PEDROTTI, Carlo
PEDROTTI, Carlo. – Nacque a Verona il 12 novembre 1817, terzogenito di Camillo, commerciante di seta, e di Teresa Ceroni, possidente.
Crebbe nella stessa città, in una famiglia agiata. Godette di una buona istruzione, funzionale a proseguire l’attività paterna; tuttavia interruppe al secondo anno gli studi presso l’Imperial regio liceo per dedicarsi alla musica, verso la quale aveva dimostrato una precoce propensione. Il suo primo insegnante fu don Bartolomeo Taddei, organista nel Duomo di S. Maria Assunta; si perfezionò poi con Domenico Foroni, compositore e direttore del teatro Filarmonico e delle accademie musicali di società cittadine. Nel periodo di formazione compose pagine orchestrali, le opere Antigone e La sposa del villaggio (libretti di Marco Marcelliano Marcello; mai eseguite) e forse una messa. Inoltre nel 1835 sperimentò la funzione di maestro concertatore in occasione di un allestimento del Furioso all’isola di San Domingo di Gaetano Donizetti al teatro Morando.
L’esordio pubblico in qualità di operista avvenne al teatro Filarmonico il 2 maggio 1840 con il dramma romantico in due atti Lina (libretto di Marcello), accolto favorevolmente da pubblico e critica.
Nella recensione pubblicata per l’occasione dal Figaro (1840, n. 40, p. 159) si affermò che il compositore aveva completato una seconda opera, Clara del Mainland (di Giulio Pullè): alcuni biografi ne situano l’esecuzione al Filarmonico nel 1840, ma con ogni probabilità essa non fu mai rappresentata.
Grazie al buon esito di Lina e ai rapporti instaurati con l’impresariato e l’editoria musicali milanesi, sul finire del 1840 Pedrotti fu assunto come direttore d’orchestra e maestro concertatore della Italiaanse Opera di Amsterdam. Dal gennaio 1841 alla primavera 1843 vi diresse soprattutto il repertorio lirico italiano coevo e compose quadriglie. Nel programma della stagione 1841-42 pubblicato dal Pirata (1841, n. 26, p. 104) fu annunciata l’esecuzione di un suo melodramma tragico in quattro parti, Matilde, ossia la Terza crociata (di Pullè); ma l’opera non fu data e, sebbene figuri talvolta nel catalogo del compositore, non è certo che sia stata davvero musicata. Nella stagione 1843-44, in società con altri, Pedrotti assunse la gestione del teatro: accanto a titoli di repertorio, diresse rilevanti ‘prime’ locali (compreso il Don Pasquale di Donizetti), e il 29 febbraio 1844 presentò il suo nuovo melodramma in quattro atti La figlia dell’arciere (su un vecchio e fortunato libretto di Felice Romani), che ebbe numerose repliche e ottenne gli elogi dei critici (cfr. Nederlandsch Muzikaal Tijdschrift, 1844, n. 11-12, pp. 89 s.). Nell’autunno 1844 rinnovò l’impegno nell’amministrazione della Italiaanse Opera, ma l’esito economico dell’impresa si rivelò mediocre: pertanto a dicembre restituì gli incarichi e lasciò i Paesi Bassi.
Tornò a Verona assieme alla moglie, Maddalena Albasini, sposata il 20 settembre 1842. Dalla loro unione nacquero Albina, Amalia ed Ettore.
Nei ventiquattro anni successivi Pedrotti occupò una posizione centrale nella vita musicale della città. Dal dicembre 1844 tenne il posto di maestro concertatore nel teatro Filarmonico, poi anche nel teatro Nuovo, inaugurato nell’autunno 1846. Nel corso di un decennio concertò i titoli più rilevanti della produzione lirica coeva: in particolare, oltre a curare le ‘prime’ locali di buona parte delle opere composte in quegli anni da Giuseppe Verdi, nell’aprile 1856 fu responsabile di un allestimento del Profeta di Jakdo Meyerbeer, per il quale si giovò di indicazioni interpretative fornitegli dall’autore.
In parallelo svolse un’intensa attività didattica – impartì lezioni private e collaborò con la Scuola israelitica – e contribuì alle attività musicali di varie associazioni cittadine. Diresse concerti di musica operistica, corale e orchestrale per la Società Anfioni-Filocorei, la Società dei Terpandri, la Nuova società del Casino e la Società pio-filarmonica; nel maggio 1847, durante due concerti filantropici, propose per la prima volta al pubblico veronese Beethoven, con l’esecuzione della Quinta sinfonia e dell’oratorio Christus am Ölberge. Scrisse sinfonie per gli Anfioni-Filocorei – due di esse furono date rispettivamente il 12 febbraio e il 16 marzo 1845 – e una Grande Sinfonia in Re per la Società filarmonica, eseguita il 1° ottobre 1850.
Sulle scene veronesi Pedrotti proseguì la carriera di operista. Il 19 febbraio 1846 diede con successo al Filarmonico il melodramma Romea di Monfort (di Gaetano Rossi), che ripropose al teatro Municipale di Piacenza nel maggio seguente in una versione modificata. Le due opere successive esordirono al Nuovo: il 22 novembre 1851 il melodramma semiserio in due atti Fiorina o La fanciulla di Glaris (libretto adespoto, ma del nobile veronese Benedetto Serenelli, non di Luigi Serenelli Honorati come spesso si legge) e il 5 maggio 1852 il melodramma comico in tre atti Il parrucchiere della reggenza (di Gaetano Rossi, tratto da Le perruquier de la régence di Eugène de Planard e Paul Duport). Entrambi ebbero un’accoglienza calorosa, ma fu con Fiorina che Pedrotti riuscì a imporsi nel panorama lirico. Ritoccata dopo le prime rappresentazioni per emendare alcune debolezze del dramma (che nel caratterizzare la protagonista elabora il topos librettistico della ‘vergine alpestre’), l’opera fu eseguita per oltre un decennio in teatri italiani ed esteri. In particolare, nel dicembre 1855 approdò al Théâtre Italien di Parigi: l’autore diresse le prove e introdusse lievi varianti in partitura.
Il successo di Fiorina procurò a Pedrotti l’incarico di comporre due opere nuove per il teatro alla Scala. Presentato il 3 novembre 1853, il melodramma semiserio in tre atti Gelmina o Col fuoco non si scherza (di Giovanni Peruzzini, tratto da Zanetta ou Jouer avec le feu di Scribe e Jules-Henri Vernoy de Saint-Georges) fu accolto freddamente; esito peggiore ebbe il melodramma in tre atti Genoveffa del Brabante (di Gaetano Rossi), che esordì il 20 marzo 1854.
Dopo l’esperienza milanese, Pedrotti tornò a comporre per il Nuovo di Verona, dove il 4 novembre 1856 presentò la commedia lirica in tre atti Tutti in maschera.
Il librettista Marcello utilizzò L’impresario delle Smirne di Goldoni come fonte principale di un intreccio comico nel quale si integrano componenti sentimentali, rimandi alla tradizione del metamelodramma e ironiche citazioni di capolavori del teatro lirico italiano coevo: su tale materiale drammatico il compositore creò una partitura dalla sapiente scrittura armonica e orchestrale, incisiva dal punto di vista melodico, e nella quale il convenzionalismo delle strutture drammatiche correnti è spesso oggetto di efficace parodia. L’opera ebbe immediato successo, e per il resto del secolo fu rappresentata costantemente in decine di teatri italiani e stranieri. In particolare, il 23 settembre 1869 venne allestita al Théâtre de l’Athénée di Parigi in una traduzione francese di Charles Nuitter e Beaumont (alias Alexandre Beaume) dal titolo Les masques: nell’occasione, libretto e musica vennero rimodellati nelle forme dell’opéra-comique. L’opera godette di riprese moderne: ancora eseguita occasionalmente negli anni Venti e Trenta del Novecento, nel 2007-08 è stata data a Savona, Piacenza, Rovigo e Wexford. Oltre a rappresentare il vertice della carriera compositiva di Pedrotti, Tutti in maschera è riconosciuta come una delle migliori opere buffe italiane prodotte durante il mezzo secolo che separa Don Pasquale dal Falstaff verdiano.
A causa delle tensioni politiche che caratterizzarono l’ultimo periodo del dominio austriaco a Verona, fra il 1858 e il 1865-66 il Filarmonico e il Nuovo sospesero gli spettacoli: di conseguenza, in quel periodo Pedrotti fu esonerato dall’incarico di maestro concertatore e si concentrò sulla composizione.
Nel 1858, con altri autori italiani, partecipò alla creazione del melodramma romantico in tre atti La vergine di Kermo (di Francesco Guidi), allestito infine il 16 febbraio 1870 al teatro della Concordia di Cremona.
Il 7 febbraio 1859 diede con buon esito il dramma lirico in un prologo e tre parti Isabella d’Aragona (di Marcello) al teatro Vittorio Emanuele di Torino. In occasione di una ripresa al Grande di Trieste nell’ottobre seguente ne rimaneggiò parzialmente la partitura: in questa versione l’opera venne allestita con continuità per oltre un decennio; fu il suo miglior successo nel genere serio.
Scarsa risonanza ebbero invece i tre titoli successivi. Proposta al teatro della Canobbiana di Milano il 25 maggio 1861, l’opera buffa in tre atti La guerra in quattro (di Marcello) si rivelò un fiasco, e nemmeno la pur apprezzata revisione approntata dall’autore per una ripresa al Grande di Trieste nel febbraio 1862 valse a radicarla in repertorio. Il 3 dicembre 1861 fu dato al Comunale di Bologna il melodramma tragico in quattro atti Mazeppa (dalla «libera versione» dell’omonimo romanzo di Faddej Bulgarin approntata da G.B. Viviani; benché adespoto, il libretto è del citato Benedetto Serenelli, non di Achille de Lauzières come si legge di solito): malgrado l’ottimo responso di pubblico e critica, l’opera venne ripresa una sola volta, ritoccata dall’autore, al S. Benedetto di Venezia nel febbraio 1866. Infine, il dramma lirico in quattro atti Marion De Lorme (di Marcello, tratto dall’omonimo dramma di Victor Hugo) cadde al Grande di Trieste il 16 novembre 1865.
Nell’autunno 1866, dopo l’annessione del Veneto al Regno d’Italia, i teatri di Verona ripresero l’attività. Il 18 novembre, in occasione dei festeggiamenti per l’entrata in città di Vittorio Emanuele II, Pedrotti presentò al Filarmonico un Inno al re per coro e orchestra. Nel biennio seguente fu nuovamente incaricato della direzione musicale del Nuovo e del Filarmonico e, secondo una tendenza che iniziava ad affermarsi in Italia, introdusse probabilmente la conduzione unica, assumendo la doppia mansione di maestro concertatore e direttore d’orchestra.
Nel novembre 1868 si stabilì a Torino, dove venne incaricato della direzione del Liceo musicale e del teatro Regio. Pedrotti fu chiamato a organizzare quasi ex novo l’attività del Liceo, fondato l’anno prima del suo arrivo.
Durante i quattordici anni della sua direzione furono progressivamente introdotti tutti i principali insegnamenti, e l’istituto si integrò saldamente nel tessuto scolastico e musicale cittadino. Oltre che direttore, Pedrotti fu maestro di canto dal 1868 al 1882 (tra gli altri ebbe per allievo il tenore Francesco Tamagno), di armonia dal 1873 al 1879, e di composizione dal 1875 al 1882; inoltre diresse più volte i saggi musicali degli allievi.
Al Regio, Pedrotti assunse subito la duplice mansione di maestro concertatore e direttore d’orchestra: da allora, in quel teatro l’adozione della conduzione unica divenne definitiva. Accanto al repertorio italiano corrente, fra il 1868 e il 1876 diresse le ‘prime’ assolute della Contessa di Mons e di Cleopatra di Lauro Rossi, e alcuni titoli nuovi per Torino, fra i quali l’Aida verdiana e la Petite messe solennelle di Gioacchino Rossini. Il 15 marzo 1870 presentò la sua tragedia lirica Il favorito (di Gualfardo Bercanovich, tratto da Olga ou L’orpheline moscovite di Jacques Ancelot), che raccolse un favore ampio, ma effimero.
Il 4 maggio 1872 diede al teatro Comunale di Modena l’opera in quattro atti Olema (di Francesco Maria Piave, dal romanzo Jeanne de Castille di Clémence Robert): già completata nel 1868, quando doveva essere rappresentata alla Fenice di Venezia (Gazzetta musicale di Milano, 38, p. 311), l’opera riportò un buon successo di pubblico, ma fu stroncata dalla critica; né la versione in tre atti che l’autore presentò il 19 giugno 1873 al teatro Dal Verme di Milano ebbe esito migliore. Con quest’opera Pedrotti concluse l’attività creativa, ma la rilevanza della sua carriera ebbe un importante riconoscimento nel 1869 quando, assieme ai più noti compositori italiani dell’epoca, fu chiamato a partecipare al progetto verdiano della Messa per Rossini, per la quale scrisse il Tuba mirum, per baritono e coro.
Sempre a Torino, fra il 1873 e il 1874, diresse l’orchestra dell’effimera Società delle Esercitazioni musicali, mentre dal maggio 1872 aveva assunto la medesima funzione nella neonata Società dei Concerti popolari.
L’istituzione, che aveva per scopo la divulgazione della musica sinfonica presso il ceto medio, secondo il modello dei Concerts populaires parigini di Jules Pasdeloup, introdusse una formula spettacolare del tutto nuova per l’Italia e segnò una tappa fondamentale nel riavvicinamento della nazione alla musica strumentale. Nel corso di un decennio Pedrotti diresse oltre cinquanta concerti per i quali definì programmi variegati, funzionali alla graduale educazione del gusto dell’uditorio, nei quali spiccavano le tradizioni sinfoniche tedesca e francese: in particolare, si concentrò su Beethoven e promosse la musica di Wagner, concedendo peraltro notevole visibilità a lavori sinfonici di compositori italiani, talvolta debuttanti. La qualità raggiunta dai Concerti popolari ottenne un riconoscimento internazionale nel luglio 1878, quando Pedrotti e l’orchestra vennero invitati a Parigi per l’Esposizione Universale.
La spinta innovatrice generata dai Concerti popolari si propagò al teatro Regio, dove fra il 1876 e il 1882 Pedrotti diresse stagioni strutturate soprattutto su novità operistiche italiane e straniere. In quel periodo, oltre ad affiancare gli impresari nella scelta dei cartelloni e nella gestione artistica del teatro, Pedrotti collaborò spesso con gli autori in programma: oltre a richiedere indicazioni interpretative (per esempio, nel 1876 incontrò Wagner in vista dell’allestimento di Lohengrin) e a coinvolgerli negli allestimenti (come per Massenet, che nel 1878 fu a Torino per la ‘prima’ italiana del Roi de Lahore), partecipò talvolta al processo compositivo, suggerendo modifiche musicali o drammaturgiche (come in Elda di Catalani e in Ero e Leandro di Bottesini).
Nel febbraio 1882 ottenne la nomina di direttore e insegnante di contrappunto, fuga, composizione e strumentazione dell’erigendo Liceo musicale di Pesaro.
Dotato di notevole autonomia decisionale, poté selezionare un corpo docenti qualificato e impiantare una metodologia didattica innovativa. Per la loro efficacia, alcune delle misure adottate – come l’assegnazione degli insegnamenti a docenti stabili lungo tutto il percorso formativo dello studente e l’introduzione dello studio complementare di materie letterarie – furono riproposte in ambito nazionale. Oltre che della didattica, Pedrotti si interessò della sistemazione della sede del Liceo e della costruzione di una sala per concerti, ed ebbe un ruolo cardine nell’organizzare le celebrazioni pesaresi per il centenario di Rossini.
Nel 1892 accusò problemi di salute che a distanza di un anno lo costrinsero a rassegnare le dimissioni dalla direzione del Liceo pesarese. Tornato a Verona, il 16 ottobre 1893 Pedrotti si suicidò gettandosi nell’Adige.
Partiture autografe di Pedrotti sono conservate a Milano (Archivio storico Ricordi presso la Biblioteca nazionale Braidense) e a Verona (Accademia filarmonica); partiture e spartiti da lui utilizzati come direttore d’orchestra si trovano a Pesaro (Conservatorio); importanti collezioni di sue lettere sono a Milano (Archivio Ricordi), Verona (Biblioteca civica) e in fondi privati (Rovigo e Verona).
Fonti e Bibl.: Verona, Biblioteca civica, Mss., E. S. Righi, 625/29: Carlo Pedrotti; Milano, Biblioteca nazionale Braidense, Archivio storico Ricordi, Corrispondenza; Paris, Bibliothèque nationale, Département de la musique, L. A. S. Carlo Pedrotti; per il periodo olandese (1841-1843), cfr. i quotidiani Nieuwe Amsterdamsche Courant e De Avondbode.
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