SCARPA, Carlo
Architetto e designer italiano, nato a Venezia il 2 giugno 1906, morto a Tokyo il 27 novembre 1978; professore di decorazione all'istituto universitario di architettura a Venezia (dal 1962). Temporalmente astratto, racchiuso in un aureo isolamento, il rapporto di S. con la progettazione è consapevolmente ambiguo: pur raccogliendosi nello spazio magico dell'artigianato di bottega, è tutt'altro che indifferente alle sollecitazioni della "grande architettura". All'interno di tale atipica dialettica, unica in Italia, gioca un ruolo fondamentale l'autobiografico rapporto con Venezia; alla base delle sue opere ví è, in fondo, la nostalgia per la figuratività. Qui il senso dell'insistente rilettura di F. Ll. Wright, che caratterizza, con la sua infinita catena di riferimenti-frammenti, soprattutto - ma non esclusivamente - la prima produzione di Scarpa. Tale la chiave delle citazioni wrightiane nel progetto di casa ad appartamenti a Feltre (1949), ma anche delle "variazioni su tema" presenti nei progetti di cinematografo a San Donà di Piave (1949), della villa Zoppas a Conegliano (1953), del padiglione del libro d'arte per la galleria "Il Cavallino" ai Giardini della Biennale (1950), della casa Taddei (1957) o della villa Veritti a Udine (1957-61). La dispersione nell'universo dei segni, ove la singola frase acquista significato prima che il complesso del testo, diviene motivo dominante della ricerca scarpiana a partire dal negozio Olivetti alle Procuratie Vecchie (Venezia, 1957-58), dal negozio Gavina a Bologna (1960), al restauro del pianoterra del palazzo della fondazione Querini Stampalia (Venezia, 1961-63), oggetto di alta maestria formale, dove la tecnica del contrappunto è applicata con estrema sensibilità: a una parete di mattoni rosi dal salso e dall'umidità viene contrapposta la compattezza di intonaci levigatissimi. Lo stesso leitmotiv guida il restauro del museo di Castelvecchio (Verona, 1964), dove sarebbe tuttavia erroneo ridurre l'intervento di S. a una manipolazione di materiali e superfici, condotta attraverso un artigianato di altissimo livello qualitativo. Come nella sistemazione di Palazzo Abatellis a Palermo (1953-54), negl'interventi a Ca' Foscari (Venezia, 1956), nella Gypsoteca a Possagno (1956-57), anche a Castelvecchio la reinvenzione degli spazi testimonia un personale ed esclusivo rapporto, instaurato con la materialità dell'edificio in quanto "storia". La collocazione della statua equestre di Cangrande - che appare e scompare, a seconda degli scorci prospettici, imposti dal gioco dei volumi - rivela un'ironica, quasi impertinente, matrice surrealista. Con la sua ultima grande opera - la sistemazione del cimitero di San Vito ad Asolo per la famiglia Brion (1970 ss.), - S. sembra sentire la necessità dell'autocitazione, quasi volesse far esplodere il nucleo nascosto della sua poetica, sintetizzandolo attraverso un'ostinata iperprogettazione. Vedi tav. f. t.
Bibl.: G. Mazziarol, Opere dell'architetto Carlo Scarpa, in L'Architettura-cronache e storia, n. 3, sett.-ott. 1955; F. Tentori, Progetti di Carlo Scarpa, in Casabella, n. 222, 1958; S. Bettini, L'architettura di Carlo Scarpa, in Zodiac, n. 6, maggio 1960; P.C. Santini, Il restauro di Castelvecchio a Verona, in Comunità, n. 126, 1965; S. Los, Carlo Scarpa architetto poeta, Venezia 1967; M. Brusatin, Carlo Scarpa architetto veneziano, in Controspazio, n. 3-4, marzo-aprile 1972 (numero monografico); P. Duboy, Locus solus, in L'Architecture d'aujourd'hui, n. 181, sett.-ott. 1975; M. Tafuri, Les "Muses Inquiétantes" ou le destin d'une génération de "Maîtres", ibid.; Catalogo della mostra, Institut de l'Environnement, Parigi 1975; Numero monografico di Space Design, n. 6, giugno 1977.