MILETI, Carlo
– Nacque a Grimaldi (presso Cosenza) il 24 genn. 1823 da Costantino e da Raffaella Brunetti in un’agiata famiglia di tradizione repubblicana.
Gli zii paterni Carlo e Raffaele combatterono per la Repubblica partenopea nel 1799, mentre lo zio Pietro fu arrestato nel 1815 per il suo tentativo di «proclamare la repubblica» e subì anche la confisca dei beni in seguito ai moti antiborbonici del 1844. Il padre, che esercitò la professione di procuratore legale, fu più volte processato per le sue idee repubblicane, ma venne sempre assolto e tenuto sotto controllo dalla polizia borbonica.
Formatosi in un clima di fervore patriottico, il M. assorbì i sentimenti liberali della sua famiglia alla stregua del fratello maggiore Raffaele che, pur avviato agli studi ecclesiastici, rifiutò l’abito talare per diventare seguace prima di G. Mazzini e poi di M. Bakunin. Conseguita la licenza liceale, il M. fu mandato presso uno zio materno a Napoli, dove si laureò in giurisprudenza nel 1848, manifestando vive simpatie per il movimento liberale e per gli oppositori del governo borbonico. Partecipò ai moti del 15 maggio 1848 insieme allo zio Pietro, che perse la vita a Nocera, in uno scontro a fuoco con le truppe borboniche, il 12 luglio dello stesso anno.
L’esito fallimentare dei moti favorì la riorganizzazione delle forze regie e impresse un duro colpo al movimento liberale, che imboccò la via della segretezza, cercando di riunire i propri adepti nella cosiddetta setta «carbonico-militare». La setta, promossa da N. Mignogna, fu sostenuta dal M., che coinvolse un ristretto nucleo di giovani patrioti come G. Albini e A. Morici, ma non riuscì a trovare più larghe adesioni per suscitare una sommossa. La delazione di un socio portò all’arresto dei suoi affiliati, a eccezione del M. che riuscì ad evitare la cattura e a stabilirsi a Malta.
Il 22 ott. 1850 il M. riparò nell’isola, dove entrò in contatto con gli esuli calabresi e frequentò gli ambienti dell’emigrazione politica. Rimasto per quasi due anni a Malta, il M. fece vani tentativi per ottenere il permesso di trasferirsi nel Regno di Sardegna, riuscendo solo il 17 ag. 1852 a stabilirsi a Genova. Qui incontrò il cugino Pasquale Mileti, che lo introdusse negli ambienti liberali frequentati da C. De Lieto, M. Macchi, L. Miceli, G. Nicotera, ma l’incontro più significativo fu quello con il medico milanese A. Bertani, che indirizzò la sua vita cospirativa verso precise scelte politiche, ricondotte poi a molte battaglie che questi svolse negli anni successivi. Nell’estate 1854 il M. prestò assistenza sanitaria alla popolazione genovese colpita dall’epidemia di colera, collaborando con Bertani nella sua opera di soccorso ai malati.
Per rendere più operativo il piano di soccorso, il M. – insieme con G. Cenni, L. Cavallo, G. Guiardini e altri – costituì l’associazione La Solidarietà nel bene sorta inizialmente per prestare assistenza ai malati e rendere attivo il mutuo soccorso tra i soci, ma in seguito volta a diffondere i principî repubblicani e a tenere desta la questione nazionale. Il carattere eterogeneo del sodalizio e il diverso orientamento degli emigrati politici finirono però per affrettarne lo scioglimento, che avvenne il 19 nov. 1856.
A Genova il M. conobbe anche C. Pisacane, con il quale si schierò nel 1855 contro i sostenitori di un governo murattiano nell’Italia meridionale, dichiarandosi a favore dell’unità nazionale e avversando la soluzione tripartita della questione italiana con un regno del Nord da affidare ai Savoia, uno del Centro da assegnare al pontefice e l’altro a L. Murat. Il 24 sett. 1855 – insieme con altri esuli come E. Cosenz, Nicotera, Pisacane e R. Pilo – firmò un appello contro l’erede della dinastia murattiana, considerando il suo tentativo «incompatibile con la nazionalità italiana» e temendo una riduzione del Meridione d’Italia a una provincia francese. Negli ultimi mesi del 1856 partecipò ad alcune riunioni per concordare un piano insurrezionale, assumendo una posizione di rilievo nel comitato di coordinamento per la raccolta di armi e denaro. Il comitato, di cui fecero parte anche Pisacane, De Lieto e F. Salamone, fu sciolto dalle autorità in seguito alla delazione di un informatore, che fece arrestare il M. e altri soci.
Dopo il tragico epilogo della spedizione di Sapri e il fallito tentativo insurrezionale di Genova (1857), il M. l’anno successivo fu nuovamente tratto in arresto. Rimesso in libertà, si avvicinò sempre più a Bertani, che nel 1859 lo incaricò di svolgere opera di proselitismo nelle Marche per organizzare un partito democratico. Dall’aprile al settembre 1860 il M. collaborò con Bertani per favorire il progetto unitario di G. Garibaldi: il 3 luglio si recò a Napoli per sostenere l’impresa dei Mille e la sua avanzata nell’Italia centrale. Stabilitosi nella città partenopea, partecipò attivamente alla vita politica cittadina e fece parte di un comitato incaricato di promuovere una sottoscrizione intitolata «Dono a Garibaldi» e di raccogliere fondi per l’arruolamento di nuovi volontari.
Entrato Garibaldi a Napoli il 7 sett. 1860, il M. fece parte della segreteria generale della Dittatura, che avviò l’adozione di alcuni provvedimenti quali l’abolizione del gioco del lotto, lo sventramento del centro cittadino e le prime misure per migliorare le condizioni igienico-sanitarie. Ma il suo incarico di funzionario governativo cessò il 10 ottobre per le critiche dei moderati e dei democratici «conciliatoristi», gli uni contrari al trasferimento dei beni ecclesiastici nelle casse dello Stato e gli altri favorevoli alla monarchia sabauda e alla sua politica annessionistica e plebiscitaria.
Nel dicembre 1861 il M. partecipò alla costituzione a Napoli della Società del progresso, che durante la sua breve vita cercò di diffondere il programma del Partito d’azione tra gli strati popolari. Non appoggiò invece la fondazione, nel maggio 1862, dell’Associazione del tiro nazionale, e in una lettera pubblicata il 16 luglio 1862 su Il Popolo d’Italia dichiarò urgente la necessità di risolvere la questione sociale, invocando per il Mezzogiorno d’Italia alcuni provvedimenti per fronteggiare la disoccupazione provocata dalla crisi economica.
Nel 1863 acquistò Il Popolo d’Italia per farne l’organo dell’Associazione unitaria nazionale, ma il basso numero degli abbonati e l’esiguità di aiuti concreti impedirono al periodico una larga diffusione, cui non posero rimedio il lauto contributo di Nicotera o quello meno consistente di democratici come A. Marotta e A. Mormina. Il giornale rappresentò il principale portavoce dei democratici meridionali, i quali dopo l’arrivo a Napoli di Bakunin, nel giugno 1865, cominciarono a dividersi fra coloro che restarono fedeli a Mazzini e quelli invece che, affascinati dalle teorie del rivoluzionario russo, si accostarono al movimento socialista.
Il legame affettivo con Mazzini, testimoniato da un ricco scambio epistolare, ritardò l’avvicinamento del M. alle posizioni socialiste, che nel 1866 non si erano ancora definite con chiarezza. Lo dimostra la sua adesione all’Alleanza repubblicana, che fu costituita da Mazzini nel settembre di quell’anno per promuovere la liberazione di Roma e contrastare la diffusione delle idee bakuniniane.
Il 27 febbr. 1867 il M. – insieme con A. Dramis, G. Fanelli, C. Gambuzzi e altri democratici napoletani – sottoscrisse il programma dell’associazione Libertà e giustizia, finalizzato a coniugare il sentimento patriottico con le aspirazioni di giustizia sociale. La sua adesione fu dettata da una ferma convinzione democratica, che valutava conciliabili i principî del socialismo con la trasformazione dell’assetto istituzionale in senso repubblicano. Nei mesi successivi il M. coordinò l’invio dei volontari che parteciparono all’impresa di Garibaldi per la liberazione di Roma. Nel corso della spedizione nell’Agro romano fece parte della compagnia guidata da Nicotera, segnalandosi per i suoi discorsi antimonarchici. Durante quel turbinio di vicende, che portarono al fallimento dell’impresa garibaldina e alla sconfitta di Mentana (3 nov. 1867), il M. si tenne in contatto con Mazzini e da lui ricevette istruzioni per riorganizzare il movimento repubblicano, come risulta da una lettera del 22 nov. 1867 con la quale Mazzini gli consigliava «la formazione di un grande partito democratico, in cui debbansi fondere le varie frazioni liberali e irredentiste» (Lettera di Mazzini a C. M., in Genoino, p. 34). Il M., poco consapevole dei contrasti esistenti tra moderati e gruppi garibaldini e mazziniani, indirizzò la sua attività editoriale alla ricerca di una linea politica coerente e, per superare le divisioni tra le varie frazioni, s’impegnò attivamente nel rilancio del suo giornale per farne l’organo della democrazia progressiva del Mezzogiorno: il 1° dicembre dello stesso anno fu arrestato per cospirazione repubblicana.
Nel 1868 fece parte della loggia massonica Vita nuova insieme con Dramis, C. Gambuzzi, G. Maresca, C. Procaccini e L. Zuppetta, attivi nelle società democratiche e collegati alla libera muratoria napoletana.
Nel frattempo il M. si tenne in contatto con Bertani e avviò con lui varie iniziative economiche come la costituzione di una ditta per lo spurgo dei pozzi neri o il commercio di fosfati e di ossa per avviare una fabbrica di concimi. Tormentato da difficoltà finanziarie e da vicissitudini familiari, il M. non riuscì a superare il deficit economico del giornale, resistendo però alle reiterate pressioni messe in atto dalle autorità governative perché ne modificasse l’indirizzo politico in chiave monarchica. Il rifiuto delle offerte prefettizie portò alla chiusura definitiva del giornale, nel cui ultimo numero, apparso il 5 luglio 1873, il M. si pronunciò a favore dell’ascesa al potere della Sinistra con vaghi argomenti politici, quasi a richiamare le forze democratiche a imboccare la via di una ferma opposizione al regime conservatore instaurato dalla monarchia sabauda.
Negli anni successivi visse la sua parabola umana tra delusioni politiche per l’abbandono dei suoi vecchi compagni e ristrettezze economiche, che non furono risolte neppure dai reiterati tentativi di Bertani per trovargli un impiego nell’amministrazione dello Stato. Rimasto ancorato ai suoi vecchi ideali, il M. non si riconobbe nel programma di A. Depretis, del quale condannò la svolta trasformistica e le politiche tese a favorire il mondo industriale e finanziario. Svolse un’intensa attività nella massoneria, che nel 1876 ne caldeggiò l’elezione a consigliere comunale. Di lì a poco però abbandonò l’impegno politico e si ritirò a vita privata a Napoli, dove morì il 20 genn. 1892.
Fonti e Bibl.: Roma, Archivio del Museo centrale del Risorgimento, b. 50; Milano, Museo del Risorgimento, Carte Bertani (cfr. Le carte di Agostino Bertani, Milano 1962, ad ind.); V. Visalli, I calabresi nel Risorgimento italiano: storia documentata delle rivoluzioni calabresi dal 1799 al 1862, Torino s.d. [forse 1893], II, pp. 117-119, 128, 158-160, 180 s., 271, 278, 304, 307; M. Mazziotti, La reazione borbonica nel Regno di Napoli: episodi dal 1849 al 1860, Milano 1912, pp. 321, 344, 416; A. Genoino, Napoli, Calabria e Sicilia tra il ’67 e il ’70 dal carteggio inedito di un funzionario, Milano-Roma-Napoli 1925, pp. 14, 19, 23, 31, 34; C. Rocca, M. C., in Dizionario del Risorgimento nazionale, Milano 1933, III, p. 589; C. Pisacane, Epistolario, a cura di A. Romano, Roma 1937, pp. 485, 493; L.L. Barberis, Dal moto di Milano del febbraio 1853 all’impresa di Sapri, in L’emigrazione politica a Genova dal 1848 al 1857, Modena 1957, III, pp. 517, 519, 611, 618; S. Rota Ghibaudi, L’emigrazione calabrese in Piemonte (1848-1860), in Calabria nobilissima, XIV (1960), 39-40, pp. 7, 10, 16; A. Capone, L’opposizione meridionale nell’età della Destra, Roma 1970, pp. 131, 150, 156, 160, 267; L. Carelli, Nel centenario della morte di Giuseppe Mazzini. Lettere a C. M., in La Brigata degli amici del libro italiano, XVII (1972), 3, pp. 1-4; Lettere di Mazzini a C. M., in Bollettino della Domus mazziniana, XIX (1973), 1, pp. 142-146; A. Scirocco, Democrazia e socialismo a Napoli dopo l’Unità (1860-1878), Napoli 1973, ad nomen; Libertà e giustizia, a cura di M. Ralli, Salerno 1977, ad nomen; E. Esposito, C. M. e la democrazia repubblicana nel Mezzogiorno, in Archivio storico per la Calabria e la Lucania, L (1983), pp. 19-98; M. Pezzi, Pietro Mileti e la rivoluzione calabrese del 1848, in Studi storici meridionali, IV (1984), pp. 61-93; E. Esposito, C. M. La massoneria a Napoli dopo l’Unità d’Italia, in Hiram, 1985, n. 3, pp. 76-80; V.P. Gastaldi, Agostino Bertani e la democrazia repubblicana, I, Lettere a C. M., Milano 1987; E. Esposito, M. C., in Dizionario biografico degli anarchici, Pisa 2004, II, pp. 182 s.
N. Dell’Erba