SCALZI, Carlo
– Nacque probabilmente a Genova attorno al 1700.
Francesco Saverio Quadrio (1744, p. 532) lo indicò come nativo di Voghera, ma altre fonti sono concordi nell’attribuirgli un’origine genovese (Bologna, Accademia Filarmonica, Campione F, Campione G; Penna, 1736, c. 543; libretto della Viriate, Firenze 1729). Non si hanno notizie circa la famiglia e la formazione del cantante, castrato.
Debuttò nel Carnevale del 1718 a Roma nel teatro Capranica, in parti di seconda donna nel Telemaco di Alessandro Scarlatti e nella Berenice regina di Egitto del figlio Domenico e di Nicola Porpora; nei libretti comparve come virtuoso del marchese Giovanni Battista De Mari Centurione, nobile genovese. Il 29 luglio 1721 fu aggregato all’Accademia filarmonica di Bologna nella classe dei cantori. A Milano, nel Carnevale del 1724, il giurista olandese Jan Alensoon annotò che nella Caduta de’ decemviri di Giovanni Porta il «Sig. Carlo Scalzi cantò meravigliosamente» (Vlaardingerbroek, 1991, p. 543). I due si incontrarono il 5 gennaio nel salotto del conte Giuseppe Antonio Arconati (nell’occasione Scalzi interpretò una cantata accompagnato al cembalo da Giovanni Battista Sammartini) e, nel giugno seguente, Alensoon lo riascoltò a Genova in S. Maria di Castello (11 giugno) e in S. Francesco di Castelletto (13 giugno).
Nel Carnevale del 1725 collaborò per la prima volta con Leonardo Vinci, nella parte di Oreste nell’Ifigenia in Tauride e in quella di Arsace nella Rosmira fedele, entrambe rappresentate nel teatro di S. Giovanni Grisostomo a Venezia, con Faustina Bordoni prima donna. Risale a queste recite la caricatura di Scalzi attribuita a Marco Ricci (Markstrom, 2007, p. 195). Nella primavera seguente, lui e Bordoni cantarono a Parma nel Trionfo di Camilla di Vinci: il dramma di Silvio Stampiglia fu adattato da Carlo Innocenzo Frugoni, che nell’occasione gli dedicò un sonetto (Pel musico Scalzi cantante in Parma e che sostenne la parte di Turno nel dramma intitolato “Il trionfo di Camilla”). Nella primavera del 1726, al S. Bartolomeo di Napoli, collaborò di nuovo con Vinci nell’Ernelinda e cantò in Sesostrate, la prima opera italiana di Johann Adolf Hasse. A quest’opera si riferisce lo scandalo innescato dalla repentina diserzione del soprano Margherita Gualandi, detta la Campioli, per screzi occorsi con l’impresario Angelo Carasale e con Hasse. Con una lunga lettera del 3 giugno all’impresario fiorentino Luca Casimiro degli Albizzi, Scalzi difese la Campioli evidenziando «la tirannia inaudita [di] questo tedesco compositore» che non aveva accondisceso alle richieste della virtuosa (Holmes, 1993, pp. 114-116).
Sempre a Napoli, nell’autunno del 1727, partecipò alla prima della Caduta de’ decemviri di Vinci. L’ultima collaborazione con il compositore calabrese fu a Roma, nel teatro delle Dame, nel febbraio del 1729, dove fu Mirteo nella Semiramide riconosciuta metastasiana, con Giacinto Fontana, detto il Farfallino, nel ruolo eponimo. Charles-Louis de Montesquieu, che assistette allo spettacolo, ricordò Scalzi nel Voyage en Italie e Pier Leone Ghezzi ne fece la caricatura. A Napoli, nell’autunno del 1730, Scalzi fu il primo uomo nell’Ezio di Hasse e (nell’autunno o nel Carnevale successivo) nel primo allestimento partenopeo dell’Artaserse di Vinci (Sigismondo, 2016, p. 163). Sostenne la stessa parte di nuovo a Roma a inizio estate del 1731.
Del fausto esito delle recite romane si rallegrò da Vienna Pietro Metastasio con una lettera del 7 luglio a Marianna Benti Bulgarelli: «io temeva assai dell’Artaserse, non avendone sentito parola nella vostra lettera dell’ordinario scorso. Ma oggi [...] da tutte le parti sono assicurato della premura ed esattezza de’ rappresentanti; rendetene, vi priego, loro grazie a mio nome, e particolarmente agl’incomparabili Scalzi e Farfallino» (Tutte le opere di Pietro Metastasio, 1952, p. 57).
Nel 1733 fu chiamato a Londra da Händel nella compagnia formata per la stagione invernale. Può darsi che il compositore sassone lo avesse ascoltato a Roma nel Carnevale del 1729 (Strohm, 1985, p. 68). Il 22 giugno The Daily Advertiser riportò che il «Signore Carestini, Signor Schaltzi and Signiora Durastanti are engag’d by Mr. Handel to come over from Italy to perform in the former» (ossia nel teatro di Haymarket; George Frideric Handel..., 2015, p. 643). Tra l’ottobre del 1733 e il maggio del 1734 prese parte ad alcuni ‘pasticci’ confezionati da Händel: Semiramide (30 ottobre), Caio Fabbricio (4 dicembre), Arbace (ossia Artaserse, 5 gennaio); alle riprese di Ottone (13 novembre), Sosarme (27 aprile), Acis and Galatea (7 maggio), Il pastor fido (18 maggio); espressamente composte per Scalzi furono le parti di Alceste nell’Arianna in Creta (26 gennaio) e di Orfeo nel Parnaso in festa (13 marzo). Scalzi ottenne un discreto successo, tanto da meritarsi, assieme a Giovanni Carestini, alcuni versi satirici dell’antihändeliano Paolo Rolli. Durante la stagione la voce di Scalzi avrebbe iniziato ad accusare una certa usura (Strohm, 1985, p. 186): difatti Händel, nella Semiramide, traspose le arie fino a una terza inferiore per facilitarne l’esecuzione all’interprete, che comunque mantenne un’estensione di tutto rispetto, dal do centrale al si bemolle acuto (tali interventi potrebbero però essere stati motivati dalla necessità di adattare la parte a un corista più acuto di quello romano, che negli anni in questione si aggirava sui 328 Hz).
A Venezia, nel Carnevale del 1738 (teatro di S. Giovanni Grisostomo), penultimo di attività, fu il primo uomo nel Demofoonte di Gaetano Latilla, nell’Alessandro nell’Indie di Hasse e nel Gianguir di Giovanni Antonio Giay. Risalirebbe a questa stagione il sontuoso ritratto a figura intera attribuito al giovanissimo Charles-Joseph Flipart (oggi a Hartford, Connecticut, Wadsworth Atheneum): Scalzi, in uno splendido costume di scena all’orientale, indica con la mano un foglio di musica in cui è riportato «Atto 3zo Sign. Scalzi Arbace» e l’incipit di un’aria, Vivrò, se vuoi così, non altrimenti nota (Heartz, 1994; sull’individuazione dell’effigiato si veda però Butler, 2015). Nel Carnevale del 1739 comparve per l’ultima volta a Roma, nel teatro di Torre Argentina, come primo uomo nell’Achille in Aulide di Geminiano Giacomelli e nel Vologeso re de’ Parti di Rinaldo di Capua.
Negli anni successivi, e di sicuro fino al 1759, visse in ritiro a Genova, ‘convittore’ nella Confraternita dell’Oratorio in via Lomellini con incarichi organizzativi per gli «oratori notturni in musica» (Genova, Archivio della Confraternita dell’Oratorio di S. Filippo, Registro di Contabilità MDCCLIII). Gli anni coincidono con quelli del maggior fervore musicale presso l’Oratorio. Sempre a Genova, tra il 1744 e il 1746 e nuovamente tra il 1749 e il 1759, Scalzi intervenne come cantore nell’annuale processione del Corpus Domini in osservanza a un decreto del Senato genovese del 1721 che obbligava «tutti i professori della musica e cantanti» e «qualunque suonatore d’Istrumenti adatti alla musica» a prendervi parte annualmente.
Morì probabilmente a Genova tra la fine del 1767 e l’inizio del 1768. Nella chiesa di S. Giovanni in Monte a Bologna fu celebrata, il 2 marzo 1768, una messa in suffragio, consuetudine riservata agli accademici filarmonici (Bologna, Museo della musica, M.428).
Sebbene si fosse ritirato dalle scene da trentacinque anni, ancora nel 1774 Giovanni Battista Mancini lo menzionava in un sol fiato con Vittoria Tesi, Faustina Bordoni, Francesca Cuzzoni, il Caffarelli: come dire il fior fiore dei virtuosi di canto nati intorno al 1700. A Genova la memoria di Scalzi si mantenne viva ancora per lungo tempo: nel 1846 Giuseppe Banchero lo ricordò tra i filarmonici insigni della Liguria (con Francesco Gnecco, Lorenzo Mariani e Nicolò Paganini) effigiati da Benedetto De Leonardi nel salone da concerti dell’Istituto musicale sito, tra il 1834 e il 1866, nell’ex monastero delle Grazie, oggi distrutto.
Fonti e Bibl.: Bologna, Archivio dell’Accademia filarmonica, O. Penna, Cronologia ossia Historia generale, t. 2, (Bologna 1736), c. 543; F.S. Quadrio, Della storia e della ragione d’ogni poesia, III, Milano 1744, p. 532; G.B. Mancini, Pensieri e riflessioni pratiche sopra il canto figurato, Vienna 1774, p. 25; Milano 1777, p. 36; C.I. Frugoni, Opere poetiche, II, Parma 1779, p. 485; G. Banchero, Genova e le due riviere, Genova 1846, p. 485; Voyages de Montesquieu, a cura di A. de Montesquieu, I, Bordeaux-Paris, 1894, p. 221; Tutte le opere di Pietro Metastasio, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1952, p. 57; G.B. Martini, Catalogo degli aggregati della Accademia Filarmonica di Bologna, a cura di A. Schnoebelen, Bologna 1971, p. 173 s.; R. Strohm, Essays on Handel and Italian opera, Cambridge 1985, pp. 66-68, 182 s.; K. Vlaardingerbroek, Faustina Bordoni applauds Jan Alensoon: a Dutch music-lover in Italy and France 1723-4, in Music & Letters, 1991, vol. 72, n. 4, pp. 543, 551; O. Gambassi, L’Accademia Filarmonica di Bologna. Fondazione, statuti e aggregati, Firenze 1992, p. 456; W. Holmes, Opera observed: views of a Florentine impresario in the early Eighteenth century, Chicago 1993, pp. 105-117, 214-223; D. Heartz, Portrait of a primo uomo: C. S. in Venice ca. 1740, in Musikalische Ikonographie, a cura di H. Heckmann - M. Holl - H.J. Marx, Laaber 1994, pp. 133-145; S. Franchi, Drammaturgia romana, II, Roma 1997, pp. 136 s., 149, 182, 244; W. Dean, S., C., The new Grove dictionary of music and musicians, XVI, London-New York 2001, pp. 546 s.; G. Rostirolla, Il “Mondo novo” musicale di Pier Leone Ghezzi, Milano 2001, pp. 142, 342 s.; M.R. Moretti, Per la storia della musica a Genova nel secolo XVIII, in Paganini, Genova e la musica. Studi in onore di Alma Brughera Capaldo, a cura di G. Isoleri - M.R. Moretti - E. Volpato, Genova 2003, pp. 111, 115, 125 nota; W. Dean, Handel’s operas 1726-1741, Woodbridge 2006, ad ind.; K. Markstrom, The operas of Leonardo Vinci, napoletano, Hillsdale (N.Y.) 2007, pp. 104 s., 173 s., 201, 259 s., 320-332; M.R. Moretti, Nuovi “Drammi sacri” per una storia dell’attività musicale della Congregazione filippina di Genova nel Settecento, in Fonti musicali italiane, XII (2007), pp. 79-106; M.R. Butler, From Guadagni’s suitcase: a primo uomo’s signature aria and its transformation, in Cambridge Opera Journal, XXVII (2015), pp. 245 s.; George Frideric Handel: collected documents, II, 1725-1734, a cura di D. Burrows et al., Cambridge 2015, ad ind.; G. Sigismondo, Apoteosi della musica del Regno di Napoli, a cura di C. Bacciagaluppi - G. Giovani - R. Mellace, Roma 2016, p. 163.