FACCIOLI, Carlo
Nacque a Verona, in contrada Ss. Apostoli, il 4 ag. 1840, da Giulio e da Carlotta Camuzzoni. Il padre, avvocato, patriota, fu condannato nel 1852 a 12 anni di carcere e liberato nel '56. Il F. iniziò gli studi nella scuola elementare maschile privata tenuta da L. Piazza, nell'anno scolastico 1844-45, passando poi alla scuola elementare magistrale di Verona, dove completò i corsi sotto il maestro G. G. Marchesi. Nell'anno 1849-50 s'iscrisse alla prima classe di grammatica del ginnasio municipale, in cui continuò gli studi fino al primo semestre dell'anno successivo, mentre nel secondo semestre figura già fra i convittori del collegio vescovile, dove rimarrà fino alla sesta ginnasiale (1854-55) e dove ebbe per insegnanti G. Pedretti, G.B. Peruzzi, C. Frizzi, P. Bellino ed F. Manini; infine frequentò la settima e ottava classe presso il ginnasio superiore governativo, negli anni 1855-56 e 1856-57. Iscrittosi alla facoltà di giurisprudenza dell'università di Padova, si laureò il 25 giugno 1863.
Il 30 giugno 1867 gli fu conferito il grado di luogotenente della guardia nazionale, nell'ambito della quale esercitò le funzioni di segretario del consiglio di disciplina. L'8 luglio 1868 la corte d'appello di Venezia lo dichiarò, avendo egli superato un esame pratico notarile, idoneo ed eleggibile all'esercizio del notariato, mentre il 22 agosto successivo un decreto del tribunale di Verona lo iscrisse al ruolo dei tutori, curatori e amministratori.
Le scelte del F. sembravano dunque avviarsi alla professione legale, quando nel dicembre 1868 la giunta municipale lo nominò membro della civica commissione degli studi, interessandolo al campo dell'insegnamento a lui molto più congeniale, sicché nel 1869, in assenza del provveditore agli studi, curò gli affari del consiglio scolastico, unitamente a N. Merighi. Nell'agosto di quell'anno tenne una conferenza in cui esponeva le sue teorie sull'istruzione pubblica e fece parte della commissione che promosse l'Esposizione agricola e scolastica. Entrato ormai nell'ambito didattico ufficiale, il 15 nov. 1869 venne nominato per un triennio professore di lingua e lettere italiane presso la scuola magistrale maschile della provincia, insegnando la stessa disciplina anche alla prima classe dei sottufficiali del 68° reggimento di fanteria brigata "Palermo".
Avendo egli assolto con generale soddisfazione gli impegni assunti, il consiglio provinciale scolastico gli affidò, il 12 giugno 1871, l'incarico di pedagogia ed esercitazioni pratiche presso l'istituto magistrale maschile, al posto di G. Segala dimissionario, incarico che, nel 1872, gli fu rinnovato in forma definitiva, finché, per il d. m. 26 nov. 1875, non gli fu conferita l'abilitazione definitiva a insegnare lettere italiane nelle scuole tecniche, normali e magistrali del Regno. Nella seduta del 6 dic. 1871 era stato eletto membro della giunta municipale di statistica, carica che conservò per molti anni, divenendo anche consigliere comunale dal '78 all'85, ed assessore supplente nell'82, col sindaco G. Camuzzoni, fratello della madre. Nel 1883, pronunciando l'orazione per lo scoprimento di un monumento ad A. Aleardi, poi pubblicata (Inaugurazione del monumento ad Aleardo Aleardi in Verona, Verona 1883), si lasciò sfuggire alcune frasi contro "... l'onda di libertà che quasi ci soffoca..." (p. 13), che furono considerate non felici e gli attirarono critiche, finché nel 1890 si ritirò completamente dalla vita pubblica.
Aveva sposato nel 1871 Elettra Marangoni, dalla quale ebbe diversi figli: la perdita prematura del primogenito Giulio, morto a 22 anni nel 1894, lo spinse ad un ancor maggiore isolamento. Per motivi di famiglia e di salute (ma anche perché ormai assorbito a tempo pieno dal suo impegno di traduttore) nel 1878 aveva dato le dimissioni dall'incarico di professore. Fu socio e corrispondente di numerose accademie e sodalizi letterari, e socio fondatore (aprile 1873) della Rivista d'Italia di sc., lett. ed arti di Napoli. Il governo lo onorò nominandolo nel 1874 cavaliere, nel '91 ufficiale e nel '97 commendatore della Corona d'Italia.
Da tempo aveva dato inizio alla sua attività letteraria, con numerose piccole pubblicazioni, per lo più d'occasione: La morte di Dante Alighieri, carme, in Albo dantesco veronese, Milano 1865, pp. 53-65; Per le nozze del sig. Alessandro conte Cavalli Peverelli..., Verona 1866; Per le nozze Marinelli-Taidelli, ibid. 1868; Nozze Avanzi-Della Vedova, ibid. 1868; Nozze Caperle-Malatesta, ibid. 1868 (solo la poesia Al sole). Frutto dell'attività didattica fu la pubblicazione del Vademecum del maestro elementare..., come estratto da L'Alba (VI, Verona 1869), poi in diverse edizioni successive, che, essendo stato riportato da G. Caroli in appendice al suo Nuovo corso di pedagogia, ottenne attestati di lode al congresso pedagogico internazionale di Ginevra e procurò al suo autore qualche rinomanza. Allo stesso filone pedagogico appartiene La sapienza della vita dedotta dai libri. Considerazioni generali con uno studio sui "Promessi sposi", pubblicato per la prima volta su La Favilla, rivista di letteratura... (Perugia, 22 dic. 1878), uno studio sul modo di rendere proficue le letture, in cui il romanzo manzoniano viene analizzato solo sotto il profilo pedagogico e morale.
Sebbene di vero poeta il F. non avesse doti, se si esclude una notevole padronanza delle metriche (che molto gioverà ai suoi lavori di traduzione), si elenca qui la sua produzione poetica originale, che rispecchia l'ambiente culturale nel quale era cresciuto, in un clima di esasperate effusioni romantiche (il Prati, l'Aleardi, lo Zanella, V. Betteloni, A. Messedaglia, Caterina Bon Brenzoni): Sanmicheli, Verona 1874, per celebrare lo scoprimento a Verona di un monumento al celebre architetto (raccolta di dodici composizioni in versi di vario metro, preceduta da un breve studio bio-bibliografico); In memoria di Antonio Caumo, prose e versi, ibid. 1876; tre sue poesie, Lontananza, L'effige, Un arbore, in Nozze Bruni-Storari, ibid. 1880, il sonetto Musica, in Nozze Furlotti-Zanti, s.n.t. [ma Verona 1881]; Ora divina ed A X per due suoi quadri, in Per le nozze di Virginia Mariani ed Ottavio Bachi, ibid. 1881; Prefazioncella ai miei versi, Sul mare, Imitazione, in Nozze Previtali-Silvestri, XXVI marzo MDCCCLXXXI, ibid. 1881; Azzurro e verde, in Poesie moderne, 1815-1887…, Milano 1888.
L'attività di traduttore dall'inglese del F., di gran lunga più interessante, ebbe anch'essa inizio con piccoli lavori d'occasione, a partire da I fanciulli di H. W. Longfellow, in Nozze Messedaglia-Canestrari, Verona 1871 cui seguirono: Obliarti?, di J. Moultrie, in Versi e prose per nozze Kayser-Gasparini, ibid. 1880; Ilfabbro del villaggio di H.W. Longfellow, in Nozze Milani-Martinelli, ibid. 1881; Ilvento del focolare, dello stesso autore, in Nozze Camuzzoni-Corradini, ibid. 1885; Gaspare Becerra, ancora del Longfellow, in Nozze Camuzzoni-Turella, ibid. 1885; Endimione, di J. Keats, in Nozze Camuzzoni-Panizzoni, ibid. 1890; Appender la catena al focolare, dello stesso, in Per le nozze del conte prof. Carlo Cipolla..., ibid. 1890; Milton dello stesso e Filosofia dell'amore di P.B. Shelley, in Nozze Camuzzoni-Mantice, ibid. 1891; Epipsychidion, ancora di Shelley, in Miscell. per le nozze Biadego-Belardinelli, ibid. 1896, e altri.
Nei primi lavori il F. appare fervente ammiratore e seguace del famoso traduttore conte A. Maffei, del quale fu amico, evolvendosi in seguito in forme più personali. Il primo impegno importante fu rappresentato da Il pellegrinaggio di Aroldo, poema di lord Byron tradotto da C. Faccioli, Firenze 1873, pubblicato dall'editore G. Barbera su raccomandazione dell'Aleardi e di A. Messedaglia in mille esemplari, che però "ebbe esito piuttosto scarso" (G. Barbera, Memorie di un editore..., Firenze 1883, p. 395), sia a causa della poca notorietà del traduttore, sia perché quasi contemporaneamente uscì presso Le Monnier una versione della stessa opera del citato conte Maffei. Tuttavia esso ebbe ampia e favorevole eco nella stampa.
La Rivista europea del 1° dic. 1873 scrisse "il verso del Faccioli è meno smagliante di quello del Maffei, ma pure tutto un concerto di soavissime melodie. Il verso sciolto del Faccioli ha ora la dolcezza di quello dell'Aleardi, ora la robustezza di quello del Prati"; mentre la Nuova Antologia (maggio 1874) affermò che "se egli riman dietro alla fluidità ... del Maffei..., è però più breve, più preciso, più rapido ..."; né mancarono lettere di lode dai letterati, fra cui N. Tommaseo (Firenze, 19 febbr. 1874), G. Carcano (Milano, 23 dic. 1873), E. De Amicis (Torino, 17 dic. 1873).
Tre anni dopo comparve la successiva fatica del F.: Alfredo Tennyson, Idilli. Liriche. Miti e leggende. Enoc Arden. Traduzione di C. Faccioli, Verona 1876. La traduzione di un autore tanto diverso dal Byron, ma tanto più vicino, col suo semplice e delicato naturalismo, alla natura e ai gusti del F., avrebbe dovuto dare risultati anche più soddisfacenti e invece incontrò nella critica, fra le rare lodi, attacchi anche duri. E se la Nuova Antologia (s. 2, II [1876], pp. 671 s.) rimarca che "il modo di tradurre è alquanto libero, però l'autore compensa questa libertà dandoci poesie che paiono originali", A. R. Levi su L'Adriatico (21-24 febbr. e 4 marzo 1877) afferma che egli non supera nemmeno la decima parte degli ostacoli che gli si presentano, anche se poi ne loda il tono originale, l'ingegno poetico e l'abilità nel rendere le atmosfere. Durissimo fu il critico inglese R. Moody, che su La Rivista europea (settembre-ottobre 1876) definì la traduzione dei F. "tronfia, ampollosa e retorica".
Quest'edizione veronese ebbe comunque successo commerciale e fu presto esaurita, tanto che, auspice A. Maffei, si pensò ad una nuova edizione a Firenze, presso Le Monnier, "notabilmente accresciuta" (da pp. 288 a 443), che apparve nel 1879. Questa volta il successo, assai meno contrastato, spinse il V. a dedicarsi a un altro delicato poeta di lingua inglese, l'americano H.W. Longfellow, allora da poco scomparso, del quale egli aveva già pubblicato una traduzione in versi sciolti di Evangelina (Verona 1878), in cui, a differenza dei precedenti traduttori (P. Rotondi, G. Rossi), che avevano scelto di rendere gli esametri dell'originale alternando settenari e novenari in un ritmo monotono e martellante, si servì del classico endecasillabo italiano, felicemente piegandolo all'indole del testo. La poesia del Longfellow, descrittiva, priva di astrazioni intellettualistiche e attentissima alla perfezione formale, risultò molto congeniale al F., onde Liriche e novelle tradotte da C. Faccioli uscì a Firenze nel 1890.
L'approvazione per questo lavoro fu quasi unanime: spiccano le critiche di E. Panzacchi (in Lettere ed arti, II [1890]) e quella di R. Bonghi, secondo cui "la traduzione del Faccioli è gentile di lingua e di metro e scorre senza intoppi... e quel soave poeta americano... ci par diventato quasi nostro".
L'ultima fatica di rilievo del F., dedicata ad un grande lirico romantico come P. B. Shelley, segna in un certo senso un ritorno agli ideali della sua giovinezza, ma rendere in versi quella poesia era opera irta di tali difficoltà che solo la sua ormai notevole esperienza, l'applicazione ferrea e lo studio tenace gli permisero di superarle almeno in parte. Dopo due piccoli saggi di prova, Iltrionfo della vita (Verona 1899) e Giuliano e Maddalo (Firenze 1892), pubblicò dunque insieme Alastor. Giuliano e Maddalo. Prometeo liberato. I Cenci. La mascherata dell'anarchia. Lettera a Maria Gisborn. Epipsychidion. Adone. Il trionfo della vita (Firenze 1902), in un volume di oltre 500 pagine. Tutte le traduzioni dello Shelley fino a quel momento (G. Zanella, G. Chiarini, E. Sanfelice, A. De Bosis, T. Wiel) si erano limitate a singole opere, a episodi isolati, sicché era già ardito da parte del F. affrontare insieme materiale tanto copioso. L'innovazione da lui introdotta fu di rinunciare in alcuni casi (tutte le liriche) alla traduzione in versi, ritenuta impossibile senza grave tradimento dell'originale, per adottare quella in prosa, con sotto uno schema del metro originale.
Tuttavia, tanto impegno non incontrò il favore del pubblico, nonostante innumerevoli attestazioni di stima da parte dei letterati (G. Chiarini, G. Mazzoni, E. Castelnuovo, G. Marradi, F. Pellegrini, E. Panzacchi). Oltre a quanto ricordato, poche altre cose il F. aveva pubblicato: di G. Macé Il Genio. La piccola città. Il gigante dell'Alzazia. L'anniversario di Waterloo. Traduzioni ... (con aggiunta la ristampa del Vademecum ...), Verona 1873; di T. Gray In un cimitero campestre (in Veglie veneziane, periodico..., I [1877], 3) del Tennyson Voce dei morti, in Excelsior-Colonie alpine per la cura, Verona 1899.Alla fine di giugno del 1904 il F. si recò a Bosco Chiesanuova (prov. di Verona) per un periodo di cura richiesto dalla sua malferma salute, ma pochi giorni dopo fu colto da improvviso malore e ivi morì il 4 luglio di quell'anno.
Coltivava da tempo il progetto di un'edizione che raccogliesse tutti i suoi lavori: la vedova volle che esso venisse realizzato e ne affidò la cura a G. Biadego, vecchio amico del marito. Così nel 1907 apparve a Firenze presso Le Monnier una bella edizione numerata di soli 200 esemplari fuori commercio, in 4 voll., Opere di C. Faccioli, preceduta da una prefazione critico-biografica del Biadego, alle pp. VII-LIII del vol. I. Nelle brevi introduzioni e nelle note il F. non dimostra qualità e attitudini di critico, rimettendosi sempre ai giudizi altrui, del Taine o di altri autori inglesi.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Secolo XIX, 8 luglio 1904; A. Aleardi, Epistolario, Verona 1879, p. 353; La Ronda (Verona), 1° maggio 1887 (breve cenno biogr.); Annali bibliografici e catalogo ragionato delle ediz. Barbera 1854-1880, Firenze 1904, pp. 379-82; G. Biadego, C. F. e le sue traduzioni dall'inglese, Firenze 1907 (identico alla prefazione delle Opere di C. Faccioli, salvo per un elenco delle pubblicazioni, in quella riportato alle pp. LV-LVIII, e qui omesso); G. Brognoligo, Appunti per la storia della cultura in Italia nella seconda metà del sec. XIX, VI, La cultura veneta, in La Critica, XXIV (1926), 1, pp. 91 s.; A. Fajani, Gli istituti medi di Verona nella storia dell'idea e della cultura nazionale, in Annali della istruzione media..., VII (1931), 5-6; I. Furiosi, La evoluzione della problematica critica nella pubblicistica letteraria del "Corriere della sera" dal 1876 al 1900, in Aevum, XXXIX (1965), 3-4, p. 293; A. De Gubernatis, Diz. biogr. d. scritt. contemp., Firenze 1879, p. 425; Id., Piccolo diz...., Roma 1895, p. 363; G. Mazzoni, L'Ottocento, II, Milano 1949, p. 1365.