CASSOLA, Carlo
Nato a Sant'Alessio di Pavia il 9 luglio 1814 da Carlo e da Domenica Cozzi, in una famiglia benestante, studiò a Pavia laureandosi in legge, e iniziando nell'ambiente universitario la sua formazione politica. Recatosi a Milano nel '37 a far pratica presso quel tribunale, passò nel '42 a Brescia, dove continuò la carriera come attuario al Tribunale civile e correzionale, meritandosi le lodi dei superiori "a malgrado delle idee liberali ch'egli notoriamente professava" (necr. in Il Secolo).
Tra i maggiori esponenti della locale corrente repubblicana, il C. combatté a Brescia il 22 marzo 1848 riparando poi sulle montagne al ritorno degli Austriaci che, nei mesi tra l'armistizio Salasco e la ripresa della guerra nel '49, con l'imposizione di speciali contribuzioni, l'intimazione del rientro degli assenti illegali, cercarono di consolidare l'autorità scossa dagli eventi. Non mancavano in Brescia e nei dintorni i preparativi per lo scoppio della rivolta in coincidenza con la denuncia dell'armistizio: "La ripresa delle ostilità da parte dell'esercito piemontese, il 20marzo 1849, aveva come conseguenza un inizio di sollevazione delle popolazioni lombarde da Como a Brescia, sollevazione che avrebbe dovuto precedere e accompagnare la grande avanzata in Lombardia dell'esercito di Carlo Alberto, ma sempre di concerto con questo e sotto la direzione dell'elemento moderato" (Pieri, p. 354). Ma non al Comitato clandestino insurrezionale diretto dal dr. Bortolo Gualla (ch'era in rapporto con la Commissione di statistica creata in Torino per promuovere e dirigere l'insurrezione nel Lombardo-Veneto) va ascritta l'iniziativa delle Dieci giornate, bensì a uno spontaneo moto popolare, ai giovani del partito avanzato che tentarono di trasformare in aperta ribellione le previste azioni di guerriglia, a tergo dell'armata nemica. Se dal 12 marzo, giorno della denuncia dell'armistizio con l'Austria, erano stati accelerati i preparativi, non venne dato però dal Gualla l'ordine di insurrezione, fissata pel 21; e solo dopo l'avvio dei moti, sfuggiti di mano al moderati, si giunse il 24 marzo alla nomina di un Comitato di difesa nel quale, per dimissione dei primi eletti, restarono L. Contratti e il C., che "tosto curarono di porre qualche ordine nell'impeto delle moltitudini, designando molti capisquadra che guidassero i cittadini al fuoco" (C. Correnti, I dieci giorni dell'insurrezione di Brescia, Milano 1850, p. 27), e creando commissioni per l'organizzazione della difesa. Con il passaggio dei poteri dal municipio al Comitato di difesa, col precipitare degli eventi per l'attacco del gen. Nugent, coi combattimenti dei giorni successivi mentre si intrecciavano notizie contraddittorie sulle vicende della guerra (che la circolazione di falsi messaggi rendeva ancora più oscure e contrastanti), con le ingiunzioni di resa da parte del Nugent e poi dello Haynau e l'eroica difesa della città, venne ad ampliarsi ulteriormente la sfera d'azione dei "duumviri". Su di loro venne fatta ricadere la responsabilità di accogliere e pubblicare, come vere, notizie false circa la sconfitta di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto, e di insistere nella resistenza ad oltranza, secondando la volontà popolare, fino al tragico epilogo della insurrezione.
Occupata Brescia dagli Austriaci, il C. rimase per alcuni giorni nascosto in casa d'un amico (l'avv. E. Bellinzona di Pavia, che lo accompagnò poi fuori della città approfittando dei funerali del Nugent), per giungere poi il 18 apr. 1849, attraverso il Bresciano, il Bergamasco e la Valtellina, a Poschiavo nei Grigioni. Fu eletto a rappresentare presso Mazzini gli insorgenti bresciani raccolti in Poschiavo; ma solo nel settembre il C. poté incontrare il Mazzini a Ginevra, compiendo la missione affidatagli e presentando il suo opuscolo sulla Insurrezione di Brescia (dedicato al Mazzini ed edito nei Documenti della guerra santa d'Italia), nel quale contrapponeva alla ricostruzione del Correnti (I dieci giorni di Brescia), una interpretazione chiaramente repubblicana delle Dieci giornate, difendendo inoltre l'operato proprio e del Contratti quali "duumviri" dell'insurrezione.
Ammesso ai segreti dell'Associazione nazionale mazziniana, il C., escluso nominativamente dall'amnistia austriaca dell'agosto del 1849, nel giro di pochi mesi con accorta propaganda riuscì a riannodare le fila dei congiurati bresciani specie nelle valli, continuando a Domodossola per un anno circa l'attività e i rapporti col Mazzini; costretto per disposizione dell'autorità piemontese a passare a Torino, nel '52 venne eletto consigliere nella Società dell'emigrazione presieduta dal Conforti, e diede avvio alle trattative per la conciliazione tra il Comitato nazionale mazziniano e i liberali moderati, stendendo pure un programma da presentare al sovrano. Nel novembre del '52 al C., che in Genova faceva parte col Cadolini e col Ferrari di una commissione istituita dal Comitato mazziniano per organizzare le forze dell'emigrazione italiana in Piernonte, si rivolse L. Clementi, dietro incarico del Mazzini, per suscitare l'insurrezione in Tirolo anche col concorso degli affiliati bresciani. Secondando il progetto del Clementi e soprattutto pensando a un colpo di mano su Brescia in vista di un'insurrezione in Lombardia, il C. verso la fine di novembre si portò a Poschiavo in Svizzera (donde ebbe a inviare anche delle corrispondenze al mazziniano Italiae Popolo di Genova) per organizzare col Clementi un passaggio di armi e munizioni, inviate dal Grillenzoni, verso la Valtellina in concomitanza con lo scoppio della rivoluzione in varie parti d'Italia. Il sequestro delle armi a Poschiavo, avvenuto per imprudenze del Clementi proprio mentre falliva il moto di Milano del 6 febbr. 1851 provocò l'arresto e la detenzione del C. e del suo compagno, che vennero processati (in una col Grillenzoni) alla fine dell'agosto 1853 davanti alla Corte d'assise di Coira, dopo esser stati rilasciati in libertà provvisoria dietro cauzione di 20.000 franchi prestata da esponenti liberali della città. Se il ritardo per l'inizio del processo e la carcerazione di circa 5 mesi sono da porre in relazione con le ripercussioni a livello diplomatico e con il dibattito pubblicistico a seguito dell'insurrezione milanese del febbraio, il dibattimento si concluse con il verdetto di assoluzione per tutti e tre gli imputati, e l'ordine di espulsione dalla Confederazione elvetica per il C. e il Clementi alla volta dell'Inghilterra o dell'America.
A Londra, dove era approdato alla fine di ottobre attraverso la Francia, il C. rese conto del suo operato al Mazzini, ottenendone la piena approvazione. Dopo esservi rimasto 16 mesi, durante i quali ebbe a collaborare con quello - come risulta dall'epistolario mazziniano -, munito di passaporto americano intestato al cognome della madre il C. ritornò in Piemonte, dove visse sotto il nome di avv. Carlo Cozzi senza essere molestato e conosciuto. Dopo aver tentato senza esito nel '59 di rimettersi nella carriera giudiziaria (pur essendo primo nella lista dei nuovi giudici proposti dal Tribunale di Milano al governo, dopo la liberazione della Lombardia), rientrò in magistratura soltanto nel '65 come giudice a Borgotaro e poi a Volterra. Qui percorse gran parte della carriera, da giudice istruttore a presidente di quel tribunale, e fu eletto nel `71 consigliere comunale. Passato nel 1882 consigliere presso la Corte d'appello di Brescia, nell'89 venne giubilato col grado onorifico di presidente d'Appello, stabilendosi infine a Pavia, dove ebbe a partecipare "a tutte le lotte che la democrazia conibatté in questi ultimi anni a Pavia ed a Corteolona pel diritto e la libertà. Occupava un altissimo grado nella massoneria" (necrologio in Il Secolo).
A Pavia morì il 5 giugno 1894.
Del C. ricordiamo: Insurrezione di Brescia ed atti ufficiali durante il marzo 1849, Capolago 1849; I misteri del Papato, 2 ed., Pavia 1864; Tentativo d'insurrezione del 6 febbr. 1853 in Milano e altre memorie politiche, Pavia 1896.
Fonti e Bibl.: Necr. in Provinciapavese, n. 67del 1894; Il Secolo, 7-8 giugno 1894;documenti elettere concernenti il C. si trovano presso il Museo centrale del Risorg. di Roma (lettere di Mazzini), presso il Museo del Risorgimento di Milano nell'Archivio Grillenzoni, b. 1 (atto d'accusa del procuratore generale della Confederazione svizzera contro L. Clementi, C. C., G. Grillenzoni per attentato al diritto delle genti a danno di uno Stato vicino mediante spedizione d'armi, Berna, 16 giugno 1853), l'Arch. di Stato di Brescia nel Fondo Zanardelli, la Cancelleria Alto Tribunale feder. di Losanna (Atti del processo svoltosi a Coira, 1853); Ediz. naz. degli scrittidi G. Mazzini, XLVII, pp. 342, 362; XLVIII, pp. 27, 35, 241, 389, 390; XLIX, pp. 215, 323, 331, 352; L, pp. 38 s., 70; LII, p. 59; LIII, pp. 267, 299, 302, 342; LIV, p. 28; Italia e Popolo, 3, 5, 15 settembre e 23 nov. 1853; Opinione, 16 febbraio e 29 marzo 1853; Unione (Torino), s dic. 1853; A. Ugoletti, Brescia nella rivoluz. del 1848-49, Bologna 1899, passim;R. Soriga, Pavia nel Risorg. ital., Pavia 1925, pp. 21 ss.; E. Pometta, Ilprocesso Clementi, C. e Grillenzoni nel 1853, in Dovere (Bellinzona), 13 ott. 1923 e ss.; Id., Ilprocesso Clementi, C. e Grillenzoni nel 1853, in La Rezia, 20 ott. 1923 e ss.; Id., I mazziniani nella Svizzera italiana. Il Processo Clementi, Grillenzoni, C., in Arch. stor. della Svizzera ital., VII (1932), pp. 159-196; P. Guerrini, I narratori delle dieci giornate..., in Mem. stor. della diocesi di Brescia, XVI (1949),pp. 58-95; '48 e '49 bresciani, a cura di A. Frugoni, Brescia 1949, pp. 337 ss.; C. Spellanzon-E. Di Nolfo, Storia del Risorg. e dell'Unità d'Italia, Milano 1959, VI, pp. 384-424 passim;U. Baroncelli, Dalla Restauraz. all'Unità d'Italia, in Storia di Brescia, Brescia 1962, IV, ad Indicem;P. Pieri, Storia militare del Risorgimento, Torino 1962 -1 pp. 358-368.