LORENZETTI, Carlo
Nacque a Venezia il 4 apr. 1858 da Francesco, artigiano, e da Lucia Pignatta. Dopo aver ricevuto una prima istruzione presso la scuola di carità fondata dai fratelli A.A. e M. Cavanis, fu avviato al mestiere di artigiano specializzato nella lavorazione del legno e nell'intaglio ornamentale. Nel 1878 entrò all'Accademia di belle arti di Venezia, dove seguì i corsi di scultura di Luigi Ferrari e Antonio Dal Zotto, che lo introdusse nel circolo di Luigi Borro, e dove, nel 1882, fu premiato a un concorso sul tema Enrico III che visita Tiziano. Uscito dall'Accademia, eseguì, su commissione della Società dei reduci delle patrie battaglie, il busto di Giuseppe Garibaldi (bronzo e marmo) per la facciata del palazzo Toaldi Capra, allora sede del Municipio di Schio. Chiamato a far parte del comitato direttivo del Museo Correr, insieme con Angelo Alessandri curò l'allestimento delle collezioni nella nuova sede al fondaco dei Turchi, incarico che lo tenne impegnato almeno fino al 1897, anno in cui il Museo venne aperto al pubblico.
Interessato a una ricerca improntata al vero, sensibile al dibattito sociale così come alla causa patriottica, esordì nel 1883 all'Esposizione nazionale di belle arti di Roma con le opere di matrice verista Art. 88 del codice penale (bronzo) e Il primo furto (VII comandamento). Nel 1887, alla V Esposizione nazionale artistica di Venezia, presentò un gruppo di quattro sculture: Ritratto; Fogo Stuà; Soror tua, raffigurante l'Istria incatenata, che donò alla città di Capodistria (Museo del Risorgimento); e A Chioggia (bronzo), ispirata alla vita dei pescatori veneziani ed esposta anche alla Promotrice fiorentina dello stesso anno. Molte di queste opere furono poi ripresentate nel 1888 in occasione dell'Esposizione nazionale di belle arti di Bologna, dove il L. espose quattro sculture in gesso bronzato (Anfibio, testa; VII comandamento, busto; A Chioggia, testa; Art. 88 del codice penale, testa). Contemporaneamente ottenne, in seguito a concorso, l'incarico per l'esecuzione del Monumento a Giuseppe Garibaldi per il Comune di Dolo, inaugurato proprio nel 1888.
Apprezzato come fine ritrattista e dotato di un'ottima tecnica, realizzò in questi anni le effigi di colleghi e di numerosi intellettuali e uomini politici del tempo con i quali era in contatto. Tra queste si ricordano il busto del pittore Giacomo Favretto, il cui verismo aveva trionfato all'Esposizione del 1887; il ritratto di Carlo Felice Nicolis conte di Robilant, ministro degli Esteri nel governo di Agostino Depretis; La contessa Adriana Marcello (Burano, collezione privata), che aveva fondato la Scuola dei merletti di Burano con la collaborazione del deputato veneziano Paulo Fambri, anche lui più tardi ritratto, insieme con la moglie Elena, dal L.; il busto in gesso del professore Pompeo Molmenti, esposto nel 1897 alla II Biennale internazionale di Venezia. Nel 1893 era stata infatti istituita dal sindaco di Venezia, Riccardo Selvatico, l'Esposizione biennale artistica internazionale, di cui il L. fu uno dei primi e più fedeli sostenitori. Già nell'inverno 1894-95 fu coinvolto nei lavori del nuovo palazzo dell'Esposizione ai Giardini progettato dall'architetto Enrico Trevisanato, realizzando, per la facciata disegnata in stile neoclassico dal pittore Mario De Maria, le decorazioni laterali del frontone in gesso e finto marmorino. Fu presente, sin dalla prima edizione, alla Biennale, esponendo nel 1895 il gruppo in bronzo Dal cunicolo di Vejo (Roma, Galleria nazionale d'arte moderna), che testimoniava la grande diffusione di soggetti desunti dalla storia romana e che fu subito acquistato dal governo italiano.
Tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del Novecento il Comune di Venezia commissionò al L. numerosi monumenti atti a celebrare personaggi e fatti del Risorgimento, politici e uomini dello spettacolo.
Per piazza S. Marco realizzò le lapidi commemorative con relativi medaglioni in bronzo dell'economista e politico veneziano Giovan Battista Varé, del ministro delle Finanze del governo provvisorio Jacopo Pesaro Maurogonato (1883-94 circa) e i ritratti dei patrioti napoletani accorsi a Venezia per combattere contro l'Austria (Enrico Cosenz, Gerolamo Ulloa, il generale Guglielmo Pepe, Carlo Mezzacapo, Cesare Rossarol); per la Scuola di S. Girolamo (oggi Ateneo veneto, Biblioteca) eseguì il busto dell'abate Jacopo Bernardi (1893), uomo di cultura e convinto patriota e, in campo Morosini, la lapide in onore del deputato radicale Felice Cavallotti, morto nel 1898. A queste seguirono altre commissioni ordinate nelle province venete: dal Comune di Conegliano ricevette l'incarico per il monumento all'agronomo Francesco Gera (1902) e nel 1906 vinse il concorso indetto dal Comune di Schio per le sculture monumentali dei fratelli Ludovico e Valentino Pasini, annoverate tra le sue opere migliori per originalità di concezione. Per lo stesso Comune scolpì una targa posta nel refettorio dell'asilo Alessandro Rossi a ricordo della baronessa Maria Rossi Bozzotti; e donò al teatro Civico, inaugurato nel 1909, la targa raffigurante lo stemma cittadino fra la Musica e il Canto e due putti con le maschere della commedia. Legato al mondo del teatro, dopo il monumento all'attore di prosa Gustavo Modena per i giardini pubblici di Venezia, il L. eseguì il monumento del commediografo Giacinto Gallina (1897-1900 circa), sempre per Venezia e per il teatro Manzoni di Milano, e il busto di Francesco Augusto Bon (1900-05 circa: Venezia, teatro stabile del Veneto Carlo Goldoni).
Alla Biennale del 1903, che vide l'introduzione dell'arte applicata nelle sale, espose una fontana decorativa e un'opera scultorea ispirata ai versi dei Sepolcri di Ugo Foscolo; mentre nel 1905 presentò il busto in gesso di Francesco Petrarca, la cui versione in bronzo (1904) venne collocata nella Biblioteca nazionale Marciana a Venezia. Partecipò, nello stesso anno, al congresso artistico internazionale e nel 1908 fu presente alle prime due esposizioni curate da Nino Barbantini a Ca' Pesaro, il cui intento era di creare un campo sperimentale giovanile accanto all'arte ufficiale rappresentata dalla Biennale di Antonio Fradeletto. Presto esaurita per lui questa esperienza, il L. fu in seguito regolarmente presente alla Biennale in qualità sia di artista invitato sia di membro del Comitato di collocamento delle opere, come avvenne nel 1909, quando espose il gruppo La patria è sulla nave (altorilievo in gesso), che prendeva spunto dall'istituzione della nave-scuola "Sicilia". Molte delle opere da lui presentate si ispiravano a fatti della storia della città: il gruppo Laggiù (gesso, 1910) raccontava un naufragio in mare; La marangona (1912, bronzo: Venezia, Galleria internazionale d'arte moderna di Ca' Pesaro), di matrice impressionista, raffigurava la ricostruzione del campanile di S. Marco, inaugurato proprio quell'anno, alla cui realizzazione aveva collaborato lo stesso L. scolpendo in pietra d'Istria uno dei due leoni alati del castello campanario. Un altro leone marciano, copia moderna dell'originale asportato alla caduta della Repubblica, fu scolpito dal L. su commissione della Società degli amici dei monumenti per la facciata dei depositi del Megio, gli antichi granai pubblici; e nel 1914, quando l'architetto Guido Cirilli ebbe l'incarico di rinnovare la facciata del padiglione centrale della Biennale con l'introduzione di elementi liberty, secondo la moda umbertina, il L. fu chiamato a realizzare il grande leone marciano posto sopra la porta di ingresso.
Legato alla sua città, ne esaltò le memorie e i personaggi illustri con opere quali il busto del poeta Padre Ghevont Ališan (bronzo, 1901 circa: Venezia, Biblioteca dell'Accademia armena di S. Lazzaro dei padri mechitaristi); il Ritratto di lady Layard (marmo), esposto nel 1914 alla XI Biennale di Venezia insieme con il gruppo Dalle miniere d'Agordo (bronzo); il Ritratto della signora Bianca Vaerini (marmo), presentato nel 1920, e quelli dello scultore Luigi Borro e di Pietro Fragiacomo, esposti, rispettivamente, alla Biennale del 1922 e del 1924, in occasione della mostra antologica dedicata al pittore triestino; il medaglione con ritratto della Principessa Elisabetta Alessandra von Clary (1927 circa) per la chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio. Presente ancora alla XV Biennale del 1926, dove espose i due gruppi in bronzo Lupetti di mare, dalla fine degli anni Venti il L. non partecipò più all'esposizione veneziana per lasciar posto, secondo i nuovi regolamenti, alle giovani generazioni. Continuò l'attività artistica portando a compimento commissioni pubbliche, come la statua di S. Giorgio Martire per il Comune di Trecenta, inaugurata nello stesso 1926 con la benedizione di papa Pio XI, e ricoprendo cariche di rilievo: cavaliere mauriziano, presidente della commissione artistica per la conservazione e manutenzione della Scuola dell'Arciconfraternita di S. Giovanni Evangelista, professore alla Regia Scuola superiore d'arte applicata alle industrie (oggi Istituto statale d'arte), socio fondatore e presidente onorario della Società di mutuo soccorso fra artisti. Ancora negli anni Trenta realizzò il busto del matematico Giovanni Bordiga (1933 circa: Venezia, Pinacoteca Querini-Stampalia), primo presidente della Biennale veneziana e fondatore della Scuola superiore di architettura, e il busto di Daniele Manin (1936) per la Biblioteca dell'Ateneo veneto, del quale era socio dal 1921.
Caratterizza la produzione di questo periodo il ritorno a un modellato più definito e lineare e a una scultura in funzione decorativa capace di rivisitare anche soggetti iconografici di derivazione classica (Diana con un cervo, 1935: bronzo, collezione privata).
Membro del comitato esecutivo per la cappella del Rosario nella basilica dei Ss. Giovanni e Paolo, vi compì numerosi lavori di restauro: nel 1932 disegnò il soffitto con incorniciature in legno intagliato destinate a ospitare le pitture di Paolo Veronese restituite all'Italia (Annunciazione, Assunzione, Adorazione dei pastori), prima conservate nella soppressa chiesa dell'Umiltà; nel presbiterio della cappella restaurò le sei statue di Sibille e Profeti di Alessandro Vittoria, rifece in terracotta la grande statua della Vergine dell'altare e il grande fregio di Galere veneziane del soffitto, che lasciò incompiuto nell'ultima parte.
Il L. morì a Venezia il 4 genn. 1945.
Fonti e Bibl.: Necr. di D. Varagnolo, in Ateneo veneto, gennaio-giugno 1945, pp. 66-68; Il Museo Correr di Venezia. Dipinti dal XIV al XVI secolo, a cura di G. Mariacher, Venezia 1957, p. 11; Gallerie dell'Accademia di Venezia. Opere d'arte dei secoli XVII, XVIII, XIX, a cura di S. Moschini Marconi, Roma 1970, p. 255; G. Lorenzetti, Venezia e il suo estuario, Trieste 1975, pp. 128, 143, 155, 299, 348 s., 462, 502, 510, 544, 640, 688, 797; G. Massobrio, L'Italia per Garibaldi, Milano 1982, p. 233; A. Cosulich, Venezia nell'800. Vita economica e costume, San Vito di Cadore 1988, p. 283; V. Vicario, Gli scultori italiani dal neoclassicismo al liberty, Lodi 1990, pp. 384-388; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, I, Torino 1994, pp. 167 s.