MARANTA, Carlo
Nacque il 17 febbr. 1583 a Napoli, dove fu battezzato il successivo 25 novembre nella chiesa di S. Maria della Rotonda. Vantava una discendenza da giuristi insigni: il padre Roberto e il nonno Pomponio, avvocati; il bisnonno, Roberto, autore del celebre Speculum aureum.
Il padre del M., Roberto (1544-1624), era iscritto "tra gli forastieri" al catasto di Molfetta del 1578 (Molfetta, Biblioteca comunale G. Panunzio, Mss., 431: Notar Antonio Muti, Famiglie molfettesi, 1750, c. 277r). Maestro di Prospero Rendella (che lo ricorda nel trattato sulla prelazione) fu coautore di un parere a stampa in tema di rinuncia materna alla successione che figura tra i Consilia sive Responsa di Alessandro Trentacinque (Venezia 1610, I, cons. XLIX, c. 87v). Ebbe almeno quattro figli: oltre a Carlo, Francesco Antonio (m. nel 1621) e Giacomo (m. nel 1634), giuristi; e Pomponio (m. nel 1622), chierico.
Presi i voti, il M. si laureò in diritto il 9 dic. 1611. Esercitò l'avvocatura specie dinanzi al tribunale della Fabbrica di S. Pietro, del quale divenne coadiutore il 6 giugno 1617, in luogo di Melchiorre e Giambattista Reviglione. Dal 1621 al 1623 fu vicario generale di Carlo Carafa, vescovo di Aversa e nunzio apostolico presso l'imperatore. L'anno dopo fu inviato da Urbano VIII come consultore del S. Uffizio a Rutigliano, in Terra di Bari: vi rimase per tre mesi distinguendosi per lo zelo e perché impiegò una squadra armata. Nel 1626 entrò nelle gerarchie regnicole dell'Inquisizione romana.
Conseguì i titoli di conte palatino e, dal 1637, di cappellano onorario del re Cattolico: così, oltre che "Neapolitanus advocatus", egli si qualifica nella Responsio pro alternativa regnicolis in Regno Neapolitano debita, s.l. né d., parere in cui difese la regola dell'alternanza tra Regnicoli e forestieri nelle nomine dei prelati (8 arcivescovi e 16 vescovi) spettanti ad beneplacitum della Corona di Spagna.
Il 7 sett. 1637, dietro presentazione regia, venne nominato da Urbano VIII vescovo di Giovinazzo, sede vacante da dieci anni dopo la partenza del fiorentino Giulio Masi e retta dal delegato apostolico Ferdinando Ranucci.
Nella città pugliese il M. consacrò nuove chiese, come quella del Carminiello (1638) edificata da Gian Cola Ranieri; riorganizzò il clero locale e celebrò nel 1639 un primo sinodo del quale fece pubblicare le Constitutiones: in esse è esplicito l'intento di recuperare dignità e risorse dopo la lunga vacatio (Dioecesanae synodi Iuvenacensis constitutiones, Neapoli 1639, cap. XIV, p. 35). Nel 1641 ebbe luogo un secondo sinodo, le cui Constitutiones furono pubblicate il 12 maggio dello stesso anno (Synodales constitutiones in secunda dioecesana synodo Iuvenacensi…, s.l. né d.).
Il M. s'impegnò anche attraverso opuscoli a stampa a ridefinire gli equilibri nell'ambito della curia vescovile. Nel 1639, intervenendo nella secolare disputa tra la diocesi di Giovinazzo e l'arcipretura di Terlizzi, la cui cattedrale, chiesa collegiata, pretendeva di marcare la propria autonomia, pubblicò l'Apologeticus, seu defensorius tractatus pro Ecclesia Iuvenacensis contra, et adversus archipresbyterum, capitulum, et clerum collegiatae ecclesiae S. Michaelis Archangeli Terrae Terlitii Iuvenacensis dioecesis (Napoli 1639; ripubblicato nel 1643 insieme con la pars III delle Responsiones), che prende spunto dalle contestazioni al diritto di visita del vescovo: il testo ospita in chiusura un decreto della congregazione dei Vescovi e regolari, emanato il 3 sett. 1638 (n. 375, c. 22r), che riconosce le ragioni del presule ma lo esorta a revocare le censure. Il tema della soggezione immediate di Terlizzi alla Sede apostolica ritorna nel Tutamen iuris Ecclesiae Iuvenacensis… (Napoli 1640), dedicato al cardinale Francesco Barberini.
Nel 1639 Niccolò Giudice, già principe di Cellammare e dominus di Terlizzi, aveva acquistato dai Gonzaga il feudo di Giovinazzo. Si aprì così un nuovo fronte di controversie per il M., costretto persino a lasciare temporaneamente la sede. I suoi scritti, però, polemizzarono non solo col feudatario ma anche con ambienti interni alla Curia. La cifra precipua della produzione canonistica del M. si affinò nella difesa, condotta "egregia virtute et incomparabili constantia" (Ughelli-Coleti, VII, n. 38, col. 737), dell'immunità ecclesiastica.
In questo clima matura l'Apologeticus tractatus pro iuribus Ecclesiae, quo pro iurisdictione, ac defensione immunitatis, et libertatis ecclesiasticae propugnaculum instituimus (Roma 1644; Toppi e Capialbi, p. 84, datano l'opera al 1646). Il volumetto, dedicato ancora al Barberini, nella prima sezione (pp. 16-112) reclama la facoltà del presule di servirsi di quaranta armati detti "affidati" (n. 29, p. 22), come già consentito al vescovo predecessore del M., Giulio Masi, che si era avvalso di schiavoni. Il M., oltre a contestare il De iurisdictione… tractatus di Giovan Francesco De Ponte, nega che una "comune sentenza de' dottori" vincolerebbe i chierici alle leggi dettate "ad bonum publicum": essi, a suo avviso, sono astretti solo dalla vis directiva, non dalla coactiva (nn. 180-182, pp. 64 s.). Il Tractatus rivendica poi la competenza vescovile sul prelievo delle decime (n. 275, p. 90) e sulla riscossione dei legati pii, contro le pretese della Fabbrica di S. Pietro (nn. 319-330, pp. 102-107). Puntuale giunge (pp. 121-143) la Risposta di legge per la regale giurisdittione, et principe di Cellamare, utile padrone della città di Giovenazzo, adverso le pretensioni del vescovo di detta città. Chiudono il volume due responsiones: la prima (pp. 151-194) ancora sulla cognizione episcopale nelle cause pie; la seconda (pp. 201-238) sull'intangibilità degli "affidati" (entrambe furono pubblicate anche in un fascicoletto non datato e intitolato Dissertationes legales).
Negli ultimi mesi del 1637, quando il M. si era appena insediato a Giovinazzo, apparve il primo tomo delle Responsiones (Controversarum iuris utriusque responsionum in foro causarum, ecclesiastico praesertim, discussarum, et ad pias causas, tum etiam beneficiales, matrimoniales, iurisdictionales, spoliorum, ac criminales… pars prima [- quinta], Neapoli 1637-52). Dedicato a papa Urbano VIII, esso contiene una parte prima, incentrata sul contenzioso della Fabbrica di S. Pietro, e una seconda, concernente affari sbrigati dal M. come vicario vescovile o delegato della S. Sede o in qualità di difensore. Le parti terza e quarta sono datate 1643 e 1646 e dedicate rispettivamente ai cardinali Francesco Barberini e Girolamo Colonna; la quinta e ultima uscì, forse con ritardo rispetto alla stesura, nel 1652 e con dedica all'arcivescovo di Napoli Ascanio Filomarino. La maggior parte delle controversie riguarda lo stato clericale. Ogni responso si apre invocando generici valori per poi sviscerare le fattispecie alla luce di un costante favor Ecclesiae. Prevale, tra le fonti, la canonistica, ma sapiente è l'uso della letteratura giuridica "pratica" del Mezzogiorno.
Ai tardi anni Quaranta risalgono quasi tutte le undici difese rilegate nella miscellanea di Allegazioni giuridiche antiche (Bari, Biblioteca nazionale, All., 28), le quali si occupano di casi pratici verificatisi tra Napoli e la Puglia e discussi dinanzi al tribunale della Fabbrica di S. Pietro, alla nunziatura apostolica o ai tribunali regi. L'esposizione, piuttosto piatta, ripropone lo schema delle Responsiones: il richiamo a supremi valori, la sintesi del fatto, l'argomentazione in iure attraverso fitte citazioni prevalentemente canonistiche.
Da molteplici indizi si evince che negli ultimi anni trascorsi a Giovinazzo il M. allentò il controllo sulla diocesi per dedicarsi ad altri interessi. Preparò un libello intitolato Ordo servandus in recitatione divini officii ad usum cleri Iuvacensis (uscì postumo: Trani 1741). E stampò, forse nel 1656, un'allegazione (Neapolitana, sive Regni Neapolitani primarii patroni) a sostegno del primato di s. Gennaro, il cui sangue "recens effusus ebullit, et liquescit" (p. 9), rispetto a s. Domenico, assurto nel 1640 a protettore della capitale. A conforto di questa tesi il M. rammentava anche la costruzione della cappella del Tesoro nel duomo partenopeo, costata oltre 200.000 ducati (nn. 84-86, pp. 26 s.).
L'ultima importante fatica editoriale, preannunciata sin dal 1652, è la Medulla decreti (Napoli 1656). La compilazione, articolata per lemmi di contenuto canonistico, si batte ancora - specie sul versante processuale - per l'autonomia della giurisdizione ecclesiastica (per es. p. 372) o per la priorità della lex divina (p. 410).
La linea curialista ispira anche altre brevi allegazioni a stampa, disseminate in volumi miscellanei. Così, una Neapolitana remissionis ad sacram Religionem S. Ioannis Hierosolymitani (Napoli, Biblioteca nazionale, Rari Branc., D.72, cc. 37r-39r), forse del 1657, equipara i cavalieri di Gerusalemme ai professi quanto al privilegio del foro. Meno marcata risulta la Neapolitana validitatis renunciationis per professionem (Napoli, Società napoletana di storia patria, Sala D 4.A.1248, cc. 1-2 n.n.).
Il 24 sett. 1657 il M. venne formalmente designato, su segnalazione di Filippo IV di Spagna, vescovo di Tropea, dove si trasferì a novembre. Qui inaugurò il monastero della Madonna della Pietà e dei Sette dolori, la cui costruzione era iniziata nel 1639. Tenne un'omelia nella notte del terremoto del 6 nov. 1659 in cattedrale, sistemandovi l'anno seguente l'immagine di "nostra Signora della Romania" e incrementandone il culto.
Il M. morì a Tropea il 26 genn. 1664, secondo quanto riporta il "necrologio" della chiesa locale (consultato da Capialbi, p. 83 n. 2). Errano pertanto le biografie che, seguendo un'additio di Coleti a Ughelli (IX, n. 43, col. 472), ipotizzano che fosse deceduto nel 1666.
Sul M. canonista pesa il giudizio di Francesco D'Andrea. Egli, nel rievocare uno dei suoi primi successi forensi, si vantò di avere utilizzato uno stile culto per demolire un lodo sostenuto nelle Responsiones dal M., "che consistea tutto in articoli legali cavati da più intimi penetrali della giurisprudenza" (Avvertimenti ai nipoti, a cura di I. Ascione, Napoli 1990, p. 197). L'oblio storiografico non tiene conto (come osserva Vallone, 1993, p. 117) della vivacità di un ambiente pugliese che, pur senza approdare ai tribunali della capitale, produsse una "letteratura repertoriale" significativa.
Fonti e Bibl.: Molfetta, Biblioteca comunale G. Panunzio, Mss., 431: A. Muti, Famiglie molfettesi, 1750, c. 277r; P. Rendella, In constit.[utione] sancimus, quae est Federici imper., de iure protomiseos, sive congrui. Cum glossis Antonii de Caputis de Melfecto antiqui doct., et animadversionibus Baldassarris Benedelli in fine totius commentarii. Nondum in lucem editis, Neapoli 1614, § In primis, vers. Sub eodem servitio, n. 2, p. 117; F. D'Andrea, Avvertimenti ai nipoti, a cura di I. Ascione, Napoli 1990, p. 197; G.V. Ciarlanti, Memorie historiche del Sannio…, Isernia 1644, p. 504; A. Fontana, Amphitheatrum legale… seu Bibliotheca legalis amplissima, I, Parmae 1688, col. 617; F. Ughelli - N. Coleti, Italia sacra, VII, Venezia 1721, coll. 737 s.; IX, col. 472; P.A. Corsignani, Historica monumenta selecta, in Id., Synodus dioecesana…, Venusiae 1728, p. 17; G.G. Origlia Paolino, Istoria dello Studio di Napoli, II, Napoli 1754, pp. 91, 141; G. Carafa, De capella regis utriusque Siciliae et aliorum principum… liber unus, Neapoli 1772, § XLIII, p. 317; B. Chioccarelli, De illustribus scriptoribus qui in civitate et Regno Neapolis… floruerunt, Neapoli 1780, p. 132; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 214-216; III, ibid. 1788, p. 96; G. Antonini, La Lucania. Discorsi, Napoli 1797, parte III, disc. VI, p. 93; Catalogo de' cappellani maggiori del Regno di Napoli e de' confessori delle persone reali, Napoli 1819, pp. 40 s.; C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, p. 197; V. Capialbi, Memorie per servire alla storia della santa Chiesa tropeana, Napoli 1852, pp. 81-84; A. La Vista, Notizie istoriche degli antichi, e presenti tempi della città di Venosa, Potenza 1868, p. 74; L. Marziani, Istorie della città di Giovinazzo, I, Bari 1878, pp. 128 s., 199, 203; G. De Ninno, Memorie storiche degli uomini illustri della città di Giovinazzo, Bari 1890, p. 140; G. Palermo, I giureconsulti di Basilicata. Notizie storiche dal secolo XV al XVIII, Melfi 1894, pp. 35 s.; C.G. Gattini, Saggio di biblioteca basilicatese, Matera 1908, n. 263 p. 31; S. Daconto, Saggio storico sull'antica città di Giovinazzo, Giovinazzo 1927, pp. 53, 206; M. Paladini, Notizie storiche sulla città di Tropea, Catania 1930, pp. 88 s., 133; T. Pedio, rec. a G. Solimene, Un umanista venosino (Bartolomeo Maranta)…, in Arch. stor. pugliese, IX (1956), pp. 171 s.; F. Roscini, Storia della sede vescovile di Giovinazzo, Giovinazzo-Bari 1964, pp. 47, 202-205; Id., Giovinazzo nella storia, ibid. 1966, pp. 280-287; G. Lutz, Carafa, Carlo, in Diz. biogr. degli Italiani, XIX, Roma 1976, p. 512; Cronotassi iconografia e araldica dell'episcopato pugliese, Bari 1984, p. 190; Le secentine napoletane della Biblioteca nazionale di Napoli, a cura di M. Santoro, Roma 1986, p. 201; D. Maffei, Prospero Rendella giureconsulto e storiografo. Con note su altri giuristi meridionali, Monopoli 1987, pp. 32, 52 s.; G. Vallone, Una fonte per Monopoli nel primo Seicento: i "vota decisiva" di G.B. de Toro, in Monopoli nell'età del Rinascimento. Atti del Convegno… 1985, a cura di D. Cofano, Monopoli 1988, I, pp. 165-199; Id., Feudi e città: studi di storia giuridica e istituzionale pugliese, Galatina 1993, p. 177; G. De Crescenzo, Diz. storico-biografico degli illustri e benemeriti salernitani, Salerno 1937, p. 207; Indice biografico italiano, a cura di T. Nappo, München 2002, I, pp. 382-389, 607; VI, p. 2162; G. Moroni, Diz. di erudizione storico-ecclesiastica, IV, p. 257; XXXI, pp. 78 s.; LXXXI, p. 128; Hierarchia catholica, IV, p. 212.