PONTI, Carlo
PONTI, Carlo. – Nacque l’11 dicembre 1912 a Magenta, in provincia di Milano, secondogenito di Leone e di Maria Zardoni; pochi anni lo separavano dalla sorella maggiore Laura e dalla minore Lucia.
Il padre – proveniente da una facoltosa famiglia d’industriali tessili lombardi di tradizione risorgimentale e socialista – lavorava come amministratore presso il manicomio di Limbiate Mombello e poi, divenuto dirigente della Provincia di Milano, presso il Brefotrofio.
Alla fine degli anni Venti la famiglia si trasferì a Milano, dove Carlo frequentò il liceo classico Beccaria, iscrivendosi poi alla facoltà di giurisprudenza dell’Università di Pavia. Dopo la laurea, nel 1937, cominciò a esercitare la professione di avvocato in uno studio che divideva con il collega Giorgio Vigevani. Il padre, nel frattempo divenuto amministratore dei patrimoni di molte famiglie lombarde, lo introdusse presso uno dei suoi clienti, Antonio Mambretti Sonzogno Juva, che aveva investito cospicui capitali nella società cinematografica Artisti tecnici associati (ATA).
Ponti iniziò così ad appassionarsi al mondo del cinema e della produzione cinematografica, divenendo nel giro di poco tempo amministratore dell’ATA con il compito di responsabile della produzione. Il suo primo film come produttore fu Piccolo mondo antico di Mario Soldati nel 1941, cui seguirono Sissignora di Ferdinando Maria Poggioli e Giacomo l’idealista di Alberto Lattuada, regista col quale ebbe poi un lungo rapporto professionale e di amicizia. Fu proprio grazie a un film diretto da Lattuada, La freccia nel fianco (1945) che entrò in contatto con la Lux di Riccardo Gualino, la casa di produzione e distribuzione cinematografica più importante del dopoguerra, intervenuta finanziariamente per consentire di portare a termine il film. Gualino chiese a Ponti di lavorare per la Lux come produttore esecutivo, secondo la formula del costo bloccato praticata dalla casa, e Ponti accettò, producendo dal 1946 al 1949 i film Vivere in pace (di Luigi Zampa), Gioventù perduta (di Pietro Germi), Senza pietà e Il mulino del Po (di Alberto Lattuada).
Nel 1946 si era intanto celebrato il matrimonio fra Ponti e Giuliana Fiastri, avvocato romano di origini emiliane. Dal matrimonio nacquero Guendalina (1951) e Alessandro, detto Alex (1953).
Sempre più lontano da quel cinema di ispirazione classica e letteraria privilegiato dalla Lux, Ponti cercò di introdurre elementi nuovi nei progetti da lui curati, così come stava facendo anche Dino De Laurentiis, suo collega nella casa produttrice di Gualino. Avendo intuito le potenzialità artistiche e popolari di Totò (Antonio De Curtis), Ponti riuscì a far finanziare L’imperatore di Capri e, contemporaneamente, a produrre in proprio, a basso costo, Totò cerca casa, rifiutato da Gualino. Il successo ottenuto con questo film lo spinse a fondare, nel 1950, una propria società, la Carlo Ponti Cinematografica SpA, e un’altra con De Laurentiis, la Ponti-De Laurentiis SpA. Quest’ultima, che gestiva anche i teatri di posa di via della Vasca Navale a Roma, dal 1950 al 1956 produsse numerosi film con Totò, divenuto nel frattempo un vero e proprio marchio di fabbrica, e importanti film d’autore come Europa 51 e Dov’è la libertà di Roberto Rossellini, L’oro di Napoli di Vittorio De Sica e La strada di Federico Fellini, che fruttò il primo Oscar a Ponti e De Laurentiis. Inoltre, grazie al successo internazionale della diva Silvana Mangano, sotto contratto con la casa, fu perfezionato un accordo con la Paramount che consentì di realizzare prodotti ad alto budget, fra cui Mambo, di Robert Rossen, e Guerra e pace, di King Vidor.
Nel 1951 erano stati firmati gli accordi fra l’Associazione nazionale industrie cinematografiche & affini (Anica) e la Motion pictures export association of America (MPEAA), che permettevano alle majors di investire una parte dei loro incassi, non esportabili a causa delle misure di restrizione valutaria e depositati in conti bloccati, nella produzione e distribuzione di film italiani o nell’impiego di strutture di produzione. Oltre a dar vita al fenomeno delle runaway productions, con l’‘occupazione’ di Cinecittà da parte dei set americani, l’accordo spinse le majors a entrare in collaborazione con i produttori italiani che presentavano maggiori garanzie di serietà e dinamismo imprenditoriale.
Fra questi vi fu sicuramente Ponti che, prima con De Laurentiis e poi da solo, assunse la collaborazione con le majors americane come un presupposto fondamentale della sua attività, specie dopo il fallimento nel 1955 della distribuzione Minerva, alla quale egli si appoggiava.
Nel 1956 Ponti e De Laurentiis decisero di chiudere la società e separarsi a causa di un insieme di fattori, quali le difficoltà finanziarie, le diverse inclinazioni nelle scelte artistiche e le nuove esigenze di vita di Ponti. Nel 1953, infatti, aveva incontrato una giovane attrice, Sofia Scicolone, che mutò completamente la sua vita sentimentale e professionale. Ponti la mise sotto contratto con il nome di Sophia Loren e nel 1954 ne pianificò il lancio con due film, La donna del fiume (di Mario Soldati), scritto apposta per lei, e L’oro di Napoli (di Vittorio De Sica) dove l’attrice si impose con il personaggio della pizzaiola. Alla ricerca di una ribalta internazionale per l’attrice di cui era innamorato e che intendeva lanciare come diva, firmò un accordo con la Paramount per la produzione esecutiva di una serie di film da girarsi a Hollywood, con Loren protagonista. Ma la vera occasione arrivò con La ciociara di De Sica, che nel 1960 consacrò definitivamente Sophia Loren con l’Oscar alla migliore interpretazione femminile.
La gestione della carriera di Sophia e la sua valorizzazione artistica procedettero per Ponti di pari passo alla volontà di ufficializzare il loro legame sentimentale, prima con il tentativo, di annullare il precedente matrimonio attraverso la Sacra Rota, poi nel 1957 con un divorzio ottenuto in Messico e successive nozze, celebrate per procura a Ciudad Juárez; nozze che costarono a Ponti un’accusa per bigamia. In seguito, divenuto cittadino francese, poté ottenere il divorzio dalla prima moglie e sposare Sophia Loren nel 1966 a Parigi: dalla loro unione nacquero Carlo jr, nel 1968, ed Edoardo, nel 1973.
A partire dalla produzione de La ciociara, che la Paramount aveva abbandonato dopo la rinuncia di Anna Magnani a interpretare la protagonista, Ponti stabilì un accordo con Joseph Levine, che con la sua Embassy Pictures si era specializzato nella produzione e distribuzione di film d’autore americani ed europei. La Embassy fu uno dei punti di riferimento di quella rete di collaborazioni internazionali che egli sviluppò con la Compagnia Cinematografica Champion SpA, la nuova società costituita nel 1959, con la quale realizzò i maggiori successi della sua carriera. Nei diciotto anni di attività della Champion, dal 1959 al 1977, che coincisero con il periodo di massimo splendore artistico e industriale del cinema italiano, Ponti produsse 73 film, fra i quali Matrimonio all’italiana e Ieri, oggi, domani (Oscar come miglior film straniero nel 1963), diretti da De Sica con Loren e Marcello Mastroianni, che insieme formarono una fortunata combinazione artistica; la trilogia in lingua inglese di Michelangelo Antonioni Blow-up, Palma d’oro a Cannes nel 1966, Zabriskie point e Professione reporter, La donna scimmia di Marco Ferreri e Le mépris (Il disprezzo) di Jean-Luc Godard.
Questi ultimi due autori sperimentarono il final cut del produttore che, non contento del risultato dei loro film – nel caso di Ferreri si trattava de L’uomo dei cinque palloni – non esitò a destrutturarli e a rimontarli.
Pur lavorando con autori diversi e dallo stile molto personale, Ponti perseguì sempre l’obiettivo di un prodotto che potesse essere apprezzato in tutto il mondo, travalicando il concetto stesso di nazionalità e lavorando indifferentemente in molti Paesi d’Europa e negli Stati Uniti. Di carattere determinato e spesso tranciante nei giudizi, tanto da guadagnarsi la fama di autoritario, fu uomo colto e grande collezionista d’arte, molto vicino al Partito socialista italiano. Scelse come tratto distintivo della sua produzione principalmente la trasposizione di grandi opere letterarie e cercò sempre di coniugare cultura e intrattenimento in quella che riteneva un’industria per sua natura internazionale. Il suo metodo imprenditoriale fu improntato alla coproduzione – soprattutto con la Francia dove lui stesso aveva una società, Les films Concordia, e una partecipazione nella Rome-Paris Film di Georges de Beauregard – e volto alla ricerca del sostegno produttivo-distributivo delle majors, che negli anni Sessanta stavano attraversando una grave crisi interna ed erano quindi ben disposte a investire nel cinema europeo, purché prodotto da partner affidabili. Con la MGM produsse, oltre ai film di Antonioni, Il Dottor Zivago di David Lean, uno dei maggiori successi di tutti i tempi, vincitore di cinque premi Oscar.
Per facilitare il lavoro di set e abbattere i costi di lavorazione, nel 1960 Ponti acquistò all’asta giudiziaria gli stabilimenti di Tirrenia di Giovacchino Forzano insieme al socio Maleno Malenotti, che in seguito si ritirò. Gli studi gestiti dalla società Cosmopolitan si rivelarono tuttavia inadatti al volume della produzione e, dopo un controverso tentativo di cambiarne la destinazione d’uso, negli anni Settanta furono chiusi.
L’attività di produttore di Ponti si interruppe nel 1977, dopo circa 150 film, dieci premi Oscar e gli ultimi successi diretti da Ettore Scola, Brutti, sporchi e cattivi e Una giornata particolare. Il suo allontanamento dal cinema fu motivato sia dalle mutate condizioni produttive venute a crearsi in Italia, per la crescente concorrenza della televisione privata, e negli Stati Uniti per la mutata strategia delle majors, sia dalla complessa vicenda giudiziaria che lo coinvolse. Ponti fu accusato di aver costituito capitali all’estero tramite la vendita di film e di aver richiesto illecitamente i benefici di legge italiani per film di coproduzione interamente finanziati con capitali esteri. Il processo si chiuse nel 1985 con la piena assoluzione, motivata dal fatto che, essendo Ponti da molti anni cittadino francese residente all’estero, non era soggetto alle restrizioni della vigente legge valutaria italiana. Il lungo iter giudiziario, che implicò anche la confisca della sua collezione d’arte, gli provocò tuttavia una grande amarezza, tale da spingerlo a stabilirsi definitivamente all’estero con la famiglia.
Da allora, l’unica occasione per tornare alla produzione fu il film per la televisione Qualcosa di biondo di Maurizio Ponzi nel 1984, con Loren e il piccolo Edoardo Ponti, realizzato insieme al figlio Alex, senza tuttavia comparire nei credits. Nel 1996 ricevette il titolo di cavaliere della Gran Croce dell’Ordine al merito della Repubblica.
Morì a Ginevra il 10 gennaio 2007.
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