CAPECELATRO, Carlo
-Nacque a Napoli il 3 ag. 1617 da Ettore, marchese di Torello. Fu cavaliere dell'Ordine di S. Giacomo e maestro di campo della fanteria napoletana. Nel 1638 venne creato duca di Seiano. È ricordato soprattutto per la sua partecipazione agli avvenimenti della rivolta antispagnola e antifeudale che scoppiò a Napoli e nelle province del Regno nel 1647.
L'8 luglio 1647 alcuni rivoltosi guidati dal Genoino e da Masaniello, dopo aver distrutto gli uffici della riscossione delle imposte, si diressero al tribunale di S. Lorenzo, per impadronirsi delle artiglierie del Comune e incitare da quella sede tutto il popolo alla ribellione. Il C., che si trovava nel tribunale per un processo che lo riguardava, difese con alcuni suoi familiari il palazzo del tribunale, finché il vicerè non mandò dei rinforzi, per salvare le munizioni, i libri e le scritture del Comune.
Estesasi la rivolta anche al Principato Citra, nell'ottobre 1647, per impedire ai popolani di Cava, Nocera e Salerno di marciare sulla capitale, il C., insieme con Giovan Battista Caracciolo e il principe di Ottaiano, fece deviare il corso delle acque che dovevano servire alla macina dei mulini occupati dai ribelli. Il C. si distinse particolarmente in quest'anno nella difesa di Somma, Sorrento, Castellammare di Stabia, punti nevralgici della lotta contro i ribelli. Il 16 ottobre attaccò, con una piccola pattuglia, i popolani insorti a Gragnano, impadronendosi di tre bandiere e di ingenti provviste di armi, e rientrando poi a Castellammare con molte teste di uomini uccisi. Si dice che a Castellammare il C. si insinuasse tra i ribelli per spiare i loro movimenti e i loro piani.
Era talmente diffusa la fama dei metodi violenti e brutali usati dal C. nella repressione della rivolta e tanto l'odio suscitato negli animi dei ribelli, che questi, il 15 ott. 1647, posero su di lui una taglia di 1.000 ducati. Al momento dello sbarco dei Francesi, il C. respinse più volte i loro ripetuti tentativi di penetrare nel golfo di Castellammare. Il Diario di F. Capecelatro, che ne esalta il lealismo, a contrasto con il comportamento di tanta parte del baronaggio alleatasi col Guisa, ne ricorda anche la vigile difesa di quattro vascelli spagnoli ancorati nel porto di Castellammare con ottomila moggi di grano, che dovevano servire all'approvvigionamento delle truppe. Nell'aprile del 1648 il C. fu mandato, insieme con Vincenzo Tuttavilla, a Salerno, a combattere contro le truppe del duca di Guisa. Domata la rivolta nel luglio del 1648, il C. fu dal viceré conte di Oñate designato maestro di campo di un terzo di fanteria italiana, e inviato nel ducato di Milano, dove difese la città di Cremona assediata dai Francesi.
Ritornato a Napoli, fu nominato dall'Oñate in più occasioni governatore di province del Regno. Sposò il 23 luglio 1653 Giustiniana Caracciolo, figlia di Giovan Battista, vedova di Camillo Capece Galeota, duca della Regina, dalla quale ebbe Ettore, Antonio, Nicola, Domenico e alcune figlie.
Morì a Napoli il 17 luglio 1668.
Fonti e Bibl.: Arch. di stato di Napoli, mss. L. Serra, IV, p. 1296; F. Capecelatro, Diario delle cose avvenute nel Reame di Napoli negli anni 1647-1650, I, Napoli 1850, ad Indicem; II, Napoli 1852, ad Indicem; G. Recco, Notizie di famiglie nobili ed illustri della città e Regno di Napoli, Napoli 1717, pp. 207 s.; B. Candida Gonzaga, Memorie delle famiglie nobili delle province meridionali d'Italia, Napoli 1875, I, pp. 156-159; M. Schipa, La così detta rivoluzione di Masaniello, Napoli 1918, p. 27; Id., Masaniello, Bari 1925, p. 84; A. Valori, Condottieri e generali del Seicento, Roma 1943, p. 68.