CARAFA, Carlo
Nacque a Napoli il 4 febbr. 1734 da Marzio Domenico, duca di Maddaloni, primogenito di una delle principali famiglie del Regno.
Nel 1743 Giacomo Casanova, per la prima volta a Napoli, fu presentato dalla duchessa di Bovino alla famiglia Maddaloni, ricevendone calorose accoglienze al punto che "don Lelio Carafa me fit offrir des gros appointements, si je voulais rester auprès de son neveu, duc de Matalone qui avait alors diz ans, pour diriger ses études" (Casanova, I, p. 207). L'avventuriero rifiutò però l'incarico e preferì sollecitare qualche lettera di presentazione da utilizzare a Roma, dove intendeva trasferirsi di li a poco. Alla sua partenza, nel gennaio del 1744 il Carafa gliene offrì, in segno di grande benevolenza, due.
Morto il padre il 28 nov. 1748, la corte napoletana, assai legata alla famiglia dei Carafa di Maddaloni, si preoccupò della educazione del C., inviandolo nel 1750, come voleva l'uso, a Parigi. Il primo ministro marchese Fogliani d'Aragona scrisse il 21 luglio 1750 all'ambasciatore napoletano a Parigi, Giacomo Milano Franco di Aragona, principe d'Ardore, pregandolo di occuparsi del C. e di dare notizie sulla sua sistemazione parigina "giacché il re stesso s'interessa sulla buona educazione del signor duchino di Maddaloni". Il principe d'Ardore rispose da Parigi il 17 agosto, per informare la corte del suo interessamento "rispetto alla sempre migliore educazione e maggior profitto del signor duca di Mataloni", che aveva introdotto "nella più distinta reggia accademia, qui fralle altre chiamate del Veudevil" (sic).
A Parigi il giovane C. incontrò nel foyer della Comédie italienne il Casanova, che non mancò di ricordare la loro antica conoscenza e di riannodare nuovi rapporti di amicizia: "...le jeune duc en fut enchanté, et m'ayant réiteré ses instances d'aller chez lui, nous sommes devenus intimes". Di questa intimità però l'avventuriero non si mostrò geloso custode, visto che conversando in seguito con una amica del C., la cantante Teresa Lanti (Angela Calori pare fosse il suo vero nome), si lasciò sfuggire con eccessiva leggerezza il segreto dell'amico. Alla Lanti confidò infatti che il C. aveva avuto "un fils de la fille du duc del Bovino qu'il a épousée, charmante femme qui eut le talent de le rendre homme. Tout Naples sait qu'il était impotent" (Casanova, IV, p. 160).
In effetti il C. aveva sposato nell'anno 1755 donna Vittoria Guevara dei duchi di Bovino, e per averne un figlio ricorse a un voto solenne a s. Francesco "d'edificare ampia chiesa accanto al convento de' cappuccini". Il primogenito Marzio Domenico venne alla luce il 27 febbr. 1758, salutato da un coro di maligne insinuazioni e di sapidi commenti.
L'avvenimento tanto atteso fu celebrato dal poeta G. Passeri che scrisse Il Natale di Alcide. Componimento drammatico per la nascita dell'eccellentissimo signore D. Marzio Carafa principe della Guardia di Sanframondo in oggi duca di Maddaloni, pubblicato insieme al poemetto Per il felicissimo compleanno dell'eccellentissima signora donna Vittoria Guevara duchessa di Maddaloni. La toeletta, nel quale lo zelante letterato si preoccupò di sconfessare la malignità dei pettegoli con una incauta allusione alla virtù della Guevara: "scherzarti intorno / non veggo il riso, i giochi /.../ non v'è chi ai guardi, / chi ai moti del tuo labbro, / chi ad un neo, chi ad un fiore, /.../ leggi prescriva, o ne dimostri il loco. / Sol ti rimiro al fianco / la rigida virtù".
Che la Guevara non gradisse i pettegolezzi dovette esperimentare qualche tempo dopo lo stesso Casanova in visita a Napoli. Egli si presentò infatti in casa Maddaloni all'ora di pranzo, accolto dal C. con la massima cordialità. Alla notizia della nascita del figlio, l'insolente avventuriero non seppe trattenere, nella foga dell'entusiasmo, una pungente allusione alla nota condizione deficitaria del C., galantemente contrappuntandola con il riferimento inevitabile alla esuberante femminilità della Guevara. "On me l'a dit" proruppe "et javais de la peine à le croire; mais actuellement je ne m'etonne plus, je vois une princesse qui devait faire ce miracle". La gaffe era già commessa e il calore con il quale il Casanova cercò di ravvisare le fattezze del C. nel figlio del miracolo ebbe solo il risultato di aggravarla, "un moine de bonne humeur qui était assis à coté de la duchesse dit que non, et elle lui sangle sans rire un bon soufflet que le moine reçoit en riant". La Guevara dimostrò chiaramente di non apprezzare affatto la galanteria dell'avventuriero al quale "avec un ton des plus soutenus... coupait l'herbe sous les pieds" (Casanova, IV, pp. 211 s.). Gli riuscì invece facilmente di conservare l'amicizia del C., che gli fece visitare la scuderia fornita di splendidi cavalli, la galleria di quadri, la biblioteca, con una stanzetta riservata ai libri proibiti. Si offrì inoltre di presentarlo alle più belle donne di Napoli, gli mise a disposizione il suo palco in teatro e infine lo presentò alla sua amante, mantenuta "pour la forme, car je n'aime que ma femme". Era donna di grande spirito e il Casanova aveva quasi deciso di sposarla, quando scoprì che era sua figlia! Il resoconto di questo soggiorno napoletano si conclude ovviamente con un alto elogio del C., "noble, magnifique, riche, généreux et honnet et homme".
La ricchezza di casa Maddaloni preoccupava la corte borbonica, dato che le favolose entrate assicurate dai numerosi possedimenti della famiglia erano regolarmente dissipate dal Carafa. Per ordine del re fu istituita una "soprintendenza" ai suoi beni, nella persona di Tommaso Varano, che riuscì a salvare il C. dalla minaccia tanto paventata della bancarotta con saggi e tempestivi provvedimenti. Il C. era uomo colto e vivace, appassionato di teatro al punto da mantenere nel proprio palazzo una compagnia di filodrammatici di buon livello, fra i quali erano presenti anche letterati di nome come Giambattista Lorenzi (autore del Socrate immaginario) e Pietro Napoli Signorelli. Lo stesso C. partecipavavolentieri agli spettacoli assumendo il ruolo dell'innamorato. Scriveva anche gli scenari che poi la compagnia improvvisava.
Morì a Napoli il 10 dic. 1765 e il suo unico figlio, ultimo Carafa di Maddaloni, finì di dissipare la fortuna della famiglia. La chiesa del voto, iniziata a costruire sulla base di un progetto grandioso, restò tuttavia incompiuta o per mancanza di denaro o per il disinteresse dei tutori del figlio. Le mura già costruite furono vendute così a dei privati che ne ricavarono una taverna, con grande scandalo dei Napoletani.
Fonti e Bibl.: G. Casanova, Histoire de ma vie, Wiesbaden 1960, I, p. 207; II, pp. 164, 168; IV, ibid. 1961, pp. 160, 210 ss.; Saggio di poesie di G. Passeri fra gli Arcadi Talisio Nidemio, Napoli 1766, pp. 137-1393 173-202; B. Croce, Un amico napol. del Casanova, in Aneddoti e profili settecenteschi, Napoli 1914, pp. 63-76.