RINALDINI (Renaldini), Carlo
RINALDINI (Renaldini), Carlo. – Nacque ad Ancona il 30 dicembre 1615 da Scipione, colonnello di fanteria, e da Angiola Fanelli de’ conti della Stacciola.
Nel 1586 al padre fu inflitto, per ragioni che non sono state tramandate, il tormento pubblico della corda. Carlo ebbe almeno cinque fratelli e una sorella maggiori, deceduti prima del 1682. La famiglia, di origini senesi, fu insignita dalla metà del Quattrocento del titolo comitale di Montagnoli.
Le informazioni sulla giovinezza e sulla prima formazione di Rinaldini sono lacunose. Nel frontespizio della sua prima opera (Opus algebricum, Ancona 1644) si definì dottore in filosofia e in teologia e matematico.
Un diploma di laurea allo Studium generale maceratese rilasciato il 2 ottobre 1640 a un Carolus Rinaldinus di Ancona testimonia di una sua effettiva laurea in teologia all’Università di Macerata. Per quanto riguarda gli studi di filosofia, propedeutici alla laurea teologica, non ne è nota con certezza la sede. Angelo Fabroni (1795), seguito da gran parte della letteratura successiva, lo vuole studente a Bologna, ma senza indicare una fonte.
Dopo la laurea in teologia, si trasferì probabilmente a Roma. Questa informazione combacia con la testimonianza dello scolopio Famiano Michelini, il quale, in una lettera a Leopoldo de’ Medici (Famiano Michelini a Leopoldo de’ Medici, 24 gennaio 1654, in Le opere dei discepoli di Galileo Galilei, a cura di P. Galluzzi - M. Torrini, II, Carteggio 1649-1656, 1984, p. 125), lo definiva scolaro del somasco Antonio Santini, lettore di matematica in Sapienza dal 1644. Uno dei suoi primi biografi (Saracini, 1675) colloca Rinaldini già nel 1643 in casa Barberini come ‘gentiluomo di assistenza’. Secondo questa fonte, egli non solo sarebbe stato precettore dei figli di Taddeo Barberini – generale della Chiesa e nipote di papa Urbano VIII –, ma si sarebbe fatto apprezzare anche come ingegnere militare nell’esercito pontificio durante la guerra di Castro. Benché manchino prove documentarie a sostegno di questo suo primo impegno professionale, in una lettera pubblicata tardivamente, Rinaldini scrisse di aver ricevuto i favori di Urbano VIII e di aver preso parte per ben tre volte a una guerra (Commercium epistolicum, Padova 1682). Nel 1649 fu inviato a Ferrara da Federico Savelli, luogotenente di Innocenzo X, per sovrintendere alle fortificazioni delle frontiere, in particolare nei territori di Bondeno e di Comacchio. Qui, Rinaldini mosse anche i primi passi in ambito universitario.
Nominato lettore di matematica all’Università di Ferrara per l’anno 1649-50, si trasferì però presto in Toscana. Sempre nel 1649, mentre si trovava a Comacchio, venne infatti chiamato da Ferdinando II de’ Medici (raccomandato forse dalla duchessa di Parma) a ricoprire la carica di lettore primario di filosofia naturale allo Studio di Pisa. Secondo la testimonianza di Cosimo Galilei, Rinaldini era lì costretto a insegnare «contro il Galileo» nonostante con gli amici e nelle lezioni private fosse «mero galileista» (Cosimo Galilei a Vincenzo Viviani, 3 gennaio 1658, Firenze Biblioteca nazionale centrale, ms. Gal. 161, c. 119rv). Proprio il nome di Rinaldini fu d’altra parte fatto da Giovanni Battista Quaratesi quando, nel corso del suo mandato di provveditore dello Studio pisano (1658-62), cercò di fare istituire una cattedra di insegnamento della filosofia galileiana.
Già dai primi anni del suo soggiorno toscano, insieme ad altri cortigiani fra cui Candido del Buono, Rinaldini affiancò il granduca Ferdinando II e il principe Leopoldo in una serie di esperimenti di varia natura condotti a Pisa e a Firenze. Divenne inoltre precettore di Cosimo III de’ Medici, figlio del granduca Ferdinando II, e lavorò, insieme a Vincenzo Viviani, alla prima edizione delle opere di Galileo Galilei – priva di quelle censurate dal S. Uffizio – stampata nel 1655-1656 a Bologna da Carlo Manolessi. Nel novembre del 1656 stilò per il principe Leopoldo una lista di libri «in proposito delle cose sperimentali» volta a individuare questioni e teorie di carattere fisico da analizzare attraverso esperimenti e discussioni.
Nell’elenco figuravano circa 80 autori, fra cui grandi classici (come Plutarco, Seneca, Galeno, Platone, Plinio, Plotino e ovviamente Aristotele con i suoi commentari), ma soprattutto autori del suo tempo (come Pierre Gassendi, Marin Mersenne, René Descartes, Galileo Galilei, Emmanuel Maignan, Athanasius Kircher, Giambattista della Porta e molti altri).
La lista di Rinaldini non solo fornisce uno spaccato delle opere note a lui e al suo ambiente (la menzione della Nova Philosophia è, ad esempio, una delle prime testimonianze della ricezione di Thomas Hobbes in Italia), ma rappresenta probabilmente il primo segno del progetto di fondazione di un’accademia sperimentale a Firenze. Non molti mesi dopo (21 giugno 1657) ebbe infatti luogo la prima riunione registrata di quella che sarà poi nota come Accademia del Cimento, durante la quale Rinaldini fu incaricato, insieme a Giovanni Alfonso Borelli e ad Antonio Oliva, di recarsi ogni sera a palazzo Pitti per programmare gli esperimenti da eseguire il giorno successivo.
Il suo ruolo all’interno dell’Accademia è spesso stato sottostimato, anche a causa delle polemiche con Borelli che, considerandolo un «peripatetico marcio e muffo», lo etichettò presto come ‘Simplicio’ (Alfonso Borelli a Poalo del Buono, 10 ottobre 1657, in Fabroni, 1775, p. 95). Rinaldini contestò in effetti sistematicamente gli esperimenti a favore dell’esistenza del vuoto e della pressione atmosferica, spesso proponendone di alternativi. In diverse occasioni dichiarò però di essere stato il primo a suggerire al principe Leopoldo di istituire un’accademia sperimentale e benché i documenti non consentano di confermare le affermazioni, il suo coinvolgimento nelle attività accademiche fu senza dubbio attivo e rilevante. Quando nel 1660, dopo una lunga parentesi di interruzione dei lavori, l’Accademia fu riaperta sotto la guida di Lorenzo Magalotti, lo spoglio degli autori compilato da Rinaldini nel 1656 orientò la messa a punto di un programma sperimentale. Un gran numero di esperimenti fu poi proposto da Rinaldini durante tutto il periodo di attività dell’Accademia.
Il perfezionamento di un’‘esperienza’ eseguita a Firenze fu suggerito, insieme a una serie di altre prove, da Rinaldini al principe nel novembre del 1657 e una lettera a Leopoldo del 19 dicembre dello stesso anno elenca diverse possibili verifiche sperimentali, alcune delle quali molto utili «al filosofare nella via del Galileo» e «per sbarbare alcune massime dei Peripatetici» (Fabroni, 1773, pp. 56-59). Di Rinaldini sono anche alcune delle Proposte di esperienze da farsi conservate fra le carte dell’Accademia, una delle quali volta a confutare la nozione aristotelica di antiperistasi, vale a dire la proprietà di due qualità contrarie come il caldo e il freddo di reagire reciprocamente accrescendosi entrambe in forza. Fu uno dei pochi, in Accademia, a opporsi alla teoria della ‘virtù zoogenetica’ delle piante e propose un esperimento che lo portò a scoprire il fenomeno della convezione dell’aria.
Sulla sua complessa posizione e in particolare sul suo intento di innovare il quadro classico della tradizione aristotelica attraverso il ricorso a esperimenti e a dimostrazioni geometriche, Rinaldini scrisse più tardi nelle sue opere filosofiche, pubblicate dopo il suo trasferimento a Padova. Come Borelli e Oliva, nel 1667 anche Rinaldini lasciò infatti la Toscana, contribuendo di fatto alla fine dell’esperienza del Cimento. Forse anche in seguito a sue sollecitazioni, fu invitato della Repubblica veneta a succedere a Claude Bérigard nella cattedra di filosofia dell’Università patavina, dove il 9 novembre tenne la sua prima lezione sul De Caelo davanti a più di 500 persone. A Padova, fu membro dell’Accademia letteraria dei Ricovrati e amico e maestro di Elena Cornaro Piscopia, la prima donna a ottenere una laurea (1678).
Fino a quel momento, la sua produzione era stata essenzialmente matematica e orientata alla diffusione e all’approfondimento del lavoro di François Viète sulle equazioni a coefficiente numerico: l’Opus algebricum (Ancona 1644), l’Opus mathematicum (Bologna 1655) e la prima e la seconda parte dell’Ars analytica mathematum (Firenze 1665 e 1667). Dopo il trasferimento a Padova, Rinaldini continuò la sua opera matematica seguitando a prediligere il metodo algebrico, e avvicinandosi alla Géométrie di Descartes e pubblicando, fra gli altri, il De resolutione et compositione mathematica (Padova 1668), il Geometra promotus (Padova 1670) e la terza parte dell’Ars analytica (Padova 1684). Solo a Padova cominciò però a dare alle stampe la sua opera filosofica a cui aveva iniziato a lavorare già durante gli anni pisani.
L’opera consisteva in una trattazione sistematica in due parti dell’intera filosofia secondo lo schema dell’insegnamento filosofico in uso nelle università. La prima parte, Philosophia rationalis, uscì nel 1681 mentre solo tre dei sei volumi che avrebbero dovuto comporre la seconda videro la luce (Naturalis philosophia, Padova 1694). Nelle ampie prefazioni alle due parti Rinaldini si difese dalle accuse di una servile sottomissione al pensiero di Aristotele sottolineando la necessità di perseguire la ricerca dei principi e delle cause dei fenomeni attraverso dimostrazioni geometriche e l’accurata osservazione degli effetti naturali. Vi incluse centinaia di esperimenti, alcuni dei quali svolti all’interno del Cimento, spesso rivendicandone la paternità e lamentandone l’usurpazione da parte di altri. Pur incompiuta, l’opera rappresenta uno dei più lunghi trattati filosofici dell’epoca e racchiude l’intero percorso intellettuale di Rinaldini, fra università e accademia e in continua tensione fra la tradizione aristotelica e le nuove esigenze matematiche e naturali.
Nonostante i suoi ripetuti tentativi, Rinaldini non riuscì mai a tornare all’Università di Pisa. Lasciò l’insegnamento a Padova nel 1696, ritirandosi ad Ancona, dove morì il 18 luglio 1698.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Pisa, Università, 2, G. 78, f. 90rv; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss. Gal. 162, cc. 165r, 170r; 168, cc.121r-122r; 260, cc. 114v, 150r (esperimenti proposti da Rinaldini); 262, cc. 3v (prima sessione dell’Accademia), 82r, 87r, 150r (spoglio di autori di Rinaldini discusso in Accademia); 268, cc. 107r-136v; 275, cc. 82r-83v (esperimenti proposti da Rinaldini).
G. Saracini, Notizie historiche della città di Ancona, già termine dell’antico regno d’Italia…, Roma 1675, p. 520; C. Patin, Lyceum Patavinum, Padova 1682, pars prior, pp. 52-57; G.C. Nelli, Saggio di storia letteraria fiorentina, Lucca 1759, pp. 119 s.; A. Fabroni, Lettere inedite di uomini illustri, I, Firenze 1773, pp. 95, 184-190, II, Firenze 1775, pp. 56-59; G. Targioni Tozzetti, Notizie degli aggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana nel corso degli anni LX del secolo XVII, Firenze 1780, I, pp. 161, 345-347, 430-433, II, p. 440; G. Colucci, Delle antichità picene, XIII, Fermo 1791, pp. CXXI-CXXIII; A. Fabroni, Historia Academiae Pisanae, III, Pisa 1795, pp. 393-398; Edizione nazionale delle opere dei discepoli di G. Galilei, I, L’Accademia del Cimento, a cura di G. Abetti - P. Pagnini, Firenze 1942, pp. 425 ss.; L. Tenca, Lettere di C. R., in Atti dell’Accademia delle scienze dell’Istituto di Bologna. Classe di scienze fisiche. Rendiconti, s. 9, III (1956), pp. 197-208; W.E.K. Middleton, C. R. and the discovery of convection in air, in Physis, 1968, n. 10, pp. 299-305; Id., The experimenters. A study of the Accademia del Cimento, Baltimore-London 1971, passim; Le opere dei discepoli di Galileo Galilei, a cura di P. Galluzzi - M. Torrini, I, Carteggio 1642-1648, Firenze 1975, pp. 125, 377-383; P. Galluzzi, L’Accademia del Cimento: «gusti» del principe, filosofia e ideologia dell’esperimento, in Quaderni Storici, 1981, n. 48, pp. 788-844, passim; L. Pepe, C. R. e la geometria cartesiana, in Il pensiero matematico nella ricerca storica italiana, a cura di G. Frosali - M. Ottaviani, Ancona 1993, pp. 127-133; R. Petti, L’algebra numerosa di C. R.: da Viète a Descartes, in Bollettino di storia delle scienze matematiche, XVI (1996), 1, pp. 3-43; Ead., C. R. e la polemica dell’anello, ibid., XVII (1997), 2, pp. 199-232; A. Brigaglia, Algèbre et géométrie dans l’oeuvre de C. R., in Géométrie, atomisme et vide dans l’école de Galilée, a cura di E. Festa - V. Jullien - M. Torrini, Fontenay-Saint Cloud 1999, pp. 79-96; A. Poppi, Uno scambio epistolare tra Felice Rotondi e C. R. sull’amore e il perdono dei nemici (1682), in Atti e memorie dell’Accademia galileiana di scienze, lettere e arti, 2002-2003, vol. 115, n. 3, pp. 43-54; Id., La Protestatio di C. R., “nimis Aristoteli addictus” (1693), ibid., 2004-2005, vol. 117, n. 3, pp. 21-36; C. Pighetti, Il vuoto e la quiete: scienza e mistica nel ’600. Elena Cornaro e C. R., Milano 2005; L. Boschiero, Experiment and natural philosophy in seventeenth-century Tuscany, Dordrecht 2007, passim; A. Poppi, Le vie del filosofare nell’aristotelismo secentesco di C. R. (1681), in Filosofia e storiografia. Studi in onore di Giovanni Papuli, II, L’età moderna, a cura di S. Ciurlia, Galatina 2008, pp. 335-356; The Accademia del Cimento and its European context, a cura di M. Beretta - A. Clericuzio - L.M. Principe, Sagamore Beach 2009, passim; U. Baldini, Tra due paradigmi? La Naturalis Philosophia di C. R., in Galileo e la scuola galileiana nelle Università del Seicento, a cura di L. Pepe, Bologna 2011, pp. 189-222.