PANIZZARDI, Carlo
PANIZZARDI, Carlo. – Nacque a Torino il 10 settembre 1850, primogenito di Antonio e di Cristina Rostagni di Bossolo.
Ebbe una sorella e due fratelli che abbracciarono la carriera militare: Pietro, inquadrato principalmente nel genio, e Alessandro, che, dal 1896 addetto militare a Parigi, fu coinvolto nell’affaire Dreyfus, quando un suo telegramma fu intercettato e contraffatto per creare una prova ai danni di Alfred Dreyfus.
Laureatosi in giurisprudenza all’Università di Torino nel dicembre 1871, Carlo decise di intraprendere la carriera nell’amministrazione dello Stato come il padre, che era stato prefetto fino al 1867. Dopo aver superato un concorso per impiegato di prima categoria al ministero dell’Interno, fu nominato alunno nel luglio 1872 ed ebbe come prima destinazione la prefettura di Bergamo, dove rimase fino all’agosto 1873, quando fu chiamato temporaneamente alla direzione generale delle carceri. A Roma rimase meno di un anno, poi fu impiegato nelle prefetture di Torino e Napoli, dove nel 1878 la sua presenza era stata esplicitamente chiesta dal prefetto Angelo Bargoni per incaricarlo della reggenza della sottoprefettura di Sala Consilina. Nel 1880 tornò alla direzione generale delle carceri.
Sposatosi con Carolina Pia, non ebbero figli. La sua carriera procedette regolarmente, scandita dalle promozioni per anzianità e dai concorsi interni: dirigente di una sezione fin dal 1886, ne ottenne il grado e lo stipendio nel 1890. Nel marzo 1894, divenuto consigliere di prefettura, ebbe i suoi primi importanti incarichi: destinato alla prefettura di Parma, a giugno fu contemporaneamente incaricato di ispezionare alcuni municipi nella provincia di Salerno, dove si sospettavano concussioni e distrazioni di fondi pubblici. Le ispezioni portarono allo scioglimento dell’amministrazione di Buccino (provvedimento che Panizzardi aveva chiesto anche per Campagna, mentre aveva giudicato più benevolmente Eboli), e a un lungo contenzioso per il pagamento delle spese della sua missione, giudicate eccessive, che dopo i ricorsi dei comuni al Consiglio di Stato si chiuse nel 1899.
Nell’ottobre 1894, raggiunta la qualifica di consigliere delegato, Panizzardi fu destinato a Verona, dove però, colpito da una ‘grave neurastenia’, fu costretto a numerose assenze e poi a un congedo per malattia fino all’aprile 1898, quando rientrò in servizio come commissario incaricato di reggere il Comune pugliese di Minervino Murge.
Gli apprezzamenti del prefetto di Bari, Angelo Annaratone, contribuirono alla nuova destinazione di Panizzardi come reggente la prefettura di Trapani (giugno 1899-gennaio 1904), e alla sua promozione a prefetto di terza classe nell’ottobre 1899. In Sicilia condusse una lotta decisa contro la malavita, che portò all’arresto di parecchi latitanti.
Acquisì notorietà coordinando le indagini che nel marzo 1903 portarono alla liberazione del possidente rapito Isidoro Spanò e al recupero di buona parte del riscatto estorto alla famiglia. Si confrontò anche con le aspre contese politiche del Trapanese. A Marsala si contrapponevano il ‘partito’ di Abele Damiani, massimo notabile e deputato della città, e Vincenzo Pipitone, emergente deputato radicale, che ottenne l’appoggio di Panizzardi. Il prefetto esercitò, invece, un ruolo di mediazione nello scontro in atto fra i seguaci di Nunzio Nasi, già ministro della Pubblica Istruzione nel governo Zanardelli e politico di maggior spicco a Trapani, e quelli del barone Vincenzo Saporito, deputato di Castelvetrano. Fra il 1905 e il 1908 fu chiamato dal Senato costituito in Alta Corte come testimone a discarico nel processo subito da Nasi, accusato di essersi appropriato di fondi ministeriali, e anche in altri procedimenti per reati di sangue connessi alla violenta lotta politica locale.
L’equilibrio e la determinazione dimostrati a Trapani fecero conquistare a Panizzardi la fiducia di Giolitti, che nel 1904 lo destinò ad avvicendare Annaratone come prefetto di Livorno (gennaio 1904-luglio 1908). Il porto toscano rivestiva una crescente importanza per l’economia nazionale e fu sede di numerosi conflitti economici tra padronato e operai, culminati nell’adesione dei lavoratori al primo sciopero generale del settembre 1904.
Panizzardi, in quella e in successive circostanze, fu abile nel non ricorrere alla repressione, promuovendo piuttosto la conciliazione fra le parti. Ottenne inoltre un importante successo politico per il governo riuscendo a ricostruire le maglie del ‛partito’ giolittiano in provincia, su una base ampia e variegata che andava dalle classi conservatrici fino ad alcuni settori dei ceti medi e dell’elettorato popolare, intorno alle figure del sindaco di Livorno, Giuseppe Malenchini, e soprattutto dell’ingegnere Salvatore Orlando, direttore della Società metallurgica italiana, la principale industria della città, poi eletto alla Camera dei deputati nelle consultazioni politiche del 1904.
L’ingresso nel novero dei fedelissimi di Giolitti accelerò anche la carriera e gli onori di Panizzardi: nel dicembre 1907 divenne prefetto di prima classe, nel gennaio 1909 fu insignito come grande ufficiale dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (cui seguì la gran croce nel 1919, avendo conseguito i gradi precedenti tra 1889 e 1903, così come analogo cursus honorum percorse nell’Ordine della Corona d’Italia, fino alla gran croce nel 1917). Il 4 marzo 1909 fu inoltre nominato senatore per la XVII categoria.
Dal 1° agosto 1908 si era intanto insediato come prefetto di Milano. Anche lì esercitò le sue doti di mediazione nei conflitti sociali, valendosi dei buoni rapporti con il socialismo riformista, che appoggiò nella contesa con il sindacalismo rivoluzionario, e della benevolenza con cui il Corriere della sera guardò inizialmente alla sua opera.
Come agente politico del governo lavorò per un allargamento delle basi del partito liberale anche ai cattolici Filippo Meda e Adamo Degli Occhi, senza tuttavia ottenere successo. Gestì in modo equilibrato ed efficace la transizione nel Comune di Milano; dopo le dimissioni della giunta moderata di Emanuele Greppi, nel 1913, indicò come regio commissario Filippo Olgiati, che era stato suo vice in prefettura fino a poco prima, e dal 1914 ebbe rapporti di collaborazione su varie questioni (caro alloggi, disoccupazione) con la giunta popolare di Emilio Caldara.
Panizzardi non riuscì però a dominare la prova più difficile, quella del confronto tra neutralisti e interventisti. In una Milano diventata il crocevia degli interventismi italiani, fu vigile contro gli interventisti di sinistra, dei quali temeva soprattutto le ambizioni rivoluzionarie, e nei suoi rapporti del 1914 vantò il sostanziale neutralismo dell’opinione pubblica, che anch’egli condivideva. Nella primavera del 1915 assunse una posizione di equilibrio di fronte alle grandi manifestazioni interventiste, senza nascondere, tuttavia, una certa ammirazione per il loro patriottismo. Non riuscì a contenere i disordini tra nazionalisti e neutralisti, che nella provincia di Milano furono segnati anche da diversi sanguinosi conflitti, e non sempre si dimostrò in grado di governare i comportamenti impropri e violenti degli agenti di pubblica sicurezza, come accertò anche un’ispezione ministeriale dell’aprile 1915. Queste incertezze, su una piazza comunque molto insidiosa come Milano, indussero il governo a decretare il suo collocamento a riposo per motivi di servizio, insieme a quello del questore, dal 1° giugno 1915.
Panizzardi non tornò al servizio attivo; rimase in aspettativa fino all’aprile 1919, quando fu mandato in pensione.
Fu assiduo ai lavori del Senato, ma non vi pronunciò interventi degni di nota. Il 23 novembre 1918, mentre alla Camera si apriva il dibattito sul proclama della vittoria, il deputato Carlo Centurione Scotto, aderente al fascio parlamentare, lanciò a Panizzardi, a Giolitti e a un gruppo di senatori e deputati legati a quest’ultimo l’accusa di tradimento; una commissione straordinaria della Camera, presieduta da Francesco Pistoja, giudicò le accuse del tutto prive di fondamento.
Morì a Turro Milanese il 27 agosto 1921.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. centr. dello Stato, Ministero dell’Interno, Direzione generale affari generali e personale, Divisione del personale, Fascicoli del personale del ministero, versamento 1933 (1861-1933), b. 37; Direzione generale Pubblica Sicurezza, Divisione affari generali e riservati (1914-1926), cat. A5G, Prima guerra mondiale 1914-18, bb. 3, 10, 23, 24, 30,107; cat. G1, Associazioni, bb. 25, 27, 37; Direzione generale dell’Amministrazione civile, Divisione per le amministrazioni comunali e provinciali, b. 193. Lettere e documenti si trovano negli archivi di Stato che conservano le carte delle prefetture in cui Panizzardi prestò servizio e in altri archivi di personalità, fra i quali si segnalano: Roma, Arch. centr. dello Stato, Carte Giovanni Giolitti, I e II versamento, b. 11; Arch. di Stato di Livorno, Fondo Salvatore Orlando, Corrispondenza, bb. 1, 5; Venezia, Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, Fondo Luigi Luzzatti, Corrispondenza, serie I, ad nomen; Presidenza del Consiglio, Corrispondenza con le prefetture (1910-11), b. 233; Lucera, Biblioteca comunale R. Bonghi, Carte di Antonio Salandra, b. 1. Inoltre: N. Nasi, Memorie. Storia di un dramma parlamentare, Roma 1951, pp. 45, 97-99; G. Spadolini, Giolitti e i cattolici (1901-1914), Firenze 1960, pp. 147 s., 284 s.; Quarant’anni di politica italiana. Dalle carte di Giovanni Giolitti, Milano 1962, II, a cura di G. Carocci, pp. 50 s., 61, 120-124; III, a cura di C. Pavone, pp. 49 s.; B. Vigezzi, L’Italia di fronte alla prima guerra mondiale, I, Milano-Napoli 1966, ad ind.; Id., Da Giolitti a Salandra, Firenze 1969, ad ind.; L. Frassati, Un uomo un giornale. Alfredo Frassati, I, 2, Roma 1978, pp. 233-235; U. Spadoni, Capitalismo industriale e movimento operaio a Livorno e all’Isola d’Elba 1880-1913, Firenze 1979, pp. 241-299; M. Punzo, La giunta Caldara. L’amministrazione comunale di Milano negli anni 1914-20, Roma-Bari 1986, ad ind.; S. Costanza, Il controllo del potere politico nel Trapanese: Nasi e Damiani, in Studi Garibaldini. I quaderni, II (2002), 2, pp. 73-82; V.G. Pacifici, La situazione politico-amministrativa a Marsala tra il 1884 ed il 1908, ibid., pp. 83-101; A. Canavero, Milano ‘capitale morale’. I prefetti nell’età umbertina e giolittiana, in Palazzo Diotti a Milano. Storia arte istituzioni, a cura di N. Raponi - A. Scotti Tosini, II, Milano 2005, pp. 381-385; Repertorio biografico dei senatori dell’Italia liberale 1861-1922, a cura di F. Grassi Orsini - E. Campochiaro, VII, Napoli 2009, ad nomen.