RIDOLFI, Carlo
Pittore, ma assai più noto come biografo di pittori, nato a Lonigo (Vicenza) nell'aprile del 1594. Come racconta egli stesso nella sua diffusa autobiografia, stette nell'infanzia presso l'Aliense a Venezia, e al suo primo maestro serbò poi sempre un'eccessiva ammirazione. Nel 1622 dipinse due tele per i padri di S. Fermo e Rustico di Lonigo. Preso in seguito da una vera infatuazione per la pittura di Paolo Veronese, dipinse a imitazione di questo parecchi quadri senza importanza e in gran parte oggi smarriti. Tra i dipinti superstiti citeremo un'Adorazione dei Magi a San Giacomo di Rialto, e, sempre a Venezia, in Ognissanti, una Visitazione e una figura allegorica dell'Ortografia: la sua tela maggiore e più nota è però forse la grande e pretenziosa Adorazione dei Magi della chiesa di S. Giovanni e Paolo, pittura complicata e manieristica, di colore sordo e del tutto inespressiva da qualsiasi lato la si consideri.
Non si sa precisamente quando il R. abbia maturato l'idea di scrivere le sue Vite. Certo, com'egli ricorda, prima di darle alle stampe ne compose parecchie in fascicoli manoscritti e volanti che fece leggere ad amici e a personalità della repubblica, dai quali fu incoraggiato a procedere nell'opera: ebbe tra l'altro in questo l'appoggio del doge Francesco Erizzo, a cui, il 26 maggio del 1642 (e, attraverso lui, al senato) aveva offerto quella Vita del Tintoretto, alla quale teneva sopra le altre. La sua prima intenzione, com'egli stesso dichiara nella prefazione a questa Vita, era quella di scrivere una storia generale della pittura; ma il suo disegno poi si dovette limitare al campo della pittura veneta, così che il suo lavoro è considerato come la prima storia dell'arte stesa con intenti regionali. Il primo volume dell'opera, ch'ebbe il titolo Le Meraviglie dell'Arte, comparve nell'estate del 1646; separatamente uscirono poi altre Vite di pittori, le quali, raccolte, formarono il vol. II, comparso il 22 giugno 1648: che pertanto è considerato la data dell'edizione completa dell'opera.
Il grande merito delle Meraviglie è totalmente di erudizione, come chiarisce il v. Hadeln che ne curò nel 1914 una riedizione fornita di chiose attentissime. Il R. è invece, dal lato critico, insignificante: il suo gusto è accademico e manieristico, nel significato italiano, lessicale di questa parola. Egli va bruciando incenso per i grandi patriarchi della pittura veneziana, riportando su di essi giudizî del tutto generici ed eclettici: e della pittura del suo tempo dimentica il lato più costruttivo e più ricco d'avvenire. Insomma, il R. è incapace di sentire la vitalità e l'importanza della riforma barocca, e pertanto rsppresenta il lato, nel peggior senso, tradizionale, del gusto veneziano del Seicento; mentre quegli che fu in certo modo l'anti-Ridolfi, il Boschini, dimostra di penetrare singolarmente proprio il lato vivo di codesto gusto. La grande via della tradizione critica veneziana, via preromantica, antisistematica, s'inizia quindi col Dolce e tocca l'apice col Boschini e continua poi con A. M. Zanetti, ma lascia da parte il Ridolfi. Ciò non toglie tuttavia, che questi conservi, nel campo dell'erudizione, una sua grande e reale importanza, e che, con i "fatti" che ha conservato alla nostra memoria, completi necessariamente le "idee" spesso un po' "naviganti" del Boschini.
Bibl.: F. Pasqualigo, C. R. scrittore e pittore, Venezia 1878; G. Vitaliani, C. R. pittore e scrittore, Lonigo 1911; J. Schlosser, Die Kunstliteratur, Vienna 1934; A. Moschetti, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, XXVIII, Lipsia 1934 (con bibl.); A. Tositti, Boschini, in Convivium, 1934.