DE FALCO, Carlo
Figlio di Filippo, mediocre scultore, nacque a Napoli il 26 nov. 1798; apprese i primi elementi di disegno presso la bottega del padre che aveva tentato di adeguare ai moduli neoclassici la tradizione plastica napoletana ancora legata al rococò. Nonostante le sue inclinazioni artistiche, ben presto fu costretto ad abbandonare l'apprendistato presso lo studio paterno per provvedere al sostentamento economico della famiglia: a causa di un rovescio finanziario subito dal padre, il quale nel frattempo per motivi di salute era stato costretto ad interrompere la sua attività artistica, il D. dovette trovare lavoro nell'amministrazione del lotto. Più tardi riusci a iscriversi al Reale Istituto di belle arti. Come maestri ebbe alla scuola di disegno C. Angelini, il massimo esponente del neoclassicismo napoletano, alla scuola di pittura il savoiardo G. Berger e l'olandese P. van Hanselaere, pittori davidiani l'uno giunto a Napoli durante il decennio francese e l'altro, proveniente da Roma, nel 1822. Su questi pittori il D. improntò il suo stile, tendente a imitare il rigoroso impianto disegnativo e l'attenta trascrizione realistica di soggetti e ambienti, che sono carattenstici della migliore ritrattistica neoclassica. Il 4 ott. 1826 partecipò all'esposizione nel Regio Museo borbonico con tre opere, attualmente disperse, che il catalogo annoverava come Ritratto di donna assisa al naturale; Ritratto di uomo in mezza figura al naturale; Ritratto di donna. All'esposizione nel Regio Museo borbonico del 4 ott. 1830 riscosse un grandissimo successo con i ritratti, a grandezza naturale, del Re Francesco I e della Regina Maria Isabella. Tali opere, risalenti al 1829 (cfr. Umili), apprezzate unanimemente dalla critica, dal pubblico e dagli stessi sovrani, fecero sì che il pittore potesse lavorare per la ritrattistica di corte anche successivamente.
Le due tele, oggi esposte in una sala del palazzo reale di Caserta, spogliate del clima di ossequiente devozione per la casa regnante nel quale era coinvolta la maggior parte degli artisti napoletani, ci appaiono opere alquanto modeste) soprattutto se confrontate alla ritrattistica bonapartista prodotta pochi anni prima e i cui unici validi continuatori flirono, in ambito napoletano, Costanzo Angelini e soprattutto baetano Forte. Alla poca naturalezza il D. sopperisce con una grande attenzione alla realizzazione di drappi, tende, abiti, gioielli e decorazioni militari: in tale ambito l'autore mostra una vena più felice e realizza una serie di effetti luministici che si allontanano dalla tecnica accademica dello sfumato e, preludono ai futuri sviluppi della pittura napoletana dei secondo Ottocento.
Altri due ritratti (perduti), esposti alla medesima mostra del 1830, rappresentavano: Il principe ereditario duca di Calabria, a mezza figura, e La principessa Maria Cristina di Savoia, seduta con un libro in mano.
L'abilità coloristica del D. ci è testimoniata da un anonimo erudito contemporaneo (cfr. G. D. R.) il quale, in una lettera del 1831 a Basilio Puoti, scriveva (p. 16) a proposito dei suddetti quattro quadri: "ne' quali ritratti molto si commendò la vivezza degli ori e delle sete, la morbidezza delle pelli e de' velluti, le belle pieghe de' panni e delle vesti che l'artefice diede a quelle figure: perché tutti ebbero a lodare il De Falco come un eccellente coloritore. Solo alcuni non ebbero a trovar molto bellala incarnagione di que' volti principeschi e reali: o, a dir meglio, essi non ebbero a trovarle così perfette come il rimanente".
Un quadro decisamente più interessante fu dipinto dal D. nel 1834, La regina Maria Cristina in un interno di palazzo reale (firmato e datato 1834), oggi nei depositi del palazzo reale di Napoli.
Pur riagganciandosi, sul piano stilistico, alla ritrattistica precedente, l'artista ci appare più a suo agio nell'attenta rappresentazione dello "studiolo" nel quale la regina Maria Cristina è raffigurata. Tralasciata infatti l'aura celebrativa dei ritratti ufficiali di corte, l'artista dipinge la regina senza alcun attributo regale, seduta accanto alla sua scrivania e con un libro in mano, al pari di una di quelle nobildonne colte e letterate che ci ha tramandato la storia letteraria del primo romanticismo. Ciò che maggiormente interessa è la descrizione minuta.del mobilio e delle suppellettili di un interno altoborghese, rappresentate secondo un genere che si sarebbe molto diffuso nella seconda metà dell'Ottocento.
Nel 1836 il D. dipinse due quadri di soggetto religioso: S. Ferdinando, re di Castiglia e S. Cristina confortata dagliangeli (firmati e datati), oggi conservati nei depositi del Museo di Capodimonte. Collegati nei soggetti ai sovrani regnanti, questi quadri rivelano la modestia dei mezzi tecnici del pittore nel cimentarsi in temi di più ampio registro storico-religioso. Mentre, infatti, nella raffigurazione del santo condottiero l'artista può fare appello ancora alle sue risorse coloristicodecorative per dipingere gli attributi militari e divini del soggetto, nella S. Cristina il D. presenta solo una stanca ripresa dei modelli classicisti tardoseicenteschi. Tale produzione di carattere ericomiastico e devozionale continuava però a riscuotere successo, soprattutto perché godeva della protezione della dinastia borbonica.
All'esposizione del 1848, il D. partecipò in qualità di professore onorario del R. Istituto di belle arti con un ritratto del Generale Avitabile e con due bozzetti rappresentanti Ferdinando II e la seconda moglie Maria Teresa d'Austria. Uno dei due quadri eseguiti sui detti bozzetti è da considerarsi probabilmente il ritratto di Maria Teresa d'Austria dell'accademia di belle arti di Napoli, oggi conservato nella galleria dell'Ottocento del Museo di Capodimonte. Nominato pittore di corte, il D. ricoprì tale carica fino al i 860; come tale, fu ritrattista ricercato dai personaggi della nobiltà e dell'alto clero. Sono ricordati dalle fonti i ritratti del Generale Clary, del Marchese Tommasi, di Monsignor Olivieri (1830), di donna Caterina de Simone, di Giuseppina Ronzi de Begnis, del commediografo Giulio Genoino. Per il convento di S. Arcangelo a Baiano dipinse una vasta tela rappresentante La consegna degli statuti delle monache di S. Arcangelo a Baiano.
Morì a Pagani (prov. di Salerno) il 14 ott. 1882.
Fonti e Bibl.: Catal. delle opere di belle arti esposte nel palagio del R. Museo Borbonico, il dì 4 ott. 1826, Napoli 1826, pp. 23 s., 26; G. Umili, Per due dipinti del signor C. D., Napoli 1829; Catalogo delle opere di belle arti esposte nel palagio del R. Museo Borbonico il dì 4 ottobre 1830, Napoli 1830, pp. 19, 49, 51; G. D. R., Intorno alle più eccellenti pitture napoletane esposte nel 1830, lettera al signor B. Puoti, Napoli 1831, pp. 1-16; Catalogo delle opere di belle arti esposte in mostra nel R. Museo il dì 14 agosto 1848, Napoli 1848 p. 67; Catalogo biografico della mostra della pittura napol. dell'800, Napoli 1922, pp. 15 s.; C. Lofenzetti, L'Accademia di belle arti di Napoli…, Firenze 1952, pp. 220 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, XI, p. 215 (sub voce Falco, Carlo de).