BRANDIZZO, Carlo Emanuele Nicolis conte di
Nacque a Torino il 7 ott. 1651 da Carlo Francesco e da Ottavia Piossasco, in una famiglia assurta di recente al rango nobiliare.
Il nonno, Giovanni, auditore e quindi generale delle finanze, era stato investito del modesto feudo di Vernante, nella impervia zona del Tenda, nel novembre 1613; il padre, Carlo Francesco, dottore in leggi, segretario alla corte francese e intimo di Eugenio di Savoia-Soissons durante il soggiorno del principe a Parigi all'ombra del Mazzarino, acquistò nell'aprile 1659 da Giuseppe Carelli metà del feudo di Brandizzo, ottenendone quattro anni dopo, il 23 sett. 1663, investitura formale dal sovrano, con il titolo comitale.
Tra i cadetti della famiglia, il B. era stato avviato, giovanissimo, alla carriera delle armi: a sedici anni era entrato come ufficiale nel reggimento "Genevois" e vi aveva servito in terra di Francia al seguito dell'esercito di Luigi XIV nella campagna di Fiandra (assedio di Valenciennes), raggiungendo sotto la reggenza di Maria Giovanna Battista di Savoia-Nemours, il grado di capitano e avanzando da Courtrai, nel febbraio 1676, la sua candidatura a maggiore e nel giugno 1677, a luogotenente colonnello del reggimento.
Nel 1683 il B. trovava infine una nuova sistemazione nelle file dell'esercito piemontese in coincidenza con il primo riordinamento della milizia sabauda attuato da Vittorio Amedeo II (rafforzamento della cavalleria, con propri ordinamenti e autonomia operativa, separata dalla vecchia "gendarmeria", in cui essa era stata accomunata sino allora con i corpi di ordinanza del duca e dei membri della famiglia del principe). Di fatto, il 17 luglio di quell'anno il B. lasciava il posto di "cornetta" dei gendarmi di palazzo ed era chiamato a ricoprire la carica di "sergente maggiore" della nuova "cavalleria di Piemonte", con la paga di capitano (1833 lire d'argento). Qualche anno più tardi (non si conosce peraltro la data esatta del trasferimento) egli passava a capo del reggimento "Monferrato" con il grado di tenente colonnello. In questa nuova posizione il B. si trovò impegnato con funzioni di maggiore responsabilità nella nuova fase apertasi nella vita politica e militare dello Stato sabaudo con l'opera di progressivo sganciamento dalla rigida e opprimente alleanza verso la corte di Parigi, portata avanti da Vittorio Amedeo II fra il 1689 e il 1690. In un momento cruciale, durante l'avanzata del Catinat da Pinerolo sulla capitale piemontese nella primavera del 1690, il B. venne scelto come uomo di fiducia del sovrano nel collegamento con le forze dislocate in Italia della lega d'Augusta.
Era necessario, di fronte ai sospetti ormai sempre più accentuati del governo di Luigi XIV nei confronti dell'avvicinamento piemontese all'Impero e all'incombente minaccia di invasione dell'esercito francese, guadagnare tempo onde stringere definitivi patti a Milano con il governatore spagnolo e assicurarsi adeguata assistenza militare. Mentre l'abate Grimani conduceva nuove trattative con l'imperatore e l'intervento francese veniva d'altro canto ritardato con abili manovre diplomatiche, il B. veniva inviato a Milano nel maggio di quell'anno per concludere un accordo definitivo con il governatore spagnolo. Il patto (da lui firmato il 3 giugno alla vigilia dell'alleanza formale con l'Impero) con il conte di Fuensalida contemplava la resistenza ad un'eventuale offensiva francese, sia contro lo Stato sabaudo sia contro quello milanese, assicurava al duca il possesso di Pinerolo in mano al Catinat e garantiva, soprattutto, l'invio immediato di truppe spagnole in soccorso di Vittorio Amedeo.
Dell'attività del B. non si hanno altre notizie per il periodosuccessivo. Nel dicembre 1697 egli venne confermato nel possesso del vecchio feudo di Vernante. Frattanto la famiglia, poi estintasi nel ramo dei B. nella prima metà del Settecento (dal nipote Filippo, che fu vicario di polizia a Torino nel 1764, ebbe inizio la linea dei Nicolis di Frassino), aveva raggiunto una forte posizione economico-sociale, in coincidenza con l'avvio in Piemonte di un processo di graduale sviluppo mercantilistico, che aveva visto il B. tra gli esponenti più ragguardevoli della nuova aristocrazia impegnati in moderne iniziative economiche di tipo "produttivistico".
Nel gennaio 1687 egli aveva intrapreso la costruzione, nel suo feudo di Brandizzo, di un battitore di carta e aveva chiesto al sovrano, non disponendo di terre ove si potessero raccogliere delle strazze per la produzione cartaria, la facoltà di organizzarne l'estrazione dalla città e dalla provincia di Asti, per cui aveva domandato anche l'esenzione da ogni imposta ducale. Vittorio Amedeo gli aveva accordato (27 genn. 1687) un privilegio in tal senso, esclusa peraltro l'immunità fiscale, ma concedendogli anche la facoltà dell'uso di una tina per la carta in città o nel circondario astigiano. Il B. si troverà così a far parte, dalla fine del Seicento, di quella schiera di rappresentanti della nobiltà (dai marchesi di Ciriè, di Voghera, di Bagnasco, di Parella ai conti Stradella, Della Margarita, di Piossasco, di Serravalle, di Ternengo), che, nella fabbricazione della carta (al pari di altri esponenti della classe nobiliare, di toga o di più antica estrazione patrizia, interessati alla lavorazione della lana, della seta o all'attività mineraria), costituiranno, insieme con alcuni gruppi della borghesia provinciale, il primo nucleo di "fabbricanti" imprenditori operanti in Piemonte in direzione di una più vivace ripresa manifatturiera.
Il B. morì a Torino il 16 marzo 1705.
Fonti e Bibl.:Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Lettere Particolari, N, mazzo 3, corrisipondenza del 1676-1677; Ibid., Sezioni Riunite, Patenti Piemonte, registro 109, f. 41; Ibid., Controllo Finanze, registri 1663, f. 140; 1683, f. 149 e 1687, f. 34; Torino, Biblioteca Reale, Varie, 289/42; G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte, II, Torino 1798, p. 650; R. Quazza, Preponderanze straniere, Milano 1938, p. 270; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento, Roma 1946, p. 266; G. Quazza, L'Italia e l'Europa durante le guerre di successione, in Storia d'Italia, II, Torino 1965, p. 898; A. Manno, Il Patriziato subalpino, I, Firenze 1905, pp. 147, 379; V. Spreti, Encici. storico-nobiliare ital., IV, pp. 825 s.