MERLO, Carlo Giuseppe. –
Nacque a Milano il 5 nov. 1690 da Carlo Antonio e da Clara Castelli. Allievo di Francesco Bianchi, fu ammesso nel 1708 al Collegio degli ingegneri e architetti della città di Milano in veste di militante, per divenire poi ingegnere-architetto nel 1716 (Gatti Perer, 1966, cui si fa riferimento dove non altrimenti indicato). Dell’anno successivo sono i primi disegni del M. per l’oratorio di S. Bernardino a Milano, approvati dall’autorità ecclesiastica nel 1718, ma messi in opera solo a partire dal 1749.
In essi è visibile la volontà di rispettare gli ambienti preesistenti e di rendere unitario il complesso, facendo sì che il nuovo oratorio divenisse il fulcro di una costruzione a pianta centrale, monumentale, ispirata alla stessa logica sottesa a uno degli edifici presi a modello dal M., il S. Giuseppe di F.M. Richini, sempre a Milano.
Nel 1721 il M. fu incaricato di assistere alla misurazione di una porzione dei Corpi Santi di Porta Nova a Milano, segno dell’indiscussa autorità della quale godeva nell’ambito delle scienze matematiche, che lo portò non di rado a ricoprire incarichi di consulenza, come avvenne, per esempio, nel 1726, quando prestò più volte assistenza per il «foppone» (grossa fossa) dell’ospedale Maggiore (Berengo Gardin, L’architettura religiosa).
Portò poi a compimento la parrocchiale di Desio, commissionata in un primo tempo a P. Tibaldi, ma iniziata solo nel 1651: i lavori diretti dal M. sono documentati tra il 1726 e il 1736 (Gatti Perer, 2004). A seguire realizzò l’altare maggiore del santuario della Beata Vergine di Caravaggio, opera documentata, quanto a note spese, a partire dal 1731, ma realizzata secondo le direttive dell’architetto solo tra il 1736 e il 1750.
Il 25 apr. 1733 il M. sposò Antonia Crespi, con cui ebbe almeno un figlio, Carlo Benedetto Maria, che seguì le orme paterne. Lo stesso anno il M. figura in veste di committente di una sua stessa opera: l’oratorio dell’Immacolata al ponte Vecchio di Magenta, portato a termine prima del 1740.
L’edificio è stato letto da Gatti Perer (1967) come perfetto esempio di architettura illuministica, in cui la funzione è chiaramente espressa e sottolineata nel suo significato trascendente dalla luce e dalle forme geometriche contenute una nell’altra: il pronao è infatti all’interno dell’aula centrale, a sua volta collocata nel sacrario rettangolare.
Nello stesso 1733 venne richiesto il parere del M. circa la facciata del duomo di Milano: il suo nome figura tra i prescelti a questo scopo e tra quelli che avrebbero dovuto presenziare alla congregazione del 21 agosto, ma il M., come si evince dai verbali, non era a Milano in quel frangente. La collaborazione del M. con la Veneranda Fabbrica del duomo ebbe comunque inizio, e continuò per il resto della sua vita.
Agli anni 1738-50 risalgono i progetti del M. e i lavori per lo scalone d’onore di palazzo Litta a Milano, la sua opera più celebrata.
Sobrio nelle decorazioni, prevedeva una rampa superiore impostata sopra un arco di curva ellittica, frutto di un accurato calcolo, ma anche di senso della misura pienamente settecentesco. Committente dell’opera fu il conte Giulio Visconti Borromeo Arese, che già nel 1738 intendeva ampliare la superficie del palazzo in cui era solito risiedere a Milano. Fu forse proprio Giulio a suggerire al M. una soluzione con uno scalone simile a quelli da lui visti a Vienna, città dove abitualmente soggiornava. I lavori dovettero essere dilatati nel tempo, se ancora vi si vuole vedere l’aiuto del matematico barnabita Francesco Maria De Regi, più volte al fianco del M., nel 1738 appena diciottenne. In ogni caso, l’opera può dirsi compiuta entro il 1750, anno di morte del committente. Lo scalone, pesantemente danneggiato durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, venne poi ricostruito.
Importante è anche lo scalone di palazzo Piccolomini a Praga, anche se l’edificio nel suo complesso non rispecchia appieno il progetto richiesto al M., che non ne seguì i lavori e si limitò a fornire i disegni da Milano. Gatti Perer (1966) ipotizza che la commissione di questo palazzo al M. fosse dovuta al fatto che l’architetto stesse lavorando per Giuseppe Perego, il cui fratello Ignazio, capitano di Maria Teresa d’Asburgo, era amico dei Piccolomini residenti in Boemia. Per G. Perego, protonotaro apostolico della basilica di S. Nazaro a Milano, il M., e non G. Piermarini come erroneamente tramandato, costruì la villa Perego a Cremnago, in una data posteriore al 1722 e vicina forse al 1740; opera che mostra, sempre secondo Gatti Perer, influenze francesi. Probabilmente per interessamento dello stesso committente, il M. ebbe l’incarico di erigere l’altare di S. Ulderico in S. Nazaro, compiuto entro il 1751.
Dalla fine degli anni Trenta il M. compare in diversi documenti e risulta particolarmente attivo.
Retribuito nel 1738, con F. Croce, per lo scalone pendente del duomo di Milano, il M. è indicato a più riprese come presente nelle sedute del Collegio degli ingegneri e architetti; ancora nel 1738 diede avvio ai lavori per la chiesa parrocchiale di S. Giuliana a Caponago, innovativa nella pianta centrale ellittica, terminata, per quanto concerne il corpo di fabbrica, già nel 1742. La chiesa si distingue non solo per gli aspetti originali in pianta, ma anche per il rispetto delle preesistenze in alzato (il muro del presbiterio e del coro); tale rispetto della tradizione e della sua valorizzazione all’interno di un linguaggio nuovo è un tratto caratteristico della produzione del M., riscontrabile anche e soprattutto nella sua attività, di poco posteriore, per il completamento del duomo di Milano.
Nel 1739 consegnò il progetto per il monastero della Visitazione a Milano: l’irregolare spazio a disposizione gli permise di coniugare rigore matematico e fantasia nell’ideare una pianta originale e fortemente innovativa (Gatti Perer, 1963). Nel 1745 diede avvio ai lavori, terminati nel 1753, per la facciata della parrocchiale di S. Andrea Apostolo a Pioltello, il cui finestrone centrale venne però chiuso in anni successivi.
Agli anni compresi tra il 1748 e il 1755 risale il progetto per il padiglione del palazzo della mensa arcivescovile di Groppello, già risistemato da G. Muttone nei primi decenni del Settecento.
Questo progetto è legato peraltro ai rilievi che il M. compì sulla roggia di Cassano, che stava invadendo con le sue acque i boschi di proprietà diocesana. L’opera non venne realizzata perché non furono rialzati gli argini del fiume Adda, come consigliato dal M., e si temeva perciò che il padiglione, luogo di riposo nel verde circostante il palazzo, avrebbe potuto essere travolto da una eventuale piena.
Di nuovo attivo per il duomo di Milano, il M. fu nominato nel 1750 «perito per l’opera della gran guglia». L’anno seguente eseguì alcuni rilievi degli esterni dell’edificio che sono stati letti come una sorta di risposta al progetto che L. Vanvitelli aveva appena elaborato (Rovetta). A questa data risale un disegno della facciata, non realizzato, che mostra la volontà del M. di adattarsi allo stile gotico preesistente. Il 1750 è con ogni probabilità anche l’anno di inizio dei lavori per l’erezione dell’oratorio di S. Carlo a Vairano, nella proprietà di quello stesso Visconti Borromeo Arese che lo aveva incaricato della ridefinizione degli spazi di palazzo Litta.
Il M. continuò inoltre a ricoprire incarichi in veste di ingegnere civile: nel 1751-52 gli venne fatta richiesta di determinare i confini tra lo Stato di Milano e la Repubblica di Venezia: disegnò perciò, con il collega veneto P.A. Cristiani, una mappa del fiume Oglio in 72 fogli.
Sempre nel 1751 il M., coadiuvato da G. Galliori, disegnò gli apparati effimeri per la traslazione del corpo di s. Carlo. L’anno successivo gli venne richiesto anche un disegno per il completamento della cupola del santuario della Beata Vergine di Rho, portata a compimento solo nel 1757-58, dopo minuziosi calcoli matematici in cui il M. venne coadiuvato da De Regi. Al 1753 risale il progetto, non realizzato, per il santuario del Ss. Crocifisso a Como.
Si tratta, una volta di più, di un progetto per un edificio religioso a pianta centrale, a conferma di come questa sia stata sentita allora come attuale e capace di dar vita a soluzioni sempre nuove (Berengo Gardin, L’architettura religiosa).
Egli fu attivo nell’area comasca ancora tra il 1754 e il 1768, per prestare la sua opera nei lavori di contenimento del corso del fiume Adda.
Al M. si deve anche attribuire, in data imprecisata, un parere del quale i capimastri comaschi tennero evidentemente conto nella realizzazione del rivestimento ligneo della cupola del duomo di Como, realizzato dieci anni dopo la sua scomparsa. Come era già successo a Caravaggio, il M., rispettoso della tradizione locale, venne ascoltato più di F. Juvarra.
Alla metà degli anni Cinquanta del Settecento risalgono i lavori per l’erezione del campanile della chiesa parrocchiale di Olginate, cui seguirono poco dopo il progetto, in parte disatteso, per il monastero di S. Luca a Milano e l’incarico (1758), affidato poi a Croce, di progettare un albergo dei poveri e casa di correzione a Milano.
Tra le ultime opere del M. si annoverano le sue proposte (1759) per la gran guglia del duomo di Milano (a cui peraltro collaborò pure De Regi), alle quali i Fabbricieri del duomo ordinarono di attenersi, scomparso ormai il loro autore, nel 1762; alla sua ultima produzione risale anche la pianta per il campanile del santuario di Rho.
Il M. morì a Milano il 13 febbr. 1760.
Fonti e Bibl.: M.L. Gatti Perer, Filippo Cagnola, Bernardo Maria Quarantini, Gioacchino Besozzi, C.G. M. e la loro opera per la Visitazione a Milano, in Arte lombarda, VIII (1963), pp. 161-184; Id., C.G.M., architetto, Milano 1966; Id., Nuovi documenti per l’architettura barocca milanese e sull’attività di Carlo Federico Pietrasanta, C.G. M.…, in Arte lombarda, XII (1967), pp. 73-76; L. Giordano, L’architettura, in Settecento lombardo (catal.), a cura di R. Bossaglia - V. Terraroli, Milano 1991, p. 362; S. Giacobone, ibid., pp. 366 s. (schede); S. Berengo Gardin, L’architettura religiosa, ibid., pp. 370-373, oltre alla scheda, pp. 388 s. e alla nota biografica, C.G. M., pp. 415 s.; S. Della Torre, ibid., p. 377 (scheda); L. Maurizi, ibid., p. 395 (scheda); M. Visioli, ibid., p. 407 (scheda); M.L. Gatti Perer, L’architettura del Settecento nell’antico Ducato di Milano: un’aggiunta al catalogo delle opere di C.G. M., in Arti a confronto: studi in onore di Anna Maria Matteucci, a cura di D. Lenzi, Bologna 2004, pp. 277-283; F. Repishti, Protagonisti e culture architettoniche nelle Lombardie tra Seicento e Settecento, in Lombardia barocca e tardobarocca. Arte e architettura, a cura di V. Terraroli, Milano 2004, p. 142; A. Rovetta, Alla ricerca di un architetto romano, tra disegni e pareri (1732-1752), in… e il duomo toccò il cielo. I disegni per il completamento della facciata e l’invenzione della guglia maggiore tra conformità gotica e razionalismo matematico 1733-1815 (catal.), a cura di E. Brivio - F. Repishti, Milano 2004, pp. 27 s.; C. Fumarco, ibid., pp. 92-95; C. Ferrari da Passano, La guglia maggiore, ibid., pp. 137 s.; G. Stolfi, La costruzione della guglia maggiore e il consulto dei matematici, ibid., pp. 165-167; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 418 (s.v. Merli, Giuseppe).
M. Mander