DE STEFANI, Carlo
Geologo, nato il 9 maggio 1851 a Padova, morto il 12 dicembre 1924 a Firenze. Si laureò in giurisprudenza a Pisa nel 1870. Professò poi per cinque anni prima statistica, indi economia politica nell'università di Siena, pubblicando anche una trentina di memorie su analoghi argomenti, ma nel 1881 abbandonò del tutto anche l'insegnamento delle discipline giuridiche per darsi interamente agli studî di geologia ai quali era stato iniziato alla scuola di Giuseppe Meneghini e nel 1885 successe allo Stoppani nella cattedra di geologia e geografia fisica del R. Istituto di studî superiori (poi università) di Firenze, cattedra che tenne fino alla morte. Ingegno pronto, acuto, originalissimo, trattò con 461 pubblicazioni dei più svariati argomenti nel campo della stratigrafia, della tettonica, della geografia fisica, della paleontologia e financo della malacologia attuale.
In un lavoro sui terreni terziarî superiori del Bacino Mediterraneo (Bruxelles 1891) enunciò il concetto, in seguito accettato in parte o totalmente da parecchi geologi, che i varî piani e sottopiani che erano stati distinti nel Miocenico e nel Pliocenico corrispondessero a differenze di facies anziché di età. La sua classificazione dei terreni pleistocenici è d'altra parte sostanzialmente identica a quella oggi generalmente adottata. Nel campo della tettonica i suoi lavori si riannodano alla tradizione italiana e rappresentano una vera reazione alla tendenza allora imperante, di spiegare i maggiori fenomeni orogenetici con l'ipotesi di fratture della crosta terrestre; così come più tardi reagiscono contro la "teoria dei carreggiamenti". In paleontologia illustrò i molluschi terziarî d'Italia, le flore permo-carboniche della Toscana, i fossili carbonici dell'Elba, i fossili cretacici dell'Appennino, della Tripolitania, ecc. Avviò in modo particolare i suoi allievi, che ebbe numerosi e valenti, allo studio della Penisola Balcanica, in modo da recare nel complesso un imponente contributo italiano alla conoscenza di quelle regioni. La sintesi di questi studî fu da lui esposta in una memoria sulla tettonica del Bacino Adriatico, comparsa nel 1908 e rielaborata nel 1923, in cui sostiene che questo non si è formato per recente sprofondamento come si suole ammettere dai più, ma solo per effetto del ripiegamento "alpino".