MENOTTI, Carlo
– Nacque a Viconago (oggi Cadegliano-Viconago), presso Varese, il 16 genn. 1846 da Angelo e da Giuseppina Mira.
Il padre era titolare di una piccola fornace per laterizi a Capriate, nell’Alessandrino. Abitante della Val Marchirolo, si era emancipato economicamente lavorando nell’edilizia, particolarmente fuori d’Italia, così come era tradizione nelle valli varesine. La sua specializzazione, tuttavia, non consisteva solo nella padronanza di un mestiere, bensì nella capacità di coordinare anche il lavoro delle maestranze (muratori, scalpellini, stuccatori, scagliolisti, imbiancatori, pittori decoratori ecc.), di assumersi il rischio d’impresa, e dunque di farsi carico dei più diversi aspetti: dall’assunzione della manodopera e dall’organizzazione del cantiere all’anticipazione dei capitali, dall’approvvigionamento dei materiali e delle attrezzature alla stipula dei contratti di appalto e di somministrazione del lavoro, fino alla redazione dei bilanci, ancorché elementari. Tale capacità imprenditoriale applicata all’edilizia era stata sviluppata e coltivata – insieme con l’esperienza propriamente tecnica dei singoli mestieri collegati, nella zona varesina della Val Marchirolo, della Valganna, della Valcuvia, della Valtravaglia, così come un po’ in tutta l’area insubrica – fin dal secolo XVI, contando innanzi tutto sulla domanda di Milano.
La formazione del M. avvenne quindi più con il tirocinio pratico nel lavoro e nella gestione del cantiere che con un iter scolastico, che fu molto modesto. Dopo gli studi elementari, compiuti nella vicina Fabiasco, e la frequenza in una scuola di avviamento professionale di disegno e calcolo, ad Alessandria, appena quindicenne il M. mostrò la sua intraprendenza impiegandosi in Puglia come assistente ai lavori nella società di costruzioni Adami e Lemmi, alla quale era stato affidato l’appalto per la realizzazione delle tratte ferroviarie Ortona-Foggia e Foggia-Trani.
I lustri successivi confermarono l’iniziale vocazione del M., promuovendolo, giovanissimo, a grande appaltatore di lavori pubblici e costruttore edile. L’affermazione sociale e professionale del M. come costruttore e imprenditore – oltre che dalla tradizione familiare nel settore dell’edilizia – fu comunque molto favorita dalla spesa pubblica e dai massicci investimenti in infrastrutture promossi dallo Stato unitario.
Nel 1864 il M. si trasferì in Sicilia per partecipare, nelle vesti di assistente della Società italiana per le strade ferrate meridionali, alla costruzione della Messina-Catania. Emancipatosi fino al grado di imprenditore, ottenne il subappalto del ponte-viadotto in ferro di Castellaneta, sulla linea Bari-Taranto, progettato dall’ingegnere A. Cottrau.
L’opera, all’avanguardia, lo qualificò, ventiduenne, come «intraprenditore di ferrovie» ed esperto costruttore di complesse opere di ingegneria. In particolare, egli si legò alla società ferroviaria di P. Bastogi che lo aveva promosso sul campo e alla società di costruzioni meccaniche di Cottrau, con stabilimenti a Castellammare di Stabia. Dal connubio con quest’ultimo scaturirono importanti commesse sulla Palermo-Girgenti (viadotto ferroviario di Acragas), a Vienna (ponte in ferro sul canale Vienna, all’interno dello Stadtpark) e, finalmente, a Roma.
Qui il M., accorso subito dopo l’annessione della città al Regno, si affermò come uno fra i principali appaltatori nel settore delle costruzioni, imprenditore edile e speculatore fondiario. Le sue imprese eressero molti fabbricati lungo la via Flaminia, in via Nazionale, nel rione Esquilino. Prese anche parte alla lottizzazione dei Prati di Castello, sulla sponda destra del Tevere, valorizzati dal ponte in ferro di Ripetta, progettato e costruito da Cottrau e finanziato da privati. Ma la sua opera più significativa fu la realizzazione, a partire dal 1889, del palazzo di Giustizia, fra i maggiori della nuova capitale.
La legge Baccarini del 29 luglio 1879, prevedendo la costruzione di oltre 6000 km di strada ferrata, lo aveva frattanto rilanciato come appaltatore di opere ferroviarie. Molti, pertanto, furono i cantieri che lo videro impegnato: sulla linea Novara-Luino-Pino (inaugurata nel 1882); sulla Terni-L’Aquila e sulla Benevento-Campobasso (finite nel 1883); sulla Eboli-Reggio (soprattutto nelle tratte Eboli-Sicignano e Sicignano-Sala Consilina, inaugurate nel 1884 e nel 1886); sulla Roma-Sulmona (in esercizio nel 1888).
La fama e, in particolare, la ricchezza del M. si rafforzarono con la partecipazione alla realizzazione del traforo stradale del Col di Tenda (inaugurato nel 1882); del viadotto di Castellaneta (un ponte a travata continua, lungo più di 200 m, a 10 campate e con pile metalliche a traliccio alte fino a 70 m); del ponte a due piani, ferroviario e carrabile, fra Castelletto e Sesto Calende, e delle gallerie sulla stessa tratta; del grande ponte in ferro a tre navate sul fiume Sele, «fondato con sistema pneumatico»; di altre opere sul fiume Tanagro, affluente di sinistra del Sele; di diverse, impegnative gallerie e di tre grandi viadotti, uno dei quali a trenta arcate, sulla Sicignano-Sala Consilina.
Il M. si dedicò anche alla carriera politica, con esiti alterni, che ne fanno comunque una figura pienamente rappresentativa del ceto politico dell’età crispina e del sottobosco governativo fino all’avvento di G. Giolitti.
Nel Consiglio comunale di Roma dal 1886 al 1890, consigliere provinciale del Lazio dal 1892 fino alla morte, nel novembre 1890 il M. fu eletto deputato per la XVII legislatura nel II collegio di Roma.
Dovette il successo alle risorse finanziarie che investì nella captazione del consenso, alle solide amicizie politiche e a un sistema elettorale, basato sullo scrutinio di lista, che agevolava le cordate e le solidarietà di clan.
Ministeriale filocrispino, la sua carriera politica si era andata costruendo all’insegna del garibaldinismo (millantava la partecipazione al corpo dei volontari del 1866). In qualità di grande appaltatore e costruttore edile era poi riuscito a stringere fondamentali legami sia a livello ministeriale (fra gli altri, con B. Brin, B. Grimaldi, G. Baccelli, G. Zanardelli e, appunto, con F. Crispi) sia in Campidoglio e nell’Agro romano (dove suo grande protettore fu il generale D. Menotti Garibaldi). Divenne così nel 1890 membro di rilievo della Società per il bene economico di Roma; poi, nel 1893, entrò anche nel comitato esecutivo dell’Esposizione di Roma (il cui progetto però non andò in porto).
La sua base di consenso politico non era solo nell’Urbe e nell’Agro romano. Si fece eleggere a più riprese (per esempio nel 1893 e nel 1895) anche nel Consiglio comunale di Luino, dove godeva di un sostegno popolare dovuto alla fama di figlio di lavoratori e di benefattore in buona parte dell’Alto Verbano. Approvata quindi la riforma elettorale che ripristinava i collegi uninominali a doppio turno, nelle elezioni politiche del 1892 e del 1895 si candidò sia nell’Agro romano (ad Albano Laziale) sia nel Varesotto (dapprima nel collegio Luino-Gavirate, poi nel collegio Varese-Arcisate-Cuvio). Nel 1895, godendo dell’appoggio del fronte moderato schierato con Crispi, di un ampio consenso nel contado (mentre la città gli rimaneva ostile) e del sostegno della stampa locale da lui opportunamente finanziata, fu rieletto deputato per la XIX legislatura a Varese. La sua strategia in sede locale si dispiegò, infatti, non solo nella creazione di relazioni clientelari incentrate sulla capacità di offrire lavoro alle maestranze e sui flussi di denaro che, in qualità di filantropo o di titolare di piccoli incarichi governativi, era in grado di assicurare alle istituzioni benefiche, assistenziali e formative della sua circoscrizione elettorale (in particolare nelle vallate alpine), ma anche e soprattutto nel contribuire al rafforzamento dei giornali locali. Il M. passò così dalla semplice partecipazione al capitale di avvio di giornali come la Provincia di Como (nel 1892), dal sostegno al luvinese La Tresa (1891-92) a consistenti finanziamenti alla Cronaca Prealpina di Varese e al Corriere del Verbano di Luino (negli anni 1891-97).
I suoi ideali si rifacevano al paternalismo, all’anticlericalismo, al laicismo postrisorgimentali, con le venature nazionalistiche e imperialistiche di fine Ottocento. Non risulta iscritto al Grande Oriente d’Italia, ma quasi tutti i suoi sodali in ambito nazionale erano iscritti alla massoneria (da Brin a Grimaldi, da Baccelli a G. Garibaldi, da A. Baccarini a Zanardelli, fino a R. Giovagnoli, F. Mariotti, N. Nasi e, naturalmente, Crispi).
Fatale si rivelò politicamente per il M. la caduta di Crispi: le elezioni del marzo 1897 videro il voltafaccia dei sostenitori locali e quindi il venir meno dell’appoggio ministeriale. Il M. uscì dunque sconfitto nel ballottaggio a Luino, dopo una campagna in cui ebbe contro la grande stampa lombarda (Corriere della sera, Il Secolo) e i giornali locali; il colpo di grazia fu dato dal venire meno dell’appoggio di una parte significativa sia del ceto medio sia dell’elettorato popolare, suggestionati, nei giorni precedenti il ballottaggio, da un infuocato comizio di F. Cavallotti contro «gli sfruttatori della miseria, gli sfruttatori dell’erario, gli appaltatori degli affari grossi» (La Verità, Luino, 2 maggio 1897, p. 1).
Il M. morì a Roma il 26 apr. 1904.
Egli era stato insignito da Umberto I del cavalierato (1886) e della commenda dell’Ordine dei Ss. Maurizio e Lazzaro (1895). Fra le migliori testimonianze della cultura del M., vi sono le sue residenze fastose, piene di opere d’arte e di quadri di valore: le due ville di Luino, palazzo Menotti a Roma, la tenuta Borghese di Anzio e Nettuno, la rocca e la tenuta di Fiano e due grandi tenute agricole a Castelnuovo di Porto nell’Agro romano.
Fonti e Bibl.: G. Stopiti, M. cav. C., in Galleria biografica d’Italia, 1886, pp. 1-4; P. Frigerio, Luino: un secolo (1885-1985), Luino 1985, passim; C. M. e la sua dimora: un esempio di stile per Roma capitale, Roma 1988 (in particolare il saggio di T. Salvi, Note biografiche sul deputato C. M., pp. 23-37); Giuseppe Ferrari e la vita sociale e politica nel collegio di Gavirate-Luino, in Giuseppe Ferrari e il nuovo Stato italiano. Atti del Convegno internazionale, Luino… 1990, a cura di S. Rota Ghibaudi - R. Ghiringhelli, Milano 1992, pp. 308, 343; M. Cavallera, Imprenditori e maestranze: aspetti della mobilità nell’area prealpina del Verbano durante il sec. XVIII, in Mobilità imprenditoriale e del lavoro nelle Alpi in Età moderna e contemporanea, a cura di G.L. Fontana - A. Leonardi - L. Trezzi, Milano 1998, pp. 75-116; Id., Una provincia e la sua identità. Permanenze e condizionamenti del passato, in La Provincia di Varese negli anni Trenta. Istituzioni, società civile, economia. Atti del Convegno, Varese… 1999, a cura di R.P. Corritore - E.R. Laforgia, Milano 2002, p. 134; U. Carughi - E. Guida, Alfredo Cottrau (1839-1898). L’architettura del ferro nell’Italia delle grandi trasformazioni, Napoli 2003, pp. 16, 24, 31, 60, 74-76, 81-83, 96, 112 s., 244, 248, 253; L. Mocarelli, Costruire la città. Edilizia e vita economica nella Milano del secondo Settecento, Bologna 2008, pp. 143 ss.; R.P. Corritore, Varese e la «Prealpina». Per una storia dell’economia, della società politica e della società civile a Varese fra l’età postunitaria e il secondo dopoguerra… Giovanni Bagaini, C. M. e la crisi politica di fine Ottocento (in corso di stampa); T. Sarti, Il Parlamento subalpino e nazionale, Roma 1896, p. 1026.
R.P. Corritore