CERONI, Carlo
Nacque a San Mamette (Valsolda) nel 1749 da Antonio, architetto, e da Giacoma Fontana (dati deducibili dalla lapide nel cimitero di S. Lazzaro, a Torino); giunse a Torino in età giovanile (le fonti non precisano quando) dalla Valsolda, seguendo una strada spesso percorsa dagli artisti luganesi.
Quanto finora noto della sua attività di architetto in Piemonte è documentato da alcuni interventi a Torino, da un intervento a Biella (la chiesa di S. Filippo) e dalla realizzazione della chiesa parrocchiale di. S. Maria Lauretana a Costigliole d'Asti.
A Torino la sua attività di progettazione urbana si conformò a quello che era l'indirizzo di "rettilineamento" intrapreso nella città a partire dal 1729. Progettò alcune facciate continue che tendevano ad unificare la configurazione delle diverse "isole" componenti le contrade urbane. Firmata e datata 24 apr. 1767 è la Piantadel corpo di casa proprio de M. RR. PP. della Compagnia di Gesù con prospetto inpiazza d'erbe e contrada che tende al CorpusDomini (Torino, Arch. stor. del Comune, 63.1.74). È la prima realizzazione nota del C. (ora palazzo di città), affacciata su quella piazza delle Erbe progettata dall'Alfieri ancora nel 1756. Dal 1774 datano i lavori per il seminario torinese, commissionati sotto il rettorato del canonico Adorni. Il C. realizzò l'ampliamento dell'oratorio (definito, con termine appropriato, di "soda vaghezza" dall'arcivescovo di Torino, Giacinto della Torre, in una lettera edita a Torino nel 1807: v. Tamburini, p. 353 n. 10).
II 30 ag. 1776 il C. firmò tre disegni, due per il Prospetto a mezzo giorno delle case già in parte costrutte ed in parte da fabbricarsi di nuovo nell'isola detta di Santa Cecilia proprie del Rev. Seminario di questa città e uno per il perimetro di quella stessa isola (Torino, Archivio storico del Comune, 63.1.28; 63.1.29; 39.1.46). Il suo progetto prevedeva una realizzazione a facciata unitaria partita da lesene che incernieravano i quattro piani previsti (compreso il pianoterra con botteghe), lasciando libero solo il quinto piano, sottotetto. Unici elementi decorativi: una partizione a bugne orizzontali delle lesene (fino al secondo piano), il capitello composito e le cornici, moderatamente sagomate, nel coronamento dei portoncini di accesso. Ancora a quella data il C. non aveva incarichi ufficiali, tanto che proprio il Congresso degli edili (l'organo di approvazione e controllo di cui in seguito farà parte), nella seduta del 13 marzo 1777, apportò correzioni, in pianta e in alzato, al progetto per l'isola di S. Cecilia (Ibid., Registro del Congresso degli edili, f. 16 v).L'incarico per la progettazione di un oggetto architettonico di prestigio fu l'occasione per il C. di ottenere la fiducia della corte sabauda. I frati minori conventuali furono i committenti della chiesa di S. Filippo a Biella, sotto la protezione di Vittorio Amedeo III, prima e di Carlo Emanuele IV poi.
La pietra di fondazione, benedetta dal vescovo Viancini, fu collocata dal sindaco, Claudio Fantone di Vigliano, il 21 marzo 1789. Fra l'89 e il '90 si scolpivano le colonne in marmo azzurro-grigio di Valdieri e i capitelli in marmo bianco di Mazzucco, in Valsesia. Nel 1796 la chiesa era al tetto. Nel 1798 si incaricava il marmorista Ganna di scolpire l'altare maggiore su disegno del Ceroni. La soppressione della Congregazione arrestò i lavori che ripresero solo nel 1816, per terminare nel 1827.
I disegni del C., finora inediti, conservati nell'archivio della chiesa, riguardano la pianta, la sezione longitudinale, la sezione trasversale, il prospetto e il fianco ovest. Varianti evidenti fra i disegni e quanto realizzato sono da individuarsi nei corpi di fabbrica costruiti più tardi nel tempo: il campanile e la sacrestia. (per la quale si è mantenuto il perimetro, variando l'apertura delle finestre e l'arredo ligneo che, all'origine, era stato interamente progettato dal Ceroni). Ancora una variante è nella facciata dove le finestre, ai lati del corpo avanzato d'ingresso, sono state sostituite da specchiature cieche. La facciata è formata di tre corpi, sovrapposti (il terzo, centrato, molto ridotto). Nel corpo inferiore il settore centrale, d'ingresso, è aggettante e raccordato con andamento convesso; è sormontato da un timpano interrotto da una apertura ovale decorata con ghirlande di foglie di quercia e un cherubino. Sul portale, il cartiglio dedicatorio. Paraste angolari e gruppi di paraste sovrapposte, con capitelli ionici decorati con ghirlande, partiscono il corpo di base e il corpo mediano, dove conchiglie geometrizzate sostituiscono i capitelli. L'interno è a navata unica con cappelle laterali. L'abside è rettangolare e timpanata. Le decorazioni prevalenti si compongono di cascate e ghirlande di fiori, di foglie di quercia, di alloro. Ancora oggi si può leggere quanto ogni elemento costruttivo, decorativo e di arredo sia stato progettato dall'artista nel dettaglio. Il risultato è una lettura unitaria, pur nella quantità varia degli elementi inseriti. La scelta culturale è ancora interiormente Ancien Régime, con quella razionalizzazione delle soluzioni che denuncia una consapevolezza di istanze neoclassiche: più radicali rispetto al Quarini, più vicine al Barberis e soprattutto a Filippo Castelli.
Nella duplice attività di progettista e di rilevatore il C. compare nel periodo del governo francese. È del 9 dic. 1800 il saldo per i lavori nella cappella della compagnia dei banchieri e dei mercanti a Torino: riguardavano il ribassamento della "muraglia interna sotto le finestre della Cappella per dare maggior luce alla medesima" e l'apertura "di un nuovo uscio in detta cappella per l'addito alla sacrestia". Per motivi fiscali eseguì il rilievo di case nazionalizzate. Esistono le realizzazioni grafiche autografe: settembre 1803, casa Scanzio e casa "Vetrerie"; settembre 1809, case dette "Moggio Vecchia e Moggio Nuova", case Caraglio (Torino, Arch. di Stato, Sez. Riunite, Tipi e Cabrei dell'Azienda generale delle Finanze, nn. 1, 3, 12, 31). Nel 1808 il C. progettò, per il seminario, il salone della biblioteca. Nel 1808 eseguì il rilievo (con relativa relazione) per le riparazioni al cupolino della basilica mauriziana. Ancora come membro del Congresso degli edili espresse il suo parere per la sistemazione della piazza Imperiale (piazzetta Reale e piazza Castello): propose di non alterarne l'architettura e suggerì di intervenire sulla facciata della chiesa di S. Lorenzo per renderla uniforme alle altre case (8 maggio 1813). La commissione per la chiesa di S. Maria Lauretana, a Costigliole d'Asti, pare giungesse grazie ai rapporti di amicizia intercorsi fra l'architetto e il parroco Pola.
La chiesa nel 1811 era crollata, a esclusione dell'abside. La ricostruzione iniziò nel 1812 e terminò nel 1816. È da accertare quale fosse la situazione precedente l'intervento del C.; un progetto di P. Bonvicini (conservato nell'archivio della chiesa) per una facciata a ordine gigante, timpano e finestra centrale è datato 1788. Sempre nell'archivio della parrocchia è conservato un disegno per l'abside e la pala d'altare, del 1759, approvato da C. A. Rana. Il disegno è molto interessante anche perché riproduce una situazione absidale ancora percepibile, sulla quale il C. dovette adattare l'intervento. Infatti la pianta, firmata "Charle Ceroni Ingenieur 6 avril 1512", rileva come esistente (non crollata) la parte absidale fino al presbiterio. L'architetto non si limita a visualizzare in pianta il suo progetto per la chiesa, ma restituisce il perimetro di una situazione di ambiente urbano, oggi in parte perduta.
La parrocchiale era circondata su tre lati da strette vie; attraverso un passaggio sopraelevato ad arco la sacrestia si collegava (e si collega) con il palazzo Asinari, poi sede del parroco. Costituiva un problema l'edificio allineato sul fianco destro: impediva infatti il libero svolgersi della cubatura della prima cappella. Il C. previde, in progetto, la demolizione dell'angolo del palazzetto. Nella realizzazione venne eliminata la prima cappella. Il disegno della sezione della chiesa, sempre firmato, rispecchia la situazione attuale, fatta eccezione della penultima finestra ovale, sostituita da una apertura rettangolare. La chiesa ha una facciata a due corpi sovrapposti, terminanti a timpano, partiti con colonne e paraste il corpo inferiore, e con sole paraste, quello superiore dove, al centro, una apertura ovale è circondata da un cartiglio geometrizzato. Il cornicione che divide i due corpi è fortemente aggettante. All'interno la navata centrale, a pianta rettangolare con spigoli arrotondati, è scandita da un ordine gigante di colonne e paraste con capitello corinzio; è incernierata da un cornicione balconato sul quale affacciano le finestre ovali con cartiglio geometrizzato. Le cappelle laterali, con cupolino ellittico, iniziano dalla terza campata e terminano nel presbiterio.
Con la parrocchiale di Costigliole d'Asti il C. chiuse la sua attività. C'è ancora una relazione del 21 sett. 1816 sulla casa di F. A. Garda, in contrada Italia a Torino.
Il C. morì a Torino nel nov. 1816.
Nella seduta del 6 apr. 1817 venne chiamato a far parte del Congresso degli edili l'architetto Giuseppe Antonio Ceroni, "in surrogazione del di lui padre deceduto, arch. Carlo Ceroni" (Torino, Arch. stor. del Comune, Registro dei verbali del Congresso degli edili, vol. I, f 139). La figlia di Giuseppe Antonio, Cristina Giulia, fu madre dell'architetto Carlo Ceppi.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezioni Riunite. Tipi e Cabrei dell'Azienda gener. delle Finanze; Torino, Arch. storico del Comune, Registri dei verbali dei Congressi degli edili, Disegni; Biella, Arch. della Congregazione di S. Filippo, Disegni; Costigliole d'Asti, Arch. parrocchiale, Disegni; C. Barrera, Storia della Valsolda con docum. e statuti, Pinerolo 1864, pp. 302-304; A. Bellone, La chiesa parrocchiale e le chiese campestri di Costigliole d'Asti, Asti 1911, p. 14; D. Lebole, La chiesa biellese nella storia e nell'arte, Biella 1962, I, p. 193; C. Brayda-L. Coli-D. Sesia, Ingegneri e archit. del Sei e Settecento in Piemonte, Torino 1963, p. 29; L. Mallè, Le arti figur. in Piemonte, Torino s.d., II, p. 215; L. Tamburini, Le chiese di Torino dal Rinascimento al Barocco, Torino s.d., pp. 214, 261, 286, 353.