CASELLI, Carlo Francesco
Nacque a Castellazzo Bormida (Alessandria) il 20 ott. 1740 da Domenico, agente dei marchesi Pallavicini. Entrato nell'Ordine dei servi di Maria nel 1755 in Bologna, dopo l'ordinazione sacerdotale conseguì in Roma, nel 1769, la laurea in teologia, dedicandosi poi all'insegnamento negli Studi dei serviti a Reggio Emilia, Torino, Firenze, Roma. Fu successivamente segretario generale del suo Ordine (1781), priore provinciale del Piemonte (1785), vicario e visitatore generale della Lombardia (1786), procuratore generale (1786). Il 26 maggio 1792 venne eletto priore generale. carica che coprì fino al 1798, disimpegnando nel contempo l'ufficio di consultore della Congregazione dei Riti e del tribunale dell'Inquisizione. La sua notorietà ebbe rilievo soprattutto dopo che G. Spina, arcivescovo di Corinto, lo scelse come consulente teologico, prima nelle trattative di Vercelli (ottobre 1900), poi in quelle di Parigi (dal novembre 1900), in vista del concordato tra la S. Sede e la Repubblica francese, condotto a termine con il sopraggiunto ausilio del cardinale Consalvi (20 giugno 1801) e sottoscritto, il 15 luglio 1801, anche dal C. (la cui firma fu equiparata a quella dell'abate Bemier), poiché con l'avvento del segretario di Stato di Pio VII era stato ammesso a partecipare direttamente ai negoziati.
La parte da lui sostenuta a Parigi emerge dai dispacci scambiati con la segreteria di Stato, che rivelano la sua duttilità nelle concessioni ritenute compatibili col dogma cattolico, nel rispetto non meno delle opinioni che delle verità teologiche. In seguito alla pubblicazione delle fonti relative alle trattative (a cura di Boulay de la Meurthe), le Memorie del Consalvi sono state al centro di discussioni, anche per quanto riguarda i presunti cedimenti del C. nel corso delle trattative di fronte alle pressioni di Napoleone.
Il 23 febbr. 1801: Pio VII lo creò cardinale, riservandolo in pectore per non turbare le procedure del concordato. La proclamazione (col titolo di S. Marcello) avvenne il 9 ag. 1802, dopo che, ritomato da Valence a Roma (17 febbraio) accompagnando le spoglie di Pio VI, era stato nominato (29 marzo) arcivescovo titolare di Side. La stima congiunta di Pio VII e di Napoleone, che ne aveva sollecitato l'elevazione alla porpora, sta alla radice della sua carriera, dando ragione non solo della sua partecipazione, in Parigi, alle commissioni cardinalizie per la riconciliazione del clero costituzionale (1802), per l'esame del concordato con la Repubblica italiana (1803). per la tentata sistemazione, da parte del Dalberg, degli affari ecclesiastici tedeschi (1805), ma della sua stessa nomina (28 maggio 1804) a vescovo di Parma.
Infatti l'incarico attribuitogli, di succedere, dopo quasi nove mesi di vacanza di quella sede, all'antifrancese Adeodato Turchi, fu senza dubbio una scelta politica, grazie alla quale Pio VII sperava da Napoleone sia l'abrogazione delle leggi francesi introdotte dal suo inviato speciale Moreau de St. Méry nei ducati di Parma e Piacenza, sia la revoca del provvedimento di annessione ad essi della contea vescovile delle Corti di Monchio, in difesa della quale il C. si affrettò a far stendere (1804) da G. Cignolini un'ampia Descrizione storica, fisica, morale e politica delle Corti di Monchio, dominio nello spirituale e temporale della sede vescovile di Parma (cfr. edizione a cura di P. Jotti, Reggio Emilia 1969). Le trattative condotte per gli affari di Parma s'intersecarono pertanto, in Roma e in Parigi, con quelle relative all'incoronazione imperiale di Napoleone, alla cui cerimonia parigina (2 dic. 1804) il C., accanto a Pio VII, funse da diacono, meritandosi l'onorificenza della Legion d'onore e il titolo di senatore dell'Impero, ma non la sospensione del codice napoleonico in Parma, e tanto meno la restituzione della contea vescovile che il 3 giugno 1805 era annessa ufficialmente ai ducati, e trarnite questi alla Francia. La notizia gli giunse, tutt'altro che inattesa, quando aveva preso possesso della diocesi da poco più di un mese (io maggio), quasi un anno dopo la sua nomina all'episcopato parmense.
Pio VII, reduce da Parigi, sostò in Parma nello stesso giomo in cui il C. entrava solennemente in diocesi. Erano i giorni nei quali a Milano si preparavano le cerimonie dell'incoronazione di Napoleone come re d'Italia (26 maggio 1805), cerimonie che il pontefice, dopo le umiliazioni di Parigi, intendeva disertare, ma alle quali, insieme con altri cardinali di parte imperiale, assistette anche il C., che, rientrato in Parma, il 26 giugno successivo vi accoglieva lo stesso Napoleone. Queste circostanze palesano che il C. in quegli anni era uno dei maggiori rappresentanti di quella parte dei cattolici che sostenevano una politica concordataria diretta ad ottenere un durevole accordo con le autorità imperiali.
Anche i primi anni di governo diocesano del C. portano il suggello di una tattica conciliativa, diretta a mantenere l'ordine e la tranquillità civica e religiosa. Se in occasione dei moti insurrezionali scoppiati, tra il 1805-1806, nei ducati di Parma e Piacenza, il suo limitrofo Gregorio Gerati, vescovo di Piacenza, pur di non dispiacere a Napoleone riminciava a ogni privilegio ecclesiastico, l'accondiscendenza del C. fu meno servile. Dal 23 ag. 1806all'autunno del 1808visitò, in diverse riprese, tutta la diocesi. premendo sulla sottomissione del clero e dei fedeli alle disposizioni governative. Ma non fu sempre disposto ad accettare ogni ingerenza statale. Già nel 1806, in un Précis des fétes données d Parme àl'occasion de la St. Napoléon (Parma 1806), il Moreau rilevava le partecipazioni e le assenze del "virtuoso prelato". Nel 1807 il C. respingeva le intromissioni del ministro Bovara nell'adozione del catechismo imperiale, rivendicandone la competenza ai ve scovi. Per adeguarsi alle norme napoleoniche, dettava successivamente Regolamenti per il seminario (1807), per le fabbriche delle chiese (1808) e per altre istituzioni diocesane, ma le sue preoccupazioni erano di salvaguardare le dotazioni di enti che avevano per fine "la propagazione delle virtù sociali e cristiane", come scriveva al Portalis. Più vivaci furono le sue reazioni alle disposizioni imperiali attinenti la predicazione (1809) e la campagna della coscrizione (1810). Se questi atteggiamenti segnano i limiti della sua autonomia rispetto alla politica ecclesiastica napoleonica, essi non mostrano in alcun caso una volontà di sottrarsi alle ingerenze imperiali, sotto le quali Parma era venuta a trovarsi con l'annessione all'Impero francese nel dipartimento del Taro (1808).
Il C. ebbe una parte importante nel conflitto tra Napoleone e Pio VII. Una prima missione che egli, insieme col cardinale Oppizzoni, condusse a nome del pontefice incontrando l'imperatore a Milano il 21 dic. 1807, falli lo scopo di evitare una rottura. Scompaginando ogni accordo, Napoleone ricevette i due prelati in separate udienze, e il C. si sentì rivolgere parole che sapevano di ultimatum. Davanti ai rimproveri di debolezza mossigli da Pio VII, velati da una fraseologia riguardosa del Casoni succeduto al Consalvi nella segreteria di Stato, il C. si profuse in accorate giustificazioni. Ma non erano scaduti i due mesi indicati da Napoleone che le truppe francesi occupavano Roma. Per piegare il pontefice deportato a Savona, ancora il 15 luglio 1809 Napoleone richiedeva pressioni scritte dal C., ignaro forse dello scarso favore che ormai questi incontrava presso Pio VII. Obbedendo alle ingiunzioni imperiali, nel dicembre dello stesso anno egli era nuovamente in Parigi, ove accettò di far parte di un tribunale ecclesiastico che emise un decreto di competenza per giudicare la causa di nullità matrimoniale di Napoleone.
Nelle discussioni che precedettero le cerimonie nuziali tra Maria Luigia d'Austria e l'imperatore, la sua autorità di teologo giocò una parte importante, in contrasto col Consalvi, nel dividere i cardinali presenti in Parigi in merito alla opportunità di parteciparvi. Nelle celebrazioni che seguirono, egli prese posto tra i cardinali "rossi" al rito civile (1° apr. 1810), ma a quello religioso (2 aprile) si presentò tra i senatori, anziché tra i cardinali, "dando così la preferenza a quel corpo, piuttosto che all'altro, a cui per dignità, per anteriorità e per i suoi giuramenti tanto più strettamente apparteneva" (Memorie del Card. E. Consalvi, p. 363).
La rottura con Napoleone, profilatasi già nelle formule prudenti con le quali il C., come membro del secondo comitato ecclesiastico parigino (1810), temperava la sua condiscendenza con una significativa riserva. avvenne nèll'ambito del concilio nazionale di Parigi, indetto (giugno 1811) per provvedere agli affari ecclesiastici dopo la decadenza del concordato del 1801 e la prigionia di Pio VII. Il 26 giugno si faceva infatti promotore di una mozione di libertà per il papa, come condizione indispensabile per procedere alla soluzione dellequestioni religiose demandate al concilio nazionale. La reazione di Napoleone, che il 22 luglio sollecitava lo zio cardinale Fesch a strappare al C. una dichiarazione "infamante" sui diritti del concilio (Lettres inédites de Napolèon Ier, p. 147), esplose pubblica e violenta il 28 luglio 1811. Il C. fu accusato di tradimento. Caduto in disgrazia, fu nondimeno presente, nel 1813, a Fontainebleau per le trattative del nuovo concordato, ma dissenziente e tenuto perciò in stretta vigilanza. Ritornato in diocesi, condusse vita ritiratissima. Nella temperie della Restaurazione i suoi atteggiamenti furono improntati a estrema moderazione, ma intenti sicuramente a rimarginare le ferite religiose apportate dalle ingerenze francesi. L'assegnazione dei ducati di Parma e Piacenza a Maria Luigia d'Austria fu da lui notificata alla popolazione con sincero consenso (3 giugno 1814). Né si preoccupò di far valere l'"indirizzo" di un comitato di nostalgici delle Corti di Monchio che esprimevano "il vivo desiderio di essere ripristinati in quell'antico governo che aveva sempre avuto e goduto la Chiesa di Parma" (3 giugno 1814: Monchio, Arch. parrocchiale). Per quanto buoni, i suoi rapporti con Maria Luigia erano destinati a migliorare con gli anni, ma non si vede una sua precisa incidenza nella Restaurazione politica parmense.
Dopo il 1814 il C. non uscì quasi mai dalla diocesi, se non per recarsi a Roma, al conclave del 1823. Pochissimi cardinali erano ancora fedeli al Consalvi: tra questi il C., e più riservatamente il Fesch, il quale, il 9 settembre (assente ancora il C., che entrò in conclave solo il 18), si dichiarava per la candidatura del vescovo di Parma. Nel corso degli scrutini questi giunse ad avere un massimo di cinque voti su quarantanove votanti. Tale consenso fu più che altro di simpatia, di natura ideologica non definita su quel terreno politico-religioso che oppose i cardinali "moderati" agli "zelanti".
Il C. morì a Parma il 20 apr. 1828, e fu sepolto riella cattedrale, ove ebbe un monumento funerario dovuto a Tommaso Bandini, discepolo di Lorenzo Baxtolini.
Fonti e Bibl.: Roma, Arch. generale dei servi di Maria (oltre ai Registri del C. come procuratore e priore generale, diversi volumi di corrispondenza); Parma, Arch. vescovile, Cart. C. (visite pastorali, editti, copialettere e corrispondenze varie); Parigi, Arch. Nationales, fondo Cultes F19(doc. e corrispondenza dispersa in numerosissimi cartoni, in part. 704, 819, 823-4 899B, 1072A, 1076, 1080, 1086); Ibid., Arch. du Min. des Affaires Etrangères, Parme, t. 47, f. 384; Bologna, Arch. arcivesc., Racc. Oppizzoni, I, 183; per l'Arch. Segr. Vaticano (nonostante i numerosi documenti editi) permane l'esigenza di un'esplorazione sistematica (vedi in particolare Epoca Napoleonica, Italia, b. 19).
Per il concordato napoleonico, Concordat et recueil des bulles et brefs de N. S. lepape Pie VII sur les affaires actuelles de l'Eglise de France, a cura di G. B. Caprara, Paris 1802, pp. 2, 10, 24, 36 (alle pp. 2-10 il testo del concordato tradotto in latino dal C.); Documents sur la négociation du Concordat etsur les autres rapports de la France avec le Saint-Siège en 1800 et 1801, a cura di A. Boulay de la Meurthe, I-VI, Paris 1891-1905, ad Indices;per i rapporti con Napoleone, Correspondance de Napoléon Ier, XIX, Paris 1865, p. 288; Lettres inédites de Napoléon Ier, a cura di L. Lecestre, Paris 1897, pp. 147, 210; per il concilio nazionale di Parigi, Acta et decreta SS. Conciliorum recensiorum, IV, Friburgi Brisg. 1873, cc. 1223 ss. specie, cc. 1282-1304). Vedi anche Memorie del card. E. Consalvi, a cura di M. Nasalli Rocca di Comeliano, Roma 1950, ad Indicem.
Tra la copiosa bibl. sul C. (senza additare necrologie o repertori generali, meritano tuttavia attenzione le pagine di M. Leoni, in Prose, Lugano 1829, pp. 75-95), segnaliamo F. Cherbi, Le grandi epoche sacre, diplomatiche, cronologiche, critiche della Chiesa di Parma, III, Parma 1839, pp. 478-502; J. Lecomte, Parme sous Marie-Louise, II, Paris 1845, pp. 348 s.; G. M. Allodi, Serie cronol. dei vescovi di Parma, II, Parma 1856, pp. 446-499; I. Rinieri, La diplomazia pontificia nel secolo XIX, Roma 1902, I, pp. 25, 196, 201, 240, 521; II, pp. 50, 52, 61, 177 s., 199, 304-306; Id., Napoleone e Pio VII (1804-1813), Torino 1906, I, pp. 67, 85, 92, 386-389; II, pp. 65, 106 s., 140, 189, 203, 217 s., 374; F. Gasparolo, Il cardinale C., in Riv. di storia e d'arte della prov. di Alessandria, XXI (1912), pp. 129-136; C. de Mayol de Lupé, La captivité de Pie VII d'après des docum. inédits, Paris 1912, pp. 361, 368, 374-381, 383, 389; H. Bastgen, Dalbergs und Napoleons Kirchenpolitik in Deutschland, Paderborn 1917, pp. 80 s.; O. Masnovo, Il Gabinetto letter. diParma. Contributo alla storia dello spirito pubblico (1815-1831), in Arch. stor. per le province parmensi, XXII (1922), 2, p. 284; P. de la Gorge, Histoire religieuse de la Révolution française, V, Paris 1923, pp. 69, 80, 104, 207-27, 236, 342; G. Constant, L'Eglise de France sous le Consulat et l'Empire (1800-1814), Paris 1928, ad Indicem; A. Vicentini, Viri illustres Ord. Serv. B. M. V., App. a A. F. Piermei, Memorabilium sacri Ordinis Servorum B. M. V. breviarium, III, Roma 1931, pp. 19-24, 242, 250 252; I. Schmidlin, Papstgesch. der neuesten Zeit, I, München 1933, ad Ind.;A. Latreille, Napoléon et le Saint-Siège, Paris1935, ad Indicem;P. Savio, Devozione di mgr. A. Turchi alla S. Sede, Roma 11938, pp. 469, 474, 492, 1037; Carteggi di giansenisti liguri, a cura di E. Codignola, I, Firenze 1941, p. 667; II, ibid. 1942, pp. 629, 631; U. Beseghi, I tredici cardinali neri, Firenze 1944, pp. 25, 39, 58, 75, 183; Id., Una missione del cardinale C. presso Napoleone, in Aurea Parma, XXXVI (1952), pp. 227-233; G. Monaco, Le lettere da Roma di F. Boudard a P. De Lama dal 1821 al 1824, in Arch. stor. per le prov. parmensi, s. 4, V (1953), pp. 186, 191, 269, 274; R. Colapietra, Il diario Brunelli del conclave del 1823, in Arch. stor. ital., CXX (1962), pp. 81, 113, 125, 136; Id., Parma religiosa durante la Restaurazione, in Rass. di polit. e storia, XII (1966), pp. 127 s.; G. Battistini, Le Corti di Monchio, feudo del vescovo di Parma, in Arch. stor. per le province Parmensi, s. 4, XVIII (1966), p. 261; R. Fantini, Due cardinali "napoleonisti": C., vescovo di Parma, e Oppizzoni, arcivescovo di Bologna, in Aurea Parma, LIII (1969), pp. 153-164; Stanislao da Campagnola, La predicaz. in Italia durante le soppressioni religiose napoleoniche (1809-1814), in Collectanea franciscana, XXXIX (1969), pp. 307, 311, 314; G. Venturi, L'Ordine costantiniano a Parma dal 1816 al 1859, in Arch. stor. per le prov. parm., s. 4, XXI (1969), p. 249; La missione Consalvi e il Congresso di Vienna (1814-1815), a cura di A. Roveri, I, Roma 1970, pp. 36 s., 75, 251; J. Lefion, Crisi rivoluzion. e liberale (1789-1846), in A. Fliche-V. Martin, Storia della Chiesa, XX, a cura di G. Zaccaria, Torino 1971, pp. 267 s., 270, 319, 326, 443 s., 446; C. Piola Caselli, Il cardinale C. F. C. nel periodo servita, napoleonico, e di Maria Luigia, in Riv. stor. svizzera, XXVI (1976), pp. 33-86; G. Moroni, Diz. di erudiz. stor-eccl., X, pp. 139 s. e ad Indicem;R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica, VII, Patavii 1968, ad Indicem.