RICCA (Richa), Carlo
RICCA (Richa), Carlo. – Nacque a Torino il 24 settembre 1690, figlio del medico Pietro Paolo.
La sua vita fu strettamente intrecciata a quella del padre, con il quale spesso viene confuso.
Pietro Paolo Ricca nacque a Torino nel 1665, figlio del medico canavesano Carlo senior. Laureatosi intorno al 1685, nel 1691 fu chiamato a corte come ‘medico della casa’, incaricato della salute della duchessa Anna d’Orléans e dei figli nati alla coppia ducale. Nel 1705 Vittorio Amedeo II lo promosse ‘medico della persona’, affidandogli così la propria salute. La carica era fra le più pagate della corte, ed era unita ad altre (per esempio, quella di medico della Guardia svizzera), così da garantire ulteriori retribuzioni. Inoltre, le principali famiglie di corte volevano servirsi dello stesso medico del sovrano. Forte del potere che rivestiva a corte, Pietro Paolo riuscì a far nominare l’anziano padre Carlo ‘protomedico generale’, carica lasciata libera dal nizzardo Carlo Bartolomeo Torrini. In questo modo padre e figlio rivestivano le due principali cariche mediche alla corte sabauda. Ad attestare il rango ottenuto, nel 1709 Carlo sr. acquistò un nuovo sepolcro familiare nella real chiesa di S. Lorenzo, accanto a Palazzo Reale. Fu questo il contesto in cui maturò l’educazione di Carlo jr. e dei suoi fratelli, Domenico Francesco (morto nel 1782), poi intendente generale d’artiglieria, e Giuseppe, gesuita.
In virtù del ruolo del padre e dell’avo, Carlo godette certo di un trattamento speciale rispetto agli altri studenti.
Una testimonianza in questo senso è quella lasciata dal medico tedesco Elias Camerer, docente all’Università di Tubinga, che fra il 1708 e il 1710 fu all’Accademia Reale di Torino come tutore del principe ereditario di Würtemberg. Nelle sue Dissertationes Taurinenses epistolicae, physico-medicae (Tubingae 1712, p. 146) egli racconta, infatti, d’aver assistito a una lezione anatomica all’ospedale Mauriziano tenuta dal chirurgo reale Charles Joseph De Roy e dal giovane Ricca (di cui ricordava anche le illustri parentele). Un onore che certo non veniva dato a qualunque medico, tanto più se non ancora laureato.
Vittorio Amedeo II, in effetti, aveva deciso di dirigere personalmente la formazione di Ricca, per farne un aggiornato medico di corte e lo inviò così in Europa a formarsi con i migliori medici dell’epoca. Fra il 1711 e l’inizio del 1712 fu in Inghilterra, da dove mandò a Vittorio Amedeo II, impegnato nella riforma dell’Università di Torino, una memoria sull’Università di Oxford (Notizie circa l’Università di Oxford, datata 31 marzo 1712, oggi perduta). Nella primavera del 1712 era a Utrecht, da dove si trasferì a Leida per studiare con Herman Boerhaave. Fatto ritorno a Londra, vi si trovava ancora nella primavera del 1713. Di nuovo a Torino, nel settembre del 1713 fu tra i nobili che seguirono Vittorio Amedeo II a Palermo, per l’incoronazione a re di Sicilia. Da qui nel febbraio del 1714 fu inviato in Spagna dal sovrano, preoccupato dalla salute della figlia Maria Gabriella, ma nulla poté fare per evitarne la morte (R. Morozzo della Rocca, Lettere di Vittorio Amedeo II a Gaspare Maria conte di Morozzo suo ambasciatore a Madrid, in Miscellanea di storia italiana, 1887, n. 26, pp. 54, 61).
Tornato a Torino alla fine del 1714, Ricca entrò a fare parte dell’Accademia degli Incolti di Torino, dove prese il nome Il Decorato. Vi assunse prima le funzioni di censore, che ricopriva nel 1716, e poi nel 1717 quelle di segretario. Egli iniziò allora a scrivere poesie e testi encomiastici. Sempre al 1714 risale un’orazione sul ritorno di Vittorio Amedeo II scritta per il Collegio di medicina di Torino (Victori Amedeo Siciliae Regi etc. Augustae Taurinorum nuper restituto. Oratio ad sacrum ac venerandum Taurinensem Philosophorum et Medicorum Collegium habita a Carolo Richa junione, lauream consequente per illustri Domino Hyacintho Bernardi a S. Martino, Augustae Taurinorum 1714).
Fra il 1715 e il 1718 svolse, su incarico di Vittorio Amedeo II, quattro corsi di anatomia all’Università di Torino.
Il corso del 1716 fu aperto e chiuso da due pubblicazioni di Ricca: gli Asserta physico-anatomica seu theses quas juxta politioris saeculi genium e singulis praelectionibus excerptas, depromptas et in ordine selectas, eruditorum examini subjicit [...] C. R. Phil. et med. doct. (Taurini 1716) e la Hominis imago. Lusus oratio ad praelectiones anatomicas, quas publice iterum in Almae Taurinensis Universitatis Lyceo secunda vice profitebatur C. R. junior Taurinensis Philos. et Med. Doctor Coleg. inter Incultos Pedemontii socius et censor. Dissecante ed demonstrante D. Carolo Josepho Deroy Regii Nosocomii Chirurgo (Augustae Taurinorum 1716). Nell’Hominis imago, dedicata al sovrano, egli rievocava, fra l’altro, i viaggi che aveva fatto per ordine di questi. La prolusione del terzo corso – C. R. jr. taurinensis Prolusio Anatomica altera, habita in majori Almae Universitatis Amphitheatro, anno 1717 (Augustae Taurinorum 1717) – fu dedicata al principe di Piemonte, Carlo Emanuele. Restò, invece, inedita sino al 1740 la prolusione all’inizio del quarto corso, nel 1718.
Il favore di Vittorio Amedeo II faceva di Ricca l’enfant prodige della medicina piemontese. I suoi viaggi all’estero e i carteggi che questi aveva iniziato a intrattenere con i migliori medici italiani erano tasselli nella costruzione programmata di colui che avrebbe dovuto essere il futuro medico del re.
A partire dal 1719 iniziò la stesura di quella Morborum vulgarium historia destinata a essere la sua opera più importante.
Essa apparve fra il 1721 e il 1723 in tre volumi: Morborum vulgarium historia, seu constitutio epidemica taurinensis anni 1720, Augustae Taurinorum 1721; Morborum vulgarium historia anni 1721, seu constitutio epidemica taurinensis altera, Augustae Taurinorum 1722; Morborum vulgarium historia anni 1722, seu constitutio epidemica taurinensis tertia, Augustae Taurinorum 1723. Si trattava di un’attenta osservazione delle malattie sviluppatesi in Piemonte anno per anno, legando il loro diffondersi alle circostanze climatiche. L’opera, fra l’altro, generò un’aspra polemica con il medico milanese Bartolomeo Corte a proposito delle differenti ipotesi sulla diffusione della peste.
Negli stessi anni, Ricca iniziò una lunga corrispondenza con Ludovico Antonio Muratori, destinata a proseguire sino al 1744. Fra il 1723 e il 1724 Ricca gli inviò segretamente diversi codici, fra cui anche una storia di Saluzzo non favorevole a Casa Savoia. Temendo la reazione del re, chiese con forza all’abate che non si lasciasse sfuggire che era lui a inviargli tali documenti. Non è chiaro, però, se la notizia sia rimasta segreta. A interrompere la carriera universitaria di Ricca, oltre agli echi della polemica con Corte, sembra esser stato uno scontro che vide protagonista suo padre. Questi, infatti, negli anni Venti ebbe un violento contrasto con il Magistrato della Riforma, la magistratura istituita da Vittorio Amedeo II per il governo dell’Università.
Per ragioni non chiare, Pietro Paolo Ricca attaccò pubblicamente nell’aula magna dell’Università i membri del Magistrato, fra cui i giuristi Nicolò Pensabene e Francesco d’Aguirre. Questi chiesero quindi al re che Pietro Paolo Ricca fosse espulso dal Collegio dei dottori e che dovesse scusarsi pubblicamente per l’offesa recata (cfr. Parere del Magistrato della riforma sovra certi atti impropri turbolenti e di poco rispetto al suddetto Magistrato fatti dal priore Pietro Paulo Ricca, in Archivio di Stato di Torino, Corte, Istruzione pubblica, R. Università, mz. 5, f. 31, s.d., ma tra il 1721 e il 1727).
Non pare che la posizione a corte dei due Ricca sia stata compromessa dalla vicenda, per più aspetti ancora oscura, ma certo da allora Carlo Ricca non collaborò più con l’Università. La corte restò il principale spazio di manovra dei Ricca, i quali poterono contare sulla fiducia di Vittorio Amedeo II. La loro ascesa sociale continuò indisturbata sino al 1729-30, come attesta, fra l’altro, la vicenda del palazzo di famiglia.
A inizio Settecento i Ricca affittarono un ampio appartamento nel palazzo dei marchesi Tana d’Entracque, nell’isola San Federico. A mano a mano che la loro posizione si consolidava, però, questa soluzione, per quanto prestigiosa, appariva sempre meno adeguata. Ricca conosceva bene Filippo Juvarra, che aveva aiutato nel suo inserimento a Torino, in particolare creando un buon rapporto fra lui e i padri filippini. I due Ricca decisero quindi di farsi costruire un grande palazzo e di affidarne la costruzione all’architetto siciliano.
Gli acquisti dei terreni per l’edificazione del palazzo iniziarono nel 1720, ma la prima pietra fu posta l’8 marzo 1730. In effetti, esso simboleggia bene come il 1730 costituisse l’apice dell’ascesa sociale dei Ricca. Cinque mesi dopo, il 29 agosto 1730, Vittorio Amedeo II ‘abilitò’ gratuitamente Pietro Paolo Ricca ad acquistare un feudo (Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite, Patenti Controllo Finanze, reg. 8, c. 17). In seguito, il 14 agosto 1730, lo infeudò di Quassolo, con titolo comitale, stabilendo per esso il prezzo, abbastanza caro rispetto alla media, di 7000 lire di Piemonte.
Passato il trono da Vittorio Amedeo II a Carlo Emanuele il 3 settembre 1730, la fortuna di Ricca sembrò non venire meno. Già il 20 settembre, infatti, appena due settimane dopo, il nuovo sovrano concedeva a Ricca «la sopravvivenza al di lui padre nel carico di medico della nostra Guardia Svizzera e de’ Cappuccini» (Archivio di Stato di Torino, Corte, Cerimoniale, cariche di corte, ms. 1 d’addizione, f. 3). Poiché tale carica era tradizionalmente legata a quella di medico della persona, essa costituiva un’implicita ipoteca per Ricca alla successione paterna.
Quando nel settembre del 1731 Vittorio Amedeo II tentò di risalire al trono, i due Ricca furono tra coloro che Carlo Emanuele III ritenne coinvolti nel progetto del padre. Alla fine del mese, i due furono arrestati e condotti alla Porta di Po. Vi passarono quasi due mesi quando, infine, il 24 novembre furono inviati al confino: il padre a Biella e il figlio ad Aosta. Liberati e rientrati a Torino, mentre Pietro Paolo ritornò al suo ruolo a corte (ma senza avere con Carlo Emanuele III un ruolo così centrale come era stato con Vittorio Amedeo II), Carlo si isolò – o fu isolato – vieppiù sulla scena torinese. Fu lui stesso in una lettera a Muratori del 1° aprile 1738 a scrivere «in questi anni dietro [...] oscuro me ne vissi e ignoto a tutti per le pur troppo note fatali rivoluzioni seguite».
Proprio il 1738, in effetti, segnò il ritorno di Ricca sulla scena scientifica nazionale. Alla fine di quell’anno, uscì a Venezia per i tipi di Simone Occhi il XVIII tomo della Raccolta d’opuscoli scientifici e filologici, dedicata All’illustrissimo signor dottor Carlo Richa, patrizio torinese, conte di Quassolo, consigliere e medico di camera de’ serenissimi principi di Savoia. L’anno successivo, Ricca pubblicò nel XIX tomo della Raccolta, dedicato al cardinale Domenico Passionei, la De aortico aneurismate singularis Dissertatio epistolaris ad clarissimum atque amplissimum virum J. M. Lancisium archiatrum pontificium (pp. 437-455). Interessante che nella Dissertatio egli ricordasse la comune amicizia con Bernardo Antonio Lama («vir tui ac nostri amantissimus»), lo storico e giurista siciliano che aveva lasciato precipitosamente il Piemonte all’inizio del 1730, disilluso dal riformismo sabaudo.
Per Ricca, in effetti, il clima dell’Università torinese dell’età amedeana sembra essere rimasto un costante tema di ricordo. Nel 1740, nel tomo XX della Raccolta, pubblicò la De microcosmi cum macrocosmo analogia oratio (pp. 189-214), con cui vent’anni prima aveva aperto, il 7 febbraio 1718, il suo quarto corso di anatomia all’Università di Torino preliminaris ad cursus anatomicum quem quarta hac vice in Regio Taurinensis Archilycaeo, jubente ac annuente augustissimo rege, istituet et inchoabet C.R. taurinensis. È interessante notare che nella dedicatoria del volume XVIII, scritta dal camaldolese padovano Angelo Calogerà, Ricca era detto membro dell’Istituto di Bologna e della Royal Society di Londra: un’affermazione questa più volte ripetuta (mai, però, da Ricca stesso), ma probabilmente non vera. Sempre Calogerà afferma che Ricca fosse allora «medico dei serenissimi principi».
Dopo aver fatto testamento l’11 aprile 1749, morì a Torino il 30 maggio dello stesso anno.
Erede di Ricca fu il figlio Carlo Giulio di Quassolo (1725-1797), l’‘epicureo’ e ‘voluttuoso conte Richa’ che Giacomo Casanova ricorda fra i suoi amici torinesi e che fu suo corrispondente. Oberato dai debiti legati al pagamento delle doti delle sorelle e ai costi della sua vita, questi fu costretto nel 1750 a vendere il palazzo juvazziano allo zio Domenico Antonio, che poi, a sua volta, nel 1768, lo cedette al banchiere Giovan Pietro Donaudi.
Fonti e Bibl.: La prima biografia di Ricca fu quella inserita nel Dizionario storico della medicina, V, Napoli 1765, pp. 273 s.. Essa fu poi tradotta in francese e ripresa in N. Eloy, Dictionnaire historique de la médecine ancienne et moderne, IV, Mons 1778, pp. 65 s. (era assente, invece, nella prima edizione del Dictionnaire, apparsa nel 1756); J.J. Mangete, Bibliotheca scriptorum medicorum veterum et recemptiorum, II, Geneve 1781, pp. 64-66. Da esse dipende C. Tenivelli, Dissertazione sopra lo stabilimento della Regia Università di Torino fatto da Vittorio Amedeo II, in Saggi dell’Accademia degli Unanimi, I, Torino 1793, pp. 49 s.. Nuovi elementi furono portati da G.G. Bonino, Biografia medica piemontese, I, Torino 1824, p. 370, II, 1825, pp. 56-58, 70-80; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, I, Torino 1841, pp. 500 s. Mere compilazioni vanno considerate le voci presenti in: G. Casalis, Dizionario geografico-storico-statistico-commerciale degli stati di S. M. il re di Sardegna, XXII, Torino 1852, s.v. Torino, pp. 920 s.; B. Trompeo, Dei medici e degli archiatri dei principi della R. Casa di Savoia, II, Torino 1858, pp. 55-58. Nuovi dati sono stati apportati solo dalla metà del Novecento: G.L. Moncallero, Il piemontese C. Richa corrispondente del Muratori e ammiratore del marchigiano card. Passionei, in Studia Picena, 1954, vol. 22, pp. 45-49; E. Gribaudi Rossi, Vigne e ville della collina torinese, Torino 1975, pp. 613-619; G. Ricuperati, Ludovico Antonio Muratori e il Piemonte, in I volti della pubblica felicità. Storiografia e politica nel Piemonte settecentesco, Torino 1989, pp. 67-85; G.F. Galeani Napione, Del modo di riordinare la Regia Università degli Studi, a cura di P. Bianchi, Torino 1993, pp. 70 s.; A. Giaccaria, Le antichità romane del Piemonte nella cultura storico-geografica del Settecento, Cuneo 1994, pp. 14 s.; D. Carpanetto, Scienza e arte del guarire: cultura, formazione universitaria e professioni mediche a Torino tra Sei e Settecento, Torino 1998, passim; G. Monestarolo, Negozianti e imprenditori nel Piemonte d’antico regime: la cultura economica di Ignazio Donaudi delle Mallere (1744-1795), Firenze 2006, pp. 70 s.; L.A. Muratori, Carteggi con Quadrio [...] Ripa, Firenze 2008, pp. 483-899.