GALLI, Carlo
Nacque a Firenze il 25 nov. 1878 da Emilio, di famiglia di mercanti toscani, e da Clotilde Lucich, di famiglia veneto-dalmata. I genitori si separarono molto presto e il G. visse l'infanzia e la giovinezza a Firenze insieme con la madre. Si trasferì poi a Pisa e infine a Roma, dove si laureò in giurisprudenza il 16 luglio 1901. Gli anni di studio in queste città furono importanti per la sua formazione politica.
A Pisa frequentò gli ambienti anarchico-repubblicani e mantenne contatti con alcuni di essi anche negli anni successivi. A Roma ebbe il fondamentale incontro con E. Corradini, che lo introdusse nell'ambiente nazionalista, dove strinse amicizia con L. Federzoni e P. Foscari, mentre seguiva anche con interesse le lezioni di filosofia della storia tenute da A. Labriola. Oltre a U. Ojetti (che gli fu sempre amico), amò frequentare il musicista V. Gui e il bibliofilo T. De Marinis.
Nazionalista, con forti simpatie per l'irredentismo, dopo il suo ingresso nella carriera consolare (1904) ottenne di essere destinato al consolato di Trieste (1905). Fu alle dipendenze del barone N. Squitti di Palermitti, in qualità di applicato volontario. Si mise subito in luce organizzando un servizio di informazione politica, economica e militare da Monfalcone a Lussino con l'aiuto di un gruppo di patrioti mazziniani, divenendo in breve tempo un sostegno per l'élite politica triestina che aveva aderito all'irredentismo, appoggiando l'operato e le richieste del partito liberalnazionale.
Nel 1911 veniva destinato, dal ministro degli Esteri A. Paternò Castello marchese di San Giuliano, a essere "l'ultimo console italiano a Tripoli" nel momento della imminente occupazione italiana. Dopo aver preparato con entusiasmo lo sbarco in Libia, rientrò a Trieste, dove rimase fino al 1913, in qualità di viceconsole alle dipendenze di V. Thaon de Revel, continuando l'opera di sostegno agli irredentisti. Successivamente, fu destinato a Durazzo e a Scutari, nell'ambito di una missione - concertata insieme con l'Austria - avente lo scopo di favorire la creazione di un'Albania indipendente che facesse da ostacolo alle mire serbe di ottenere uno sbocco al mare.
Per l'esperienza acquisita, alla fine del dicembre del 1914, il San Giuliano lo chiamò a svolgere una missione segreta volta a sondare le reazioni slave nel caso di una eventuale occupazione italiana della Venezia Giulia. Così, nel gennaio del 1915, il G. si incontrò con alcuni esponenti dei partiti sloveni, tra i quali il deputato al Reichsrat O. Ribař, il futuro deputato alla Camera italiana J. Vilfan e l'avvocato J. Mandić. In questo periodo, e durante il successivo incarico come capo dell'ufficio politico del segretario generale per gli affari civili del comando supremo, a Udine, nel maggio del 1915, con il compito di risolvere i problemi politici e amministrativi dei territori che l'esercito italiano avrebbe occupato, si convinse che l'occupazione italiana si sarebbe dovuta fermare a Trieste, lasciando la Dalmazia agli Slavi, discostandosi, così, dalla tesi estrema dei nazionalisti che rivendicavano anche questo territorio all'Italia.
Nel gennaio del 1918 fu richiamato al ministero, dove seguì l'andamento del conflitto e si dedicò allo studio della questione palestinese. Nel 1919 presenziò alla conferenza della pace di Parigi, come membro della delegazione italiana, e alla conferenza degli ambasciatori, partecipando alle riunioni di Londra, Parigi, Boulogne, Spa, Bruxelles e San Remo. In questo ambito divenne l'esperto delle questioni del Vicino Oriente, occupandosi principalmente della Turchia. Nel 1922 il conte C. Sforza lo chiamò all'ambasciata a Parigi, in qualità di consigliere.
Il rapporto con Sforza non gli giovò: all'indomani della marcia su Roma fu inviato a Damasco. Visse questa missione come una punizione e si sentì escluso da quello che fu solito chiamare "il grande destino dell'Italia". Aderì allora al fascismo. Nel 1923 otteneva il passaggio dalla carriera consolare a quella diplomatica, malgrado i sempre stretti legami con Salvatore Contarini, già segretario generale agli Esteri, consigliere di Stato (1920) e, dal giugno 1921, senatore del Regno. Successivamente, fu destinato a Teheran (1924-26) e a Lisbona (1926-28); dal marzo 1928 al 19 giugno 1935 fu ministro d'Italia a Belgrado.
Qui, il G., ancora una volta assertore della necessità di accordi duraturi con la Jugoslavia e di un compromesso italoslavo per l'Adriatico, finalizzato a una difesa comune nei confronti di chi avesse preteso sbocchi o influenze su questo mare, si trovò a fronteggiare una situazione difficile. A Roma cercò sostegno alla sua tesi di accordo con la Jugoslavia, ma non lo trovò; all'indomani dell'uccisione del re iugoslavo Alessandro (9 ott. 1934), lasciò Belgrado, manifestando sempre più apertamente la sua diversa posizione rispetto alla politica del governo iugoslavo.
Seguì l'incarico, meno importante di quello a Belgrado, di ambasciatore ad Ankara (1936-38). Nel frattempo, il G. andava dissociandosi sempre di più dal regime fascista e, anche se non entrò in aperto contrasto con esso, fu collocato a riposo anticipatamente nel 1938.
Con il termine della sua carriera diplomatica si stabilì a Venezia e si dedicò ai suoi interessi letterari. Nel 1939, anche per desiderio del finanziere Giuseppe Volpi, entrò a far parte del consiglio di amministrazione delle Assicurazioni generali e nel 1942 negoziò gli interessi della ditta triestina a Zagabria e a Bucarest.
Durante il primo governo Badoglio accettò l'incarico di ministro della cultura popolare, anche se nutriva forti dubbi sull'uomo che il re aveva chiamato per sostituire B. Mussolini. Con l'armistizio dell'8 sett. 1943 tornò a vita privata a Venezia ma dovette lasciare la città e rifugiarsi a Nerviano in casa degli amici Caccia Dominioni.
Qui rimase, insieme con altri patrioti, finché venne trovato e portato in carcere a Milano. Rilasciato dopo un mese, fu nuovamente arrestato e condotto in campo di concentramento a Lumezzane. Con la fine dell'occupazione germanica tornò in libertà. Pubblicò il volume Diari e lettere.Tripoli 1911 e Trieste 1918 (Firenze 1951) e collaborò a numerosi periodici, come ABC e Nuova Antologia.
Si ritirò a vita privata a Venezia, dove morì il 12 genn. 1966.
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