CRIVELLI, Carlo
Nato a Milano il 20 maggio 1736 da Stefano Gaetano conte di Ossolaro, del ramo dei Crivelli di Pura, e da Cristofora Marliani, compì i primi studi nella città natale e li concluse a Roma dove si laureò in utroque iure alla Sapienza (1761). Cameriere d'onore fin dal 1759, proprio in quell'anno ebbe un primo incarico: come ablegato apostolico consegnò la berretta cardinalizia allo zio paterno Ignazio, nunzio a Vienna. Questi seguì con sollecitudine i progressi del giovane C. e proprio alla fine di quell'anno lo raccomandò al cardinale N. Corsini per iniziarlo alla carriera di Curia: "mi pare che abbia talento" scrisse in una lettera, "voglia e disposizioni sufficienti".
Nel 1765 il C. fu nominato protonotario apostolico e consultore dei Riti, l'anno successivo divenne ponente dei Buon Governo e nel 1774 decano dei protonotari. Ordinato sacerdote il 20 ag. 1775, venne consacrato arcivescovo titolare di Patrasso (11 sett. 1775) e quindi nominato nunzioa Firenze (23 settembre), dove giunse il 5 genn. 1776.
Il compito si palesò subito difficile in un momento in cui il programma riformista del granduca Pietro Leopoldo d'Asburgo Lorena si andava delineando in tutta la sua ampiezza anche in materia religiosa. Il C. l'assolse con perizia, beneficiando anche dell'amicizia di uno dei collaboratori del granduca, il ministro Francesco Seratti.
I motivi di preoccupazione furono tuttavia numerosi. Un primo scontro si ebbe quando il governo decise che un rappresentante del granduca assistesse alle sedute dei capitoli generali dei frati ed egli dovette proibire tali riunioni. La sua corrispondenza con Roma permette di scandire il deteriorarsi dei rapporti tra la S. Sede e Firenze e il rapido succedersi delle iniziative riformatrici del sovrano: la controversia delle monache di Prato; la giurisdizione criminale degli ecclesiastici; la soppressione dei canonici lateranensi a Fiesole e a Pistoia e quella ben più grave del S. Uffizio; le misure a carico del clero regolare. Nel 1779 il granduca decise di imprimere un tono ancor più accentuato al proprio programma e sollecitò i vescovi toscani, tra i quali erano alcuni elementi a lui favorevoli, a rivendicare dal papa certi diritti sottratti loro da Roma. Il C. tentò di accertare, su invito del segretario di Stato, quale sarebbe stato l'atteggiamento dell'episcopato toscano, ma incontrò delle difficoltà perché i presuli non erano disposti ad affrontare con lui, nemmeno a voce, i temi che riguardavano i rapporti tra il governo e la S. Sede. E "l'azzardar qualche cosa in scritto", avvertiva, "sarebbe un porsi in pericolo che da taluno fosse comunicato al governo" (Arch. Segr. Vaticano, Firenze, 164A, ff. 379-380). Sarà con sollievo che potrà annunciare alla fine che il granduca aveva abbandonato l'idea dopo che due presuli, l'arcivescovo di Siena Borghesi e il vescovo di Pistoia Ippoliti, "con imperturbabile attaccamento alla Santa Sede e lontani da ogni riguardo", avevano "messo in veduta le irregolarità" che dalla rivendicazione sarebbero emerse (ibid., f 408).
Nel maggio 1780 il C. annunciava l'imminente pubblicazione in Firenze degli Annali ecclesiastici. Già al suo arrivo nella capitale del granducato egli si era trovato a contrastare la pubblicazione di un periodico che a Roma si giudicava severamente: la Gazzetta ecclesiastica stampata alla macchia da Reginaldo Tanzini. In quell'occasione gli era riuscito di ottenere la soppressione del periodico senza compiere passi ufficiali. Questa volta l'intervento gli apparve subito più difficoltoso. Inviando a Roma il primo numero del giornale avvertiva di avere inutilmente cercato in ogni modo che "fosse proibita altra gazzetta di simil natura" e commentava che "in tempi presenti" un successo del genere "riesce affatto improbabile" (ibid., f. 442). A mano a mano che il granduca procedeva deciso sulla strada intrapresa, le notizie sgradevoli occupavano la maggior parte dei rapporti del nunzio: la questione delle doti monastiche, quella della cerimonia della vestizione delle suore, la pastoraie del nuovo vescovo di Pistoia e Prato Scipione de' Ricci sul culto del Sacro Cuore e sulle varie devozioni, l'esclusione dei religiosi forestieri dai conventi toscani. Il C. confessò in tale occasione il proprio isolamento con tono sempre più - angosciato "poiché neppure i religiosi", scriveva, "ardiscono a vedermi" (ibid., f. 599). Nondimeno, malgrado le difficoltà in cui adempiva il proprio ufficio, egli fu in grado di annunciare un anno dopo al segretario di Stato che i vescovi toscani non avrebbero ceduto alle pressioni del governo, i cui ordini essi "eseguiscono con rincrescimento". Asuo parere solamente due o tre vescovi erano disposti a seguire fino in fondo il riformismo religioso granducale e ricciano (ibid., E 683); le sue previsioni sarebbero state puntualmente confermate dagli sviluppi della situazione.
L'esperienza fiorentina del C. si concluse nel marzo 1785, quando egli fu richiamato a Roma, dove divenne prima presidente degli archivì e, infine, il 25 febbr. 1794, ebbe l'incarico di governatore.
Ancora una volta il C. si trovò di fronte ad un impegno reso più oneroso dalle difficoltà dei tempi, nel periodo in cui su Roma si ripercuotevano le turbolente vicende di Francia. Cresceva di giorno in giorno in città e nei territori dello Stato della Chiesa il numero degli émigrés, religiosi e laici, in cerca di un rifugio e il loro arrivo creava non pochi problemi. La situazione era resa più precaria da pesanti difficoltà economiche, causate dai cattivi raccolti e da calamità naturali, talmente gravi da far temere una vera e propria sommossa di affamati. Il governatore dovette, inoltre, fronteggiare l'incubo dei complotti di tipo giacobino, reagendo con energiche misure di polizia, anche se il governo si preoccupava di non fornire alla , Francia motivi di lagnanze. Fu nel 1794 che si registrarono gli episodi più preoccupanti, come la congiura di Liborio Angelucci, Pietro Corona e Francesco Monaco, e quella degli aristocratici, in cui erano implicati numerosi ufficiali e alcuni giovani aristocratici (Sinibaldi, Ceva, Maccaroni, Massimi). Si celebrarono, inoltre, alcuni processi a sfondo politico, come quelli contro Giacomo Dini, Adeodato Ranieri, lo scultore fiammingo Giovanni Devaere, Ignazio F. Morenas e contro il massone Francesco Crespi. Nemmeno nel biennio successivo mancarono momenti di grande tensione, come quello che coincise con la ventata di paura che per 1 corse lo Stato nel luglio del 1796 di fronte all'incalzare delle truppe del Bonaparte e quando si sospettò un attentato alla vita del papa nella basilica di S. Pietro (1796). All'estensione del movimento "giacobino", alla cui repressione il governatore dedicava ogni energia sotto l'occhio costantemente vigile e preoccupato del segretario di Stato, facevano riscontro ricorrenti turbolenze popolari ostili ai Francesi. Il C. si adoperò instancabilmente alla salvaguardia dell'ordine pubblico, ma tale vigilanza non riuscì a scongiurare alla fine del dicembre 1797 l'uccisione del generale Mathieu-Léonard Duphot, episodio che fece precipitare la situazione e fornì il pretesto per l'occupazione francese di Roma.
All'indomani dell'occupazione, il governatore fu destituito per ordine del generale Berthier. Il 13 febbr. 1799 il C. si vide imporre gli arresti domiciliari e due giorni dopo venne imprigionato in Castel Sant'Angelo, donde, insieme con altri esponenti della Curia, fu trasferito prima nel monastero delle convertite e poi a Civitavecchia. Da qui, per l'intervento di amici influenti, riuscì, dietro corresponsione di una cospicua somma, a riparare a Milano.
Nel concistoro segreto del 23 febbr. 1801 il nuovo papa Pio VII ne premiò la fedeltà e lo creò cardinale in pectore, pubblicandolo il 29 marzo 1802. Ebbe il 24 maggio 1802 il titolo presbiteriale di S. Susanna e fu assegnato alle congregazioni dei Vescovi e Regolari, dei Riti, della Disciplina regolare e della Reverenda Fabbrica di S. Pietro; fu anche protettore della chiesa e della Confraternita di S. Rocco nonché dell'Arciconfraternita della SS. Concezione degli Incoronati. Al pari degli altri membri del Sacro Collegio presenti, a Roma, nel 1804 fu chiamato ad esprimere le proprie valutazioni sull'opportunità dei viaggio del papa a Parigi per l'incoronazione di Napoleone.
La seconda occupazione di Roma lo costrinse di nuovo ad abbandonare la città quando il generale Miollis intimò, dietro ordine imperiale, ai porporati che non erano sudditi del papa di rientrare nei rispettivi luoghi di origine. Il C. giunse a Milano sotto scorta l'8 apr. 1808 e si presentò subite al viceré, come riferisce un altro porporato milanese, il cardinale Gian Filippo Scotti, in una lettera a Roma (in Arch. Segr. Vatic., Epoca Napoleonica - Italia, IX, 20) per una visita di omaggio. Fu tra i dieci cardinali cui fu concesso di restare in Italia durante la deportazione del pontefice in Francia. Alla caduta di Napoleone, durante la lunga trattativa tra l'imperatore d'Austria e il papa per dotare la Chiesa ambrosiana di un arcivescovo, l'ambasciatore di Vienna a Roma Ludwig von Lebzeltern propose al Metternich il suo nome tra i possibili candidati. Tre anni dopo, il 19 genn. 1818, il C. morì a Milano, ove fu sepolto nella chiesa di S. Maria alla Porta.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Proc. Consist., 169, ff. 35-40; Ibid., Proc. Dat. 152, ff. 352-368; Ibid., Firenze, 164, 164A, 165, 165A, 166, 168A, 238A; Ibid., Arch. Nunz. Firenze. 134; Ibid., Memorie-Biglietti, 302; Ibid., Epoca Napoleonica-Italia, VII, 37, IX, 20-23; Ibid., Segreteria di Stato, rubr. 224, f. 82 (1818); Arch. di Stato di Roma, Tribunale civile del Governatore (1621-1816); Ibid., Archivio del Governatore, 135 bis (1675-1797); Roma, Bibl. dell'Acc. dei Lincei e Corsiniana, Cod. Cors. 2116: Lettere originali di Ignazio Crivelli nunzio a Vienna al card. Neri Corsini, ff. 63-74; Diario ordinario, 1794, p. 15; 1802, p. 20; Novelle letter. (di Firenze), XXIX (1768), col. 649; Notizie per l'anno..., 1802-1803, 1806, 1818; F. G. Cancellieri, Il mercato, il lago dell'acqua vergine..., Roma 1811, pp. 104-135; P. Baldassarri, Relazione delle avversità e patimenti del glorioso Papa Pio VI negli ultimi tre anni del suo pontificato, Modena 1840-1843, II, pp. 259, 270, 301, 400; III, pp. 96-99; G. Gucci, Storia della vita e del pontificato di Pio VII, Roma 1857, I, p. 113; G. A. Sala, Diario romano degli anni 1789-99, a cura di G. Cugnoni [Roma 1882], Roma 1981, I, pp. 21, 89, 100; J. Gendry, Pie VI, savie, son pontificat (1717-1799) Paris 1906, I, pp. 455, 457-8; I. Rinieri, Napoleone e Pio VII (1804-1813), Torino 1926, pp. 92, 429; J. Schmidlin, Papstgesch. der neusten Zeit, München 1933, pp. 93, 370; C. Trasselli, Processi politici romani..., in Rass. stor. del Risorg., XXV(1938), pp. 1495-1514, 1613-1634; M. C. Fischer Reichenbach, Urbain III et Barberousse et les trois cardinaux Crivelli, Berne 1940, pp. 71-74, 85-91; M. Rosa, Giurisdizionalismo e riforma religiosa nella Toscana leopoldina, in Riformatori e ribelli nel Settecento religioso ital., Bari 1969, pp. 165-213 passim; A. Cretoni, Roma giacobina, Roma 1972, pp. 39-40, 76; N. Del Re, Monsignor Governatore di Roma, Roma 1972, p. 121; A. van de Sande. La Curie romaine au début de la Restauration, 's-Gravenhage 1979, p. 239; G. Moroni, Diz., di erud. storico-ecclesiastica, XVIII, p. 222 e ad Ind.; V. Spreti, Enciclop. storico-nobiliare ital., App., I, p. 672; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica medii et recentioris aevi, VI, Patavii 1958, p. 335; VII. ibid. 1968, pp. 8, 45.