CRIVELLI, Carlo
Pittore. Nacque a Venezia, si suppone generalmente tra il 1430 e il 1435; morì forse intorno al 1493-95. Scarsissime sono le notizie documentate pervenuteci intorno a lui. Nel 1457 era condannato per ratto e adulterio. Nel 1478 risiedeva in Ascoli Piceno, nel 1484 e nel 1487 aveva commissioni di lavori che sono andati perduti; nel 1488 abitava a Camerino e vi lavorava a una ancona per gli osservanti, che alcuni vogliono riconoscere nella Donazione delle chiavi del Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino; nel 1490 il principe Ferdinando di Capua, che poi fu Ferdinando II, lo nominava cavaliere.
Sono numerose le opere firmate e datate, che consentono di seguire lo svolgimento dell'arte sua, dal polittico già nel municipio di Massa Fermana, ora nella Galleria nazionale di Urbino (1468), in poi. Del 1470 è la Madonna col Bambino della Pinacoteca di Macerata, frammento di un'ancona dei minori osservanti bruciata nel 1799. All'anno 1471 si può riferire una Madonna in trono col Bambino, parte di polittico, già ad Amandola, proprietà privata. Dell'anno successivo è la Madonna col Bambino già nella collezione Benson di Londra. Segue l'ancona del duomo di Ascoli, che risale al 1473. Del 1476 è l'ancona, rimaneggiata, della National Gallery di Londra, proveniente da S. Domenico in Ascoli Piceno; del 1477 il B. Giacomo della Marca del Louvre, prima nella chiesa dell'Annunziata ad Ascoli Piceno; del 1481 il polittico trasferito da S. Agostino a Grottammare alla Pinacoteca Vaticana, dove è anche una Madonna col Bambino, parte di trittico, un tempo sull'altar maggiore della chiesa di S. Francesco a Force, con la data del 1482. Del medesimo anno è l'Incoronazione della Vergine nella Pinacoteca di Brera a Milano parte di polittico, in origine nella cattedrale di Camerino. Del 1485 è la Pietà del museo di Boston; del 1486 l'Annunciazione con S. Emidio, della National Gallery di Londra, già nella chiesa dell'Annunziata ad Ascoli Piceno, cui apparteneva anche un polittico del 1487, di cui ora si sono perdute le tracce. Del 1488 è l'ancona dipinta per gli osservanti a Camerino, a cui s'è già accennato; del 1491 la Madonna col Bambino tra S. Francesco e S. Sebastiano nella National Gallery di Londra; del 1492 la Madonna in estasi del medesimo istituto. L'ultima opera nota del maestro, l'Incoronazione della Vergine a Brera, già in S. Francesco di Fabriano, è del 1493.
V'è, poi, un gruppo di opere soltanto firmate ma non datate: talí il trittico con la Pietà fra due Santi del museo di Berlino, la Madonna col Bambino del museo di Verona e quella della Pinacoteca civica di Ancona, il polittico, già in S. Francesco di Montefiore dell'Aso, nelle parti superstiti a Bruxelles (museo), Londra (National Gallery), e altrove, la Maddalena del museo di Berlino, le Madonne col Bambino del South Kensington Museum di Londra, del museo di Budapest, dell'Accademia Carrara a Bergamo; la Visione del B. Gabriele Ferretti, nella National Gallery di Londra, la Donazione delle chiavi del Kaiser-Friedrich-Museum di Berlino, la Pietà della Pinacoteca Vaticana, la Madonna col Bambino fra S. Girolamo e S. Sebastiano della National Gallery di Londra, la Madonna della Candeletta nella Pinacoteca di Brera a Milano, della quale s'indicano come sportelli laterali i quattro santi della Galleria di Venezia. Contestate sono le firme del Velo di Veronica nel museo Malaspina di Pavia, di un trittico della Pinacoteca comunale di Ascoli Piceno che ha però i caratteri del maestro, al pari di un altro nella medesima galleria, la cui segnatura si coglie frammentaria.
A queste due serie di opere si può aggiungere una terza, quella dei dipinti attribuiti all'artista con buon fondamento stilistico. E cioè: S. Francesco che raccoglie il sangue di Gesù, nel museo Poldi Pezzoli di Milano, la Madonna col Bambino nella galleria Cook a Richmond, una Risurrezione già nella collezione Northbrook di Londra, una Madonna col Bambino, passata di proprietà Duveen, quella Jones del South Kensington Museum, un S. Giorgio nella raccolta Gardner a Boston, la Modonna col Bambino della chiesa del Sacramento a Pausola; il S. Sebastiano del museo Poldi Pezzoli di Milano, l'Annunciazione dell'istituto Städel di Francoforte, le Pietà della collezione Walters a Baltimora, della Pinacoteca di Brera a Milano, della collezione Johnson a Philadelphia, e probabilmente anche la Madonna col Bambino della collezione Ten Cate a Enschede, il S. Rocco della collezione Wallace a Londra, il B. Giacomo della Marca della Galleria nazionale di Urbino, forse anche qualche altra opera fra quelle riprodotte nell'opera del Drey (v. Bibl.); ma certo l'elenco s'è accresciuto con troppa larghezza.
Il considerevole gruppo delle opere sicure consente di formarsi una chiara idea delle origini, dello svolgimento e della potenza dell'arte del C. Egli sorge dal ceppo padovano, cui innesta elementi affini, proprî di Antonio e Bartolomeo Vivarini, oltre che di Antonio da Negroponte. Ma la sua personalità, riccamente dotata, li impronta di nuova vita, li sospinge a inopinata e singolare significazione. Ciò è tanto più rilevabile in quanto il C. esprime i suoi valori artistici e li svolge in una conquista rigogliosa e molteplice, senza tregua, durante il suo soggiorno marchigiano, dopo aver lasciato, verosimilmente ancor giovane, Venezia, lontano, quindi, dai centri attivi della creazione artistica. Forse ciò diede alla sua manifestazione quell'impronta arcaica che va dallo schema dell'ancona all'ardore mistico e al prolungarsi della tradizione squarcionesca nei suoi aspetti più pittoreschi e decorativi, cioè, in sostanza, popolari, mentre, forse, il soggiorno a Venezia avrebbe potuto determinare diverso orientamento. Ma non è a dolersi di ciò perché soltanto poche altre espressioni artistiche hanno un lineamento così inconfondibile e affascinante come la sua.
Indubbiamente una delle maggiori seduzioni dell'opera sua è rappresentata dallo sfarzo ornamentale: vesti e manti lussuosamente arabescati, parapetti marmorei, drappi variegati, opulenti festoni di frutta, un insieme abbagliante per sontuosità, ma anche per lo straordinario carattere segnato in ogni elemento, per l'inscenamento pittoresco e lo spirito col quale ciascuna cosa è inquadrata, perché, insomma, tutto è trasfigurato nella superiore vita dell'arte. E in un sol risalto decorativo seduce lo smagliare del colore, brillante come smalto, veemente eppure intonato, acceso da uno sfolgorio d'oro che gl'infonde un valore fantastico. Ma v'ha qualcosa di più nell'ambito della pura valutazione artistica: una propria visione della figura umana e dei suoi modi espressivi, un peculiare stilizzamento del segno che la definisce e ne accusa i moti interiori. È vero che talvolta la ricerca di certi scorci, di certe movenze, di certe espressioni è spinta fino al deforme, al grottesco, al caricaturale, ma non si può negare che sia un linguaggio personale, ricco di considerevoli vibrazioni, il cui ricordo rimane indelebile. Per queste ragioni la Madonna di Verona, quella già Benson, l'altra di Ancona, il S. Giorgio di Boston, il Politico di Londra del 1476, la Madonna Jones, quella della Pinacoteca Vaticana (1482), la Visione del B. Perretti e la stupenda Annunciazione di Londra, la Madonna della Candeletta a Brera e molte altre opere sue, sono fra le più originali e suggestive creazioni della pittura italiana del Quattrocento. (V. tavv. CLXXV e CLXXVI).
Vittore o Vittorio C. - Pittore, nacque a Venezia, forse fratello di Carlo, presumibilmente fra il 1440-45, morì fra il 1501 e il 1502. Nel 1481 s'impegnava a dipingere entro lo spazio di un anno una ancona per la Madonna di Loreto a Montelparo. Nello stesso anno (1481) dimorava a Montegranaro di Fermo, e con questa data e la firma s'ha il primo quadro di lui, a noi giunto, il polittico frammentario del Museo di Pennsylvania, a Philadelphia. Del 1489 è il polittico, firmato, della chiesa di S. Maria del Pozzo a Monsammartino; del 1490 il trittico firmato di S. Martino nella medesima località; del 1496 è il trittico firmato di S. Elpidio Morico (Ascoli Piceno). Tacendo altre notizie di suoi lavori ora perduti, ricordiamo del 1497 la Madonna già presso il Trotti a Parigi. Lavorava a un polittico, ora perduto, per S. Francesco di Osimo quando fu colto da morte e l'opera venne compiuta da Antonio da Solario, e per quel che riguardava la doratura, dal figlio di lui, Giacomo. Opere sue sicure sono anche la Madonna in piedi che adora il Bambino nella chiesa di S. Fortunato a Falerone, firmata e datata 1484 o 1489; la Madonna col Bambino e due Angeli, già nella coll. Benson di Londra, firmata, al pari di un Santo Vescovo della coll. André a Parigi. Con buon fondamento gli si ascrivono il polittico nel palazzo comunale di S. Elpidio a Mare, la grande ancona della Pinacoteca civica di Sanseverino Marche, il polittico nella chiesa di S. Giovanni a Torre di Palme (Fermo), la Madonna col Bambino della Compagnia della concezione a Massa Fermana, la Madonna adorante il bambino nella chiesa di S. Francesco a Sarnano, il polittico della Chiesa di S. Maria a Capodarco (Fermo) e, probabilmente, altre opere. Ma certo parecchie gli se ne assegnano a torto, ché un accurato studio della numerosa serie di dipinti immediatamente vicini a Carlo Crivelli non è stato ancora compiuto.
Nelle opere di Vittore passò soprattutto l'esteriorità dell'arte di Carlo, ma anche questa alquanto affievolita, benché assai meno del carattere, dello stile, delle vibrazioni interiori. Tuttavia, nell'arte di Carlo rifulge un così alto potere che anche così menomata, ha ancora lampeggiamenti e seduzioni. Tanto più che Vittore seppe vigilarsi e mantenersi esente da forzamenti e da tentativi di distacco, preferendo una linea di nobiltà pur nell'imitazione, che fu convinta e devota. Talvolta s'avverte anche la derivazione da Antonio e Bartolomeo Vivarini, ma senza penetrazione.
Bibl.: C. Ridolfi, Le meraviglie dell'arte, ed. v. Hadeln, I, Berlino 1914, pp. 35-36; B. Geiger, in Thieme-Becker, Künstler-Lexikon, VIII, Lipsia 1913; L. Testi, La storia della pittura veneziana, II, Bergamo 1915, pp. 555-708; F. Drey, C. C. und seine Schule, Monaco 1927; id., Neue entdeckte Werke C. C.'s und seines Kreises, in Pantheon, IV (1929), pp. 525-29; L. Serra, Nuove attribuzioni a Vittorio C., in Rass. march., VII (1928-29), pagine 372-32; L. Venturi, Contributi a C. C., in L'Arte, n. s., I (1930), p. 389 sgg.; G. Fiocco, Un C. ignoto, in Riv. d'arte, n. s., II (1930), pp. 237-41.