CASTIGLIONI, Carlo Ottavio
Figlio del conte Alfonso e di Eleonora Crivelli, nacque a Milano il 23 ott. 1785. Il padre, deputato dalla Congregazione dello Stato di Milano a risiedere presso la corte austriaca, si trasferì con la famiglia a Vienna nel 1791 e vi rimase fino al 1794, cosicché il C. ebbe modo di acquistare una ottima conoscenza della lingua tedesca. Ritornato a Milano, continuò gli studi delle lingue classiche e orientali alla scuola di G. Bugati, prefetto dell'Ambrosiana; si applicò pure allo studio delle lingue moderne: francese, inglese, spagnolo, portoghese, olandese, arabo, turco, persiano. Di queste conoscenze linguistiche si servì (c. 1812) nel riordinamento delle monete arabiche della raccolta di Brera, cui lo aveva invitato Gaetano Cattaneo, direttore del Gabinetto numismatico di Brera. Delle più che ottocento monete cufiche conservate nell'I. R. Museo braidense il C. ne scelse trecento, tra le più rare e difficili, e di queste preparò un preciso catalogo, ordinando la successione dei califfi e dei sultani, che dominarono le regioni dell'Asia, d'Africa e d'Europa, cui quelle monete appartenevano. L'opera monumentale di oltre 500 pagine in 40 con 18 tavole, con ampia introduzione sulla storia della monetazione araba dei primi secoli dell'egira, ebbe come titolo Monete cufiche dell'I. R. Museo di Milano, Milano 1819. Le prime copie furono offerte nel 1819 a Francesco I imperatore d'Austria di passaggio a Milano; il volume fu però messo in vendita nel 1821. Intanto nel 1820 era stata pubblicata a Milano una Descrizione di alcune monete cufiche del Museo Mainoni, nella quale l'autore, G. Schiepati, plagiava i risultati degli studi del C. sulle monete cufiche. Il C. difese l'opera sua in due opuscoli: Osservazioni sull'opera intitolata "Descrizione di alcune monete cufiche del Museo Mainoni", Milano 1821; Nuove osservazioni sopra un plagio letterario ed Appendice sui vetri con epigrafi cufiche, ibid. 1822. In questi scritti egli sostiene che i "vetri" cufici non furono monete, ma "pesi" usati per verificare il peso delle monete. Ancora su questo argoment o il C. pubblicò una nuova memoria più tardi: Dell'uso cui erano destinati i vetri con epigrafi cufiche e della origine, estensione e durata di esso, ibid. 1847. In questo studio egli afferma non dimostrata la tesi che l'uso della carta monetata sia venuto dalla Cina, mentre ricorda l'uso milanese e veneziano che risaliva al secolo XII.
Mentre attendeva alla stampa del catalogo delle monete cufiche, il C. venne invitato da Angelo Mai ad aiutarlo nella fatica di decifrare alcuni palinsesti ambrosiani. Il Mai aveva scoperto fin dal 1814 in codici rescritti bobbiesi non poche pagine scritte primitivamente in gotico; la prima notizia del ritrovamento venne data soltanto nel settembre 1817 in un foglio a stampa, che lo stesso anno fu ripubblicato a Ginevra nella Bibliothèque Universelle (VI, p. 99). Per riuscire a leggere i palinsesti gotici occorreva non solo una notevole perizia, ma anche una conoscenza profonda dell'antico germanico. Il C., esperto glottologo, assiduo frequentatore dell'Ambrosiana (tra l'altro nel 1815 aveva sposato Carolina Borromeo, figlia del conte Giberto, conservatore perpetuo dell'Ambrosiana e grande mecenate delle edizioni del Mai: A. Mai, Epistolario, I, Firenze 1954, pp. 104, 344), era lo studioso più adatto a tale lavoro. Primo frutto della collaborazione con il Mai fu la pubblicazione nell'ott. 1819 a Milano dello "specimen": Ulphilae partium ineditarum in Ambrosianis palimpsestis ab Angelo Maio repertarum specimen coniunctis curis eiusdem Maii et Caroli Octavii Castillionaei editum.
Nella prefazione gli editori trattano dei Goti, del loro governo in Italia dalla fine del V alla metà del VI secolo, della traduzione della Bibbia in gotico fatta dal vescovo Ulfila nel IV secolo, dei cinque palinsesti ambrosiani scritti in gotico. Di ciascuno di questi essi pubblicano una pagina in caratteri gotici con a fianco la versione latina e per le parti bibliche anche il testo greco corrispondente; vi aggiungono un glossario delle parole gotiche ancora non conosciute, che si trovano nei cinque codici; infine in una tavola danno ottime riproduzioni di alcune righe per ciascuno dei palinsesti. Scritti con ogni probabilità nell'Italia settentrionale nella prima metà del secolo VI, i cinque codici furono rescritti a Bobbio con testi latini nei secoli VII-VIII. Contengono soprattutto la versione gotica delle epistole di s. Paolo, alcuni brani del Vangelo di Matteo e dell'Antico Testamento, e alcune pagine d'un commento anonimo del quarto Vangelo (la Skeireins, la "interpretazione"; per una descrizione dei cinque codici si veda E. A. Lowe, Codices latini antiquiores, III,Oxford 1938, rispettivamente nn. 364,365, 351, 344b, 26b e c, e l'Introduzione alla edizione fototipica curata da J. De Vries, Torino 1936).
La pubblicazione dello "specimen" non fece che acuire la cupiditas eruditorum, già eccitata dalla notizia del 1817. L'impazienza dei germanisti non teneva conto delle grandi difficoltà che si frapponevano all'edizione dei testi. Tanto più che nell'autunno del 1819 il Mai da Milano si era trasferito a Roma, lasciando al solo C. il compito di pubblicare la promessa edizione dei palinsesti. Finalmente, dopo aver pubblicato un breve lavoro sull'antica geografia dei paesi arabi mediterranei (Mémoire géographique et numismatique sur la partie orientale de la Barbarie appelée Afrikia par les Arabes, suivi de recherches sur les Berbères atlantiques anciens habitans de ces contrées, Milan 1826), nel 1829 il C. poté condurre a termine la stampa del testo gotico della seconda lettera di s. Paolo ai Corinzi, con versione latina, note e glossario: Ulphilae Gothica versio epistolae divi Pauli ad Corinthios secundae quam ex Ambrosianae bibliothecae palimpsestis depromptam cum interpretatione adnotattonibus glossario edidit Carolus Octavius Castillionaeus, Mediolani 1820.
Seguì nel 1834 la pubblicazione della lettera di s. Paolo ai Romani, della prima ai Corinzi, e di quella agli Efesini. Nel 1835 pubblicò la lettera ai Galati, ai Filippesi, ai Colossesi, e la prima ai Tessalonicesi. Nel 1839 furono edite la seconda lettera ai Tessalonicesi, e quelle a Timoteo, a Tito, a Filemone.
Il C., fin che visse, ricevette ben poche lodi per le sue lunghe fatiche sui testi gotici. Mentre Jacob Grimm si lamentava per la lentezza dell'edizione milanese, il Massmann rivolgeva al C. critiche ingenerose. Ma gli studiosi che in seguito ripubblicarono i testi gotici ambrosiani, come Gabelentz, Löbe, Uppström, riconobbero la grande accuratezza delle edizioni curate dal C.: particolarmente significativo è il giudizio positivo espresso da W. Braun e fatto proprio da W. Streitberg in Die Gotische Bibel, I, Heidelberg 1919, p. XXVIII (vedi anche A. Ceriani, Suilavori gotici di Mai e Castiglioni, in Rendiconti del R. Ist. lombardo di scienze e lettere, III[1866], 2, pp. 23-34; A. Mainetti, Il card. Mai e i frammenti della Bibbia di Wulfila nei codices Ambrosiani, in Bergomum, IV [1954], pp. 119-135).
Dell'ampiezza dei suoi studi filologici il C. diede prova anche con un breve trattato sulla storia della lingua copta, che pubblicò come recensione al Lexicon linguae copticae di A. Peyron in Biblioteca italiana, t. LXXXI (1836), pp. 21-70. Nello stesso anno il C. pubblicò pure un'ampia recensione dell'edizione fatta a Vienna da B. Kopitar del codice Glagolita Cloziano, ibid., t. LXXXII (1836), pp. 260-280: in essa egli difende l'antichità dell'alfabeto glagolitico, anteriore all'introduzione dell'alfabeto cirillico.
Ricostituito nel 1839 il R. Istituto lombardo di scienze e lettere, l'imperatore Ferdinando I eleggeva il C. come primo presidente per l'anno 1840.
Ultima pubblicazione del C. fu un opuscolo, datato 25 apr. 1848: Considerazioni intorno al regime da adottarsi dai popoli della parte orientale dell'Alta Italia, in cui egli si diceva fautore di un governo monarchico-costituzionale con re Carlo Alberto e della federazione della Lombardia con il Piemonte.
Sorpreso da improvviso male, il C. morì il 10 apr. 1849 a Cornigliano presso Genova.
Bibl.: B. Biondelli, Studii linguistici, Milano 1856, pp. XV-XLVI (contiene un elenco degli scritti editi ed inediti del C.). Si veda anche il necrol. del C. pubblicato da G. Labus in Giornale dell'I. R. Ist. lombardo di scienze, lettere ed arti, n. s., t. LII (1857), pp. 249-252; [E. Belgioioso], Guida del Famedio, Milano 1888, pp. 81 s.