FINELLI, Carlo
Figlio di Vitale e di Maria Antonia Silici, nacque a Carrara il 25 apr. 1785 (cfr. Sica, 1989, p. 37).
II F. fu avviato alla scultura dal padre, discendente di una famiglia di marmorari, scalpellini e scultori carraresi attivi dal XVII secolo.
Anche il fratello maggiore del F., Pietro, seguì le orme paterne. Nacque a Carrara nel 1770. Nel maggio 1789 si iscrisse all'Académie royale de peinture et de sculpture di Parigi, ove fu allievo di Ch.-A. Bridan; apparentemente non vi rimase a lungo (cfr. G. Hubert, Les sculpteurs ital. en France..., Paris 1964, p. 4). Comunque nel 1800 risultava abitare a Roma, al numero civico 47 di via S. Nicola da Tolentino. Nel 1801, grazie al voto favorevole di A. Canova, Pietro si aggiudicò, ex aequo con G. Pacetti, il primo premio del concorso Balestra, indetto dall'Accademia di S. Luca. Attenendosi al tema del concorso, Pietro realizzò il gruppo, di gusto neoclassico, raffigurante Ercole e Deianira (Roma, Accademia di S. Luca), che è l'unica sua opera oggi reperibile (A. Busiri Vici, Un eccezionale e sconosciuto gruppo di terracotta di Pietro F. all'Accaderma di S. Luca, in Strenna dei romanisti, XLV [1984], pp. 74-81). Secondo G.A. Guattani (in Memorie enciclopediche romane, I [1806], pp. 106 s.) inviò in Russia diverse sculture, perdute, tra cui un gruppo con quattro figure femminili e una statua di Minerva. Smarrita è andata anche la figura di Psiche presentata nel 1808in occasione della sua elezione ad accademico di S. Luca. Nel 1809Pietro risulta direttore dell'Accademia del nudo presso l'Accademia, di S. Luca. Morì a Roma il 7marzo 1812.
A quindici anni circa, dopo aver vinto un concorso per giovani artisti carraresi, il F. si trasferì a Firenze e successivamente a Milano. Nel 1805 vinse il pensionato per Roma, indetto dall'Accademia di Brera a Milano, con il bassorilievo Apoteosi di Vittorio Alfieri (Milano, Galleria d'Arte Moderna), raffigurante l'Italia piangente accanto all'erma del poeta attorniata da Minerva e le Muse. Dal 1807 si stabilì a Roma presso il fratello Pietro, che lo introdusse nell'ambiente canoviano.
Il F. mantenne tuttavia rapporti con l'Accademia braidense continuando ad inviare i suoi saggi per il pensionato governativo: nel 1808 il bassorilievo in gesso Ulisse che riconduce Astinome a Crise nel 1810 un busto marmoreo di Tiziano e, due anni dopo, il bassorilievo in marino raffigurante Napoleone assistito da Minerva distribuisce corone di alloro alla Scienza e alle Ani (opere conservate alla Galleria d'Arte Moderna di Milano). Nel frattempo (1808), progettò con il vicedirettore delle Scuole carraresi J.-B.-F. Desmarais un monumento a Elisa Baciocchi, non realizzato, che si sarebbe dovuto erigere a Carrara (Hubert, 1964, p. 360).
Nel 1810 il F. vinse il premio Balestra per la scultura con Venere che abbraccia Adone rianimato da Proserpina; l'opera conobbe un notevole successo da parte della critica e, forse, anche per questo, nel 1812 il F. venne scelto dall'architetto R. Stem per decorare uno dei saloni del Quirinale in occasione del previsto, ma non avvenuto, arrivo di Napoleone a Roma. Il fregio a bassorilievo raffigurante Il trionfo di Traiano era un pendant del fregio di B. Thorvaldsen con Il trionfo di Alessandro Magno per celebrare storicamente l'imperatore francese (cfr. Hubert, 1964, p. 121; B. Thorvaldsen [catal.], Roma 1989, pp. 45 s.).
Nel 1814 il F. fu nominato accademico di San Luca. Di questi anni (1814-1815) sono i busti di Ghiberti, Masaccio, Ariosto e Petrarca (Roma, Protomoteca Capitolina) realizzati su suggerimento del Canova per la serie di personaggi illustri del Pantheon.
Iniziò da questo momento una intensa produzione di opere, prevalentemente di soggetto mitologico, realizzate per soddisfare le esigenze di un ricco collezionismo internazionale, soprattutto inglese e russo. Si tratta di opere spesso di difficile datazione sia perché eseguite in più repliche per diversi committenti, sia per l'abitudine dello scultore di intervenire ripetutamente, anche a distanza di tempo, sui modelli originali (cfr. Sica, 1989, p. 37). Risalgono agli anni 1818-24 tre opere di grande successo: Venere nascente da una conchiglia, eseguita nel 1824 per I. Barjatinskij e oggi nel Museo Civico di Kursk (una replica del 1846 per Nicola I è invece all'Ermitage di San Pietroburgo); Psiche (per W.G. S. Cavendish sesto duca del Devorishire nel castello di Chatsworth; per H. Galton di Hadzor presso Droitwich); Le ore danzanti per il conte russo N. Demidov, gruppo ispirato alle Tre Grazie canoviane ma con maggiore dinamicità (1824, marmo all'Ermitage di San Pietroburgo, gesso presso l'Accademia di belle arti di Carrara). Tra il 1825 e il 1830, infine, eseguì, sempre per il duca del Devorishire, una Venere che raccoglie le vesti e Amore con farfalla; una Pastorella con fiori fu acquistata nel 1833 da un collezionista inglese residente a Milano, secondo il Campori di nome Holltz (Sica, 1989, p. 38).
A partire dagli anni Trenta il F. si allontanò dai moduli canoviani e abbandonò i soggetti mitologici, troppo legati al superato neoclassicismo, per affrontare temi religiosi e devozionali, in linea con il rinnovato interesse per il cattolicesimo che ispirava la maggior parte delle opere puriste degli anni 1830-1840. Nel 1830 portò a termine i modelli di alcuni bassorilievi con Storie della Vergine, eseguiti poi da artisti piemontesi e, nel 1850, collocati a motivo di fregio nella chiesa della Gran Madre di Dio a Torino (Nascita, Presentazione al Tempio, Sposalizio, Incoronazione). Nel 1836 il gruppo colossale del S. Michele arcangelo che scaccia Lucifero riscosse l'ammirazione dei contemporanei.
Eseguita inizialmente ancora per il collezionista inglese Holltz, che aveva notato il bozzetto nello studio dell'artista, la scultura fu invece destinata ufficialmente fin dal 1839 a Maria Cristina regina di Sardegna. L'opera venne portata a termine nel 1843 e venne poi collocata dal re Carlo Alberto nell'armeria del palazzo reale (attualmente è situata sulla scalinata che conduce alle tombe dei Savoia a Superga).
Sempre nel 1836 il F. portò a termine un'altra opera di grandi proporzioni, il S. Matteo, collocato nella chiesa di S. Francesco di Paola a Napoli. Agli ultimi anni della sua attività si devono la statua di S. Maurizio per la chiesa omonima di Porto Maurizio (Imperia) e la statua in marmo di Raffaello per il duomo di Urbino (opere rispettivamente databili al 1842 e al 1847-1848).
Insoddisfatto del suo lavoro, benché nella lunga carriera avesse avuto successi e riconoscimenti, negli ultimi anni il F. distrusse tutti i modelli in gesso per le sculture ancora conservati nel suo studio romano. Morì a Roma il 6 sett. 1853, disponendo che il suo patrimonio fosse utilizzato per l'erezione del suo monumento funebre, realizzato da R. Rinaldi nella chiesa di S. Bernardo alle Terme.
Fonti e Bibl.: Una nota autografa del F., datata 16 sett. 1829, contenente una breve biografia e una lista delle sue opere, si trova al Museo civico di Torino (collezione A. Nomis; copia a Parigi, Bibliothèque Marmottan, Archives de Milan); G. Cecchetelli, G. F. e le sue opere, Roma 1854; G. Campori, Memorie biografiche degli scultori, architetti e pittori nativi di Carrara. Modena 1873, pp. 98-104; O. Raggi, Della R. Accademia di belle arti di Carrara, Roma 1873, pp. 47 s.; A. Riccoboni, Roma nell'arte, Roma 1942, pp. 347 s.; G. Hubert, La sculpture dans l'Italie napoléonienne, Paris 1964, ad Indicem (anche per Pietro); R. Carozzi, in Scultura, marmo e lavoro, catal. della mostra di Carrara, a cura di M. De Micheli, Milano 1981, pp. 238 s. (con bibliografia); F. Sborgi, in La scultura a Genova e in Liguria..., II, Genova 1988, p. 337; G. Sica, in M. Natoli - M.A. Scarpati, Il palazzo del Quirinale. Il mondo artistico a Roma nel periodo, napoleonico, Roma 1989, II, pp. 37-40 (con bibliografia); R. Carozzi, in Scultura a Carrara. Ottocento, Carrara 1993, pp. 87 s.; I marmi degli zar. Gli scultori carraresi all'Ermitage e a Petergof (catal.), a cura di M. Bertozzi, Milano 1996, pp. 165 s.; F. Noack, in U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 580 (p. 582 per Vitale e Pietro).