LINNEO, Carlo (Carl von Linné; latinamente Linnaeus)
Nacque a Råshult (nello Småland, Svezia) il 13 maggio (23 maggio) 1707, primo figlio di Nils, il quale, figlio di contadini, istruitosi e divenuto poi pastore della parrocchia, aveva abbandonato il nome patronimico di Ingemarsson, e si era scelto il cognome di Linné (da lind "tiglio"). Carlo ereditò dal padre la passione per la botanica, e si dedicò agli studî medici e naturalistici. Nel 1727 si iscrisse all'università di Lund, donde passò, l'anno seguente, a quella di Upsala. Qui fu ospitato da Olaf Celsius, professore di teologia e botanico dilettante. Ancora studente, L. scrisse un trattatello sulle nozze delle piante, e Olaf Rudbeck, professore di botanica, lo nominò suo aggiunto. Nel 1730 cominciò, in sostituzione del Rudbeck, le pubbliche letture che ebbero grande successo, e iniziò la sua opera di sistemazione e di arricchimento del giardino botanico. Nel 1732 la Accademia delle scienze di Upsala lo inviò in Lapponia a erborizzare. Nella Lachesis lapponica (pubblicata postuma in traduzione inglese da J. E. Smith, nel 1811) descrisse il proprio viaggio, e nella Flora lapponica (Amsterdam 1737) rese conto dei risultati scientifici. Fu poi in Dalecarlia e vi tenne un corso di conferenze.
Poiché le università svedesi non conferivano il dottorato in medicina, lasciò la Svezia, e con l'aiuto del Moraeus, di cui nel 1739 sposò la figlia, si recò in Olanda, dove, nella piccola università di Hardewijk, si laureò. Trasferitosi tosto a Leida v'incontrò parecchie personalità, fra cui J. F. Gronovius, che, visto il manoscritto del Systema Naturae, lo fece pubblicare a proprie spese (Leida 1735), e il celebre H. Boerhaave, che lo presentò a J. Burman, professore di botanica ad Amsterdam, col quale L. lavorò per un anno. Fu poi ospitato da un ricco banchiere, G. Clifford, che abitava presso Haarlem, e, continuando i suoi studî, pubblicò in quel volger di tempo Fundamenta botanica (Leida 1736) opera che riscosse unanime plauso ed ebbe molta influenza sugli studî botanici. Rifiutando diverse offerte di buone posizioni accademiche e desideroso di tornare in patria, L. si recò prima in Inghilterra (1736), fece ancora ritorno in Olanda dove curò la pubblicazione di altre opere, fra cui: Hortus Cliffortianus (Amsterdam 1737), Genera plantarum (Leida 1737) e Classes plantarum (Leida 1738). Dopo una visita ai fratelli de Jussieu e al Réaumur, a Parigi, rientrò definitivamente in patria (1738), si stabilì a Stoccolma, e cominciò a praticare la medicina. Nel 1741 fu chiamato alla cattedra di fisica e anatomia dell'università di Upsala, e l'anno successivo passò a quella di botanica. Nello stesso anno esplorò l'Åland e il Gotland e delle sue ricerche diede poi notizia in Olandska och Gothlandska Resa (1745). Durante la sua permanenza a Stoccolma fu uno dei fondatori dell'Accademia delle scienze svedese, e ne fu il primo presidente. A Upsala trascorse il resto della sua vita, recandosi spesso a Hammarby, dove aveva acquistato una villa e aveva costruito un padiglione per il proprio museo. Rifiutò sempre le offerte di cattedre che gli vennero da ogni nazione d'Europa. I riconoscimenti del suo valore e le onorificenze accademiche gli giunsero d'ogni parte, e, nel 1761, ebbe dal re la patente di nobiltà, antedatata dal 1757. La sua salute andava intanto declinando, a 60 anni la memoria cominciò ad affievolirsi, nel 1774 ebbe un colpo apoplettico che lo privò dell'uso della parte destra del corpo. Il 10 gennaio 1778 morì a Upsala e fu sepolto nella cattedrale.
La vedova, morto l'unico figlio, che L. aveva vagheggiato suo successore, offerse collezioni, libri e manoscritti a Joseph Banks di Londra; furono acquistati da J. E. Smith, primo presidente della Società linneana di Londra, e, alla sua morte, nel 1828, passarono in proprietà della società, che li conserva tuttora.
Di attività prodigiosa, L. pubblicò non meno di 180 lavori (compresi quelli delle Amoenitates) fra i quali, oltre a quelli già ricordati, citiamo: Nuptiae arborum (Upsala 1729); Methodus plantarum (Leida 1737); Flora suecica (Leida 1745); Fauna suecica (Leida 1746); Flora zeylanica (Stoccolma 1747); Philosophia botanica (Stoccolma e Amsterdam 1751); Species plantarum (Stoccolma 1753). Le Amoemtates academicae sono una raccolta di tesi dei suoi studenti, che tutte risentono la sua mano e di cui non poche sono totalmente opera sua; occupano ben 10 volumi (Stoccolma e Lipsia, 1748-1785; Erlangen 1785-90). La prima edizione del Systema naturae fu pubblicata a Leida nel 1735, la successiva a Stoccolma (1740); la 3ª a Halle (1740); la 4ª a Parigi (1740); la 5ª a Halle (1747); la 6ª a Stoccolma (1748); la 7ª a Lipsia (1748); l'8ª a Stoccolma (1753); la 9ª a Leida (1756); la 10ª, che si considera come la fondamentale, a Stoccolma nel 1758-59 (voll. 2), la 11ª Lipsia (1762); la 12ª a Stoccolma (1766), la 13ª e ultima a Lipsia (1788-93, voll. 10). Varî scritti giovanili furono raccolti e pubblicati a cura dell'Arling, a Stoccolma, nel 1888; in occasione del centenario (1907) l'Accademia delle scienze di Upsala curò un'edizione di tutte le opere.
Invano si cercherebbe nell'opera di Linneo il tentativo di edificazione di una teoria o di un'interpretazione generale dei fenomeni vitali. Pago della spiegazione che di questi dava la tradizione religiosa, e ligio al dogma cristiano, si pose come problema essenziale la classificazione non solo degli esseri viventi, ma anche dei minerali e di altri oggetti. Dotato di un acutissimo spirito di osservazione, di una singolare capacità di rilevare le differenze essenziali e più costanti e di descriverle nel modo più sobrio e preciso, mosso da un grande entusiasmo, che seppe comunicare a quanti lo circondavano, egli intraprese, con piena coscienza dell'immensità del disegno, la sistemazione dei tre regni della natura. Cominciò con la botanica; da uno scritto del Camerarius sul sesso delle piante fu indotto a studiare gli organi della generazione, e giunse così alla creazione del sistema sessuale, cioè di una classificazione basata principalmente sulla struttura e disposizione degli stami e dei pistilli. Per questo sistema vedi classificazione, X, p. 538. Si dedicò poi allo studio degli animali (vedi classificazione, X, p. 537) e del regno inorganico, e condusse così a termine il Systema naturae, di cui la prima edizione (1735) di sole 12 pagine in-folio, fu da L. stesso definita "conspectus tantum operis". Si valse dapprima, per designare le specie, di brevi definizioni da far seguire al nome del genere, secondo l'uso invalso e adottato nelle opere dei suoi precursori, J. Ray, J. Jung, J. Tournefort, ecc., e soltanto nel 1753 introdusse la nomenclatura binomia per le piante, secondo il metodo che aveva codificato nella Philosophia botanica (1751). Poco dopo applicò tale sistema di nomenclatura anche agli animali e ne fece uso nelle successive edizioni del Systema. In queste, al nome di ogni specie o altro gruppo sistematico L. fece seguire una breve descrizione o "diagnosi", che caratterizzava la specie in modo succinto, incisivo, e non di rado elegante, pur nello stile disadorno, che fu imitato ma non mai superato dai sistematici successivi.
L'importanza di questa riforma della nomenclatura, introdotta e raccomandata dall'autorità di L., se non creata da lui, fu enorme, perché, grazie a questo metodo, fu possibile coordinare e sistemare l'ingente numero delle specie allora conosciute, e, quel che più importa, fu resa possibile la sistemazione delle moltissime altre che furono scoperte e descritte in seguito. Inoltre, a questa riforma della sistematica è connessa l'esatta delimitazione del concetto di specie, che tanta importanza ebbe d'allora in poi nella biologia. Secondo L. "tot numeramus species quot a principio creavit infinitum Ens", e la specie è quindi un'entità reale, non suscettibile di modificazioni; "varietates laevissimas non curat botanicus", egli sentenziò inoltre, e in questi due motti è compendiato il suo pensiero circa il significato della specie. Ai posteri fu riservato il compito di studiare le "varietates" e di riconoscerne il valore. L'opera di L. rappresenta quindi, in certo modo, il culmine di una concezione biologica che, tramandata fin dall'antichità classica, si trasformerà nell'800 soltanto, per opera degli evoluzionisti.
Fra gli altri contributi del L. alla biologia vanno ricordati soprattutto: varî tentativi di elaborazione di un sistema naturale delle piante, in sostituzione di quello sessuale, di cui riconobbe l'artificiosità e del quale non fu mai interamente soddisfatto, e le precise notizie da lui raccolte circa l'ecologia e l'habitat di molte specie vegetali e animali, nonché le considerazioni generali sull'armonia della natura, tutte improntate a un senso di pavida ammirazione per la perfezione dei disegni della mente divina.
Per quanto riguarda la sua attività, veramente prodigiosa, è da ricordare che fu coadiuvato da amici e dai molti discepoli, a cui infondeva il proprio entusiasmo, e della cui assistenza si valse largamente. Fra questi: P. Artedi, J. C. Fabricius, P. Löfling, P. Forskål, C. Gmelin, Hasselquist, ecc.
Bibl.: Un elenco delle opere di L. fu redatto da R. Pulteney, General view of the writings of Linnaeus, 1781; una recente bibliografia è quella di J. M. Hult, Bibliographia linneana, I, Upsala 1907. Delle molte biografie si ricordino T. M. Fries, Linné. Lef nadstecking, Stoccolma 1903 (trad. inglese 1923); O. Levertin, C. von Linné, Stoccolma 1907; E. Ribbing, C. von Linné, Upsala 1918; W. Junk, Linné im Lichte neuerer Forschung, Jena 1925. In italiano, qualche notizia si trova in P. Lioy, Linneo, Darwin e Agassiz nella vita intima, Milano 1904. Cfr. inoltre trattati di storia della biologia, della botanica, della zoologia, come quelli di E. Rádl, E. Nordenskjöld, J. Sachs, V. Carus, ecc.