MASSA, Carlo Modesto
– Nacque ad Asti il 15 giugno 1799 da Filippo, causidico collegiato, e da Giuseppa Paola Arduin.
Giovanissimo, si laureò in giurisprudenza all’Università di Torino, dimostrando vivacità di ingegno e vasta cultura, tanto da essere nominato appena ventenne ripetitore fisso per le materie giuridiche presso il collegio delle Provincie. Poi, attratto dalla politica, partecipò ai moti liberali di Torino del 1821 coordinati da S.A. De Rossi di Santarosa. Ne conseguì il 28 sett. 1821, con la confisca dei beni, una condanna a morte in contumacia per crimine di fellonia e alto tradimento, alla quale si sottrasse riparando in Svizzera e stabilendosi prima a Lugano, poi a Rovio, borgo di poche anime nei pressi di Capolago.
Nel Canton Ticino, luogo di elezione sin dal Settecento di insediamenti tipografici con forti legami commerciali con gli Stati limitrofi, erano attive da tempo alcune stamperie che pubblicavano in gran parte opere proibite nei territori italiani, diffuse poi sul mercato clandestino, e che utilizzavano come consulenti editoriali i rifugiati italiani in cerca di lavoro e di mezzi di sostentamento. Il M. iniziò così una proficua collaborazione con la tipografia Vanelli e Ruggia, attiva dal 1823 e denominatasi a partire dal 1827, con l’ingresso in società del patriota G. Ciani, tipografia Ruggia. Per G. Ruggia, di chiare tendenze liberali e sostenitore della causa nazionale italiana, il M. curò numerose traduzioni e scrisse l’Elogio storico di Francesco Maria Pagano, poi incluso nell’edizione dei Saggi politici dei principj, progressi e decadenza delle società di F.M. Pagano (Lugano 1831).
Intanto nell’ottobre 1830 fu fondata a Capolago la tipografia Elvetica per iniziativa di alcuni esponenti della classe dirigente ticinese tra cui V. Borsa Mazzetti, personaggio di larga disponibilità finanziaria, appaltatore delle imposte, del lotto e delle diligenze, legato al landamano conservatore G.B. Quadri. Come sottolinearono gli informatori della polizia austriaca, la presenza di personaggi di spicco della società cantonale dava garanzia sui propositi moderati della nuova casa editrice che presto coinvolse il giovane M. sia nella cura di numerose edizioni sia nella redazione de L’Ancora, periodico aperto alla «discussione di oggetti d’utilità e di interesse pubblico».
Malgrado i legami con la realtà cantonale, le vicende italiane continuarono a condizionare la vita del M., al quale il 9 nov. 1830 il governo ticinese, accogliendo le sollecitazioni delle autorità sarde e di quelle austriache, impose di abbandonare il Cantone. L’allontanamento fu però di breve durata: dopo essersi trasferito nel Cantone dei Grigioni, nell’ottobre del 1831, anche grazie all’intervento dell’ambasciatore piemontese a Berna, il M. rientrò in Ticino con regolare passaporto e, nell’ottobre del 1832, ottenne un permesso di residenza per la durata di venti anni.
Da quella data i rapporti con la società e gli intellettuali ticinesi divennero più stabili. Apprezzato per la sua vasta cultura, il M. fu chiamato da S. Franscini, uomo di punta del movimento liberale ticinese, a collaborare a una rivista giuridica di orientamento radicale, ma soprattutto accettò un impegno più diretto nella tipografia Elvetica, tanto da acquisire una parte delle quote (3 su 24) della società, divenendone di fatto prima segretario, poi, dopo il progressivo disimpegno di Borsa Mazzetti, rappresentante ufficiale.
Sulla sua figura politica e i suoi rapporti con i gruppi settari italiani, divergono sia gli storici sia le stesse notizie accumulate negli anni dagli informatori austriaci. Se infatti alcuni di essi affermarono che egli era uno degli organizzatori del movimento liberale clandestino, insieme coi fratelli F. e G. Ciani e con G. Luvini, altri invece lo descrissero come isolato dal contesto sociale, «più famigliare e consacrato agli studi legali che al consorzio dei suoi simili» (Caddeo, 1931, p. 319). Resta, in ogni caso, il ruolo da lui svolto all’interno della tipografia Elvetica, sia per ciò che riguarda la gestione amministrativa e commerciale dopo l’allontanamento di Borsa Mazzetti, sia in relazione alla definizione delle linee di politica culturale, improntate a una grande attenzione nei confronti della storiografia liberale e delle opere del giurisdizionalismo italiano.
All’interno della «Collana storica delle cose d’Italia» e della «Biblioteca storica di tutti i tempi e di tutte le nazioni», vennero pubblicate opere di grande impegno civile e onere finanziario, come la Storia delle repubbliche italiane dei secoli di mezzo di J.-Ch.-L. Simonde de Sismondi (I-XVI, 1831-32), la Storia della Repubblica di Venezia di P.-A. Daru (I-XI, 1832) e varie altre opere di M. Amari, C. Botta, P. Giannone, L. Ranke: tutti testi che erano proibiti dalle istituzioni censorie degli Stati italiani. Già da tempo in contatto con G.P. Vieusseux, nel 1833 il M. acquistò da lui il manoscritto della Storia del Reame di Napoli di P. Colletta, di cui la censura aveva vietato la pubblicazione in Toscana, e dal fiorentino V. Batelli l’opera di G. Straszewicz, I Polacchi della rivoluzione del 29 nov. 1830 ossia Ritratti dei personaggi…, con 112 ritratti incisi in litografia, che aveva avuto notevole fortuna in Italia.
Malgrado l’impegno profuso come direttore editoriale dell’Elvetica, il M. coltivava ancora il desiderio di ritornare nel natio Piemonte. Il 31 ott. 1836 inviò dunque a Carlo Alberto, unitamente a un attestato di buona condotta rilasciato dal governo ticinese, una domanda in cui riconosceva i propri trascorsi di rivoltoso attribuendoli alla «inesperta età di poco più che vent’anni» e affermando al contempo di non aver «creduto mai dipartirsi dal dovere sacro di fedeltà inverso al suo Sovrano Signore» (Caddeo, 1931, p. 395). La risposta non fu quella sperata dal M.: Carlo Alberto infatti gli revocò la confisca dei beni ma commutò la pena di morte in esilio perpetuo dal Regno sabaudo.
Sfumata la possibilità del rimpatrio, il M. assunse nel 1839 la rappresentanza legale della società, in un momento di grave difficoltà per l’azienda che, malgrado la ricchezza dell’offerta editoriale, non riusciva, a causa dei controlli della censura, a esitare le pubblicazioni ed era soggetta a periodiche crisi finanziarie, una delle quali lo costrinse nel 1843 a rinunciare alla pubblicazione, proposta da Vieusseux, delle poesie di G. Giusti. Si risolse perciò, nel 1847, a cedere le sue quote dell’Elvetica ad A. Repetti, che dopo lo scioglimento della società ne divenne proprietario, imprimendo all’azienda di Capolago una svolta che la fece divenire, con i Documenti della guerra santa d’Italia e l’Archivio triennale delle cose d’Italia, due opere curate da C. Cattaneo, un organo della battaglia nazionale dei patrioti italiani, ma anche uno dei terreni del conflitto tra unitari mazziniani e federalisti cattaneani. Nello stesso periodo, insieme con Borsa Mazzetti, G. Bagutti, T. Franzoni e lo stesso Repetti, il M. costituì una società anonima per la costruzione di una strada ferrata da Chiasso a Capolago e da Lugano a Bellinzona.
Da quel momento, nella vita del M. parve iniziare un nuovo periodo. Dopo aver rifiutato nel giugno del 1848 l’offerta del ministro P.D. Pinelli di tornare a Torino per ricoprire un insegnamento universitario di diritto costituzionale, il M., come attesta la pubblicazione di alcune sue allocuzioni legali, prese a esercitare a Rovio la professione di avvocato. Il 6 giugno 1851 il Gran Consiglio, sottolineandone le doti intellettuali e l’attaccamento al Paese di elezione, lo nominò cittadino onorario della Repubblica e Canton Ticino.
Il M. morì a Rovio il 30 sett. 1889 nella casa di Maddalena Trivelli vedova Cometta.
Fonti e Bibl.: Lettere inedite del M. ad A. Bianchi Giovini e altri sono conservate in Roma, Museo centrale del Risorgimento, vol. 32 (lettere del M. ad A. Bianchi Giovini); le lettere di G.P. Vieusseux al M. (1841-45) sono invece a Firenze, Arch. stor. del Gabinetto Vieusseux, Copialettere Vieusseux, XIII, p. 622; XV, pp. 75, 112, 386, 777; XVII, pp. 353, 398, 463, 499, 564, 680, 878; XVIII, p. 1797; XIX, pp. 3, 71, 123, 241, 584, 616, 622, 746, 1133; XX, pp. 1637, 1659, 2398. Sulle vicende delle carte del M., si veda G. Martinola, Le carte Massa, in Boll. stor. della Svizzera italiana, XV (1962), 1, pp. 45-47. Ed. nazionale delle opere di C. Cattaneo, Carteggi, I, Lettere di Cattaneo, a cura di M. Cancarini Pietroboni - M. Fugazza, 2, 16 marzo 1848 - 1851, Firenze-Bellinzona 2005, ad ind.; A. Repetti, Luigi Dottesio da Como e la tipografia Elvetica da Capolago: 1840-51. Ricordi, Roma 1887, p. 12; R. Caddeo, La tipografia Elvetica di Capolago. Uomini, vicende, tempi, Milano 1931, ad ind.; Id., Le edizioni di Capolago. Storia e critica, Milano 1934, ad ind.; C. Francovich, Borsa Mazzetti, Vincenzo in Diz. biogr. degli Italiani, XIII, Roma 1971, pp. 112 s.; G. Martinola, Gli esuli italiani nel Ticino 1791-1847, I-II, Lugano 1980-94, ad ind.; L. Polo Friz, L’editoria svizzera per il Risorgimento italiano, in L’Esopo, XIV (1992), 55, pp. 31-43; C. Caldelari, Bibliogr. ticinese dell’Ottocento. Libri. Opuscoli. Periodici, I-II, Bellinzona 1995, ad ind.; M.I. Palazzolo, Le case editrici luganesi e la formazione della cultura nazionale, in Immagini della nazione nell’Italia del Risorgimento, a cura di A.M. Banti - R. Bizzocchi, Roma 2001, pp. 201-219; P. Piano, C.M. M. e l’immagine del Piemonte nella pubblicistica della Svizzera italiana. Annotazioni, in L’altro Piemonte nell’età di Carlo Alberto, I, Atti del Convegno di studi, Alessandria-Casale Monferrato… 1999, a cura di E. Dezza - R. Ghiringhelli - G. Ratti, Alessandria 2001, pp. 417-449; F. Mena, Stamperie ai margini d’Italia. Editori e librai nella Svizzera italiana 1746-1848, Bellinzona 2003, ad ind.; Editori italiani dell’Ottocento. Repertorio, a cura di A. Gigli Marchetti et al., II, Milano 2004, pp. 1181 s.