LINATI, Carlo
Scrittore, nato a Como il 25 aprile 1878. Studiò legge e pittura a Torino; ha esercitato l'avvocatura a Milano, ma più, che altro si è occupato delle sue terre nel Comasco. Durante la guerra mondiale fu ufficiale di fanteria. Ha collaborato a molti giornali e periodici, da La Voce a La Ronda a Il Convegno al Corriere della sera. Ora scrive specialmente su La Stampa.
Come per gli scrittori frammentisti, alla cui poetica si ricollega, i "generi" ideali del L. sono il "paesaggio", nel quale egli, con un gusto pittorico del particolare e con un piglio che di realistico subito si fa sfumato e allusivo, trascrive la propria natura di osservatore sensualmente pigro e nostalgico, di curioso più delle apparenze che dello spirito dellc cose; e il "viaggio" o "diario" lirico, nel quale quel paesismo e impressionismo si variano di figure e di luci. Innamorato della propria terra lombarda, il suo amore per il Manzoni e per gli scrittori lombardi dal Rovani al Dossi al Lucini è soprattutto terriero e letterario: ché, come certi motivi e vicende dei loro libri, e in specie del gran romanzo manzoniano, gli servono meglio a colorare e campire, sullo sfondo dei ricordi autobiografici, l'immagine e la sensazione recenti, o a meglio goderne d'un piacere riflesso, intellettuale; così dalla loro scrittura egli deduce, assaporandoli, modi e parole alla sua prosa. La quale, semplice in apparenza, in verità è sorvegliata, composita, preziosa, d'un barocchismo spesso mescolato di dannunzianesimo: fusa talora da un accento lirico genuino nell'ambito di un quadretto, di un'impressione, d'una pagina, manca di articolazioni e di organicità dí sviluppi. Onde i libri più felici del L. sono quelli deliberatamente frammentarî e antologici (Cristabella, Milano 1909; Duccio da bontà, Ancona 1913; I doni della terra, Milano 1915; Sulle orme dei Renzo, Roma 1919; Nuvole e paesi, Milano 1919; Natura, ivi 1920; Amori erranti, ivi 1921; Le tre pievi, ivi 1922; Concerto variato, Genova 1933, ecc.); meno felici quelli dove egli tenta l'architettura del racconto o del romanzo (Barbogeria, Milano 1917; Malacarne, Firenze 1922; Storie di bestie e di fantasmi, Milano 1925; Pubertà ed altre storie, ivi 1920; Due, ivi 1928; Cantalupa, ivi 1935, ecc.).
Allo studio assiduo del L. per gli scrittori di lingua inglese (e dai laghisti egli ha tratto più d'una velatura malinconica per i suoi paesaggi), si debbono anche pregevoli traduzioni da Yeats, Lady Gregory, Synge, Stevenson, De Quincey, Joyce, Lawrence ed altri; e una raccolta di articoli su Scrittori anglo-americani d'oggi (Milano 1932).
Bibl.: E. Cecchi, in La Tribuna, 28 agosto 1913; id., in La Ronda, agosto 1919; G. Papini, Ritratti italiani, Firenze 1932 (lo scritto su L. è del 1916); G. Boiné, Plausi e botte, 2ª ed., Firenze 1921; P. Pancrazi, Ragguagli di Parnaso, ivi 1920; L. Russo, I narratori, Roma 1923; C. Angelini, Il lettore provveduto, Milano 1923; A. Gargiulo, in L'Italia lett., 27 luglio 1930. Altra bibl. in A. Galletti, Il Novecento, Milano 1935.