LAUBERG (Laubert, Lambert), Carlo Giovanni
Nacque a Teano, presso Caserta, nel 1762 da Carlo e da Rosalia Di Martino. Proveniva da una famiglia di militari valloni al servizio del re di Napoli. A nove anni il padre lo avviò al mestiere delle armi, ascrivendolo come cadetto al reggimento "Namur", dove rimase per un biennio. Predilesse invece gli studi di fisica, matematica, filosofia e teologia presso gli scolopi, dove prese i voti nel 1778; studiò poi a Napoli con D. Cirillo, G.M. Vairo, A. Boccanegra. Nel 1787, lettore di filosofia nel collegio di Chieti, pubblicò due scritti, ora rarissimi, dedicati al ministro J. Acton: l'Analisi chimico-fisica sulle proprietà de' quattro principali agenti della natura seguita da un saggio sulle principali funzioni degli esseri organizzati, ispirata dallo scientismo naturalista; e le Riflessioni sulle operazioni dell'umano intendimento, influenzate dall'empirismo lockiano, dal pensiero inglese e francese e da A. Genovesi.
Rientrato a Napoli nel 1788 o 1789, ebbe l'incarico di insegnare meccanica nel neoistituito Collegio militare della Nunziatella; poi però la cattedra, messa a concorso, andò al brillante e precocissimo Annibale Giordano, sebbene il L. avesse scritto una Memoria sull'unità dei principj della meccanica (cfr. Palladino, 1995, pp. 137-142). Nel 1791 tentò il concorso per la cattedra di fisica sperimentale nell'Università e nel 1792 per quella di storia naturale, sempre senza esito.
Pubblicò allora la traduzione di un'opera del 1757 di F.-A.-A. Pluquet (Esame del fatalismo, o sia Esposizione e confutazione dei diversi sistemi di fatalismo, che han divisi i filosofi sull'origine del mondo, sulla natura dell'anima, e sui principii delle azioni umane, I-III, Napoli 1791), ricca di spunti sulla sua visione della religione e sull'importanza della chimica. Seguace di A.-L. Lavoisier (il cui Traité élémentaire de chimie fu tradotto e pubblicato a Napoli proprio nel 1791-92), con l'amico Giordano diresse uno studio privato, soprattutto di matematica e medicina, pubblicando i Principii analitici di matematica (Napoli 1792), che sostituivano al metodo sintetico difeso da Fergola quello analitico, cui aderì a Napoli l'ambiente riformatore e progressista. Metodi analitico-algebrici, dottrina sensista e chimica analitico-quantitativa si legavano ad auspici di soluzioni politiche repubblicane, anche se l'aspirazione era ancora "ad un semplice temperamento della monarchia assoluta" (Nicolini, p. 14). Influenzato dalla visione baconiana delle scienze, il L. ne accentuava il carattere antimetafisico e i risvolti applicativi. L'appartenenza alla massoneria incise inoltre sul suo passaggio al "giacobinismo".
L'Accademia di chimica, aperta nel maggio con Giordano, divenne centro di cospirazione politica, frequentata dalla gioventù colta napoletana, sempre più impegnata sul terreno della critica alla monarchia borbonica. Vi si leggeva la stampa europea e il Moniteur, vi si parlava della rivoluzione, di questioni storiche, politiche e sociali, di riforme, propagandando ideali di libertà e di eguaglianza. Probabilmente in questo periodo il L. si spogliò dell'abito scolopio.
Gli eventi in Francia, con l'abolizione della monarchia (21 sett. 1792) e la proclamazione della Repubblica da parte della Convenzione, ebbero riflessi diretti su Napoli e intensificarono i contatti del L. con il mondo rivoluzionario: nella città, infatti, stazionò dal 16 dicembre una squadra francese agli ordini del contrammiraglio L. Latouche-Tréville, inviata dopo che Ferdinando IV aveva respinto le credenziali del nuovo inviato L.-A. de Mackau.
In questo clima nacque un complotto contro la monarchia: la massoneria si organizzò in club di tipo marsigliese e furono create la Società degli amici della libertà e dell'eguaglianza, per conto della quale il L. tradusse la costituzione francese del 1793, e la Società patriottica (1793-94), della quale egli fu presidente provvisorio. Tra il 1792 e il 1794, per la delazione di V. Manna il segreto attorno alla setta cominciò a infrangersi e ciò indusse il L. a partire per un primo esilio.
Fu a Roma, Firenze, Genova e in Francia, dove cercò di spingere per un intervento delle armi francesi in Italia. Nel maggio 1794 a Nizza trovò impiego come farmacista in un ospedale militare, facendo delle sue competenze scientifiche la base per un inserimento professionale nelle armate francesi. In seguito ricoprì quel ruolo anche presso F. Buonarroti, nella Repubblica di Oneglia, dove ebbe l'incarico di estrarre il salnitro (svolse contemporaneamente compiti di propaganda e preparò il Comitato per l'istituzione della Società popolare); fu farmacista di prima classe ad Antibes nell'armata francese d'Italia, impegnata, tra giugno e settembre 1795, contro Piemontesi e Austriaci. Ad Antibes sposò la ventenne Catherine Arnaud, dalla quale ebbe tre figlie, e cominciò a francesizzare il proprio nome in Laubert. Intanto a Napoli la scoperta della congiura (18 ottobre) comportò la sua condanna in contumacia o "fuorgiudicato" (10 nov. 1795).
Tornò in Italia con il gruppo di democratici che all'inizio della campagna di Napoleone Bonaparte premevano sul Direttorio perché prendesse l'iniziativa di liberare e democratizzare la penisola: nella Repubblica Cisalpina e a Venezia il L. fu agente rivoluzionario ed ebbe grande influenza. Questa fase del 1797-98 è stata indicata da Croce (ed. 1989) come quella di "oratore politico, giornalista e polemista antireligioso".
Probabilmente legato a J.-A.-R. Joubert, allora generale di brigata, tenne nel 1796 nell'Istituto patriottico di Milano discorsi di impostazione repubblicana ed egualitaria sulla fondazione di un istituto militare e sulla "perequazione agraria" (raccolti nell'opuscolo Pezzi politici del cittadino L.C. Lauberg. Épigr. "Nul ne peut être empêché de dire, écrire ou publier sa pensée", Const. franç. tit. XIV, Italia, l'anno I della Libertà lombarda). Rispose al quesito dell'Amministrazione generale della Lombardia circa la forma di "governo libero che possa più convenire alla felicità italiana", sostenendo la necessità della forma democratica e della soluzione unitaria.
Collaborò a giornali democratici e intraprese la traduzione delle Leçons de l'École normale de l'an III (Paris 1795): Lezioni ad uso delle scuole normali di Francia, raccolte per mezzo dei stenografi e rivedute dai professori (I-II, Milano 1798).
A Venezia, dove fu inviato dopo i preliminari di Leoben come presidente della Società d'istruzione, si interessò di divulgazione popolare dei doveri repubblicani tramite la religione, accentuando i toni anticlericali (Avvertimenti di un prete venezian ai concittadini, Venezia, anno primo della libertà [1797], "Publié, le 25 pratile, par Laubert, au nom de la Société patriotique"; Relazione sulla condotta tenuta dai Romani sotto i Francesi dall'epoca della pace di Tolentino fino al giorno d'oggi pubblicata dal cittadino Laubert, Venezia, anno I della libertà italiana [1797], con successivo dibattito e controreplica pubblicata sul Termometro politico della Lombardia, 10 dic. 1797).
Riorganizzò la massoneria secondo il modello napoletano, come gran maestro di un ordine da lui inventato, "Le colonne della democrazia". Con discorsi di impostazione democratica e sensistica cercò di democratizzare e incitare alla rivoluzione i popoli bresciano, veneto e bergamasco (Giornale de' patrioti d'Italia, 18 apr. 1797; Discorso di un libero partenopeo pubblicato in Lodi in occasione della resa di Mantova, in Giornale de' patrioti d'Italia, 21 sett. 1797. Altri articoli sul Giornale de' patrioti d'Italia e sulla Libertà italiana sono citati da F. Amodeo - B. Croce, 1898 e nella riedizione delle opere di B. Croce, 1998).
Il trattato di Campoformio del 17 ott. 1797, che cedeva all'Austria Venezia, l'Istria e la Dalmazia, lo costrinse a un'amara riflessione sulle sorti della Repubblica (Considerazioni sopra Venezia, in Monitore italiano, 1° febbr. 1798), anche in seguito a una polemica con Vittorio Barzoni, autore di un feroce atto d'accusa contro l'operato dei Francesi in Italia, al quale il L. aveva risposto con il Rapporto del Comitato d'istruzione della Società patriotica di Venezia sulla lettera di Vittorio Barzoni intitolata Rapporto sullo stato attuale dei paesi liberi d'Italia presentato al generale in capo dell'armata francese. Stampato e diffuso per decreto preso per acclamazione dalla Società medesima (Venezia 1797).
Tornato a Milano, tra dicembre 1797 e marzo 1798 riprese la propaganda anticlericale e antipapale, con interventi pubblicati ne Il Circolo costituzionale di Milano e partecipò alla divulgazione della nuova religione che dalla Francia andava diffondendosi in Italia, la teofilantropia, basata sull'amore di Dio e degli uomini, con una generica impronta massonica. Per l'amico napoletano R. Netti, anch'egli fuggito nel 1794, titolare di una tipografia a Parigi, approntò un volume di "prediche repubblicane" recitate nel Circolo costituzionale, forse mai pubblicato. Vari articoli evidenziano il suo impegno nella propaganda a favore dei Francesi in una fase di ostilità verso le armate occupanti.
Coprì anche altri campi con articoli pubblicati all'inizio del 1798 sul Monitore italiano: Progressi dello spirito umano in Italia (excursus sugli ingegni italici e sul loro carattere progressivo, nonostante il persistere di posizioni antifrancesi e antirivoluzionarie) e Sull'alto prezzo delle cose, in cui, seguendo Ferdinando Galiani, sostenne l'economia degli alti prezzi come segno di ricchezza. Diresse inoltre il Redattore, uscito dal 4 genn. 1798 con la sovvenzione del Direttorio, che il L. fu accusato di adulare.
Notò Croce che in tutta questa attività pubblicistica e oratoria mancavano riferimenti all'Italia meridionale e agli uomini che vi erano rimasti, forse per non danneggiarli oppure per consapevolezza che la politica francese non prevedeva un coinvolgimento nella zona dopo il trattato di pace del 1796 con il re di Napoli. Nel discorso dell'ottobre 1796 all'Istituto patriottico di Milano il L. descrisse l'allontanamento da Napoli come dovuto alla sua volontà di diffondere i principî della rivoluzione, senza fare riferimento alla congiura; nello stesso anno, nel rispondere al quesito sulla forma politica da dare all'Italia, trattò delle altre parti della penisola ma non del Regno dal quale era esule. Si profilava già la tendenza a celare i livelli intimi del proprio sentire, quasi necessaria a sopravvivere e darsi una collocazione in un'Europa e un'Italia soggette a continue mutazioni, alle quali occorreva in qualche modo adattarsi pur mantenendo una costante fiducia nella nazione madre, esportatrice di idee di libertà. In realtà tra i suoi progetti, secondo M. Vovelle, erano una Repubblica del Vesuvio e una di Sicilia (La rivoluzione francese e la rivoluzione napoletana, in Napoli 1799 fra storia e storiografia. Atti del Convegno internazionale,… 1999, a cura di A.M. Rao, Napoli 2002, p. 879).
Appena si profilò la possibilità di rientrare a Napoli, alla fine del 1798, il L. si ritagliò nuovamente un ruolo da protagonista. Dal Piemonte, dove ai primi di settembre, presso Barthelémy Joubert, generale in capo dell'armata d'Italia, aveva collaborato al passaggio dalla monarchia dei Savoia alla Repubblica, alla fine del dicembre 1798 raggiunse Jean-Étienne Championnet. Questi, capo della spedizione contro Ferdinando IV, dopo alcuni scontri vittoriosi nel Lazio entrò a Napoli, dove, con l'aiuto degli esuli e dei patrioti, proclamò la Repubblica. Il 3 gennaio nominò il L. presidente del governo provvisorio e del comitato centrale.
Stimato da Championnet e dal generale Paul-Charles Thiébault, che nei Mémoires (II, Paris 1894, pp. 358, 418 s.) ne ricordò l'integrità, la capacità e la "vertu stoïque", da C. Paribelli e da Eleonora de Fonseca Pimentel, cui affidò la direzione del Monitore napoletano, il L. gestì un processo rivoluzionario irto di difficoltà, difficilmente estensibile nelle province e minato non solo dalle forze nemiche ma soprattutto dalla politica del Direttorio, che non aveva interesse alla Repubblica ed era propenso a ricavarne contributi finanziari per poi riconsegnare il Regno al Borbone. Con zelo e rigore promulgò leggi sui funzionari pubblici, per l'abolizione di fidecommessi e primogeniture, sulla divisione amministrativa del territorio, le poste, la commissione di polizia e l'alta commissione militare; guidò l'azione dei patrioti e inaugurò la sala d'istruzione pubblica. Tuttavia il mancato riconoscimento della Repubblica da parte del Direttorio e i contrasti con i commissari francesi, che chiedevano contribuzioni e volevano impadronirsi dei beni nazionali, crearono una situazione di tensione. Costretto a esazioni e prestiti forzosi, il L. divenne oggetto di odi e accuse di infamia e disonestà, ora per l'abbandono dell'abito ecclesiastico, ora per il passato di scolopio.
In particolare si alimentò la favola che si era appropriato di mezzo milione di ducati. Tra i denigratori ebbe U. Foscolo, conosciuto a Venezia e ritrovato a Milano nel 1797, che lo inserì tra i "mercatanti di rivoluzioni" insieme con gli altri componenti del governo napoletano nei suoi Commentari della storia di Napoli (1803-1804). Libro secondo. Frammento, in Id., Scritti sulla Repubblica napoletana, con postfazione di L. Mascilli Migliorini, Napoli 1999, pp. 71 s., nonché C. De Nicola (Diario napoletano, 1798-1825, introduzione di R. De Lorenzo, Napoli 1999, ad ind.), esponente di atteggiamenti filoborbonici. Allontanato Championnet per dissensi dalla politica del Direttorio, il L. continuò a sperare nell'ampliamento della Repubblica, ma non ebbe eguale credito presso il nuovo comandante francese, il generale Jacques Étienne Macdonald. Il 18 marzo fu trasferito dal comitato centrale del governo provvisorio a quello di legislazione; si fantasticò anche di un suo coinvolgimento in una congiura aristocratica antidemocratica. In seguito alla riforma del governo attuata dal commissario André-Joseph Abrial, in aprile fu escluso dalla commissione esecutiva e da quella legislativa. Crebbero le accuse di furti e malversazioni e si diffuse la voce che stesse per fuggire con i tesori sottratti. Dopo un breve arresto, partì da Napoli prima della caduta della Repubblica, accompagnato dalla diceria che avesse portato con sé immensi tesori.
Iniziò così un secondo, definitivo, esilio (1799-1834), che Croce (1989, pp. 425-437) definì "borghese". Divenuto farmacista capo nell'armata francese d'Italia, ricontattò Joubert, incaricato dal Direttorio di riordinare l'Italia; nel settembre fu a Genova, presso Championnet, poi a Cuneo; la morte del primo nella battaglia di Novi (15 agosto) e poco dopo quella del secondo ridussero le speranze dei patrioti italiani in una ripresa rivoluzionaria. Il L. si allontanò "dalla politica attiva e, si direbbe, da ogni politica" (ibid., p. 426).
Stanco e nauseato, si dedicò prevalentemente al lavoro e alla famiglia. Nel gennaio 1801 serviva nella divisione di Louis-Gabriel Suchet, di cui nel marzo a Milano era segretario, e svolgeva funzioni di farmacista di prima classe nell'armata d'Italia. Licenziato il 24 aprile, fu richiamato nel settembre 1802.
I suoi principali interessi erano ormai scientifici. Nel 1802 pubblicò una memoria Sur la construction des cartes géographiques; nel novembre fu assegnato come farmacista alla spedizione in Louisiana, poi non attuata; dal 1803 al 1805 fu presso il corpo d'armata nella Repubblica Batava, e dal marzo 1806 al marzo 1808 nell'armata del Nord. Nei tre anni successivi fu in Spagna, dove nel 1809, in occasione della prima evacuazione di Madrid, riuscì a salvare le dotazioni di farmaci; il suo zelo e la sua onestà lo fecero proporre per la Legion d'onore. Tornato dalla Spagna, fu nominato ispettore generale sui depositi di medicamenti e le farmacie degli ospedali di Stato e privati. Come farmacista capo della Grande armata partecipò alla campagna di Russia e a quella di Germania; dopo Lipsia, chiuso nell'assediata Torgau, fu nominato ispettore generale del servizio di sanità militare, posto che mantenne nella Restaurazione; nel 1814 divenne membro dell'Accademia francese di medicina e del Consiglio di sanità militare, nonché ufficiale della Legion d'onore. Si applicò anche più intensamente a lavori scientifici (Memoirs of the different species of quinquina, ed. originale francese, 1816 in A.B. Lambert, An illustration of the genus "Cinchona", London 1821), fu redattore del Recueil de mémoires de médecine, de chirurgie et de pharmacie militaires (I-XVIII, Paris 1826-34), redasse il Code pharmaceutique des hôpitaux militaires e scrisse molti articoli del Dictionnaire des sciences médicales, tra 1812 e 1822.
Con il cognome ormai modificato in Lambert, collocato a riposo nell'aprile 1825 con una modesta pensione, nel mese successivo, sotto Carlo X, ebbe la naturalizzazione francese. Mantenne qualche contatto con i vecchi esuli napoletani e italiani (Francesco Saverio Salfi, G. Gambini), ma tese a cancellare i rapporti con il passato, come provano i cenni biografici redatti negli anni in cui dava egli stesso le notizie.
Si disse nato a Napoli ma figlio di francesi; fu molto vago sulla sua esperienza repubblicana nel 1799 e collegò l'attività di membro del governo provvisorio - con la congiura, la fuga e la condanna - a un caso di "persecuzione scientifica", dovuta al fatto di essere seguace di Lavoisier. Legò la decisione di fuggire in Francia anche a scelte scientifiche: la Francia era infatti il paese in cui si erano verificate le più importanti scoperte chimiche e in cui nel 1793, poco dopo il suo arrivo, sarebbe stato obbligato dalle circostanze a entrare come farmacista nell'armata. Una biografia del 1834, uscita dopo la Rivoluzione di luglio, seleziona similmente le fasi della sua vita ignorando lo stato religioso e le cospirazioni, ridotte a sospetti del governo per i suoi rapporti con Latouche-Tréville, legando la prigione e il tumulto alle reazioni per la vittoria dell'armata austro-russa e all'odio contro i Francesi: il tutto per far dimenticare il passato e legittimarsi nella Francia della Restaurazione.
A questo timore può collegarsi il comportamento tenuto nel 1834 con il giovane esule napoletano Giovanni La Cecilia, il quale, in uno scritto sulla Repubblica partenopea tradotto in francese, aveva evidenziato il ruolo di protagonista del L. in quelle vicende. Sapendo che si trovava a Parigi, il L. lo invitò nella sua casa di rue Madeleine. La Cecilia si trovò dinanzi una persona diversa da come aveva immaginato; malato e vecchio, gli confidò il timore di essere perseguitato e di essersi creato una nuova identità grazie a documenti falsi giunti da Napoli, secondo i quali il L. del 1799 era suo fratello, anch'egli scolopio e ancora vivente nella città nel collegio del Caravaggio (G. La Cecilia, Memorie storico-politiche dal 1820 al 1876, Roma 1876-78, III, pp. 25 s.).
Il L. morì a Parigi il 2 nov. 1834.
Un L. mitologico è protagonista del romanzo di V. Gallo, I due poemi dell'anima. Cronaca d'amore in una storia d'eroi (Trani 1931). Cronache, storie, memorie coeve lo descrivono di bella eloquenza, appassionato, deciso, e in genere onesto, carismatico, pieno di energia: Championnet ne notò "patriotisme" e "talents" (Marinelli, p. 121).
Fonti e Bibl.: Parigi, Archives nationales, Mss., AF.III.296, 1175: J.-é Championnet, Notes sur des italiens. Extrait d'une lettre…; le biografie coeve frutto di indicazioni dello stesso L. sono: Biographie des hommes vivants, ou Histoire par ordre alphabétique de la vie publique de tous les hommes qui se sont fait remarquer par leurs actions ou leurs écrits…, IV, Paris 1818, s.v.; Biographie universelle des contemporaines, ou Dictionnaire historique des hommes vivants et des hommes morts depuis 1788 jusqu'à nos jours…, XI, Paris 1823, s.v.; Biographie universelle et portative des contemporains, III, Paris 1834, s.v.; Nouvelle biographie généraledepuis les temps les plus reculés jusqu'à nos jours…, XXIX, Paris 1859, sub voce.
F. Amodeo - B. Croce, C. L. ed Annibale Giordano. Prima e dopo la rivoluzione del 1799, in Arch. storico per le provincie napoletane, XXIII (1898), pp. 251-257; D. Marinelli, Giornali. Due codici della Biblioteca nazionale di Napoli (XV.D.43-44): 1. (1794-1800), a cura di A. Fiordelisi, Napoli 1901, p. 121; F. Amodeo, Vita matematica napoletana, Napoli 1924, II, p. 352; A. Simioni, Le origini del Risorgimento politico dell'Italia meridionale, I-II, Messina-Roma-Palermo 1925-30, ad ind.; N. Nicolini, Luigi de' Medici e il giacobinismo napoletano, Firenze 1935, p. 14; P. Onnis Rosa, Filippo Buonarroti, commissario rivoluzionario a Oneglia nel 1794-95, in Nuova Rivista storica, XXIII (1939), 4-5, p. 360; R. Soriga, Vittorio Barzoni contro C. Laubert: una polemica patriottica alla vigilia di Campoformio, in Id., L'idea nazionale italiana dal secolo XVIII all'unificazione, a cura di S. Manfredi, Modena 1941, pp. 66-87; G. Galasso, La filosofia in soccorso de' governi. La cultura napoletana del Settecento, Napoli 1989, ad ind.; B. Croce, La vita di un rivoluzionario: C. L., in Id., Vite di avventure, di fede e di passione (1936), a cura di G. Galasso, Milano 1989, pp. 363-437; A.M. Rao, Esuli. L'emigrazione politica italiana in Francia (1792-1802), Napoli 1992, ad ind.; L'École normale de l'an III. Leçons de mathématiques, a cura di J. Dhombres, Paris 1992, ad ind.; A. Fiocca, La geometria descrittiva in Italia (1798-1838), in Bollettino di storia delle scienze matematiche, XII (1992), 2, pp. 187-249; G. Giarrizzo, Massoneria e Illuminismo nell'Europa del Settecento, Venezia 1994, pp. 391-396; L. Pepe, Università o Grandes Écoles: il piano Mascheroni e il dibattito al Gran Consiglio della Repubblica Cisalpina, in Università in Europa.Le istituzioni universitarie dal Medio Evo ai nostri giorni, strutture, organizzazione, funzionamento. Atti del Convegno internazionale, Milazzo… 1993, a cura di A. Romano, Soveria Mannelli 1995, pp. 511-523; G. Ferraro - F. Palladino, Il calcolo sublime di Eulero e Lagrange esposto col metodo sintetico nel progetto di Nicolò Fergola, Napoli 1995, pp. 175 s.; A.M. Rao, L'Istituto nazionale della Repubblica napoletana, in Mélanges de l'École française de Rome. Italie et Méditerranée, CVIII (1996), 2, pp. 765-798; L. Guerci, Incredulità e rigenerazione nella Lombardia del triennio repubblicano, in Rivista storica italiana, CIX (1997), pp. 49-120, passim; M. d'Ayala, I liberi muratori di Napoli nel secolo XVIII, Napoli 1998, a cura di G. Giarrizzo, ad ind.; B. Croce, La Rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti, ricerche (1912), Napoli 1998, pp. 225-242; F. Palladino, Metodi matematici e ordine politico: L., Giordano, Fergola, Colecchi. Il dibattito scientifico a Napoli tra Illuminismo rivoluzione e reazione, Napoli 1999, ad ind.; Id., C. L. e il metodo dell'analisi, in Gli scienziati e la Rivoluzione napoletana del 1799. Atti della Giornata di studio… 1999, Napoli 2000, pp. 73-101; R. De Lorenzo, Accademismo e associazionismo tra "desideri" riformistici e "passioni" giacobine, in Id., Un Regno in bilico. Uomini, eventi e luoghi nel Mezzogiorno preunitario, Roma 2001, pp. 17-37; L. Pepe, Matematica e matematici nell'Italia repubblicana (1796-1799), in Universalismo e nazionalità nell'esperienza del giacobinismo italiano, a cura di L. Lotti - R. Villari, Roma-Bari 2003, pp. 332 s.; Dictionnaire de biographie française, XIX, f. 114, s.v.Laubert, Charles-Jean.