Linneo, Carlo
Il grande botanico che diede nome e cognome alle piante
Linneo, medico e botanico svedese, si occupò di piante sin da giovane cercando nuovi criteri per nominare e classificare le piante note e quelle sconosciute che arrivavano dai continenti appena scoperti. Lo fece introducendo la nomenclatura binomia, ovvero assegnando alle piante (e poi agli animali) due nomi: uno per il genere e uno per la specie
Il nome Linneo deriva da Linnaeus, forma latinizzata di Carl von Linné. Nato nella provincia svedese di Småland nel 1707, Linneo fu avviato dal padre agli studi di botanica e storia naturale. Mentre studiava medicina delineò la sua riforma della nomenclatura botanica (i criteri per dare un nome alle piante) che completò nel corso degli anni seguenti e che espose nelle sue opere Systema naturae («Il sistema della natura») e Genera plantarum («I generi delle piante»). Nel 1738, medico a Stoccolma, fu uno dei promotori dell’Accademia svedese delle scienze (che oggi assegna i premi Nobel per la Fisica e per la Chimica). Divenne poi professore di botanica, dietetica e materia medica all’università di Uppsala, dove visse dal 1741 fino alla sua morte nel 1778. Rinnovò il giardino botanico dell’università e fu in contatto con tutta Europa e con il resto del mondo da dove gli arrivavano ricchissime collezioni botaniche. Le sue lezioni erano molto seguite, come le escursioni naturalistiche con gli studenti, dette herbationes («ricerche di erbe»), culminanti in festosi cortei a tempo di musica.
A metà del 18° secolo la flora e la fauna provenienti dai continenti appena scoperti avevano reso impraticabili le classificazioni di piante e animali note in Europa fin dall’antichità. I botanici, per evitare il caos, avvertirono l’urgenza di rinnovare i criteri tassonomici (ossia di classificazione), spesso soggettivi, di cui si erano serviti fino ad allora. L’italiano Andrea Cesalpino, l’inglese John Ray e il francese Joseph Tournefort proposero di classificare le piante a seconda della forma delle foglie e delle corolle. Linneo pensò invece di studiare gli organi riproduttivi contenuti nei fiori, ovvero il numero e l’ordine degli stami (i filamenti con il polline), in base a cui distinse poi le piante in 24 classi (classe delle piante con monoandria ovvero con un solo stame, con diandria con due stami e così via). Contando poi i pistilli (i tubicini che introducono all’ovario) all’interno di ciascuna classe, vide che era possibile ripartirle ancora in sottoclassi od ordini (le piante con monoginia, e cioè con un solo pistillo, quelle con diginia a due pistilli, così via). Era un sistema pratico, grazie al quale la botanica diventò una scienza agile e piacevole, pur conservando il rigore logico delle classificazioni precedenti. L’innata esigenza di Linneo di ordine e chiarezza e la cura meticolosa nel catalogare e suddividere in gruppi e sottogruppi tutte le piante da lui conosciute rispondevano a una visione dell’Universo come un’immensa collezione naturalistica affidatagli da Dio con il compito di tenerla ‘in buon ordine’.
Linneo era convinto che la natura dimostrasse l’esistenza della provvidenza divina. Vedeva ovunque un saggio equilibrio tra esseri animati e inanimati, una gerarchia di finalità intermedie convergenti verso un fine ultimo di perfezione crescente.
Negli esseri viventi esisterebbero quattro tendenze principali – propagazione, distribuzione geografica, distruzione, conservazione –, soggette a una quinta legge suprema, la proporzione reciproca. Esse regolano la vita, la morte, gli istinti, come si nota nella catena alimentare che garantisce, anche a costo della distruzione di alcuni, la sopravvivenza di altri.
Quando Darwin porrà la lotta per la vita e la sopravvivenza dei più adatti a fondamento dell’evoluzione biologica, non farà che escludere ogni finalità provvidenziale dalla concezione di Linneo, il quale era rimasto invece fedele all’idea, di origine biblica e platonica, della scala naturae («scala della natura») come grande gerarchia dei viventi.
Nell’opera Species plantarum («Le specie delle piante») introdusse l’uso della nomenclatura binomia, assegnando a ogni pianta due nomi latini: il primo si riferisce al genere e il secondo alla specie. Con gli anni Linneo ammise che, a partire dalle specie create in origine, il «midollo» comune ereditato per via materna si fosse rivestito di diverse «cortecce» ereditate per via paterna, generando per incrocio e ibridazione altre specie diverse, iniziando così a mettere in crisi l’ipotesi, da lui stesso coltivata, della fissità delle specie.