GARAVAGLIA, Carlo
Nacque a Cuggiono, nei pressi di Milano, il 16 apr. 1617, quartogenito di Giovanni Battista e di Domenica Gino; è probabile che fosse un suo fratello morto precocemente, e non il G. stesso, il Carlo nato a Cuggiono dagli stessi genitori il 6 nov. 1614.
Si trasferì a Milano entro il dicembre del 1633, anno di nascita del suo primogenito Giovanni Battista. Successivamente spostò la sua residenza dalla parrocchia di S. Paolo in Compito a quella di S. Maria Segreta ed ebbe qui dalla moglie Laura altri sei figli, quattro femmine e due maschi.
La prima residenza nella parrocchia di S. Paolo in Compito favorì l'instaurarsi di legami d'amicizia fondamentali per il suo avvio professionale; tra questi spiccano quelli con due personaggi che furono padrini di battesimo dei primi figli del G., ossia l'intagliatore Giovanni Battista Salmoirago e il pittore Riccardo Taurini, rispettivamente nipote e figlio dei celebri intagliatori Riccardo e Giovanni Taurini. Nella nuova residenza in parrocchia di S. Maria Segreta il G. si avvicinò ad altri artigiani con i quali collaborò nel corso della sua attività: il doratore Melchion Clerici, l'intagliatore Tranquillo Zuchelli e l'organaro Michelangelo Valvassori.
Da questi contatti giovanili - documentati da uno Stato d'anime del 1637 (Parvis Marino, 1989, p. 200) e da vari atti anagrafici, ma, finora, da nessuna opera anteriore al 1640 compiuta autonomamente o con altri - è ipotizzabile che tra il 1635 e il 1640 il G. abbia compiuto il suo alunnato quinquennale, per diventare "maestro legnamaro", presso qualche intagliatore più anziano: Salmoirago, per esempio, celebre per le specchiature a rilievo per l'organo del santuario di Tirano; oppure Zuchelli, che nel 1637 teneva bottega in città dando lavoro a più apprendisti "lavoranti" e che nel 1650 era stimato al pari di Salmoirago per la sua competenza e onestà nella valutazione dell'opera dei colleghi; oppure presso la bottega dei Taurini.
Una nuova ipotesi attributiva, suggerita da Spinelli, riguarda l'armadione secentesco della sacrestia di S. Gottardo in Corso (databile al terzo o quarto decennio del Seicento), la cui alzata, perduto il resto, è accostabile per motivi stilistici alla produzione del giovane G. operante, forse, all'interno di una bottega di qualche maestro più anziano.
Vicino al G. fu Carlo Canavese, detto lo Spadino, che, appartenente a una famiglia di intagliatori attiva in Milano tra il primo Seicento e il Settecento inoltrato, condivise varie imprese del G. occupandosi dell'aspetto strutturale.
È difficile definire il ruolo giocato dalle molte conoscenze che il G. accumulò nel corso della sua esistenza. Contribuì certamente a creargli intorno un clima particolarmente favorevole alla continua offerta di nuove commissioni la stima attestatagli dalle più umili maestranze (il "legnamaro" Cesare Lucino o il doratore Giovan Battista Basilico), da alcuni degli ingegneri più in vista della città (Ercole Turati e Gerolamo Quadrio, per esempio) e dagli stessi parrocchiani di S. Maria Segreta che lo vollero sindaco della scuola del Ss. Sacramento (1661-62), unitamente agli indubbi pregi della sua produzione artistica.
Almeno quattro complessi corali intagliati diedero il via all'attività professionale del Garavaglia. Si tratta del coro della parrocchiale dei Ss. Margherita e Salvatore a Busto Garolfo (1640-41) e di quelli per tre abbazie: la benedettina di S. Pietro in Gessate (1643-45), la cistercense di S. Maria di Chiaravalle Milanese (1645-49) e l'olivetana di Villanova del Sillaro (1645-48) nel Lodigiano. Precisati sulla base dei rispettivi atti di commissione gli estremi cronologici dei primi tre complessi, non sono stati invece reperiti nuovi dati sul coro milanese di S. Maria in Fulcorina, forse del G., che servì da modello ai nove stalli del coro di Busto Garolfo (Conti, p. 345).
Per quanto riguarda invece il coro di S. Pietro in Gessate nuovi documenti (Parvis Marino, 1998) relativi sia alla struttura sia al collaboratore del G., Carlo Canavese, confermano nei dettagli un'attribuzione su base stilistica precedente alla pressoché totale distruzione dell'opera avvenuta nel 1943 (si sono conservati soltanto otto stalli dei 34 dell'ordine superiore). Nel 1934 Scaglia aveva già considerato il coro in S. Pietro un antecedente immediato di quello a Chiaravalle, ma realizzato "con assai maggior senso di misura".
Simili come tipologia e proporzioni - ma molto più ornati (si veda l'ordine a putti che divide gli stalli e i pannelli istoriati nei dossali) - sono i due cori gemelli di Chiaravalle e di Villanova. Il coro di Chiaravalle e il suo leggio furono commissionati, rispettivamente, nel 1645 e nel 1649 (Parvis Marino, 1989 e 1992): trenta dei quarantaquattro pannelli del coro, e almeno una delle sei formelle del leggio, sono ispirati ai disegni eseguiti da A. Tempesta per la Vita et miracula divi Bernardi, edita a Roma nel 1587, e ad altri passi dell'agiografia bernardiana (Dal Pra, 1987 e 1990; Parvis Marino, 1992). Tuttavia, la distribuzione delle storie risulta oggi differente rispetto all'esatta cronologia degli eventi raffigurati e tale, forse, era anche al tempo dell'allestimento progettato dal Garavaglia. La datazione del coro di Villanova, tradizionalmente situato tra il 1634 e il 1645 (Caffi; Agnelli, 1894), è da posticipare al 1645-47 per i trentuno stalli del coro e al 1648 per il leggio, precisando così la datazione già indicata dalla Conti (p. 347).
Altre opere autografe, ma disperse, confermano la fortuna e la versatilità dell'artista: il parapetto e la cassa dell'organo di Cuggiono, realizzato tra 1643 e 1644 insieme con Carlo Canavese (Visconti), il tabernacolo in legno dipinto della chiesa milanese di S. Vittore al Corpo, del 1647, e, dello stesso anno, quello in marmo e pietre dure per S. Maria Segreta (Arch. di Stato di Milano, Fondo di religione, parte antica, 1519: Nota…, 1593-1692, c. 3r).
Tra gli arredi autografi del G. a noi pervenuti sostanzialmente integri, si segnalano alcuni mobili da sacrestia: per esempio, i due per Chiaravalle Milanese del 1649 (Parvis Marino, 1989) e i quattro - di cui due andati distrutti nel corso dei bombardamenti del 1943 - della basilica di S. Ambrogio (1653-54), alla realizzazione dei quali parteciparono il Canavese come "legnamaro", il G. come intagliatore e Luigi Cernello come coordinatore delle maestranze e addetto alla fornitura dei materiali.
Del 1650 è il perduto reliquiario a tabernacolo di S. Pietro Martire in S. Eustorgio a Milano. In una stampa ottocentesca della chiesa milanese di S. Simpliciano, segnalata da Ghielmi, sono parzialmente visibili i due organi della navata centrale, anch'essi dispersi, attribuiti al G. grazie a un atto di stima del giugno 1650 (Baroni, 1968): la stampa permette di identificarne almeno la tipologia, che appare molto simile a quella dei due organi superstiti realizzati in seguito dal figlio Carlo Giuseppe per le chiese di S. Giuseppe a Milano e di S. Lorenzo a Cuveglio.
Nella parrocchiale di Cuggiono si è salvata la parte superiore dell'unico tabernacolo esistente del G., databile al 1654-59, caratterizzata da colonnine tortili a tutto tondo e testine di cherubini; perduta è la parte inferiore su basamento esagonale come anche una Pietà che era collocata sulla porticina del tabernacolo. Nella chiesa milanese di S. Eustorgio si trovano due candelieri d'argento del 1653 disegnati dal G. (Allegranza). In S. Lorenzo, sempre a Milano, è conservata la famosa Urna di s. Aquilino, in argento e cristallo di rocca, che venne realizzata con alcune varianti rispetto al disegno autografo del 1658 conservato presso la Raccolta delle stampe Achille Bertarelli; sempre in S. Lorenzo sono del G. gli angeli dorati, con relativi "modiglioni", dell'altare maggiore (posteriori al 1654). Nel 1661 vennero commissionate al G. (Conti, p. 348) le quindici tavolette coi Misteri del Rosario della parrocchia di S. Martino di Inveruno; è forse del G. anche la statua centrale della Vergine in legno stuccato e dipinto.
Nel 1662, insieme con il doratore Melchion Clerici e su disegno dell'architetto Gerolamo Quadrio, realizzò il perduto modello ligneo per l'ancona della Madonna dell'Albero del duomo di Milano. Sono andati inoltre dispersi il tabernacolo dell'altare maggiore di S. Alessandro, commissionato il 28 nov. 1662 (Torre, p. 136; Baroni, 1940, p. 32;), e quello di S. Maria alla Porta (1661-62), compiuto dal figlio Carlo Giuseppe nel 1666 e oggetto di successivi interventi e modifiche tra il 1672 e il 1674 (Scaglia; Reina).
Altre opere assegnate al G., per la cui attribuzione si attendono ulteriori prove documentarie, sono il confessionale delle reliquie e il pulpito a commesso di pietre dure della chiesa barnabita di S. Alessandro (entrambi successivi al 1650, come si ricava da un documento del 2 sett. 1669 conservato presso l'archivio della chiesa), oltre al pulpito marmoreo e alla panca presbiteriale di S. Lorenzo (1652-64).
Verosimili, per quanto non verificabili dopo la scomparsa delle opere avvenuta tra XVIII e XIX secolo, sono le attribuzioni al G. - risalenti per lo più a Torre e a Latuada - dei gradini intagliati con Storie della Passione per l'altare di S. Simpliciano (post 1650) e dei tabernacoli lignei per S. Maria in Beltrade (metà del sec. XVII: Parvis Marino, 1989, pp. 200 s.) e per S. Maria Incoronata (1652-54), nonché del modello per l'altare di S. Maria presso S. Celso (metà del sec. XVII) in legno dipinto.
Perduto è anche il tabernacolo ligneo di S. Ulderico al Bocchetto (1650-56: Torre, p. 229): l'attribuzione al G. è resa probabile in quanto l'artista abitava accanto al monastero (Conti, p. 347) e funse da procuratore di quel Giovanni Pietro Fanelli autore dell'ancona in marmo e bronzo per lo stesso altare (Arch. di Stato di Milano, Fondo di religione, parte antica, 2240, f. 1: Diverse spese, 1653-57, sottofasc. 1, cc. 1r-2v; 1656, 25, XI; 1672, sottofasc. 3: cc. 1r, 2v).
Alla luce dei suoi principali lavori a intaglio (cori lignei, complessi corali e tabernacoli, reliquiari) il G. si conferma scultore di ottimo livello e capace di adattare la materia lignea alle molteplici esigenze del suo ingegno usufruendo spesso anche del colore e di altri materiali per potenziare gli effetti voluti. Il contributo delle maestranze di bottega, che produsse talora esiti qualitativamente discontinui negli intagli delle opere più complesse, nulla toglie al rigore con cui il G. disegnò e concepì le sue opere, tanto da meritargli da parte di un illustre contemporaneo il titolo di "saggio architetto" (Torre, pp. 72, 136). La piacevole alternanza che definisce l'impalcatura di molte sue invenzioni, giocate spesso tra mascheroni antropomorfi, "rebeschi", ordini a putti, colonnine tortili, soggetti sacri desunti da stampe e modanature ispirate ad architetture coeve, fa delle sua produzione artistica una tappa fondamentale nella caratterizzazione della scultura lignea del pieno Seicento lombardo.
Il G. morì a Milano il 17 sett. 1663, come si ricava dai libri parrocchiali di S. Maria Segreta, e non il 17 novembre dello stesso anno, come è registrato negli atti del Fondo Popolazione dell'Archivio di Stato di Milano (Conti, p. 348; Parvis Marino, 1989, p. 200).
Il più giovane dei figli del G., Carlo Giuseppe, nacque a Milano il 21 giugno 1647. Divenne maestro intagliatore alla morte del padre, del quale ereditò con ogni probabilità la bottega e le commissioni rimaste in sospeso. Le poche opere d'intaglio finora ascrivibili a Carlo Giuseppe, unite alle incisioni da lui realizzate per le Antiquitates di E. Tesauro (II, pp. 783, 785) e per il Ritratto di Milano di C. Torre, fanno supporre che la sua produzione e le sue competenze siano state più ampie e articolate di quelle finora note.
La riscoperta di un primo nucleo di opere autografe ha preso il via dal riconoscimento della sua attività in S. Maria alla Porta (Conti, pp. 348 s.) dove, nel 1666, portò a compimento il tabernacolo avviato dal padre. Altri suoi intagli oggi documentati (Coppa) sono il parapetto e la cassa dell'organo (completati tra il 1675 e il 1681) - oltre al disperso tabernacolo - della chiesa di S. Giuseppe; per quest'ultimo lavoro egli collaborò con gli intagliatori Giovan Battista e Carlo Redaello e con il doratore Giovan Battista Basilico. Sempre Basilico gli fu accanto nei lavori per l'ancona lignea della chiesa di S. Sebastiano, opera già attribuita a Carlo Giuseppe da Biffi (p. 70) e ora confermata da riscontri documentari.
Per analogie stilistiche con le opere paterne e per il legame esistente tra i due intagliatori e la loro terra d'origine, Carlo Giuseppe è da considerarsi l'autore, forse accanto al padre, del coprifonte battesimale a tempietto realizzato per la parrocchiale di Cuggiono, arricchito da quattro pannelli istoriati e da uno stemma con la figura del Padreterno. Probabilmente suoi sono anche gli intagli compiuti tra il 1669 e il 1676 per la chiesa di S. Lorenzo alla Canonica di Cuveglio (il "credenzone" della sacrestia e i due confessionali antichi), nonché il parapetto e la cassa dell'organo, del 1680 circa (Como, Arch. stor. diocesano, cartt. LI, cc. 4 s., 54; LXV, cc. 8, 10 s.), individuati (Parvis Marino, Opere cuggionesi) sulla scia delle ricerche nella chiesa condotte da Spiriti (p. 161).
Carlo Giuseppe, che come il padre ricoprì nel 1680 la carica di sindaco della Confraternita del Ss. Sacramento in S. Maria Segreta, morì a Milano il 30 giugno 1683.
Fonti e Bibl.: Milano, Arch. parrocchiale di S. Carlo, S. Paolo in Compito, Battesimi 1603-1662, 28 dic. 1633; Ibid., Arch. parrocchiale di S. Maria Segreta, Libro nominato mastro… della veneranda Scuola del Ss. Sacramento, pp. 18, 21-24, 27-29; Battesimi 1620-1647, Morti 1640-83 (per Carlo Giuseppe); Ibid., Arch. parrocchiale di S. Alessandro, Acta capituli et benefactoribus…, pp. 203-215, 415-420; Ibid., Arch. capitolare di S. Ambrogio, Sagrestia, IV-B2: 1653, 19-20 dicembre; 1654, 11 gennaio e 26 settembre; Ibid., Arch. della Fabbrica del duomo, Appalti, 1591-1819, AS 182, c. 43: 1662, 15 dicembre; Mandati, 1662, 28 marzo, 27 aprile, 31 luglio, 19 agosto, 9 e 30 settembre, 10 e 21 ottobre, 3 novembre, 16-18 dicembre; Arch. di Stato di Milano, Fondo di religione, parte moderna, 1003, f. b 8: 1619 sino al 1697, 1680, 5 maggio e 28 giugno (per Carlo Giuseppe); Milano, Arch. parrocchiale di S. Eustorgio. ms. 1784: G. Allegranza, Descrizione della basilica di S. Eustorgio, pp. 167-178; C. Torre, Il ritratto di Milano (1674), Milano 1714, pp. 77, 173, 229, 244; G. Biffi, Pitture, scolture et ordini d'architettura… (1704-05), a cura di M. Bona Castellotti - S. Colombo, Firenze 1990, p. 70; E. Tesauro, Antiquitatum et historiarum Italiae Mari Ligustico et Alpibus vicinae…, II, 1, Lugduni Batavorum… 1704, pp. 783-785; S. Latuada, Descrizione di Milano, Milano 1737-38, III, pp. 118, 324; V, pp. 38, 65, 73; M. Caffi, Storia dell'arte lodigiana, in Monografia artistica di Lodi, Milano 1877, p. 141; G. Agnelli, Memorie sul Comune e sull'antica chiesa abbaziale di Villanova Sillero, in Arch. stor. per la città e comuni del circondario di Lodi, XIII (1894), pp. 138 s.; V. Forcella, Notizie storiche degli intarsiatori e scultori in legno che lavorarono nelle chiese di Milano dal 1141 al 1765, Milano 1895, pp. 53 s., 57, 59-61; G. Agnelli, Lodi e il suo territorio (1917), Lodi 1990, pp. 702 s.; A. Scaglia, Le opere d'intaglio barocche nelle chiese di Milano, tesi di laurea, Università di Milano, a.a. 1934-35, pp. 35, 53 s., 67 s.; C. Baroni, Documenti per la storia dell'architettura a Milano nel Rinascimento e nel barocco, I, Firenze 1940, pp. 32, 192, 273, 940; L. Grassi, Province del barocco e del rococò, Milano 1966, p. 191; P. Reina, S. Maria alla Porta dalle origini ai nostri giorni: 1666-1966, Milano 1966, pp. 51-53; C. Baroni, Documenti per la storia dell'architettura a Milano…, II, Roma 1968, pp. 182 s., 217; G. Bora, La cultura figurativa a Milano 1535-1565, in Omaggio a Tiziano, Milano 1977, p. 64; G. Spinelli, Iconografia milanese di s. Benedetto, in Archivio ambrosiano, IX (1980), p. 213; M.A. Zilocchi, La scultura e gli arredi, in La basilica di S. Lorenzo in Milano, Milano 1985, pp. 205-214; L. Dal Pra, in Vita et miracula divi Bernardi Clarevalensis abbatis, a cura di G. Viti, Firenze 1987, pp. VII-XXI; M. Marubbi, Monumenti e opere d'arte nel basso Lodigiano, Soresina 1987, p. 170; L. Parvis Marino, Documenti inediti su C. G.: itinerario per una ricerca, in Arte lombarda, XC-XCI (1989), pp. 194-202; B. Conti, Nuovi documenti sull'opera e sulla vita di C. G., in Arch. stor. lombardo, CXV (1989), pp. 343-349; L. Dal Pra, in Bernardo di Chiaravalle nell'arte italiana dal XIV al XVIII secolo, Milano 1990, pp. 29-88; Id., Iconografia di s. Bernardo di Clairvaux in Italia, II, 1, La vita, Roma 1991, pp. 265-329; L. Ghielmi, Organi e musicisti a S. Simpliciano, in S. Simpliciano e il nuovo organo Ahrend, Milano 1991, pp. 75-81; L. Parvis Marino, Il coro ligneo, in Chiaravalle: arte storia di un'abbazia cistercense, a cura di P. Tomea, Milano 1992, pp. 459-480; G. Visconti - M. Manzin, Storia plurisecolare di una presenza. Celebri organari a Cuggiono, in Camminiamo insieme. Quattro secoli di musica a Cuggiono. Storia e restauro del nostro organo, Cuggiono s.d. (ma 1993), pp. 4-7; A. Spiriti, Cultura figurativa in Valcuvia, Casalzuigno, Cuveglio, Cuvio, Milano 1996, pp. 12 s.; S. Coppa, La chiesa di S. Giuseppe…, Milano 1997, pp. 49-52; L. Parvis Marino, Il coro ligneo di C. G. per S. Pietro in Gessate, in Arte lombarda, CXXIV (1998), 3, pp. 67-71; Id., Opere cuggionesi di C. G. in Cuggiono…, Cuggiono 1999 (in corso di stampa); Id., C. G. e il coro ligneo di Chiaravalle milanese (in corso di stampa); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XIII, pp. 166 s.; Diz. della Chiesa ambrosiana, III, pp. 1381-1383.