CARLONI (Carlone), Carlo Innocenzo
Figlio di Giovanni Battista e di Taddea Aglio (de Allio), nacque a Scaria (Valle d'Intelvi, prov. di Como) nel 1686. Era fratello minore di Diego Francesco. Appena dodicenne seguì il padre in Germania per apprendere la lingua tedesca e per essere avviato all'arte dello stucco (Füssli); ma avendo egli invece dimostrato una decisa tendenza per la pittura, fu affidato dal padre al pittore Giulio Quaglio, pure intelvese, che portò con sé il C. a Venezia e di lì a Udine. Nel 1702-03 il C. seguì ancora il maestro a Lubiana dove questi doveva eseguire importanti affreschi nel duomo, e forse, nonostante la giovane età, collaborò in qualche piccolo lavoro.
Dopo il 1706 il C. si recò a Roma per perfezionare la propria educazione pittorica; qui gli fu maestro il veneto Francesco Trevisani. Nel 1712 eseguì una pala nella chiesa parrocchiale di Kirchberg presso Wagram, ora perduta, e un quadro nella chiesa dei carmelitani a Linz. Qualche anno dopo lavorò come frescante alla corte vescovile di Passavia e, sempre nella stessa città, dipinse una pala nella chiesa dei gesuiti (1714) ed un'altra per i carmelitani di Linz, le sue prime opere rimasteci. Nel 1715 circa si stabilì a Vienna chiamato dal principe Eugenio di Savoia per il quale un anno dopo terminava l'affresco con la Glorificazione del Principe nella sala dei marmi del Belvedere inferiore, in collaborazione con il quadraturista Marcantonio Chiarini (Barigozzi-Brini-Garas).
Altre opere di questo periodo sono gli affreschi del palazzo Kinsky Daun pure a Vienna, eseguiti ancora in collaborazione col Chiarini, e quelli del castello residenziale di Hetzendorf nei dintorni, dipinti per incarico della principessa di Liechtenstein. Nel 1717 gli venne affidata la decorazione della sala del Consiglio nel Landhaus di Linz dove eseguì, con il quadraturista Francesco Massenta, un grande affresco allegorico ora scomparso ma che conosciamo attraverso un bozzetto (Salisburgo, racc. privata: cfr. Barigozzi-Brini-Garas). Nell'anno 1719 il C. iniziò la decorazione della chiesa della Trinità a Paura presso Lambach, terminata nel 1723, sempre con il Massenta, e quasi contemporaneamente gli affreschi della cappella del castello del principe Eberardo Lodovico di Württemberg a Ludwigsburg, completati nel 1721, la sua prima opera in Germania.
Alcuni documenti attestano però che a quest'epoca il C. viveva a Vienna con la famiglia: la moglie Caterina Corbellini (forse seconda moglie; vedi Guldan, p. 229) e i primi dei loro numerosi figli. Risulta appunto che a Vienna nacquero e morirono due dei loro bambini (Quellen…, 1908). Un Autoritratto con la moglie e quattro figli (Milano, racc. privata) fu dipinto una decina di anni dopo. Oltre a questi il pittore avrebbe avuto almeno altri quattro figli (documenti presso la chiesa parrocchiale di Scaria).
Nel 1721 il C. eseguiva gli affreschi del duomo di Bratislava (Benesch) e a Vienna fra il 1721 e il 1723 affrescava con il pittore di quadrature Gaetano Fanti alcune sale fra cui il grande salone con una Allegoria encomiastica del principe, nel castello del Belvedere superiore, e la cappella. Molto spesso però, specialmente nelle pause di lavoro invernali, il C. tornava a soggiornare in Italia; infatti si possono datare intorno a quest'epoca vari lavori come due tele nella chiesa di Balerna (Canton Ticino), quattro nella basilica di S. Fedele a Como, e, ancora a Como, gli affreschi e i quadri del santuario del Crocefisso e l'affresco dello scalone del palazzo Gallio. Di nuovo in Austria, nel 1727 eseguì gli affreschi della parrocchiale di Gross Siegharts e quelli della cappella del castello di Schlosshof, ancora per incarico di Eugenio di Savoia. Nello stesso anno si trasferì con la famiglia a Praga per decorare lo scalone e due sale del palazzo Clam Gallas; era ancora a Praga il 13 genn. 1729 quando fu battezzata sua figlia Maria Giuseppina Francesca.
Non sappiamo se aveva già dipinto sul luogo o spedito da fuori la pala con S. Giovanni Nepomuceno per la cappella del castello di Smiřice; nella galleria del castello di Rychnov nad Kněžnou è conservato un bozzetto per pala d'altare con S. Carlo Borromeo (forse prima del 1720). Si veda, per il periodo di Praga: A. Podlaha, Posvátná místa království českého (Luoghi sacri del regno di Boemia), VII, Praha 1913, p. 171; Id., Materiálie ke slovníku umělců a uměleckìch řemeslníků v Čechách (Materiali per un dizionario degli artisti ed artefici in Boemia), in Památky archeologické, XXIX(1917), p. 52; E. Poche, Soupis památek historickìch a uměleckìch v pol. okrese kralovedvorském (Distretto di Dvůr Králové, Inventario dei monumenti in Boemia), XLVIII, Praha 1937, pp. 320, 347; J. Čarek, Palác Clam-Gallasovskì(Il palazzo dei Clam-Gallas a Praga), Praha 1941; O. J. Blažiček, Rychnovská obrazárna (La galleria di Rychnov), Praha 1956, n. 82, p. 10.
Nel 1730 il C. fu chiamato di nuovo a Ludwigsburg dove fino al 1733 (data apposta dal C., con la firma, nella galleria) compì gli affreschi del castello, uno dei suoi lavori di decorazione più impegnativi e importanti (Manke). Per il principe elettore l'artista dipinse anche due pale per una chiesa, oggi distrutta, a Münster (Claussen). Benché impegnato a Ludwigsburg, nell'anno 1731 il C. eseguì due grandi pale per la collegiata benedettina di Weingarten, e contemporaneamente trattava con un'altra abbazia benedettina, quella di Einsiedeln in Svizzera, per l'esecuzione di altre due pale, portate a termine alcuni anni dopo e collocate entro gli altari disegnati dal fratello Diego. Nel 1734, per incarico del margravio Carlo Guglielmo Federico, affrescò il soffitto del salone del castello della residenza di Ansbach in Franconia con la Glorificazione del margravio;gli stucchi sono del fratello. è stato supposto un incontro al castello di Ansbach fra il C. e Giovanni Sebastiano Bach e non si può escludere che quest'ultimo abbia dedicato proprio al C., di partenza per l'Italia, una sua famosa cantata (Voss, 1963). Nonostante tanti successi e la lusinghiera fama acquistata, infatti, nel 1737, il C. come pure il fratello, essendo probabilmente diminuite le possibilità di lavoro in Germania, tornarono in Italia per stabilirsi definitivamente a Scaria, facendo in seguito solo qualche altra breve comparsa in Germania.
Già durante un precedente soggiorno in Italia, però, il C. aveva affrescato lo scalone della villa Colleoni a Calusco d'Adda (gli affreschi delle pareti sono ora a Venezia in palazzo Grassi, quello del soffitto a Milano nel Museo Poldi Pezzoli). Nel 1736-37 dipinse le medaglie a fresco nella chiesa parrocchiale di Uggiate (Como).
Dal 1738 per circa sei-sette anni lavorò nel duomo di Monza (R. Bossaglia, L'arte dal manierismo al primo Novecento, in Storia di Monza…, V, Milano 1971, ad Ind.)agli affreschi delle navate minori collaborarono i quadraturisti G. Lecchi ed E. Ricci. Nel 1747 dipinse gli affreschi della chiesa di S. Antonio Abate (ora S. Rita) a Bergamo, e fra il 1743 e il 1750 quelli della chiesa di Tagliuno (Bergamo) con lo stuccatore M. Camuzio. Nel 1745-1746 decorò il grande salone della villa del conte P. Lechi a Montirone (Brescia) con un Trionfo della Ragione e scene prospettico-illusionistiche alle pareti: è questa la sua opera più completa e complessa in Italia. Oltre a qualche opera nel Bresciano, il C. dipinse anche un piccolo affresco nel palazzo Gallarati Scotti a Milano, unico che rimanga di lui in questa città, dopo la distruzione di quelli del palazzo Castelli (A. Barigozzi Brini, Un affresco… nel palazzo Gallarati Scotti, in Rivista di archeol. dell'antica prov. e diocesi di Como, 1956, pp. 113-120). In varie riprese, a partire probabilmente dal 1725-26, eseguì anche la decorazione a fresco e le tele della chiesa della Beata Vergine di Scaria, quasi completamente ricostruita e ornata insieme con il fratello Diego Francesco.
L'ultima opera eseguita dal C. in Germania fu la decorazione del castello Augustusburg a Brühl (Renania), dove tra il 1750 e il 1752 affrescò lo scalone, con la Glorificazione del principe elettore Clemente Augusto, due sale e una cappella e dipinse una pala d'altare (Rossacher, 1966; W. Hansmann, Das Treppenhaus und das grosse neue Appartement des Brühler Schlosses, in Studien zur Gestaltung der Hauptraumfolge, Düsseldorf 1972, pp. 32-34, 55-60, 68-74, 82 s., 116-118).
Di nuovo in Italia, all'incirca negli stessi anni, affrescò la chiesa di SS. Filippo e Maddalena a Lodi e, forse poco dopo, dipinse gli affreschi allegorici dello scalone e di varie sale del palazzo Gaifami a Brescia. A Brescia eseguì alcuni altri lavori: fra i più importanti gli affreschi della chiesa di S. Maria degli Angeli, e, nei dintorni, quelli della parrocchiale di Orzivecchi. A Bergamo decorò la chiesa di S. Michele all'Arco ed eseguì le figure dei pennacchi della cupola del duomo. Nel 1759 affrescò la parrocchiale di Fraine e il santuario della Madonna di Gianico in Val Camonica. Intorno al 1760 eseguì anche i dipinti della chiesa di S. Felice del Benaco e di S. Eufemia a Brescia. Altre opere di questa epoca sono i due quadri della chiesa parrocchiale di Castel San Pietro (Canton Ticino), quelli della parrocchiale di Calvisano (Brescia), la pala della parrocchiale di Manerbio (Brescia), gli affreschi e una tela della parrocchiale di Mello (Valtellina) eseguiti insieme con il quadraturista G. Coduri. Attese infine, insieme con G. Perego, alla vasta decorazione del duomo di Asti (1773) - lavoro particolarmente impegnativo e arduo data la tarda età dell'artista - e agli affreschi della chiesetta di Cima sul lago di Lugano. Fu anche ottimo ritrattista, come provano i ritratti della famiglia Aglio conservati a Scaria nel Museo della Valle d'Intelvi (cfr. Barigozzi Brini-Garas).
Il C. morì a Scaria il 17 maggio 1775.
Già inclinato verso il gusto decorativo dalla tradizione e dall'attività non solo familiari, ma tipiche degli intelvesi, il C. si distinse in un genere di pittura briosa e vivace, che richiedeva più fantasia ed estro prospettico che accuratezza di disegno. Fin dall'inizio della sua carriera si trovò ad assolvere incombenze importanti e di un carattere particolare: gli affreschi allegorici ed encomiastici per i principi e gli alti personaggi legati alla monarchia austriaca, compito che egli seppe assolvere con particolare maestria superando di gran lunga, i limiti della pura decorazione, ed in questo genere egli fu indubbiamente uno degli artisti più vivi e più rappresentativi. Tuttavia il ripetersi di determinate composizioni, figure e gruppi allegorici, l'importanza predominante del soggetto e del significato sulla forma artistica, sono spesso un limite alle qualità del pittore. La rapidità ed incisività di tocco, la raffinatezza tipicamente rococò della pennellata tagliente caratterizzano invece i suoi bozzetti oggi sparsi nei musei e nelle collezioni private di tutto il mondo, specie in Germania (Hansmann, 1975), in Inghilterra e negli Stati Uniti (B. B. Fredericksen-F. Zeri, Census of Pre-Nineteenth Cent. Ital. Paintings in North Amer. Public Coll.s, Cambridge, Mass. 1972, p. 46). Notevoli per qualità i disegni provenienti quasi tutti da una cospicua raccolta dell'artista, andata dispersa poco dopo la sua morte, e che doveva costituire una specie di campionario di soggetti. Pur conservando alcune caratteristiche di composizione, di prospettiva e di disegno che rimangono in gran parte inalterate durante tutta la sua carriera, l'attività del C. si può stilisticamente dividere in tre periodi. Nel primo, fino al 1730 circa, egli è strettamente legato agli insegnamenti del Quaglio e del Trevisani e quindi a caratteristiche stilistiche lombarde e bolognesi derivate dal primo, romane attraverso il secondo ed il soggiorno a Roma (dove egli frequentò certamente anche la cerchia del Maratta e del Luti e si interessò alla pittura del Baciccia). Mentre qui egli si muove ed agisce ancora entro una atmosfera tardo barocca che risente a volte di una certa pesantezza, nel secondo periodo, che copre all'incirca i vent'anni dal 1730 alla metà del secolo, egli entra in una fase rococò di gusto internazionale ricercato ed elegante; la sua pittura si fa più aerea e leggera, i colori più vivaci, le forme dinamiche e frastagliate. è questo in linea di massima il suo momento più felice. Nella terza fase, dopo la metà del secolo e fino alla morte, le tinte si schiariscono, gli spazi atmosferici si allargano secondo le tendenze e il gusto dell'epoca, ma il disegno è a volte un po' statico e con alcune durezze.
Egli risentì solo in parte del Tiepolo, e invece, specie per quanto riguarda la prospettiva e la composizione, si ispirò a Sebastiano Ricci. In alcune tele religiose dell'ultimo periodo si nota un avvicinamento al Pittoni che il C. aveva certamente conosciuto almeno nelle sue opere bresciane. Il suo posto nella pittura lombarda si può riconoscere nella corrente che risale al Legnanino, ma nel confronto con i contemporanei lombardi il C. si distinse, oltre che come migliore prospettico, per la sua fantasia dinamica e per un gusto più colto di carattere internazionale. La fama e la fortuna del C. nei paesi tedeschi superano di gran lunga quelle godute in Italia. Egli si può anche considerare uno dei pittori meglio retribuiti del suo tempo. Ricevette numerose medaglie onorifiche da Eugenio di Savoia, dai duchi di Württemberg, dal margravio di Ansbach. Benché egli non abbia lasciato veri e propri allievi né all'estero né in Italia, parecchi sono i pittori che subirono la sua influenza specialmente nella Germania meridionale, quali M. Günther e L. Kralie. In Italia si ispirarono al C. alcuni pittori locali, in particolare ticinesi o intelvesi (P. Scotti, i fratelli Breni, fra gli altri) ed alcuni artisti bresciani, come P. Scalvini e S. Cattaneo.
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