
Partendo da un’osservazione di Rossana Bossaglia (1973, pp. 121 s.), che definiva Simonetta uno scultore «corretto, ma legnoso», è lecito affermare che la sua produzione, come quella di molti maestri lombardi della sua e della generazione precedente, sia stata debitrice del tardomanierismo pittorico, dai Procaccini a Cerano, punti di riferimento imprescindibili da cui venivano spesso attinti i modelli compositivi. Inoltre risulta assai spiccata la propensione verso il naturalismo, viva anche nel suo maestro Bussola, e che non venne intaccata neppure dall’esperienza romana. La sua S. Beatrice, che dà il meglio di sé se osservata di profilo, è la testimonianza di quanto lo scultore abbia ripreso la lezione bussolesca, sia per la composizione sia per la fisionomia. Tuttavia per Simonetta come per lo stesso Bussola, scultori lombardi e di formazione lombarda, il soggiorno a Roma giunse in età adulta, e certe forme del barocco romano da essi riportate in patria s’innestarono sul retaggio tardomanierista e sulla vivace vena naturalistica, andando a ottenere esiti certo lontani dalla leggiadria androgina delle opere ‘berniniane’ di Antonio Raggi giunte a Milano tra il sesto e il settimo decennio del Seicento, e con cui anche Bussola si era trovato a confrontarsi (Casati, 2017, pp. 643 s.). Nella resa dei corpi Simonetta è solido e a volte meccanico; purtuttavia seppe raggiungere il suo meglio in opere lignee come il notevole Crocifisso di Abbiategrasso, caratterizzato da una fluidità anatomica assente dalle sue opere marmoree, e in cui è evidente un marcato accento naturalistico e drammatico che rimanda alla cultura figurativa dei sacri monti prealpini lombardi e piemontesi.
Fonti e Bibl.: Annali della fabbrica del duomo di Milano, V, 1883, pp. 273, 277 s., 281, 287-290, 297 s., 302-304, 307, 311, 314 s., 324, VI, 1885, pp. 1, 4 s., 20 s., 28, 32; G. Nicodemi, La scultura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, pp. 515-546; R. Bossaglia, La scultura, in La certosa di Pavia, Milano 1968, pp. 65-175; Ead., La scultura, in Il duomo di Milano, II, Milano 1973, pp. 121 s., 161, 168 n. 168; R. Bossaglia - M. Cinotti, Tesoro e Museo del duomo, II, Milano 1978, pp. 29 s.; M.C. Magni, Documenti per C. S. e Stefano Sampietro, in Arte lombarda, XLIX (1978), pp. 95-104; C. Pertusi, La chiesa: cappelle e arredi, in S. Maria Nuova in Abbiategrasso, Vigevano 1990, pp. 176-199; G. Bora, L’Accademia Ambrosiana, in Storia dell’Ambrosiana, I, Il Seicento, Milano 1992, pp. 335-373; M. Natale, Le Isole Borromeo e la Rocca di Angera, Cinisello Balsamo 2000, pp. 78 s., 89, 172 s.; S. Zanuso, Ritratti scolpiti nella Milano asburgica, in Il ritratto in Lombardia da Moroni a Ceruti (catal., Varese), a cura di F. Frangi - A. Morandotti, Milano 2002, pp. 319-330; A. Casati, Tradizione e rinnovamento nella scultura lombarda del secondo Seicento. Proposte per l’attività milanese di Siro Zanella (1631-1709), in La lezione gentile. Scritti di storia dell’arte per Anna Maria Segagni Malacart, a cura di L.C. Schiavi - S. Caldano - F. Gemelli, Milano 2017, pp. 635-644; Milano. Museo e Tesoro del duomo. Catalogo generale, a cura di G. Benati, Cinisello Balsamo 2017 (in partic. F. Pecchenini, schede nn. 248, 251, 253, pp. 309-312; F. Bianchi Jannette, scheda n. 265, pp. 321 s.).