CORNARA, Carlo
Le scarsissime notizie di cui si dispone, non consentono di confermare, alla luce di documenti, la data di nascita di questo pittore milanese, che si determina desumendola dalla testimonianza dell'Orlandi (1704), di solito degno di fede, che lo dice morto nel 1673 all'età di sessantotto anni. Il 1605 viene quindi riproposto da tutti gli scrittori locali che menzionano il Cornara. È certo comunque che nel 1668 il C. compì nella certosa di Pavia la pala d'altare della cappella di S. Benedetto, raffigurante il Santo che segue il volo degli angeli recanti al cielo s. Scolastica, tela che, secondo un registro di spese conservato nella Bibl. Ambrosiana (X, 21 sua, 1777), fu pagata 1.200 lire. Il C. doveva godere di una certa fama, e l'anno precedente, in una lettera al conte di Novellara, Orazio Archinti poneva il pittore tra i "più celebri in Milano", con Ercole Procaccini, il Busca e i Montalto (Campori, 1866). Nel 1666 il Gualdo Priorato afferma che esistevano opere, oggi perdute, del C. in S. Maria delle Grazie e lo Scaramuccia (1674) lo ricorda tra gli artisti più valenti del suo tempo operosi a Milano. Secondo l'Orlandi "in gioventù attese alle miniature, e fece cose bellissime"; ma il termine va inteso forse come opere di piccola dimensione, di destinazione privata. A queste appartiene la S. Dorotea, già di proprietà del cardinale Cesare Monti e oggi alla Pinacoteca arcivescovile di Milano (catal., n. 272), e pure quelle "teste femminili" che il Nicodemi (1958), senza farcele conoscere, dice presenti in collezioni lombarde come la Crivelli e la Borromeo. In tal gruppo vanno inserite la Maddalena dei depositi di Brera (catal., n. 753), proveniente dalla donazione Carotti del 1906, e la Maddalena dei Musei civici di Pavia, in origine nella collezione Malaspina, prossima a certi modelli del Nuvolone.
Che il C. operasse soprattutto per i privati, secondo una consuetudine assai diffusa in Lombardia nel Seicento, è confermato dalle continue indicazioni di quadri, un tempo in antiche raccolte locali per lo più smembrate in epoca imprecisabile. Alla collezione Caroelli appartenevano "le due testine di sante alte poco più di un palmo" (A. Giulini, Una pregevole raccolta..., in Arch. stor. lombardo, LX [1933], p. 409);ai marchesi Mazenta "un ritratto di Nostro Signore con canna in mano e manto rosso" su marmo (E. Verga, La famiglia Mazenta..., ibid., XLV [1918], p. 285).Nel Catalogo dei quadri da vendere in Milano 16 ... è segnalata una "Madonna che allatta il figlio con un S. Giovanni" (Campori, 1870);nella collezione D'Adda, "un quadro con una donna nuda" (inv., n. 610), una Ninfa con Satiro (inv., nv. 916), valutato 70 lire, una Storia di Agar (inv., n. 920) valutata 60lire, oltre a un Cristo in croce e a una Vergine col Bambino (ambedue inv., n. 577: E. Bertoldi, Per il collezionismo milanese, in Arte lomb., XIX [1974], pp. 202 s.).Nel Catal. di vendita d. coll. Molinari di Cremona (Milano 1885, p. 59)sono descritti una Vergine in trono e santi e Tre piccoli bambini che giocano (nn. 242-243). Tutte queste opere oggi sono disperse.
Tra le commissioni pubbliche le fonti ricordano (a Milano): L'Angelo custode, disperso, posto sopra l'altare maggiore della chiesa, demolita, di S. Francesco; il Cristo in croce già in palazzo ducale, ugualmente disperso; un quadro di soggetto non specificato nella demolita scuola De' Grassi (Torre, 1674). Le due tele nella prima cappella di destra di S. Alessandro, intitolata a S. Pancrazio, con Storie della vita del santo, sono ancora in situ, ma si presentano in uno stato così deplorevole di conservazione da risultare quasi illeggibili; mentre sono andati perduti gli affreschi del "corniccione" del presbiterio di S. Eustorgio. In S. Eustorgio sono invece visibili, sulla volta della cappella di S. Domenico, gli affreschi con una Gloria di santi rimasti incompiuti per la morte del C. e ultimati, a detta del Bianconi (1787), da Federico Bianchi: una notizia che confermerebbe quanto sostiene il Torre nel 1674 a proposito della lentezza del Cornara. Nell'affresco il pittore dimostra di preferire gamme di colori chiari.
Non è stato invece individuato il Cristo che consegna le chiavi a s. Pietro, già in S. Ambrogio (e non in S. Antonio, come invece vorrebbe il Nicodemi), attribuito anche alla figlia del C., Elisabetta, che avrebbe terminato il S. Brunone e il S. Benedetto nella sacrestia della certosa di Pavia, riferiti rispettivamente al Ghisolfi e ad Ercole Procaccini da M. Malaspina (Descrizione della Certosa ..., Pavia 1818, p. 16). Al C. è attribuito un disegno dell'Ambrosiana (F. 236 inf., n. 1350) che rappresenta un Santo francescano con un rosario, che non trova però riscontro con nessuno dei dipinti superstiti del pittore.
Secondo la tradizione il C. ricevette i primi insegnamenti da Camillo Procaccini; dopo la sua morte continuò da sé dimostrando uno stile più delicato di quello del maestro. Il C. fu influenzato dall'autorità del Cerano e non rimase insensibile alle indagini luministiche di Francesco Del Cairo, ma soprattutto si volse al Correggio e, sotto il suo influsso, realizzò quelle opere di piccolo formato che costituiscono il meglio della sua non vasta produzione.
Fonti e Bibl.: G. Gualdo Priorato, Relatione della Città e Stato di Milano, Milano 1666, pp. 64, 77;L. Scaramuccia, Le finezze de' pennelli italiani... [1674], a cura di G. Giubbini, Milano 1965, ad Indicem;C. Torre, Il ritratto di Milano, Milano 1674, pp. 89, 94, 147, 203, 386 (2ediz., Milano 1714, pp. 82, 87, 190, 212, 365); P. A.Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 109; S. Latuada, Descriz. di Milano, Milano 1737-38, II, pp. 89, 160; III, pp. 106, 228; IV, pp. 251, 307; A. e G. Santagostino, Catal. delle pitture insigni... in Milano, Milano 1747, pp. 39, 113; N. Sormani, Giornata prima, seconda, terza. De' passeggi storico-topografico-critici, Milano 1751, II, pp. 24, 81, 188; III, p. 39;C. Bianconi, Nuova guida di Milano, Milano 1787, pp. 197, 208, 282;L. Lanzi, Storia pittor. della Italia, a cura di M. Capucci, II, Firenze 1970, p. 338;B. Borroni, Il forastiere in Milano, Milano 1808, pp. 79, 85, 119; L. Bossi, Guida di Milano, Milano 1818, I, pp. 105, 113, 169; II, p. 178; F. Pirovano, Milano nuovamente descritta, Milano 1822, pp. 141, 155, 196; S. Ticozzi, Diz. degli architetti, scultori e pittori..., Milano 1830, I, p. 362;G. Campori, Lettere artistiche ined., Modena 1866, p. 125; Id., Racc. di catal. ed inv. inediti, Modena 1870, p. 423; L. Malvezzi, Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, pp. 236, 237;P. L. Manzini, La chiesa di S. Alessandro, Milano 1922, p. 38;G. Nicodemi, La pittura lombarda dal 1630 al 1706, in Storia di Milano, XI, Milano 1958, p. 493; U. Bicchi, La Pinacoteca civica di Pavia, Milano 1965, p. 46; F. R. Pesenti, in La Certosa di Pavia, Milano 1968, pp. 104, 113; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 420; Diz. encicl. Bolaffi, III, Torino 1972, pp. 438 s.