RAVIZZA, Carlo
RAVIZZA, Carlo. – Nacque a Milano il 27 ottobre 1811, unico figlio di Carlo e di Antonia Taddei.
La sua era una famiglia di operosi fabbricanti di calze che, pur senza grandi risorse economiche, riuscì a garantirgli una buona istruzione. Dopo gli studi elementari, infatti, Carlo si iscrisse al ginnasio di Brera, dove ebbe maestro di umane lettere l’abate Giuseppe Pozzoni, precettore di Pietro Manzoni, figlio del più noto Alessandro, e nel 1827 si iscrisse all’Imperial regio liceo di porta Nuova (oggi Parini). Qui insegnava filosofia Baldassarre Poli, interprete dell’eclettismo cousiniano, futuro professore presso l’Università di Padova e rettore della stessa, che, pur avendolo tra i suoi allievi per non più di un biennio, esercitò su di lui una profonda influenza e lo iniziò alla psicologia, alla gnoseologia e allo studio della tradizione filosofica italiana. Nello stesso 1827, Ravizza rimase orfano di padre. Fu Alessandro Manzoni a procurargli una borsa di studio, grazie alla quale egli poté finire gli studi liceali e iscriversi poi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia. Qui si laureò a pieni voti nel 1834 e strinse alcune delle sue amicizie più profonde e durature: tra le altre, quelle con Francesco Restelli e con Paolo Manio, il primo destinato a una lunga carriera politica nel Parlamento del Regno d’Italia, il secondo promettente filosofo scomparso a soli 24 anni, autore di un’opera dal titolo De’ principi delle scienze morali pubblicata postuma a Milano nel 1840 a cura dello stesso Restelli, che più tardi Ravizza riconobbe essere stata determinante per l’origine dei suoi studi.
Nei due anni successivi, Ravizza restò a Pavia come assistente alla cattedra di filosofia, ma nel 1837 abbandonò la carriera accademica per rientrare a Milano, dove visse tutti i suoi giorni con l’amatissima madre (non si sposò e non ebbe figli). Per qualche tempo, si procurò da vivere dando lezioni private, fino a che, nel 1838, fu nominato professore di filosofia all’Imperial regio liceo di S. Alessandro (oggi Beccaria). Da quel momento, nonostante il progressivo deterioramento delle sue condizioni di salute per via di una grave malattia polmonare, Ravizza affiancò all’insegnamento la ricerca filosofica.
Il fervente ambiente culturale milanese recepì con molta attenzione il suo lavoro: nel 1839 Il Politecnico di Carlo Cattaneo ospitò in due fascicoli il suo saggio di esordio, intitolato Osservazioni sull’officio e sulla genesi della filosofia morale, poi riproposto in volume con il titolo Sulla filosofia morale (Milano 1845), e nel 1844 gli Studj sulla memoria e l’immaginazione (riediti come monografia nello stesso anno, a Milano, da G. Chiusi); la Rivista europea di Giacinto Battaglia e Carlo Tenca pubblicò nel 1847 in tre fascicoli successivi L’ontologismo e il senso comune. Ossia la filosofia e il volgo nella questione sulla realtà delle cognizioni umane, che nello stesso anno venne riproposto in volume dall’editore milanese Giuseppe Redaelli con il titolo Sulla realtà della scienza umana. Ossia sulle origini della certezza e dell’errore. Nel 1841, intanto, era uscito il suo romanzo Un curato di campagna. Schizzi morali, la sua opera forse più nota che, anticipata da alcuni capitoli pubblicati nello stesso anno sulla Rivista europea con il titolo Scene di campagna, ebbe poi due edizioni, nel 1852 e 1869, a Milano, presso Boniardi-Pogliani; infine nel 1843 videro la luce a Milano presso Carlo Branca i suoi Saggi psicologici e morali sul suicidio, il sacrifizio della vita e il duello (che ebbero un’edizione postuma a Firenze nel 1874 con il titolo La medicina delle passioni affidata al popolo).
Nel corso del 1847, la sua salute peggiorò a tal punto che Ravizza fu costretto ad abbandonare l’insegnamento. Il 15 febbraio 1848 dettò le sue ultime volontà a Restelli, suo esecutore testamentario. Le cure che da lungo tempo il celebre anatomista e frenologo Andrea Verga gli dispensava non poterono nulla.
Morì a Milano il 19 febbraio 1848.
La sua fu nel complesso una vita appartata e schiva. Esponente di un liberalismo moderato, con alcuni decisi accenti conservatori, profondamente cattolico e sostenitore della separazione fra Stato e Chiesa, egli non scrisse opere di carattere propriamente politico, direttamente intese a sostenere l’una o l’altra delle parti in causa nella questione nazionale, oppure genericamente rivolte ad analisi dei sistemi dottrinali o a indagini di carattere storico, né partecipò ad alcun moto antiaustriaco. Eppure, per tutto l’Ottocento, venne onorato come un patriota: i suoi allievi ne ricordarono il magistero, si scoprirono busti e targhe per perpetuare la sua memoria, le autorità municipali milanesi fecero iscrivere il suo nome nel famedio del cimitero Monumentale. Le ragioni di questo vasto riconoscimento sono in parte espresse dalle motivazioni con cui il comitato regionale lombardo dei veterani delle guerre del 1848-49 si adoperò per l’intitolazione a Ravizza di una strada a Milano, dichiarando che dovevano essere concesse «degne onoranze non solo a coloro che strenuamente hanno sofferto e combattuto per la causa italiana, ma eziandio ai maestri che con amore e sapienza li avevano educati al sentimento del dovere» (Tributo d’affetto a C. R. in occasione che si inaugura la lapide commemorativa nella casa in via San Simone 10 dove egli visse e morì, s.n.t.).
A ciò si deve aggiungere il senso che egli impresse all’insieme della sua ricerca filosofica. Egli, infatti, indagando la storia della filosofia europea, mirò a rintracciare l’autentica tradizione italiana e a individuarne i caratteri, le peculiarità, le fonti e i capiscuola, partecipando così a un più vasto movimento della storiografia filosofica ottocentesca che in tali ricerche riversava una tensione a rinvenire nello sviluppo della filosofia nazionale uno dei profili identitari della penisola, e contribuire così al consolidamento della coscienza e dell’autocoscienza nazionale.
Non stupisce quindi che le autorità austriache abbiano cercato di far passare sotto silenzio le esequie, imponendo che fossero celebrate all’alba e senza pubblicità alcuna. La notizia tuttavia trapelò: amici e allievi si diedero appuntamento per il 24 febbraio 1848 nella chiesa di S. Carlo e poi al cimitero per rendere l’ultimo saluto che le autorità avevano impedito. Finita la cerimonia, un lungo, silenzioso corteo si snodò per le strade del centro fino ai cancelli del cimitero, dove un picchetto di guardie armate impedì loro l’accesso. Lo scontro fu evitato: dopo una preghiera comune, i giovani se ne andarono.
Avendo sempre avuto a cuore la sua missione di insegnamento e ricerca, Ravizza si adoperò perché essa in qualche modo proseguisse anche dopo la sua morte. Nelle sue disposizioni testamentarie, egli lasciò «annui Franchi settecento per il conferimento di un premio a chi scioglierà meglio un quesito di scienze morali» (Milano, Archivio storico civico, Istruzione pubblica, cart. 9, Legato Ravizza), fondando così il concorso intitolato al suo nome che sarebbe vissuto, con alterne vicende, fino al 1940.
Fonti e Bibl.: I manoscritti di Ravizza vennero affidati per sue precise disposizioni a Felice Manfredi, il quale, dapprima intenzionato ad aspettare tempi migliori per la loro pubblicazione, decise poi di non dare seguito all’iniziativa e, a quanto sembra, li diede alla fiamme. Il testamento di Ravizza è conservato presso l’Archivio storico civico di Milano, Istruzione pubblica, cart. 9, Legato Ravizza (1851-1927). Questo fondo, assieme ai documenti dell’Archivio storico del Liceo Beccaria (cart. 79, 80, 81) e della Biblioteca Ambrosiana di Milano (O 259 sup., V 69 sup., V 70 sup., Op.li V.P. CLXVII e R 60 inf.) sono fondamentali per la ricostruzione delle vicende del premio Ravizza. Per notizie sulla vita: F. Manfredi, Cenni biografici intorno a C. R., in C. Ravizza, Un curato di campagna, Milano 1852, pp. III-XI; A. Amati, C. R. Studio biografico con appendici di importanza storica milanese, Milano 1896; le introduzioni di E. Favretti e S. Geiser Foglia alle due edizioni del Curato di campagna più sotto citate. Tra gli scritti celebrativi e commemorativi, si segnalano: P. Perego, In morte di C. R., in Bazar, 23 febbraio 1848; A. Odescalchi, La scienza della filosofia considerata in sé stessa, e come ramo d’un corso regolare di studi. Discorso per l’aprimento dell’anno scolastico 1850-51, nell’I.R. Liceo di S. Alessandro in Milano, in L’educatore. Giornale della pubblica e privata istruzione, I (1850), pp. 129-148; Monumento eretto nel Liceo di S. Alessandro di Milano in onore di C. R., ibid., II (1851), p. 468; Elogio di C. R. letto ai 24 di giugno 1869 nella solenne distribuzione dei premi agli alunni del Seminario e del Collegio Convitto Vescovile, in Scritti vari del canonico cavaliere Aristide Sala, professore di storia e di letteratura italiana, Mondovì 1871, pp. 346-359. Delle vicende intellettuali di Ravizza si sono recentemente occupati: E. Favretti, Introduzione, in Il curato di campagna, a cura di E. Favretti, Alessandria 1990, pp. V-XXIX; G. Sanga, Di una linea lombarda antiromantica nell’etnologia italiana dell’Ottocento, in La ricerca folklorica, 1996, vol. 33, pp. 17-22; S. Geiser Foglia, Introduzione, in Il curato di campagna, a cura di S. Geiser Foglia, Pistoia 2005, pp. XV-LVI; C. Continisio, Il pensiero politico di C. R. (1811-1848), in Cheiron, 2007, vol. 48, pp. 115-205 (con ricostruzione della storia del premio Ravizza).