PROSPERI, Carlo
PROSPERI, Carlo. – Nacque a Firenze il 13 marzo 1921, secondo dei tre figli di Alfredo (1888-1980) e di Maria Piani (1893-1966).
Trascorse l’infanzia a Firenze; si iscrisse al Conservatorio Luigi Cherubini e si diplomò in corno nel 1940 con Pasqualino Rossi. Determinante l’incontro con Luigi Dallapiccola, che lo introdusse all’atonalità e alla dodecafonia e ne fu, di fatto, maestro.
Con l’entrata in guerra dell’Italia, Prosperi venne inviato in Montenegro. Nell’estate del 1943 rientrò a Firenze per una breve licenza. Entrò quindi nelle file della Resistenza e vi militò fino alla liberazione della città (11 agosto 1944).
Agli anni 1940-44 risalgono anche le prime composizioni ufficiali. In esse, come spiegò poi Prosperi stesso, per un verso «la tendenza compositiva è caratterizzata da una ricerca poliarmonica, o policromatica, senza abbandonare il concetto di tonalità» (dattiloscritto senza data cit. in Somigli, 2011, p. 33), e per l’altro il giovane compositore sembrò volere intessere un gioco di allusioni con il maestro (alla Sonatina canonica di Dallapiccola, 1942, corrispose la Sonatina profana di Prosperi, 1943; ai Cinque frammenti di Saffo, 1942, i Tre frammenti di Saffo, 1944, ecc.; cfr. Carlo Prosperi e il Novecento musicale, 2008, pp. 39-41).
Nel 1949 si diplomò in composizione con Vito Frazzi e sposò Maria Teresa Ulivi (1914-1997). L’anno successivo cominciò a lavorare come assistente alla programmazione musicale alla RAI: mantenne l’incarico fino al 1958, prima nella sede di Torino, poi a Roma.
Nel 1953 divenne padre di una bimba, Giuliana, e nel 1954, con altri cinque compositori legati al magistero di Dallapiccola – Bruno Bartolozzi, Reginald Smith Brindle, Arrigo Benvenuti, Sylvano Bussotti, Alvaro Company –, fondò un sodalizio denominato Schola fiorentina. L’obiettivo fu duplice: approfondire la conoscenza e la sperimentazione della tecnica dodecafonica, dare diffusione alle proprie musiche. In questo senso l’esperienza durò all’incirca un lustro, ma i rapporti d’amicizia e stima su cui essa si fondava persistettero per decenni.
All’attività di compositore Prosperi associò nel corso del sesto decennio un’intensa riflessione teorica, con cui diede sostegno concettuale alle proprie scelte artistiche. Ne scaturirono l’articolo Dodecafonia e atonalità: due effetti della stessa causa, ricavato da una conferenza e pubblicato su un quotidiano fiorentino (Il Giornale del Mattino, 13 marzo 1956), e il volumetto L’atonalità nella musica contemporanea (Caltanissetta-Roma 1957). Dal punto di vista compositivo Prosperi si mantenne distante dall’adesione dodecafonica dallapiccoliana; tra la fine degli anni Quaranta e i primi Cinquanta maturò anzi una propria recezione della dodecafonia («pluriserialità»), che si pose come uno strappo rispetto alle indicazioni e alle applicazioni della dodecafonia non solo di Dallapiccola, ma anche dell’ideatore del metodo, Arnold Schönberg. Di tale procedura diede una prima applicazione compiuta nelle Variazioni per orchestra (1951). Le ragioni profonde che l’avevano guidato alla propria personale revisione della dodecafonia trovarono chiara espressione artistica anche nel Concerto d’infanzia per orchestra con una voce femminile (1957) su «novellette toscane per trastullare i bambini», dedicato alla figlioletta di quattro anni. L’opera è emblematica della poetica di Prosperi: «L’esigenza del lavoro sta nel senso della liberazione del linguaggio dodecafonico dal mondo espressivo storicamente determinato dall’espressionismo, con il suo bagaglio di disperazioni nichiliste e di dolori esistenziali. Il linguaggio del compositore si rivolge all’invenzione di una espressione che colga il tono della poesia lieta dell’infanzia, e ne traduca la perenne freschezza, l’inconfondibile serenità, l’ingenua meraviglia» (dattiloscritto; cit. in Somigli, 2011, pp. 80 s.).
Nel 1958 lasciò il lavoro alla RAI per assumere l’insegnamento di armonia e contrappunto al Conservatorio di Firenze, e nel 1962 si stabilì con la famiglia nella città natale. Lì si dedicò con passione all’insegnamento (nel 1969 ebbe la cattedra di composizione) e si impegnò nel dibattito culturale e musicale. Nell’intento di avvicinare il pubblico alla musica contemporanea, prese parte attiva alle iniziative della neonata associazione Vita musicale contemporanea (1961-67), promossa da Pietro Grossi, pioniere della musica elettronica italiana.
In conferenze e dibattiti Prosperi sottolineò la «missione sociale» della musica nella vita civile, pur in una prospettiva svincolata dall’impegno politico diretto e da legami partitici specifici, e diede voce al desiderio di un rinnovamento e di un’apertura della città all’arte musicale dei giorni suoi. Ma se per un verso egli sostenne che «nei confronti della musica contemporanea spesso premono forze notevoli e contrarie per vivere con maggior agio nelle tranquille acque del conservatorismo» (intervento alla tavola rotonda Musica contemporanea: prospettive e obiezioni, promossa dall’UNART, Unione Artisti-Artiste Toscani, Firenze, 9 maggio 1968; ms. cit. in Somigli, 2011, p. 83), per l’altro individuò nel rifiuto della comunicazione e di una spiccata dimensione lirica da parte di molti compositori del momento una delle ragioni della spaccatura tra musica contemporanea e pubblico.
Dagli anni Sessanta la sua produzione si caratterizzò sempre più per l’attenzione all’aspetto timbrico e per scelte d’organico inconsuete; ne sono esempio In nocte secunda per chitarra, clavicembalo e sei violini (1968), il Concerto dell’arcobaleno, per pianoforte, marimba e archi (1972), e anche Noi soldà, «una memoria per voce recitante, soprano, coro maschile e orchestra» (1966), nella quale la sezione degli archi ridotta ai soli violini procura sonorità aspre e taglienti. Il lavoro, scaturito dal ricordo dell’esperienza bellica in Montenegro, ebbe un’importanza cruciale nella vicenda artistica e umana di Prosperi. Per questa drammatica riflessione sulla guerra e sulla condizione del soldato, che fa espresso riferimento alla tragedia degli alpini della Divisione Julia nella campagna di Russia, Prosperi avrebbe voluto valersi di testi di Bertolt Brecht, ma l’intento fu vanificato da difficoltà legate ai diritti d’autore; il compositore ricorse allora, oltre che a versi di Carlo Betocchi, a stralci dal romanzo autobiografico Centomila gavette di ghiaccio (1963) di Giulio Bedeschi. La fonte (dopo l’8 settembre 1943 Bedeschi aveva militato nella Repubblica di Salò), la tematica, lo sguardo sui militari in guerra più che sui partigiani parvero provocatori; il 10 ottobre 1971 una recensione garbata, ma in sostanza negativa di Massimo Mila sulla Stampa sancì di fatto l’ultima esecuzione dell’opera e l’isolamento del musicista nel mondo culturale e musicale coevo. Si aprì in tal modo un’ultima lunga fase nella vita del compositore: per un verso egli continuò a ottenere riconoscimenti e attestazioni di qualità (nel 1980 venne insignito della Medaglia di benemerenza della scuola, della cultura e dell’arte del ministero della Pubblica Istruzione) e per l’altro fu sempre meno presente nelle programmazioni concertistiche.
Dalla seconda metà degli anni Settanta anche la produzione iniziò a diradarsi. Nel 1978 terminò l’ultimo lavoro di grandi dimensioni, il balletto Elogio della follia per orchestra e voci, mai eseguito. Nelle opere del decennio seguente proseguì la ricerca in direzione del lirismo e dell’essenzialità della scrittura, privilegiando la dimensione cameristica, da lui sempre coltivata (Canti dell’ansia e della gioia, 1980-82; O Diotima, 1981). Il 1° ottobre 1989 lasciò il Conservatorio per limiti d’età. Nel 1990 scrisse Tre poesie dal “Canzoniere” di Francesco Petrarca per soprano e viola, ultima composizione completata. Il lavoro si chiude con il sonetto La vita fugge e non s’arresta un’ora: la scelta esprime la condizione di intima sofferenza vissuta negli ultimi anni dal musicista.
Morì per un attacco cardiaco a Firenze il 15 giugno 1990.
I manoscritti di Prosperi sono custoditi a Firenze nell’Archivio contemporaneo Alessandro Bonsanti del Gabinetto Vieusseux, Fondo Prosperi (curatore Mario Ruffini).
Fonti e Bibl.: R. Cresti, C. P., Firenze 1993; The new Grove dictionary of music and musicians, XX, London-New York 2001, p. 434; C. P. e il Novecento musicale da Firenze all’Europa, a cura di M. Ruffini, Firenze 2008 (con un saggio introduttivo e catalogo ragionato delle opere e degli scritti a cura di Ruffini, pp. 31-211); A. Scalfaro, I “Lirici greci” di Quasimodo: un ventennio di recezione musicale, Roma 2011, pp. 129-156; P. Somigli, La Schola fiorentina, Firenze 2011, pp. 33-35, 78-85 e passim; G. Moppi, Dalla parte del soldato semplice, in La Repubblica (cronaca di Firenze), 4 agosto 2015.