FALCONIERI, Carlo
Nacque a Messina il 20 ott. 1806 da Natale, commerciante, e da Marta La Conti. Giovanissimo, mostrò interesse sia per gli studi letterari, nei quali seguì gli insegnamenti del fratello maggiore Giuseppe, sia per le discipline artistiche, in particolar modo per il disegno e per l'architettura. Nella città natale frequentò la scuola di Letterio Subba, segnalandosi subito come uno degli allievi di maggiore talento, tanto che nel 1826, appena ventenne, ottenne la nomina a socio ordinario nella classe di lettere e arti dell'Accademia Peloritana.
La pubblicazione, nel 1828, di un opuscolo su un affresco di un misconosciuto pittore messinese del Seicento (Dissertazione sopra un dipinto a fresco di Andrea Suppa, Firenze 1828) segna l'inizio della ricca pubblicistica teorica e critica del F., per lo più su temi architettonici e storico-artistici, che affiancherà l'attività di architetto per tutto l'arco della sua vita.
Nel 1830 si trasferì a Roma per perfezionarsi negli studi architettonici e per esercitarsi nel disegnare le antichità classiche e i più celebrati monumenti del Cinquecento.
Tra i suoi primi lavori i biografi (cfr. Oliva, 1954) ricordano una ricca serie di studi sui monumenti antichi di Roma (il Pantheon, il teatro di Marcello, il Colosseo, le terme di Caracalla, l'arco di Tito, la colonna Traiana, i templi della Concordia e della Fortuna Virile, ecc....) e su alcuni palazzi (palazzo Massimi, Farnese, alla Cancelleria, ecc....), oltre ai disegni di interni di chiese e dei più famosi monumenti funerari del Medioevo e del Cinquecento esistenti a Napoli.
Inseritosi ben presto nell'ambiente artistico e letterario romano, il F. strinse amicizia con il pittore V. Camuccini, esponente autorevole del neoclassicismo di derivazione accademica, e collaborò fin dall'inizio al Tiberino fondato nel 1833 da G. Servi, giornale che aveva un programma ambizioso di informazione artistica e di critica militante, e soprattutto l'intento dichiarato di "gridare la croce addosso al romanticismo che minaccia dì attossicare la pianta della nostra arte" (I, 1, 1833).
È del 1833 un suo progetto per un cimitero monumentale, mai realizzato, che dalle accurate descrizioni di Pavone (1836) sembra fosse improntato, sulla scorta delle teorie "razionaliste" di F. Milizia, ai rigidi canoni dell'architettura neoclassica, con largo uso di colonnati, emicicli, cupole emisferiche ed altri elementi decorativi di derivazione classica.
Solo nel Catalogo degli oggetti di belle arti esposti nella gran sala del palazzo senatorio di Palermo il dì 30 maggio 1841 (Palermo, Bibl. d. Soc. sicil. di st. patria) si può reperire un elenco dettagliato di progetti e studi del F., privo purtroppo delle tavole e di qualsiasi altro supporto grafico. A Palermo vennero presentati i seguenti lavori: "progetto di camposanto per capitale di vasto regno; progetto di protomoteca o sia edifizio da eriger monumenti ad uomini illustri; progetto di teatro per Messina, progetto di un altro teatro per Messina da elevarsi alle carceri; progetto di un camposanto per Messina; progetto di una sala per collocarvi quattro statue fatte per l'Accademia di S. Luca in Roma; progetto di un altare di confessione per l'Accademia di S. Luca in Roma; progetto di già eseguito in marmo di un monumento pel ministro Acton da collocarsi nella chiesa dei Crociferi in Palermo (ancor oggi esistente); studio su Bramante alla Cancelleria in Roma; studio sull'arco di Tito a Roma; tavole contenenti studi sull'antico, levati dal vero in Roma".
Nel 1838 il F. partecipò al concorso per il progetto del nuovo teatro S. Elisabetta di Messina - al quale presero parte altri architetti messinesi quali G. Mallandrino Brigandi e L. Subba - ma fu poi il napoletano P. Valente, appoggiato dal presidente della commissione A. Niccolini, ad aggiudicarsi l'incarico. Il F. comunque, durante la realizzazione del suddetto teatro, fu nominato "architetto de' dettagli" e nel giro di pochi anni, probabilmente per intervento diretto del governo borbonico (Oliva, 1954), gli vennero affidati dal Municipio di Messina diversi altri lavori.
Nel 1842, in occasione dei solenni festeggiamenti per i diciotto secoli di devozione della città di Messina al culto della Madonna della Lettera, progettò una "macchina pirotecnica" in stile neogotico, di cui è nota l'incisione (Ventimiglia, 1843), e una fontana monumentale per la piazza Ottagona in borgo S. Leone (oggi piazza F. Juvarra), eseguita poi nel 1843.
La fontana, in marmo, gravemente danneggiata dal terremoto del 1908, venne rimossa dall'ubicazione originaria e trasportata in frammenti al Museo nazionale per essere poi restaurata nel 1957 e collocata nella piazza Basicò, dove attualmente si trova, comunemente intesa come Fontana Falconieri. Riprendendo in forme più lineari lo schema cinquecentesco a vasche sovrapposte, ha vasca centrale, di forma ottagonale, contornata da quattro piccole vasche sormontate da figure mostruose in ghisa con il corpo di cavallo marino e con le teste, rispettivamente, di uomo, di uccello, di pesce e di leone. Al centro un alto basamento marmoreo, riccamente ornato con motivi fitomorfi, sorregge una vasca più piccola sulla quale si erge una stele con elementi decorativi compositi.
Delle altre opere del F. progettate per Messina, andate distrutte nel terremoto del 1908, vanno ricordati il palazzo del Peculio, con prospetto ad emiciclo, ed il tempietto di stile ionico (1839), a pianta rotonda, che accoglieva al centro il monumento a Francesco Maurolico (1857) dello scultore messinese G. Prinzi, realizzato per la villa Flora, oggi denominata villa Mazzini.
Sempre a Messina il F. progettò nel 1847 il villino Landi alla Boccetta, tuttora esistente, sebbene alquanto rimaneggiato e soffocato da costruzioni di epoca recente.
Si tratta di una sorta di originale villacastello in stile neogotico di derivazione siculocatalana - come egli stesso chiarisce in una lettera al committente del 1872, pubblicata da Basile (1960) - caratterizzata dalle merlature, dalle lesene traforate e dalle torricelle esagonali agli angoli del corpo centrale dell'edificio, in cui sono chiaramente ripresi alcuni elementi decorativi da edifici quattrocenteschi taorminesi e da alcune bifore gotiche del duomo di Messina. I lavori di costruzione del villino Landi furono eseguiti solo in minima parte sotto la sua direzione; proseguiti da altri dopo il 1847 e fino al 1850 e poi sospesi per un lungo periodo fino a che nel 1872 alcuni particolari, come la scala interna, vennero studiati e realizzati dall'architetto messinese L. Savoja con l'approvazione del Falconieri.
Coinvolto nei moti rivoluzionari del 1848, con la restaurazione borbonica fu costretto a fuggire in Francia, e da lì passò in Liguria e in Piemonte, realizzando a detta dei biografi "parecchi edifizi pubblici e moltissimi privati anche in Genova e in Torino" (Oliva, 1954, p. 245). Nel 1850 vinse il concorso bandito dall'Accademia Albertina di Torino per il teatro lirico Gabriello Chiabrera di Savona, i cui lavori, iniziati nel novembre 1850 sotto la direzione dell'architetto savonese G. Cortese, vennero portati a termine nel 1853.
Il prospetto del teatro è dominato da un imponente pronao a due ordini con frontone ad altorilievi, che introduce nell'atrio, scandito da colonne doriche, e nell'ampia e armoniosa sala, con forti colonne corinzie che delimitano il boccascena.
Dal 1853 al 1859 il F. si stabilì a Londra, dove a quanto sembra (ma non è documentato) lavorò a Buckingham Palace e progettò un grandioso cimitero mai realizzato (Oliva, 1954). Dopo l'Unità rientrò in Italia, dove il governo nazionale gli affidò l'incarico di ispettore generale del genio civile, in qualità di ingegnere architetto, e lo nominò membro del Consiglio superiore dei Lavori pubblici. Per il trasferimento della capitale del Regno da Torino a Firenze, con decreto del 24 nov. 1864, il F. ebbe la direzione e l'alta sorveglianza dei lavori di adattamento di palazzo Vecchio e del teatro Medici agli Uffizi a sede delle Assemblee legislative e di altri uffici governativi (ministero degli Esteri, prefettura, corte d'appello, Corte suprema di cassazione, direzione del Lotto).
Un incarico così prestigioso gli suscitò invidie e gelosie nell'ambiente fiorentino, tanto che venne accusato di "falsità istrumentale" - sebbene i lavori fossero stati eseguiti nei tempi prescritti e rispettando gli impegni di spesa - e condannato dalla corte d'assise di Firenze a tre anni di carcere. Ma dopo una lunga controversia legale con il Regio Demanio, la Corte dei conti rigettò il ricorso del Demanio, scagionandolo da ogni accusa. In quella occasione più di ottocento messinesi (intellettuali, politici e cittadini comuni), in segno di stima e di affettuoso sostegno, sottoscrissero un attestato di solidarietà all'illustre concittadino, che lo stesso F. ricambiò, nella dedica della Vita di Vincenzo Camuccini..., ultima sua pubblicazione data alle stampe a Roma nel 1875, con queste parole: "Alla diletta patria Messina che sdegnosa guardò il lutto del suo vecchio esule artista oggi su di lui lieta riversa un tesoro di affetto pel recuperato onore questo umile lavoro nella piena del cuore commosso offre riverente e consacra / MDCCCLXXV" (cfr. Oliva, 1954, p. 246).
Non si hanno altre notizie della sua attività fino alla morte, avvenuta a Roma il 15 marzo 1891.
Nonostante la dispersione dei suoi numerosi progetti, le testimonianze scritte e le poche opere realizzate consentono di inserire la personalità del F., ancora poco studiata, fra le più interessanti, nel campo architettonico, dell'Ottocento in ambito meridionale. Dotato di un ingegno eclettico e vivace, pronto a recepire le novità e i mutamenti del gusto, aderì alle poetiche neoclassiche, interpretate con misura e rigore, adattandole talvolta disinvoltamente, almeno in alcuni edifici di committenza privata come il villino Landi, alle tendenze del neogotico. Né va tralasciata la sua intensa e polemica attività di pubblicista e di teorico e critico dell'architettura (cfr. l'elenco completo delle opere e delle sue pubblicazioni in Oliva, 1954, e in Basile, 1960).
Fonti e Bibl.: G. Grosso Cacopardo, Sopra alcune opere architettoniche inventate e disegnate dal signor C.F. di Messina. Cenni artistici, Messina 1832; D. Pavone, Sull'esposizione dei progetti e degli studi sull'antico eseguiti da C. F. da Messina, in Il Faro, ottobre 1836, pp. 248-256; Catalogo degli oggetti di belle arti esposti nella gran sala del palazzo senatorio di Palermo il dì 30 maggio 1841, Palermo 1841, nn. 145-166; D. Ventimiglia, Le feste secolari di Nostra Donna della Lettera in Messina l'anno MDCCCXLII, Messina 1843, pp. 76-79; Suprema Corte dei conti, Sentenza emessa il 13 genn. 1875 contro il Regio Demanio a favore dell'ing. F. C., Roma 1875; Messina e dintorni, Guida a cura del Municipio, Messina 1902, pp. 304, 306, 352; G. Oliva, Annali della città di Messina, VIII, Messina 1954, pp. 241-247; F. Basile, Lineamenti della storia artistica di Messina. La città dell'Ottocento, Messina 1960, pp. 69-75, 99 n. 52; M. Accascina, Profilo dell'architettura a Messina dal 1600 al 1800, Roma 1964, pp. 191-194, 206-210; M. Ricchebono-C. Varaldo, Savona, Genova 1982, pp. 50, 166, 196; R. Aiolfi, Il teatro a Savona, Savona 1984, pp. 40-46; G. Molonia, Il r. teatro S. Elisabetta- Vittorio Emanuele (1852-1908), in Teatro S. Elisabetta-Vittorio Emanuele (1852-1908), (catal.), Messina 1984, pp. 22, 49, 60; G. Barbera, Il libro illustrato a Messina dal Quattrocento all'Ottocento, in Cinque secoli di stampa a Messina, a cura di G. Molonia, Messina 1987, pp. 477, 480; Messina artistica e monumentale, Palermo 1989, p. 178; G. Blandi, Sculture di Messina, Messina 1990, pp. 121-139; G. Currò, Dalla città dell'Ottocento al sisma del 1908, in La trama della ricostruzione, a cura di G. Currò, Reggio Calabria-Roma 1991, pp. 23, 31; S.A.P. Catalioto, Messina com'era oggi. Topografia ed immagini della sua storia, Messina 1991, pp. 188 s., 266 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 225; Diz. enc. di architettura e urbanistica, II, Roma1968, p. 137.