GIACOMINI, Carlo
Nacque a Sale, presso Alessandria, il 23 nov. 1840 da Vincenzo e Teresa Gobbo Alvigni. Rimasto presto orfano di padre, l'aiuto economico del nonno materno, Gedeone, gli consentì di portare a compimento gli studi: dopo aver frequentato il ginnasio di Tortona e aver conseguito la maturità nel liceo di Vercelli, si iscrisse all'Università di Torino ove il 21 luglio 1864 si laureò in medicina e chirurgia. In questo ateneo prima di conseguire la laurea frequentò anche i corsi della facoltà di scienze che gli avrebbero offerto in futuro la possibilità di dedicarsi all'insegnamento delle scienze naturali: e in effetti, nel 1866 presenterà domanda di ammissione al concorso per tale disciplina presso l'istituto tecnico di Udine. Tuttavia, la sua attività professionale e scientifica si svolse interamente in ambito medico.
Dopo aver esercitato le funzioni di medico condotto a Retorbido, in provincia di Pavia, tra il 1865 e il 1866, e aver preso parte nello stesso 1866 alle operazioni belliche della terza guerra di indipendenza, nel 1867, il G. si trasferì a Torino: qui divenne assistente interno del sifilocomio e medico settore presso l'istituto di anatomia umana dell'università, allora diretto da L. Rastellini. Nel 1870 prestò opera di volontariato nel conflitto franco-prussiano e la partecipazione a quei tragici eventi gli consentì di acquisire preziose esperienze sull'alimentazione dell'uomo in condizioni estreme. Ripresa l'attività presso l'istituto di anatomia di Torino - alla cui direzione nel 1870 era stato chiamato G. De Lorenzi, in sostituzione del Rastellini -, il G. per un triennio tenne l'incarico dell'insegnamento di anatomia topografica. Aggregato alla facoltà medica, dal 1873 fu incaricato di sostituire il De Lorenzi, malato, nell'insegnamento di anatomia sistematica. Dopo aver superato il relativo concorso, divenne professore straordinario e dall'anno accademico 1876-77 assunse la direzione dell'istituto di anatomia, divenendo infine ordinario nel 1879.
L'attività scientifica del G. prese avvio con una serie di contributi clinici, il primo dei quali, concernente l'assorbimento dei medicamenti e la terapeutica delle vie respiratorie (L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, II [1867], pp. 257-266), seguirono nello stesso anno gli studi dell'avvelenamento da stricnina (ibid., III [1867], pp. 134-138) e quelli sulle manifestazioni cliniche del colera (ibid., pp. 321-326, 337-343).
Nel periodo in cui prestò servizio al sifilocomio (del quale delineò una breve storia nella nota ibid., IV [1868], pp. 497-503) pubblicò una serie di contributi sulle malattie veneree, redatti con intento eminentemente pratico (Blenorragia e sua natura, ibid., pp. 753-760; Accidenti blenorragici: ascessi follicolari dell'uretra, ibid., V [1869], pp. 161-168, 177-183; Accidenti blenorragici: prostatiti ed ascessi prostatici, ibid., pp. 257-264; Sifilide cerebrale: afasia ed amnesia, ibid., pp. 769-778, 785-791, lavoro di particolare importanza, questo, perché attraverso l'esame dei gravissimi disturbi della memoria e della parola in un sifilitico e la descrizione delle lesioni anatomiche indotte dalla malattia nei lobi anteriori del cervello rappresentò un notevole contributo alla fisiologia generale di questa parte dell'encefalo; Innesto epidermico per sifilide gommosa, ibid., VII [1871], pp. 564-566; Nota per servire allo studio degli ascessi blenorragici, ibid., pp. 593-598; Errori di diagnosi, ibid., VIII [1872], pp. 74-77, 236-239, 523-527, 538-543; La pratica nelle malattie veneree e sifilitiche, ibid., pp. 52-56 e IX [1873], pp. 184-191, 201-208; Sifilide ossea: asportazione di gran parte delle ossa del cranio e della faccia, ibid., XIII [1877], pp. 6-9, 20-25, 40-42, studio di grande interesse non solo per i brillanti risultati conseguiti con l'operazione, ma soprattutto perché la gravissima lesione osservata gli diede modo di compiere, in collaborazione con A. Mosso, approfondite ricerche di fisiologia generale compendiate nella memoria Esperienze sui movimenti del cervello dell'uomo, in Arch. per le scienze mediche, I [1876-77], pp. 245-278). A questo gruppo di studi clinici appartengono anche una revisione dei casi di ovariectomia eseguiti in Italia sino a quel momento (in L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, V [1869], pp. 264-267) e la descrizione di una nuova tecnica per eseguire la circoncisione nel trattamento della fimosi (ibid., VI [1870], pp. 545-557, 561-570).
Nella monografia Alimentazione di Parigi durante l'assedio e sue conseguenze, pubblicato a Torino nel 1872, descrisse l'utilizzo a scopo alimentare da parte della popolazione, gravemente provata dalla mancanza di cibo, di prodotti di origine organica, fino ad allora considerati non commestibili o destinati ad altri usi. Di alimentazione il G., del resto, si era già occupato in una nota sull'utilizzo e le proprietà del latte di Liebig pubblicata in L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, III (1867), pp. 17-23. Ritornerà sull'argomento, prendendo spunto dalla descrizione di un casuale reperto necroscopico di parassitosi da cysticercus cellulosae in un individuo di 43 anni da lui sezionato, e di quattro casi di teniosi (ibid., X [1874], pp. 807-809, 822-823): in questo saggio, quanto di più aggiornato esistesse in quel momento sull'argomento, il G. non solo si soffermò sulla etiopatogenesi delle forme di parassitismo, ma fornì anche alcune norme di profilassi per evitare la contaminazione.
I contributi recati dal G. alle scienze anatomiche possono essere suddivisi in cinque grandi aree: 1) lavori di argomento vario; 2) osservazioni angiologiche; 3) ricerche sul cervello; 4) studi sull'anatomia degli individui di razza negroide; 5) indagini sulle anomalie di sviluppo dell'embrione umano.
Al primo gruppo appartiene Anomalia dei nervi della mano, in L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, VIII [1872], pp. 179-182, che segnò il suo esordio nell'ambito della ricerca morfologica: in questa nota descrisse un'anomalia molto rara, la mancanza del ramo dorsale cutaneo del nervo cubitale, sostituito dal radiale. Tra questi studi si ricordano anche il reperto in una paziente affetta da cretinismo dell'os odontoideum, il primo caso consegnato alla letteratura anatomica nel mondo (Esistenza dell'os odontoideum, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, vol. XXXIV [1886], pp. 24-38) e la descrizione di una ossificazione in un muscolo oculare (Ossificazione della troclea del muscolo grande obliquo dell'occhio, ibid., pp. 700-713) che gli permise, anche su base statistica, di stabilire che la spina trocleare inferiore consegue a ossificazione del legamento posteriore della troclea, mentre la spina trocleare anteriore consegue all'ossificazione del legamento anteriore.
Gli studi angiologici del G. iniziarono con le Osservazioni anatomiche per servire allo studio della circolazione venosa delle estremità inferiori, ibid., s. 3, vol. XIV [1873], pp. 109-135, 146-169, descrizione delle numerose dissezioni che gli consentirono di precisare il decorso delle safene, le loro anastomosi con il sistema venoso profondo e la disposizione delle valvole in tali anastomosi, che ritenne fondamentale per spiegare l'origini delle varici; in particolare il ramo anastomotico superiore fra le due safene, che egli trovò costantemente, fu poi chiamato "vena anastomotica del Giacomini". Ulteriore contributo all'angiologia fu la nota Sopra di una ampia comunicazione fra la vena porta e le vene iliache destre, ibid., pp. 584-621, in cui descrisse un vaso venoso ectasico, esteso dal ramo di biforcazione della vena porta alla vena iliaca esterna destra e, in parte, alla vena otturatoria dello stesso lato, osservazione che gli permise di esporre alcune considerazioni sul circolo portale epatico e le relative vie anastomotiche. Con la monografia Sulla prematura divisione dell'arteria del braccio, Torino 1874, pubblicata dopo le osservazioni condotte su centinaia di arti superiori in parecchi anni, definì le anomalie più frequenti cui possono andare incontro l'arteria omerale e le branche di biforcazione, identificando sette gruppi che denominò dal modo di comportarsi delle distribuzioni del vaso anomalo all'avambraccio (radiale, cubitale, radio-cubitale, radio-cubito-interosseo, aberrante, comunicante, mediana). Successivamente ritornò sull'argomento in Prematura divisione delle arterie del braccio sotto-varietà mediana, in L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, XX (1884), pp. 129-140, precisando ancor meglio i criteri per la classificazione dei singoli casi. Nel saggio Topografia del cuore, ibid., XXII (1886), pp. 1-7, 18-25, 34-42, 49-57, che costituì a lungo lo studio più completo sull'argomento, il G., utilizzando una tecnica di sua invenzione detta della "cucitura dei visceri", che gli permetteva di estrarre i visceri dal cadavere e di conservarli per ulteriori esami pur rimanendo segnati i punti di repere con le pareti toraciche, studiò minutamente i rapporti del cuore e del pericardio con le strutture viciniori e precisò, in particolare, i rapporti proiettivi del viscere con le vertebre dorsali (dalla quarta all'ottava), che chiamò "vertebre cardiache" e furono poi conosciute come "vertebre di Giacomini".
Le ricerche neurologiche del G., i cui risultati pubblicò fra il 1878 e il 1891, profondamente influenzate dalle teorie positivistiche diffuse negli ultimi decenni dell'Ottocento, costituiscono, unitamente ai contributi sull'anatomia degli individui di razza nera, i suoi studi di maggiore rilievo. Il primo lavoro in questo campo fu un esame particolareggiato della topografia della scissura di Rolando, pubblicato in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, vol. XXIV (1878), pp. 67-82, 98-117, 129-151; successivamente, valendosi delle tecniche di conservazione da lui ideate, e grazie a un esame analitico di un grande numero di encefali, il G. nella monografia Guida allo studio delle circonvoluzioni cerebrali, Torino 1878 (2° ed., ibid. 1884), giunse alla conclusione che le circonvoluzioni cerebrali, che furono da V. Malacarne chiamate "processi enteroidei", in quanto si supponeva che la loro disposizione fosse irregolare e arbitraria come le inflessioni dell'intestino tenue, erano, invece, costanti in numero e direzione, nei mutui rapporti, nello sviluppo e nella vascolarizzazione. Egli precisò inoltre che le variazioni morfologiche della corteccia non costituivano deviazioni dal tipo normale e non erano collegabili a "speciali disposizioni dell'animo e a particolare sviluppo delle facoltà dell'intelligenza" (p. 193), e che i cervelli dei delinquenti presentavano le stesse varietà, opinione questa che ribadì in una lettera aperta a M. Benedikt di Vienna (Sulla questione dei cervelli dei delinquenti, in L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, XIX [1883], pp. 141-143, 156-159, 174-176). Prese, poi, in considerazione il peso assoluto e specifico dell'encefalo, lo spessore della corteccia cerebrale in rapporto alla sostanza grigia e a quella bianca, la topografia cerebro-craniale, quella della scissura di Rolando rispetto sia alla cavità cranica sia alla parte centrale degli emisferi cerebrali, accennando, anche, alla possibilità che nel modo di presentarsi di pieghe e solchi vi fossero particolarità che caratterizzassero il sesso e la razza. A completamento di questi studi il G. pubblicò il saggio Varietà delle circonvoluzioni cerebrali dell'uomo, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, vol. XXIX (1881), pp. 273-295, 324-403, 589-671, nel quale avanzò l'ipotesi della non uniformità della struttura della corteccia cerebrale.
Egli studiò e descrisse l'intima struttura della benderella dell'uncus dell'ippocampo: La benderella dell'uncus dell'ippocampo nel cervello umano e di alcuni animali, ibid., s. 3, vol. XXX (1882), pp. 702-727, dimostrando che il modo di terminare anteriormente della fascia dentata in una benderella circondante l'uncus, detta poi "benderella del Giacomini" è una particolarità del cervello umano e delle scimmie superiori, in rapporto al grande sviluppo che assume anteriormente il grande piede dell'ippocampo e il suo uncus; approfondì successivamente queste ricerche in Fascia dentata del grande ippocampo nel cervello umano, ibid., s. 3, vol. XXXI (1883), pp. 674-742.
Tra il 1876 e il 1890 il G. pubblicò una serie di lavori relativi alle osservazioni da lui compiute su cervelli di microcefali (Una microcefala, ibid., s. 3, vol. XIX [1876], pp. 774-804, 810-828, 873-898; Contributo allo studio della microencefalia, in Arch. di psichiatria, ricerche penali ed antropologia criminale per servire allo studio dell'uomo alienato e delinquente, VI [1885], pp. 65-81; I cervelli dei microcefali, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, vol. XXXVII [1889], pp. 449-519, 539-598; vol. XXXVIII [1890], pp. 345-434, 565-602, 774-848; Studio anatomico della microcefalia. I cervelli dei microcefali, Torino 1890). Nei 19 microcefali studiati egli non si limitò a prendere in considerazione l'asse cerebro-spinale, ma estese le ricerche a tutti gli organi del corpo rivelandone i particolari più interessanti non conformi al tipo normale e giungendo a importanti conclusioni che si possono così riassumere: nella microencefalia il processo che aveva colpito l'organismo si era localizzato essenzialmente nel sistema nervoso; la deformità del cranio era una conseguenza del mancato sviluppo dell'encefalo; l'anomalia di sviluppo non si limitava al solo cervello propriamente detto, ma si estendeva anche ad altre parti del sistema nervoso; la microencefalia consisteva in un arresto di sviluppo del sistema nervoso centrale avvenuto a diverse epoche della vita embrionale; il sistema nervoso dei microcefali non presentava alterazioni patologiche che potevano essere messe in rapporto con l'arresto di sviluppo; nella conformazione della superficie cerebrale, oltre ai segni dell'arrestato sviluppo, si trovavano, nella microencefalia di alto grado, altre disposizioni che costituivano vere rassomiglianze animalesche e che non potevano essere interpretate che come fatti atavici; la microcefalia, infine, non poteva essere utilizzata a favore della teoria di discendenza, poiché non rappresentava alcun periodo storico dello sviluppo dell'uomo. Sono pertinenti alla morfologia dell'encefalo anche le osservazioni anatomo-comparative su un esemplare di scimpanzé adulto, oggetto di indagini di anatomia generale da parte del suo allievo G. Sperino (Sul cervello di un scimpanzé, in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, XXIV [1888-89], pp. 798-820).
Notevole, in rapporto con le teorie antropologiche della seconda metà del XIX secolo, fu il lavoro Annotazioni sull'anatomia del negro (in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, vol. XXIV [1878], pp. 454-470, 506-519; vol. XXX [1882], pp. 729-805; vol. XXXII [1884], pp. 462-491; vol. XL [1892], pp. 17-64; s. 4, vol. III [1897], pp. 649-672; Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, XXII [1886-87], pp. 693-711), frutto di una lunga elaborazione di studi macro e microscopici di organi e sistemi di soggetti di razza negra compiuti fra il 1878 e il 1892. Il G. intendeva compiere un'indagine completa sull'anatomia dei negri, non esclusa quella degli apparati osteo-articolare e nervoso, ma il progetto non fu condotto a termine. La maggior parte delle salme, oggetto delle indagini autoptiche, gli pervenne dall'Istituto Cottolengo, dall'ospedale Evangelico, dall'ospedale S. Giovanni, dall'ospedale S. Luigi: si trattava in maggioranza di individui che avevano raggiunto Torino in occasione delle Esposizioni universali. Il G. raccolse anche altro materiale, mai elaborato, durante un suo viaggio in Africa nel 1895. Poté eseguire osservazioni essenzialmente riferibili alla miologia, all'angiologia (in tale settore, in particolare, documentò la presenza pressoché costante di linfonodi nel tessuto sottocutaneo della mammella e della presenza in essi, quando ne siano afferenti vasi linfatici cutanei, di melanofori), alla splacnologia, all'estesiologia, all'architettura della laringe e a quella del bulbo oculare e dei suoi annessi. Riguardo all'apparato digerente, il G., in particolare, notò il notevole sviluppo raggiunto dalla plica fimbriata della lingua, e il limitato sviluppo del lobo sinistro del fegato, reperto questo che considerò di dubbio significato razziale; descrisse inoltre la presenza, al di sopra del legamento triangolare sinistro, di una plica peritoneale triangolare circoscrivente, con il predetto legamento e il diaframma, una fossa che interpretò come eguale alla fossa epatica di Kraus; scoprì, infine, il notevole sviluppo raggiunto dalle appendici epiploiche e l'esistenza di melanofori nella mucosa dell'intestino retto a monte delle valvole semilunari di Morgagni. Con particolare accuratezza descrisse l'architettura della laringe, repertando costantemente, fra l'altro, la cartilagine del Wrisberg, che non connotò, però, con eventuali variabili razziali. Nella corda vocale studiò minutamente i rapporti con la muscolatura intrinseca e in particolare con il muscolo tiroaritenoideo del quale dimostrò le notevoli variazioni di sviluppo, soprattutto nei confronti dei fasci laterali, pressoché assenti nel boscimano, integrando queste indagini con altre condotte nelle scimmie (La plica semilunaris e la laringe nelle scimmie antropomorfe, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 4, vol. IV [1897], pp. 649-671). Nel campo della estesiologia ritenne importante lo studio dell'occhio per stabilire i confronti con la razza bianca (Annotazioni sull'anatomia del negro. Appendice alle tre prime memorie. Esistenza della ghiandola d'Harder in un boscimane. Duplicità della cartilagine della plica semilunaris. Muscolo ciliare nei negri. Distribuzione del pigmento del globo oculare, Torino 1887).
L'ultimo gruppo di lavori del G. è relativo alle sue ricerche embriologiche, che lo tennero impegnato nell'ultimo decennio di vita e che raccolse nella serie di memorie intitolate Su alcune anomalie di sviluppo dell'embrione umano (in Atti della R. Accademia delle scienze di Torino, XXIII [1887-88], pp. 148-157, 206-221; XXIV [1888-89], pp. 578-600; XXVII [1891-92], pp. 64-84, 802-816, 1004-1016; XXVIII [1892-93], pp. 24-39, 765-780; XXIX [1893-94], pp. 638-650; XXX [1894-95], pp. 642-663; XXXII [1896-97], pp. 18-31; XXXIII [1897-98], pp. 125-137), nelle quali il G. si propose l'analisi dei fattori che promuovevano le deviazioni dello sviluppo umano. Accanto a queste è da porsi lo studio di un uovo umano di 11 giorni (in Giorn. dell'Accademia di medicina di Torino, s. 4, vol. III [1897], pp. 727-749), proveniente da un aborto di una donna di 22 anni, del quale il G., con sezioni microtomiche seriate, studiò tutte le componenti (corion, amnios, magma reticolato, vescicola ombelicale, peduncolo addominale, canale allantoideo), riaffermando ancora una volta l'originalità delle sue ricerche.
I brillanti risultati conseguiti dal G. sono in parte da attribuirsi anche all'elaborazione, da lui stessa compiuta, di nuove tecniche per la conservazione dei materiali autoptici e per l'allestimento di sezioni microtomiche, nonché ai miglioramenti apportati agli strumenti ottici di indagine (Sezioni microscopiche dell'intero encefalo umano, in L'Osservatore.Gazzetta delle cliniche di Torino, XVIII [1882], pp. 421-427, 449-457, 529-534; Nuovo microscopio per l'esame delle sezioni dell'intero encefalo umano adulto, in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 3, vol. XXXI [1883], pp. 412-420; Nuovo processo per la conservazione delle sezioni di cadaveri congelati, ibid., pp. 624-641; Nuovo processo di conservazione delle sezioni microscopiche, ibid., s. 3, vol. XXXIII [1885], pp. 762-789); in particolare egli ideò un metodo per la conservazione dell'encefalo in ambiente non liquido (Nuovo processo per la conservazione del cervello, in L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino, XIV [1878], pp. 421-425, 433-440) consistente nel trattamento della massa nervosa con soluzioni di cloruro di zinco, bicromato di potassio, alcool e glicerina: con tale procedimento preparò oltre 1000 encefali, gran parte dei quali tuttora conservati presso l'istituto di anatomia di Torino.
Il G. fu tra i fondatori e redattore attivissimo della rivista L'Osservatore. Gazzetta delle cliniche di Torino. Appartenne a varie società e accademia scientifiche: l'Accademia medica di Genova, l'Accademia delle scienze e l'Accademia medica di Torino, della quale per molti anni fu archivista-bibliotecario e che lasciò erede di una cospicua rendita per l'incremento del patrimonio bibliografico. Fu insignito del titolo di cavaliere degli Ordini dei Ss. Maurizio e Lazzaro e della Corona d'Italia.
Morì a Torino il 5 luglio 1898.
Fonti e Bibl.: G. Sperino - S. Varaglia - A. Bovero, Le onoranze funebri a C. G., in Gazzetta medica di Torino, XLXI (1898), pp. 543-564; G. Romiti, C. G., in Monitore zoologico italiano, IX (1898), pp. 178-182; G. Sperino, C. G., in Giornale dell'Accademia di medicina di Torino, s. 4, vol. V (1899), pp. 565-607 (con elenco dei necrologi); Id., L'encefalo dell'anatomico C. G., ibid., s. 4, vol. VI (1900), pp. 737-808; Onoranze a C. G., in Julia Dertona.Boll. della Società storica tortonese, I (1911), pp. 7 ss.; A. Ferrannini, Medicina italica (priorità di fatti e di direttive), Milano 1935, p. 108; L. Testut, Anatomia umana, V, Torino 1949, p. 460; F. Bazzi, C. G.: della anatomia delle razze di colore e il suo contributo alla conoscenza, in Castalda, III (1960), pp. 162-166; F. Loreti, Contributo alla storia dello "Studio" anatomico dell'Università di Torino: C. G., in Memorie dell'Accademia delle scienze di Torino, s. 4, I (1962-66), pp. 1-69; A. Parrini, Storia dell'arte sanitaria dalle origini a oggi, II, Torino 1974, pp. 1249, 1252; M. Galloni, C. G. e l'istologia dell'encefalo, in Journal of biological research, LXX (1994), 7, pp. 15-241; A. Hirsch, Biographisches Lexikon der hervorragenden Ärzte…, II, pp. 738 s.; Enc. Italiana, XVI, p. 935.