Lizzani, Carlo
Regista, sceneggiatore e critico cinematografico, nato a Roma il 3 aprile 1922. Dopo aver contribuito all'affermazione del Neorealismo, soprattutto in veste di critico e sceneggiatore, si è imposto negli anni Cinquanta come autore di un cinema politicamente impegnato, affrontando, con una naturale abilità di divulgatore, momenti scottanti della storia italiana, quasi sempre attinenti al fascismo e alla Resistenza. Con l'esaurirsi delle poetiche neorealiste, la sua formazione teorica, improntata a un marxismo non scolastico, fortemente venato di storicismo, non gli ha impedito di misurarsi con le forme del cinema popolare, in particolare con il poliziesco, per raccontare inquietanti episodi della cronaca italiana, come l'emergere del banditismo metropolitano, il neofascismo, la malavita.
All'inizio degli anni Quaranta partecipò, con interventi su quotidiani e riviste, al dibattito dei gruppi universitari per un cinema d'ispirazione realistica; dalla fronda passò poi all'opposizione al regime fascista. Dopo il 1945, al seguito del settimanale di spettacolo "Film d'oggi", si trasferì a Milano, dove con i ruoli di sceneggiatore e attore collaborò al film di gruppo, che proponeva una lettura marxista della Resistenza, Il sole sorge ancora (1946) di Aldo Vergano. Subito dopo prese parte come aiuto regista alla lavorazione di Germania anno zero (1948) di Roberto Rossellini e, di nuovo come sceneggiatore, a Caccia tragica (1947) e Riso amaro (1949) di Giuseppe De Santis.
Abbandonato il giornalismo (ma continuando a coltivare ricerche che sarebbero confluite nel volume intitolato Il cinema italiano, 1953, un interessante sommario storico dalle origini al Neorealismo), approfondì la conoscenza del mezzo cinematografico girando documentari, il primo dei quali, Nel Mezzogiorno qualcosa è cambiato (1950), contribuì a quella riscoperta del Sud contadino che resta uno dei tratti caratteristici del dopoguerra italiano. Passato al film di finzione, secondo una formula produttiva cooperativistica che però non sarebbe riuscita a imporsi, venne spinto dalla sua formazione storico-critica a staccarsi dalla dimensione della cronaca, centro propulsore della poetica di Cesare Zavattini, cui pure si era avvicinato dirigendo un episodio del film L'amore in città (1953). Nacquero così film che, con un'impostazione più marcatamente storicista, ricostruiscono episodi della vita italiana senza nulla concedere all'istanza privata, salvo nell'opposizione dei personaggi che sciolgono un certo freddo andamento tipico del regista: Achtung! Banditi! (1951), storia di un episodio di guerra partigiana; Cronache di poveri amanti (1954, menzione speciale della giuria al Festival di Cannes dello stesso anno), riuscito affresco della Firenze degli anni Venti tratto dal romanzo di V. Pratolini; Il gobbo (1960), vivido ritratto di un bandito della periferia romana (il 'gobbo del Quarticciolo') attivo durante la Resistenza; L'oro di Roma (1961), sull'espropriazione del Ghetto ebraico perpetrata dai nazisti nel 1944; e Il processo di Verona (1963), cupa rievocazione della condanna a morte di Galeazzo Ciano.A partire dal 1955 L. cominciò a esplorare anche altre strade, sfiorando la commedia surreale (Lo svitato, 1956, con Dario Fo) o all'italiana (La vita agra, 1964, con Ugo Tognazzi), il reportage di viaggio (La muraglia cinese, 1958), il western all'italiana, il poliziesco (Svegliati e uccidi, noto anche come Lutring, 1966) e approdando, infine, al film-dossier con cui, in modo suasivamente stringato, ha dato conto di fenomeni ed episodi di cronaca, come in Banditi a Milano (1968), sulla banda Cavallero (Nastro d'argento del 1969 per la migliore sceneggiatura con Dino Maiuri e Massimo De Rita); Storie di vita e di malavita (1975), sulla prostituzione minorile; San Babila ore venti: un delitto inutile (1976), sul neofascismo milanese; Mamma Ebe (1985), sul clamoroso caso di una santona romana. Negli anni Ottanta L. ha avviato una proficua collaborazione con la televisione pubblica, realizzando alcuni film in doppia versione, come Fontamara (1980) dal romanzo di I. Silone e Caro Gorbaciov (1988). Una particolare cura per l'analisi psicologica e la pittura degli ambienti caratterizza Cattiva (1991), film su un caso clinico affrontato e risolto dal giovane C.G. Jung con la nascente terapia psicoanalitica. L'avventurosa e difficile genesi di Roma città aperta di Rossellini è invece raccontata in Celluloide (1995), ispirato all'omonimo romanzo di Ugo Pirro anche autore, insieme allo stesso L. e a Furio Scarpelli, della sceneggiatura, premiata con il David di Donatello. Nel 1999 ha diretto il documentario biografico Luchino Visconti.
Oltre a pubblicare buona parte delle sue sceneggiature, nel corso degli anni L. ha continuato a svolgere un'intensa attività di storico e critico del cinema; tra i suoi scritti si ricordano: Storia del cinema italiano: 1895-1961 (1961); Eravamo eclettici, in Cinema e letteratura del neorealismo, a cura di G. Tinazzi, M. Zancan (1983); Il di-scorso delle immagini. Cinema e televisione: quale estetica? (1995); Attraverso il Novecento (1998). Il contributo intellettuale di L. si è inoltre manifestato nell'attività di animatore culturale (dal 1979 al 1982 ha diretto la Mostra del cinema di Venezia) e nell'opera proficua che ha continuato a svolgere in favore del documentario.
L. Chiarini, Panorama del cinema contemporaneo, Roma 1957, passim; G.P. Brunetta, Storia del cinema italiano, 3° vol., Roma 1982, 2000³ e 4° vol., Roma 1982, 1998³, passim.